JEEG, ROBOT D’ACCIAIO

Nel 1975 la Toei Animation torna a sfruttare il filone dei robottoni giganteschi, incaricando Go Nagai di creare un nuovo personaggio, per spingere anche alcuni robot giocattolo assemblati con magneti, che saranno conosciuti in Italia come Micronauti. Nasce così Koketsu Jeeg, in italiano Jeeg robot d’acciaio, anime e manga robottico in 46 episodi svincolato dall’universo dei precedenti Mazinga e Goldrake e del successivo Gaiking, ma non per questo meno interessante.
In un Giappone molto anni Settanta, il giovane corridore automobilistico Hiroshi Shiba, da sempre in rotta con il padre, stimato scienziato, vede il genitore morire tragicamente e scopre nello stesso giorno di essere il prescelto per diventare Jeeg, il robot d’acciaio, e combattere contro il risorto e temibile impero Yamatai, agli ordini della regina Himika prima e dell’Imperatore del Drago poi.
In ogni puntata Hiroshi dovrà affrontare come Jeeg il mostro di pietra di turno, dovrà difendere la sua famiglia, dovrà tutelare il segreto della campana di bronzo, contenuta nel suo petto e scoprire man mano qualcosa sulla propria umanità, messa a dura prova dal fatto di essere un mezzo robot.
Certo, visto con gli occhi di oggi (ma anche allora un minimo di sospensione dell’incredulità era d’obbligo, e non solo perché era un cartone animato di fantascienza) l’anime di Jeeg pecca di ingenuità ancora di più che altri: a parte il fatto che tutta la vicenda si svolge in un posto isolato del Giappone, tra monti e mari, a parte l’assenza di una qualche forza terrestre tipo esercito, che negli altri anime robottici c’era, ma anche la storyline della campana di bronzo (manufatti realmente esistenti nel Giappone preistorico) è un po’ deboluccia e non viene risolta come meritava, senza contare le ingenuità dei combattimenti e della trasformazione di Hiroshi in Jeeg. Ma non mancano comunque gli elementi interessanti nella trama e nei personaggi, oltre all’omaggio palese di Hiroshi a Elvis Presley.
Dopo aver parlato nei due Mazinga della civiltà micenea, qui Nagai rende omaggio alle tradizioni e alle leggende giapponesi, facendo arrivare i nemici di turno dal passato remoto, da un’antica civiltà che si è ibernata nella roccia e lasciando a tratti un po’ di ambiguità sulle ragioni effettive dei nemici come primi abitanti del Giappone.
La regina Himika è esistita veramente in un passato leggendario come Himiko, ed era una sorta di sciamana, esponente di un matriarcato primitivo; ci sono anche leggende sui draghi e presunti demoni a essi devoti, come il Signore del Drago, e ci sono richiami a fiabe tradizionali, prima fra tutte quella della principessa delle nevi, protagonista di uno degli episodi forse più belli e toccanti della serie.
Non mancano le componenti umoristiche, nel personaggio di Mayumi, la sorellina pasticciona di Hiroshi, e di Don e Pancho, coppia anomala di corridori pronta a danneggiare Hiroshi ma ad aiutarlo quando è Jeeg, e nemmeno mancano melodramma e lacrime.
Se la coppia ufficiale di Hiroshi con Miwa, il pilota del Big Shooter che lancia a Jeeg i componenti, è solo lavorativa, la storia d’amore impossibile che c’è è tra Hiroshi e Flora, braccio destro del Signore del Drago, generale donna che anticipa in parte Lady Oscar: una storia dal tragico finale ma che i fan ricordano ancora oggi con affetto e commozione.
“Jeeg robot d’acciaio” ha avuto un seguito nel 2006, intitolato Kotetsushin Jeeg, in cui ritroviamo una Miwa anziana, un professor Shiba redivivo, tre nuovi piloti di Jeeg e una regina Himika grande cattiva della serie, perché si ignora una buona parte degli eventi della serie originale, distaccandosi poi anche come trama.

Di “Jeeg” è anche uscito nel nostro Paese il manga, in un paio di edizioni in anni diversi, creato da Go Nagai e Tatsuda Yasuda, con anche qui con molte differenze rispetto alle serie animate. Risulta inedita al momento la serie in dvd, conservata in edizione vhs con gelosia da alcuni appassionati, mentre era uscito qualche anno fa in dvd il film di montaggio fine anni Settanta, non particolarmente esaltante, ma condito da alcune interessanti interviste ai doppiatori originali.

“Jeeg” rimane a tutt’oggi comunque uno dei robottoni giapponesi più amati, ancora nell’immaginario di chi non segue più manga e anime da anni ma ricorda i pomeriggi di fine anni Settanta, tra mostri Haniwa e corse sfrenate.

29/12/2009, Elena Romanello