Le linee di Nazca sono dei geoglifi, ovvero delle linee tracciate sul terreno, situate nel deserto di Nazca, nella pianura di Socos, un altopiano arido che si estende per una cinquantina di chilometri tra le città di Nazca e di Palpa nel Perù meridionale, a nord dell’insediamento di Cahuachi. In questa regione, dove un semicerchio di montagne in lontananza forma un gigantesco anfiteatro naturale aperto verso ovest, migliaia di linee si estendono per 520 kmq, e alcune si prolungano fino a un’area di 800 kmq con una larghezza che va dai 4 ai 21 dam e lunghezze variabili, arrivando a misurare anche fino a 275 m di lunghezza. Le oltre 13.000 linee vanno a formare più di 800 disegni, che includono i profili stilizzati di animali comuni nell’area (la balena, il pappagallo, la lucertola lunga più di 180 metri, il colibrì, il condor e l’enorme ragno lungo circa 45 metri) e figure geometriche di vario genere. Si ritiene che questi disegni, visibili solo dall’alto a una certa altezza, siano stati tracciati durante la fioritura della civiltà Nazca, tra il 300 a.C. e il 500 d.C. da parte della popolazione che abitava questa zona.
Le linee sono state tracciate rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto, lasciando così un contrasto con il pietrisco sottostante, più chiaro. La pianura di Nazca è ventosa, ma le rocce della superficie assorbono abbastanza calore per far alzare l’aria proteggendo il suolo. Così i disegni giganti sono rimasti intatti per migliaia di anni. A causa della superimposizione dei motivi, si crede che essi siano stati realizzati in due tappe successive: prima le figure e poi i disegni geometrici. Ciò nonostante, a causa delle caratteristiche del suolo è molto difficile poter datare con sicurezza il periodo in cui furono costruite, specialmente per la difficoltà di applicare il sistema di datazione con il Carbonio 14, che non ha dato risultati soddisfacenti. Gli scienziati si sono avvalsi di altri metodi, come il confronto tra le figure dei geoglifi e quelle trovate sul vasellame della civiltà Nazca. Ai margini della pampa, gli archeologi hanno scoperto la città cerimoniale dei Nazca, Cahuachi, da cui si ritiene provenissero gli artefici delle linee.
Il primo riferimento che abbiamo riguardo queste figure si deve al conquistador e cronista spagnolo Pedro Cieza de León nel 1547, ma sono state avvistate con chiarezza solo con l’avvento dei voli di linea sull’area, casualmente, nel 1927 da Toribio Meija Xespe che le identificò con dei sentieri cerimoniali, chiamati “seques”.
Nel 1939 furono studiate da Paul Kosok, un archeologo statunitense, che ipotizzò che l’intera piana fosse un centro di culto. Hans Horkheimer nel 1947 suppose invece che questi tracciati fossero una forma di culto degli antenati: sentieri che venivano utilizzati come tracce dove camminare durante le cerimonie religiose.
Chi diede un contributo decisivo allo studio delle linee di Nazca fu l’archeologa tedesca Maria Reiche, che si dedicò con passione allo studio e al restauro dei geoglifi: a lei si deve tra l’altro la scoperta di alcuni disegni che non erano stati documentati in precedenza né da Mejia né da Kosok. La Reiche suppose che le linee avessero un significato astronomico, identificando la figura della Scimmia con l’Orsa Maggiore, il Delfino e il Ragno con la Costellazione di Orione, ecc. La Reiche affermava anche che le figure erano state create da veri e propri tecnici e ingegneri dell’epoca.
Sulla stessa linea si pose anche Phyllis Pitluga, una ricercatrice dell’Alder Planetarium di Chicago che, studiando il rapporto tra le linee e le stelle nel cielo, giunse alla conclusione che il ragno gigante rappresentava la costellazione di Orione, mentre tre linee rette che passano sopra al ragno erano dirette verso le tre stelle della cintura di Orione, se osservate da un certo punto della pampa.
Nel 1967 Gerald Hawkins, astronomo inglese noto per i suoi studi nel campo dell’archeoastronomia, non trovò invece alcuna correlazione tra i disegni di Nazca e i movimenti dei corpi celesti. Lo zoologo Tony Morrison studiò le linee con Gerald Hawkins; nel suo libro del 1978, Pathways to the Gods, Morrison citava un brano scritto dal magistrato spagnolo Luis de Monzon nel 1586, riguardo le pietre e le antiche strade vicino Nazca: «I vecchi indiani dicono [...] di possedere la conoscenza dei loro antenati e che, molto anticamente, cioè prima del regno degli Incas, giunse un altro popolo chiamato Viracocha; non erano numerosi, furono seguiti dagli Indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi».
Morrison riteneva di aver individuato la chiave per spiegare il mistero delle linee di Nazca: il leggendario eroe-maestro Viracocha, noto anche come Quetzalcoatl e Kontiki, il cui ritorno era ancora atteso al momento dello sbarco di Cortés. Gli “antichi Indios” disegnarono quelle figure poiché pensavano che Viracocha sarebbe tornato, questa volta scendendo dal cielo, e i disegni rappresentavano dunque dei segnali.
Anche la storica peruviana Maria Rostworowski de Diez Canseco studiò le linee interpretandole come luogo di segnalazione al dio Viracocha. Secondo la Rostworowski a ogni figura corrisponderebbe un clan (ayllu) degli adoratori di Viracocha, che avrebbero disegnato le linee per segnalare al proprio dio il luogo dove essi si trovavano quando egli sarebbe ritornato.
Il primo studio serio su questi disegni è dovuto all’equipe di archeologi formata da Markus Reindel (della “Commissione per le culture non-europee” dell’Istituto Archeologico Tedesco) e da Johnny Isla (dell’Istituto Andino di Ricerche Archeologiche). I due hanno documentato e scavato più di 650 giacimenti e sono riusciti a tracciare la storia della cultura che tracciò questi disegni, oltre a dar loro un senso, e giunsero alla conclusione che le linee hanno a che vedere molto più probabilmente con rituali collegati all’acqua, piuttosto che con concetti astronomici. L’approvvigionamento idrico, infatti, giocò un ruolo importante in tutta la regione. Gli scavi eseguiti hanno inoltre portato alla luce piccole cavità presso i geoglifi nelle quali furono trovate offerte religiose di prodotti agricoli e animali, soprattutto marini. I disegni formavano un paesaggio rituale il cui fine era quello di procurare l’acqua. Inoltre furono trovati paletti, corde e studi di figure. Di questi elementi tanto semplici si servirono probabilmente gli antichi Nazca per tracciare i loro disegni.
Sono molte comunque le ipotesi su come questo popolo abbia disegnato le linee, spaziando tra quelle più plausibili a quelle più fantasiose.
Tecnicamente le linee di Nazca sono perfette. Le rette chilometriche sono tracciate con piccolissimi angoli di deviazione. I disegni sono ben proporzionati, soprattutto se pensiamo alle loro dimensioni. Queste linee sono la testimonianza di una grande conoscenza della geometria da parte degli antichi abitanti di questa zona. L’ipotesi più accreditata e realistica circa la loro costruzione induce a pensare che gli antichi peruviani abbiano dapprima realizzato disegni in scala ridotta che sarebbero stati successivamente riportati (ingranditi) sul terreno con l’aiuto di un opportuno reticolato di corde (in maniera simile a come fece Gutzon Borglum, l’artista che scolpì i volti dei Presidenti statunitensi sul monte Rushmore). Quest’ipotesi sarebbe avvalorata anche dai reperti archeologici rinvenuti da Reindel e Isla durante i loro studi. Inoltre, non è del tutto esatto il fatto che le linee non si possano osservare da terra: infatti ci sono molte colline e montagne nell’area di Nazca che avrebbero permesso agli artisti di osservare il proprio lavoro in prospettiva. C’è da tener presente anche che, sicuramente, appena disegnate, le linee dovevano essere ben visibili, di colore giallo brillante, come le impronte recenti di pneumatici che passano nella zona. Va anche ricordato che le linee si sono conservate perfettamente fino ai nostri giorni perché la zona è una delle più secche del mondo.
Le figure che si trovano a Nazca, in particolare nella pampa di San José, sono numerose e rappresentano figure di animali, di vegetali, di umani, labirinti e altre figure geometriche. Quasi tutti i disegni furono creati su superfici piane, ma ve ne sono alcuni anche sui lati delle colline, che rappresentano per la maggior parte figure umane, alcune delle quali sono incoronate da tre o quattro linee verticali che forse rappresentano le piume di un copricapo cerimoniale (anche alcune mummie peruviane portavano copricapi d’oro e di piume). I disegni sulle colline sono meno nitidi di quelli sulla pianura, forse perché sono stati parzialmente cancellati dal rotolamento delle pietre verso valle.
Sono più di trenta i geoglifi trovati fino a oggi nella piana di Nazca. I disegni geometrici (centinaia di linee, triangoli e quadrangoli) sono più numerosi di quelli naturali e occupano grandi aree. La tecnica di costruzione fu diligente e attraverso essa i topografi del passato portarono le linee a dorsi e burroni senza deviare dalla loro direzione originale. La profondità dei solchi non eccede mai i 30 cm e alcune sono semplici graffi sulla superficie e possono essere distinte solo quando il sole è basso all’orizzonte.
Tra i disegni più significativi ricordiamo: l’albero e le mani, situati nei pressi della Carretera Panamericana Sur e visibili dalla “Torre Mirador”, nei pressi della panamericana stessa; le ali (o conchiglie), una figura quasi completamente cancellata dai lavori per la costruzione della grande autostrada o dall’incuria dei visitatori, per cui al giorno d’oggi purtroppo, al posto della figura si notano solo grandi tracce di pneumatici; l’astronauta, così chiamato per la forma della testa che ricorda per l’appunto il casco di un astronauta, che è una delle figure più famose, soprattutto riguardo alle speculazioni fantascientifiche che sono state proposte circa l’origine delle linee, anche se si tratta in realtà di una semplice rappresentazione stilizzata di una figura umana, secondo la Reiche uno sciamano o un sacerdote in grado di prevedere il tempo atmosferico; la balena, che rappresenta una divinità marina ed è localizzata all’estremità orientale del complesso archeologico delle linee, sovrapposta a un grande rettangolo; il cane; il colibrì, un altro dei geoglifi più famosi, soprattutto per le sue proporzioni armoniose, tanto che la distanza tra gli estremi delle sue due ali è di 66 metri ed è lungo 94 m, che era un animale considerato essere messaggero degli dei e intermediario tra gli umani e i condor mitologici nella regione del lago Titicaca e che si diceva servisse a propiziare la pioggia; il condor, con una lunghezza di 130 m e una apertura alare di 115 m, che in molte culture andine è un uccello associato direttamente alle divinità delle montagne; l’iguana; il lama; la lucertola, che è forse la figura che ha sofferto di più l’incuria dell’uomo, perché durante i lavori per la costruzione della Carretera Panamericana Sur è stata tagliata a metà dal tracciato della strada e parzialmente cancellata durante i lavori; le mani, che si trovano vicino alla “Torre Mirador” e a cui mancano alcune dita, in quanto gli antichi popoli della piana credevano che chi nasceva menomato era figlio di un dio del fulmine o del tuono, ritenendoli quindi essere soprannaturali e fortunati, evidentemente legati alle piogge e all’acqua e dunque anche in questo caso si crede che queste figure, come quella della scimmia, non siano state disegnate male, ma siano piuttosto un tentativo di propiziarsi gli dei della pioggia; l’orca mitilogica, un animale appartenente alla mitologia Nazca, presente anche nella ceramica della stessa civiltà, dove talvolta veniva rappresentata con una testa umana, che possiede, diversamente dalla normale balena, braccia e molteplici pinne sulla schiena e che viene considerato come una metamorfosi del gatto di Nazca, una metamorfosi che ovviamente ha a che vedere con l’acqua; il pappagallo; il pellicano (o alcatraz), posto di fianco a un trapezoide, rappresenta un grande volatile con il collo a zigzag e il becco rivolto ad est, con una lunghezza di 300 m e una larghezza di 54 metri, è considerato dagli studiosi della pianura come l’Annunciatore dell’Inti Raimi (una festa incaica di adorazione del sole), perché se durante le mattine comprese tra il 20 e il 23 giugno ci si posiziona nella testa e si guarda nella direzione del suo becco, si potrà osservare il sorgere del sole esattamente nel punto segnalato da questa direzione; il ragno, un’altra delle figure più famose, fu la prima figura a essere scoperta ed è ubicato in una fitta rete di linee rette oltre a essere parte del bordo di un enorme trapezoide, ma non è scientificamente dimostrata l’appartenenza di questo ragno (peraltro stilizzato) alla famiglia dei Ricinulei, originaria di zone quasi inaccessibili della foresta amazzonica (1500 km più a nord); la scimmia, che fu scoperta nel 1954 dalla Reiche che credeva potesse rappresentare l’Orsa Maggiore, è una famosissima figura che misura circa 135 m e mostra l’animale con solo nove dita e una coda a forma di spirale, che le popolazioni dell’antico Perù associavano all’acqua, in quanto questi animali abitavano in zone dove l’elemento è abbondante, mentre per i Maya le scimmie erano addirittura considerate divinità collegate all’acqua e il fatto di avere nove dita non è un segno di inaccuratezza da parte di chi ha disegnato la scimmia, ma piuttosto un modo per riferirsi a un animale divino in quanto, al tempo degli Inca come già detto, era credenza largamente diffusa associare le persone o animali nati con malformazioni a figli del fulmine e del tuono; il serpente; la spirale è una figura molto particolare, connessa anch’essa al culto dell’acqua, in quanto già nel 1976 l’archeologo Larrain aveva notato che gli antichi popoli peruviani utilizzavano delle conchiglie di forma spiraleggiante in culti per ottenere acqua, mentre conchiglie nautiloidi erano usate per produrre suoni che richiamassero gli dei della montagna o le nuvole; la stella.
Ma chi erano in realtà i costruttori di queste meravigliose linee, di questi geoglifi che ancor oggi stupiscono per l’impressionante precisione con cui sono stati disegnati?
La civiltà Nazca fece la sua apparizione nell’epoca preincaica nella provincia di Nazca (regione di Ica, in Perù). Sulle sponde del fiume Aja fu edificata la capitale Cahuachi e la civiltà nacque nel I secolo d.C. e decadde nel VI secolo d.C. La sua area di influenza spaziava dall’attuale provincia di Pisco al nord, fino alla regione di Arequipa al sud e dall’Oceano Pacifico all’ovest, fino alla regione di Ayacucho all’est, dove ebbe una speciale importanza nella formazione della civiltà Huari.
La cosa maggiormente impressionate di questa civiltà è la sua ceramica policroma, con figure di vario genere. In molte di queste ceramiche tra l’altro, vengono rappresentati uomini mutilati, cosa che fa supporre che realizzassero sacrifici umani. Studiata da Max Ulhe nel 1901, è considerata una delle migliori realizzate nell’antico Perù. La civiltà Nazca si distinse per la qualità del vasellame, la complessità dei dipinti e la policromia dei motivi, con pezzi che hanno fino a 6-7 colori e 190 tinte differenti. La forma più tipica del vasellame è la bottiglia con manico a ponte e due orifizi per versare il liquido; ma fabbricarono anche pentole sferiche, tazze e vasi di varia forma. La sua caratteristica principale era il cosiddetto “Horror al vacío” (“paura del vuoto”), ovvero i Nazca non lasciavano nessuno spazio incompleto di pittura o decorazione. In questi pezzi si raffiguravano elementi della vita quotidiana: fiori, frutta, uccelli, animali e insetti, personaggi mitologici o esseri che combinano tratti umani e animali. I motivi Nazca si dividono in tre categorie: naturalistici con raffigurazioni dell’ambiente; mitici o religiosi che ci rivelano la percezione che avevano del mondo; e infine geometrici con cerchi, semicerchi, rombi, linee, spirali, scale, ecc.
La musica di Nazca poi è stata la più importante tra quelle dell’America antica, cosa confermata dalle scale cromatiche dei loro flauti (“antara”), studiate da importanti musicologi come: Charles Mead, Raoul D´Harcourth, Marguerite D´Harcourth, Carlos Vega, Mariano Béjar Pacheco, André Sas, Robert Stevenson, Alberto Rossel Castro, César Bolaños, Joerg Haeberli, Américo Valencia, Miguel Oblitas Bustamante, Arturo Ruíz del Pozo, Giuseppe Oréfici e Anna Gruszczyńska-Ziółkowska.
L’arte della lavorazione dei metalli era invece poco usata, ma i Nazca possedevano comunque un proprio stile: utilizzavano l’oro e l’argento per fare soprattutto maschere, orecchini, anelli da naso e altri oggetti rituali e/o religiosi.
Invece l’arte tessile fu fiorente nella stessa epoca della civiltà Paracas, dai quali si pensa fu ereditata: lavoravano finissimi manti o tele e per tessere utilizzavano cotone e lana di cammelidi, mentre i motivi erano gli stessi che ritroviamo nella ceramica.
La civiltà Nazca non ebbe un governo unificato, non essendo unificati geograficamente gli insediamenti che si sviluppavano attorno alle zone fertili; quindi nemmeno una vera e propria capitale. L’insediamento più importante però si trovava a Cahuachi, un insieme di piramidi di adobe (mattoni), piattaforme e piazze. Era lì che gli abitanti dei differenti gruppi si riunivano per celebrare feste cerimoniali ed è per questo che l’insediamento può comunque essere considerato una sorta di città principale. L’organizzazione sociale dei Nazca per questo non raggiunse la complessità politica degli stati andini, ma ebbe autorità centralizzate, costituite principalmente da sacerdoti, che avevano il potere di organizzare il lavoro comunitario e dirigere le complesse attività cerimoniali. Al servizio di queste autorità si trovava una grande quantità di artigiani specializzati (ceramisti, tessitori, astrologi, musici, soldati) i quali abitavano in piccole città e centri cerimoniali tra i quali si distacca proprio il complesso di Cahuachi. Alla base della società si trovavano gli agricoltori e i pescatori, i quali vivevano dispersi in vari punti del territorio. Gli agricoltori occupavano quasi la totalità delle valli in modo da poter sviluppare l’agricoltura con maggior spazio e sui terreni maggiormente fertili.
Nazca era divisa in valli dove vi erano insediamenti in condizioni estreme. Ogni insediamento aveva un’autorità propria nella persona di un sacerdote. La élite viveva in edifici piramidali, in settori speciali le cui abitazioni erano fatte di adobe e muri coperti con uno strato di gesso o calce per chiudere le fessure, mentre il popolo risiedeva in villaggi o nelle periferie delle città e le loro case erano costruite utilizzando tronchi di albero di carrube che costituivano le pareti.
A circa 30 km dalla città di Nazca si trova il cimitero di Chauchilla, una necropoli all’aria aperta che dimostra proprio la religiosità di questo popolo e nella quale, nonostante i saccheggi, si possono ancora vedere mummie in perfetto stato di conservazione, resti tessili e di pregevole ceramica.
A dimostrazione sempre del fatto che fossero i sacerdoti a comandare, esistevano anche riti molto particolari, tra cui sacrifici umani e teste-trofeo. Questi riti ebbero però la loro origine nelle culture Chavín e Paracas e solo successivamente vennero assorbite dai Nazca. Per costruire una testa-trofeo, si toglieva il cervello dalla base del cranio; poi si cuciva la bocca o la si chiudeva con spine e si faceva un piccolo buco nella fronte, dove veniva fatta passare una corda al fine di appenderla. Si crede che le teste-trofeo venissero realizzate per fare riti in relazione alla fertilità delle terre. Le teste-trofeo appartenevano a soldati vinti di altre popolazioni e venivano indossate dai soldati vincitori. Prima che il guerriero le indossasse, il sacerdote della truppa toglieva il sangue dalla testa e poi si procedeva al rito di trofeizzazione.
Si dice che i Nazca credevano che le montagne fossero divinità, così come il mare, il cielo e la terra, il fuoco e l’acqua. Gran parte delle costruzioni e opere furono realizzate in onore di queste divinità, con il fine ultimo di non soffrire le carestie.
Durante la sua esistenza la civiltà Nazca scambiò prodotti con differenti culture, costruendo una rete di commercio tra Nazca, Warpa e altre città, scambiando pesce, cotone e la ceramica con patate e lana. I Nazca erano però principalmente un popolo agricolo e le principali coltivazioni furono: mais, fagioli, zucche, zapallo, yuca, arachidi, peperoncino, guayaba, lùcuma, pacay e cotone. La tecnologia per questo motivo si sviluppò principalmente nell’ambito agricolo: poiché il luogo è molto arido, fu necessaria la costruzione di acquedotti, canali e pozzi per irrigare i campi. Gli antichi nazqueñi costruirono gli acquedotti per poter avere acqua durante tutto l’arco dell’anno; opere che d’altra parte dovettero significare un grande sforzo fisico, organizzato e diretto tecnicamente da ingegneri idraulici. Questi acquedotti sono alimentati da sorgenti sulle alture circostanti la città di Nazca, ma anche da infiltrazione delle acque sotterranee. Un esempio di queste opere è l’acquedotto di Cantayo, che si trova a pochi chilometri da Nazca. Costruirono più di 40 acquedotti, che potevano essere mantenuti e puliti da una serie di costruzioni chiamate “ojos de agua” (occhi d’acqua). Di questi, i più importanti sono: Ocaña, Matara, Uchulla, Tejeje, Bisambra, Aja, Curve, Llícuas, Soisonguito, Copara y la Achirana. Il metodo di costruzione di tali acquedotti consisteva nello scavo di vari pozzi ubicati a 20-50 metri l’uno dall’altro fino a incontrare la falda acquifera. In seguito collegavano i pozzi con canali sotterranei. Questo sistema filtrava l’acqua del sottosuolo e lo trasportava verso le riserve d’acqua dalle quali venivano irrigati i campi delle valli. Costruirono poi perfino delle cisterne per immagazzinare l’acqua.
La decadenza di questo popolo iniziò attorno al 600 d.C.: si ritiene che il deserto avanzò rapidamente verso gli insediamenti Nazca e che il centro religioso di Cahuachi perse il proprio potere accentratore.