Il cronovisore (o cronoscopio) è un ipotetico dispositivo in grado di captare e riprodurre immagini e suoni provenienti dal passato. Usato dallo scrittore di fantascienza Isaac Asimov nel 1956 nel racconto “Il cronoscopio” (The Dead Past) in cui era descritta questa tecnologia immaginaria, questa ipotetica invenzione è stata attribuita nella realtà nei primi anni settanta a Padre Pellegrino Maria Ernetti (1925-1994), monaco benedettino, già conosciuto intorno agli anni Quaranta come profondo esperto della musica antica e inoltre filosofo, laureato in fisica, appassionato di elettronica, nonché, per molti anni, esorcista ufficiale della diocesi di Venezia. Non esiste tuttavia alcuna prova concreta che sia mai stato realizzato qualcosa di simile al “cronovisore” e il dispositivo inventato da Ernetti non fu mai mostrato in pubblico.
L’invenzione ebbe la sua notorietà nel 1972, quando “La Domenica del Corriere” riportò il testo di un’intervista a Padre Pellegrino Ernetti sugli esperimenti che lo avrebbero condotto alla costruzione di un apparecchio da lui denominato macchina del tempo o cronovisore, appunto. Ernetti avrebbe cominciato a lavorarvi già a partire dalla fine degli anni Quaranta, sembra insieme ad Agostino Gemelli (scomparso nel 1959), col quale aveva già collaborato per studiare la fattibilità della comunicazione con i defunti.
Padre Ernetti – a colloquio con il giornalista Vincenzo Maddaloni, inviato del settimanale – spiegò nel dettaglio come fosse giunto alla costruzione dell’apparecchio e quanto avesse visto nel corso della successiva sperimentazione. L’apparecchio sarebbe stato realizzato in una serie di studi, svolti tra Roma e Venezia, a cui avrebbe collaborato una cerchia di una ventina di eminenti scienziati le cui identità non sono mai state rivelate. Gli unici nomi lasciati trapelare, oltre a quello del Gemelli, furono quelli di Enrico Fermi e Wernher von Braun, tutti scienziati già defunti ai tempi della rivelazione, che quindi non poterono confermare o confutare le dichiarazioni di Ernetti.
Il principio fisico che sovrintenderebbe al funzionamento di questa macchina sembrerebbe riassumersi nella teoria secondo cui ogni essere vivente lascerebbe dietro di sé, nel tempo, una traccia costituita da una non ben identificata forma di energia. Tali tracce, in forma di energia visiva e sonora, non subirebbero col tempo una cancellazione definitiva, bensì una semplice attenuazione, rimanendo “impresse” nell’ambiente nel quale si manifestarono, confinate in una non meglio specificata “sfera astrale”, dalla quale sarebbe possibile in ogni tempo recuperarle.
Un tale principio, oscuro ai più, sarebbe invece per l’autore, null’altro che un’asserzione pacificamente condivisa. Nell’intervista rilasciata a “La Domenica del Corriere” affermò ad esempio: «L’intera elaborazione si basa su un principio di fisica accettato da tutti, secondo il quale le onde sonore e visive, una volta emesse, non si distruggono ma si trasformano e restano eterne e onnipotenti, quindi possono essere ricostruite come ogni energia, in quanto esse stesse energia.»
Il suo principio di funzionamento sarebbe in buona sostanza un’applicazione delle tesi di Albert Einstein e agirebbe nel modo seguente: dando per assodato che la velocità della luce sia la costante finita di cui ci parlano le teorie relativistiche, noi percepiamo in ogni momento l’immagine (e quindi la posizione) che il Sole aveva (circa) 8 minuti prima, dato che la sua distanza media dalla terra è di 150 milioni di km. Il cronovisore permetterebbe di vedere il passato, perché, adoperando tecniche non meglio specificate, ma, a detta dell’autore, derivate da applicazioni di metodiche usuali, si connetterebbe con la posizione che aveva la Terra nel momento in cui si svolgeva l’evento passato. In ciò consisterebbe la “sintonizzazione” del cronovisore sulla scia relitta di energia lasciata dall’evento. Una sintonia che lo strumento, a detta sempre del sedicente artefice, sarebbe in grado di raggiungere, assicurando la visione (e l’ascolto) di qualsiasi fatto avvenuto in epoche passate.
Questo cronovisore, secondo la descrizione dell’autore, consisteva di tre distinti componenti:
1.una serie di trasduttori e antenne, in una lega di tre misteriosi metalli (non meglio specificati), garantiva la rivelazione di tutte le lunghezze d’onda del suono e della radiazione elettromagnetica.
2.un modulo in grado di auto orientarsi sotto la guida delle onde sonore ed elettromagnetiche captate.
3.una serie assai complessa di dispositivi deputati alla registrazione delle immagini e dei suoni.
Padre Ernetti rivelò a François Brune alcuni viaggi temporali che avrebbe compiuto con il suo dispositivo. Raccontò di aver voluto «[...] per prima cosa verificare che quello che vedevamo fosse autentico. Così iniziammo con una scena abbastanza recente, della quale avevamo buoni documenti visivi e sonori. Regolammo l’apparecchio su Mussolini che pronunciava uno dei suoi discorsi.»
Presa dimestichezza con il cronovisore: «[...] risalimmo nel tempo, captando Napoleone (se ho ben compreso quello che diceva, era il discorso con il quale annunciava l’abolizione della Serenissima Repubblica di Venezia per proclamare una Repubblica Italiana).»
«Successivamente andammo nell’antichità romana. Una scena del mercato ortofrutticolo di Traiano, un discorso di Cicerone, uno dei più celebri, la prima “Catilinaria”. Abbiamo visto e ascoltato il famoso: “Quousque tandem Catilina”». Assistere alla foga declamatoria di Cicerone di fronte al Senato romano, nel 63 a.C., deve essere stata un’esperienza davvero emozionante. Ecco infatti come padre Ernetti la commentava: «I suoi gesti, la sua intonazione… com’erano potenti. E che fantastica oratoria!».
Ernetti sosteneva inoltre di aver assistito, sempre attraverso il cronovisore, nel 169 a.C., a una rappresentazione del “Tieste”, una tragedia del poeta latino Quinto Ennio, che si riteneva definitivamente perduta ma da lui prontamente trascritta proprio in quell’occasione.
Ma ancor più clamorosamente, Ernetti affermava di aver assistito nientemeno che alla passione e crocifissione di Gesù Cristo, le cui vicende sarebbero state da lui interamente filmate, anche se di questo presunto video si sarebbero perse le tracce. Così riferì a padre Brune: «Vidi tutto. L’agonia nel giardino, il tradimento di Giuda, il processo… il calvario.»
Della presunta ripresa è stata divulgata unicamente un’eccezionale istantanea ravvicinata del volto di Cristo, ma nel giro di pochi mesi si scoprì che l’immagine altro non era che la foto di una scultura del Cristo in croce che si trova dal 1965 presso il Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, nei pressi di Todi, opera del 1931 dello scultore spagnolo Lorenzo Cullot-Valera.
Nonostante quanto riportato nell’intervista e in dichiarazioni successive, non esiste a tutt’oggi alcuna prova sull’effettiva realizzazione del dispositivo né sul suo funzionamento, all’infuori delle parole del suo autore. Né è disponibile un’esposizione appena comprensibile dei principi che ne permetterebbero il funzionamento. La macchina infatti non è mai stata mostrata pubblicamente e lo stesso padre Ernetti, dapprima vago nelle descrizioni, a un certo punto della sua vita si chiuse in un riserbo assoluto sull’apparato.
Peter Krassa, autore di un libro sull’argomento, ha riconosciuto in un’intervista l’inesistenza di testimoni attendibili circa l’esistenza del cronovisore ammettendo inoltre la singolare circostanza secondo la quale nessuno, nemmeno chi, come Brune, era a lui molto vicino, avesse mai visto l’apparecchio. Inoltre nessuno degli scienziati che avrebbero preso parte al progetto è stato mai in grado di fornire conferme o smentite: i soli tre nomi trapelati si riferivano o a persone che all’epoca delle dichiarazioni di Ernetti, nel 1972, erano già morte da tempo (Fermi e Gemelli) o, nel caso di von Braun (morto nel 1977), a una personalità vissuta in strettissima sorveglianza (praticamente segregata) per motivi di sicurezza, prima dai nazisti e poi dagli americani, per tutta la sua carriera.
Non migliore è stata la sorte della presunta trascrizione del “Tieste” di Ennio. La non autenticità del documento sarebbe stata provata dalla studiosa Katherine Owen Eldred, una classicista di formazione princetoniana, servendosi di argomentazioni puramente linguistiche. La trascrizione infatti, se da un lato include quasi tutti i frammenti già noti dell’opera, dall’altro si rivelerebbe stranamente breve e i frammenti già noti, precedentemente stimati essere la decima parte dell’opera, coprirebbero invece ben il 65% dell’intera trascrizione. Inoltre nelle parti nuove sarebbe frequente la ricorrenza di parole appartenenti a una lingua latina di gran lunga posteriore (250 anni) all’epoca della scrittura della tragedia. Infine l’eccessiva frequenza con cui si presentano alcune parole sarebbe indice di una estensione e una varietà lessicale che, se possono essere considerate eccellenti perfino in un fine latinista moderno (come l’Ernetti era), risulterebbero invece limitate e povere se attribuite a un sommo poeta come Ennio. Le affermazioni di Katherine Owen Eldred sono state successivamente contestate da Francoise Brune, che nel suo libro sul cronovisore dimostrerebbe come la traduzione della studiosa sia “frettolosa” e contenente svariati errori grammaticali nonché lessicali. Lo stesso autore riferisce poi nel suo libro che un nipote del monaco avrebbe raccolto, in punto di morte, una confessione in cui padre Ernetti, negando l’esistenza del suo apparecchio, avrebbe ritrattato ogni circostanza.
Negli anni, padre Ernetti e il suo cronovisore sono diventati protagonisti di una leggenda metropolitana diffusasi negli ambienti degli appassionati del mistero, del paranormale e delle teorie del complotto. Secondo la diceria l’unico esemplare del cronovisore realizzato da Ernetti sarebbe accuratamente celato in qualche remoto sotterraneo della Città del Vaticano. Anche questa affermazione, però, è rimasta priva di riscontri. Ancora oggi la vicenda è in grado di suscitare accesi dibattiti tra chi crede alla reale esistenza del cronovisore e chi, invece, affidandosi al metodo scientifico, non ne accetta l’esistenza in assenza di qualsiasi esibizione di prove ed argomentazioni verificabili.
Un mistero che a quanto pare resterà per sempre tale!