Trentacinque anni fa, tra proteste, tensioni sociali, anni di piombo e sequestri di capi di Stato italiani, faceva il suo debutto sui nostri schermi televisivi Ufo Robot Goldrake, primo anime giapponese di fantascienza ad arrivare in Italia, destinato a influenzare l’immaginario di chi era bambino allora ma anche di chi è venuto dopo, quando parole come otaku, manga e anime erano ancora prive di significato.
Importato dalla Francia a cui dobbiamo i nomi non molto ortodossi di vari personaggi e la perdita del legame con Mazinga Z e Il Grande Mazinga (Alcor non somiglia a Koji perché i giapponesi disegnano tutti i personaggi uguali, ma perché è lui), Atlas Ufo Robot detto Goldrake diventò subito un appuntamento fisso per bambini e adolescenti, e anche non pochi adulti, raccontando la storia di una guerra galattica in un angolo di Giappone che ricorda il Far West, dove si è rifugiato il principe di Fleed Actarus, pronto a difendere la Terra sul suo robottone quando le orde del perfido re Vega minacceranno il nostro pianeta partendo, con una certa ingenuità e sospensione dell’incredulità, proprio dal Giappone.
Al centro di polemiche per presunti messaggi fascisti con una famosa interpellanza parlamentare di Silviero Corvisieri e accusato di incitare alla violenza, Goldrake mostrò per la prima volta che l’animazione poteva essere un mezzo per raccontare storie più adulte, per parlare di guerra e di pace, di sentimenti e di scontri, in un microcosmo fantastico dove si combattono il bene, nelle persone di Actarus e dei suoi amici, non violenti di natura, e il male, un impero che vuole sottomettere l’universo, con una metafora non tanto nascosta dei tanti imperialismi e dittature che hanno contraddistinto il Novecento.
Visto con gli occhi di oggi, al di là dell’effetto nostalgia, amplificato dalla sigla di Vince Tempera, vincitrice del disco d’oro e capace ancora oggi di commuovere ed esaltare professionisti cinquantenni, Goldrake mostra alcuni limiti della serialità degli anime anni Settanta, che alternavano episodi scadenti come disegno e animazione ad altri ottimi, e una struttura degli episodi a tratti molto ripetitiva, tipica dei robot di Go Nagai, concepiti anche e soprattutto per vendere i gadget e i modellini a essi ispirati.
Nonostante questo, Goldrake può contare su alcuni gioiellini di episodi, realizzati dal duo Shingo Araki e Michi Himeno, tra i migliori animatori giapponesi, capaci di creare personaggi affascinanti, come le due tragiche fanciulle amate da Actarus, Najda e Rubina, e la sorellina combattente di Actarus, Maria Grazia Fleed. Senza contare che tra le righe si parla di razzismo e parità delle donne, oltre che di tutti gli orrori delle guerre sopra i vinti e la popolazione civile.
Una serie e un personaggio che hanno fatto storia, alla base del successo che manga e anime continuano ad avere ancora oggi, ormai entrati nell’immaginario e negli scaffali di librerie e videoteche, e capace comunque, anche solo per un attimo, di appassionare ed esaltare con i suoi combattimenti e la sua ricerca di pace e amicizia.