PAOLO FAZZINI

Regista e scrittore a 360 gradi, Paolo Fazzini si è occupato di tutto un po’. Ora si sta preparando a compiere il grande salto nel mondo del cinema con un lungometraggio di prossima distribuzione che farà sicuramente molto parlare di sé… e di cui anche noi abbiamo avuto modo di parlare: si tratta di “Mad in Italy”, un horror molto particolare che affonda le mani nell’attuale situazione di disagio sociale del nostro paese per prendere poi il largo verso lidi più cupi. Ma lasciamo che sia proprio Paolo a raccontarsi.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È PAOLO FAZZINI?
La mia principale attività professionale è la regia, che rimane il campo verso il quale tutti i miei sforzi sono rivolti. Ho iniziato a sperimentare i mezzi tecnici relativi alle riprese fin dall’età, più o meno, di 13 anni, quando mi cimentavo nella realizzazione di cortometraggi in super 8, prima e, di seguito, con la crescente diffusione delle tecnologie, in video. Ma è stato durante il periodo universitario che si è accresciuta la mia competenza tecnica: ho diretto diversi corti che mi hanno permesso di venire in contatto con professionisti del settore e con le realtà dei festival nazionali. Quando mi sono trovato a dover realizzare un prodotto professionalmente competitivo mi è sembrato naturale partire da un documentario, incentrato peraltro su uno degli argomenti che, cinematograficamente, più mi affascinava, e cioè l’horror.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI SIA CINEMATOGRAFICHE SIA LETTERARIE?
Essendomi laureato in Filmologia, il ragionare e lo scrivere di cinema è sempre stata una mia attività parallela, diciamo un hobby eccelso. Quest’aspetto si è intensificato negli ultimi anni, dalla pubblicazione del mio primo libro “Gli artigiani dell’orrore”, cui ha fatto seguito “Tremendamente terrunciello”, “Visioni sonore”, “Amici miei – La trilogia” e alcune pubblicazioni su riviste cartacee e online. Nel 2001 ho avuto l’idea di costruire, filmicamente, una storia del cinema dell’orrore italiano, e così insieme a Marco Cruciani (co-regista di “Le ombre della paura”) e Daniele Casolino (co-produttore) abbiamo tentato di riprendere il linguaggio dei documentari degli anni Sessanta: secondo noi quel poco di informazione sul cinema horror, visibile in tv, era di bassa qualità; i servizi erano di portata limitata, nessuno dava la visione d’insieme del fenomeno, nessuno faceva davvero parlare i protagonisti. Col linguaggio classico del documentario abbiamo cercato di colmare questo vuoto. Le ombre della paura si concentrava sul ventennio ’60-’80 e naturalmente avevamo pensato di dare un seguito a quel lavoro: un documentario che si occupasse di ciò che era successo dagli anni ’80 in poi. Gli altri collaboratori, però, hanno abbandonato il progetto e le nostre strade si sono divise. Io avevo già iniziato a raccogliere del materiale, interviste, testimonianze, per cui ho deciso di riprendere in mano l’idea e di realizzare comunque un documentario che, seppur indipendente dal capitolo che lo aveva preceduto, raccontasse il cinema horror italiano degli anni ’80, i suoi successi e le sue crisi. E così è nato “Hanging Shadows – Perspectives on italian horror cinema”. Ma non mi interessava ripetere la formula e lo stile di “Le ombre della paura”, per cui questo nuovo lavoro non si pone come obiettivo principale il ricostruire storicamente la genesi di generi e film, ma si concentra molto più su alcune tematiche, testimoniando anche ciò che di attivo c’è oggi nel campo della produzione horror indipendente. Molta attenzione ho posto anche nel lavoro sulla colonna sonora, aspetto che nei documentari passa spesso in secondo piano.
A BREVE USCIRÀ IL TUO PRIMO LUNGOMETRAGGIO “MAD IN ITALY”. VUOI PARLARCENE?
“Mad in Italy” (in alto Paolo con l’attrice Eleonora Bolla sul set del film) nasce dall’urgenza di cogliere il disagio dilagante nell’Italia contemporanea attraverso la finzione del cinema. E’ un prodotto completamente indipendente, realizzato con l’intervento finanziario di alcuni privati, e girato con una troupe ridotta; volevo che fosse volutamente un film grezzo, sporco, minimalista, come erano quelli girati negli anni ’70. Non so neanche se si possa inserire pienamente nel genere horror o thriller, in quanto il risultato finale ha uno stile molto particolare. E’ un film nato più dall’urgenza di farlo che non da razionali riflessioni sul cinema di genere.
COME È NATA L’IDEA DI PARTIRE DA UN TEMA COSÌ PARTICOLARE COME LA CRISI ECONOMICA ATTUALE PER GIUNGERE POI VERSO TRAGUARDI BEN PIÙ INQUIETANTI?
Ho sempre pensato che lo stile che ho scelto per “Mad in Italy” sia il più adatto per raccontare l’Italia contemporanea. L’Italia di oggi (come quella di ieri) ci offre storie di cronaca e politica che superano di gran lunga qualsiasi fantasia… quindi, quando mi sono trovato in fase di sceneggiatura, mi sono detto che non era necessario fare lo sforzo di inventare intrecci mediocri quando potevo rubare grandi colpi di scena dalle pagine dei quotidiani! Nella sceneggiatura non c’è nulla di inventato, è tutto reale, anche se non posso dire apertamente a quali casi mi sono ispirato. Inoltre c’è da dire che io stesso vivo quotidianamente i problemi del protagonista, così come lo fanno moltissimi miei coetanei, per cui l’impronta del film è nettamente realistica. La differenza è che di rado, fortunatamente, ci si trasforma in assassini o rapitori per risolvere le difficoltà economiche e lavorative.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI?
Non amando molto l’horror sopra le righe, estremo o demenziale, la cosa più difficile è stata riuscire a rendere credibili i gesti dei personaggi che immaginavo.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?
Sono da sempre un appassionato di thriller e noir, anche se poi sono uno spettatore onnivoro. Mi piacciono gli horror, ma anche i film d’autore o le commedie, quando sono ben scritte e recitate.
Indubbiamente però il fantastico è una mia vecchia passione da spettatore, che poi mi ha anche spinto a realizzare due documentari e un libro sull’argomento. Non sarei riuscito a fare altrettanto riferendomi al western, per esempio, o al poliziesco.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Per ora l’ispirazione viene soprattutto dalla realtà che mi circonda… mi capita di incontrare persone e vivere situazioni che superano di gran lunga la fantasia… assolutamente adatti per essere inseriti in contesti grotteschi o fantastici.
QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?
Tanti… John Fante, Richard Matheson, Iceberg Slim, Dylan Thomas, Leon Rooke, Gian Carlo Fusco, solo per citarne alcuni.
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM, CHE CI DICI?
Guardo di tutto… se vogliamo far riferimento a “Mad in Italy” vi si sono mescolati molti ingredienti provenienti da fonti diverse: c’è il cinema d’impegno politico come quello di Elio Petri, così come l’horror di George Romero, l’onirismo di David Lynch, o la nouvelle vague di Godard… impossibile citare tutti i registi e i film che mi hanno ispirato.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Attualmente sto lavorando a un progetto televisivo incentrato su alcuni famosi casi di omicidio italiani, cosa che andrà in onda prossimamente su una tv nazionale. Per quanto riguarda i sogni nel cassetto direi che il più grande è quello di entrare nella mente del mio cane e vedere cosa sogna mentre dorme.

BEH, IN BOCCA AL LUPO (E NON AL CANE) PER TUTTO!

07/02/2010, Davide Longoni