GRENDEL

Dalla leggenda sassone di Beowulf, i Marillion (gruppo scozzese che prende il nome dal “Silmarillion” di Tolkien, interprete di un tipo di rock chiamato “progressive”, reso famoso dai Genesis negli anni Settanta) hanno preso spunto per comporre “Grendel”, canzone della durata di oltre 17 minuti contenuta nell’album “B’sides themselves”, che, attraverso cinque melodie diverse ed altrettante situazioni, descrive una delle scorribande del mostro Grendel, appunto, nel villaggio di Heorot, per placare la sua sete di sangue.
La prima parte, accompagnata da una melodia molto dolce, descrive il villaggio, dove regna un silenzio carico di paura; dove le porte di legno, ancora sporche di sangue dall’ultima volta, costituiscono l’unico debole ostacolo alla furia assassina del mostro.
Si prosegue con la stessa melodia ad un ritmo però più veloce per descrivere il panico che si diffonde, i sacerdoti che si affidano ai propri idoli pagani ed infine Grendel che si risveglia e, dalla palude in cui abita, inizia la sua discesa verso Heorot.
La terza parte ci racconta il viaggio del mostro attraverso terre inospitali.
Comincia ora a delinearsi la figura della leggendaria aberrazione che risponde al nome di Grendel, figlio bastardo di Madre Natura (“Mother Nature bastard child”, cantano i Marillion con la voce dell’allora cantante Fish), crudele ed assassino solo per vendetta contro tutto ciò che è bello ed apparentemente innocente, ma che in realtà l’ha isolato, facendosi beffe di lui e del suo aspetto.
Con lo stile narrativo che ha caratterizzato finora la canzone, la band ci descrive Heorot nell’imminenza dell’arrivo del mostro, attendendo come una agnello “aspetta” il coltello del macellaio (“Heorot awaits him like lamb to the butcher’s knife”, prosegue Fish). I guerrieri si fanno avanti, preparandosi ad affrontare un nemico da incubo, ma il loro sacrificio sarà inutile, come loro stessi sentono in fondo al cuore. Sanno benissimo che le loro urla in realtà sono musica per Grendel, mentre i lampi e i fuochi sono la sua guida. La crudeltà del mostro non si cura dei coraggiosi.
La parte finale è la chiave di lettura del brano. Grendel prende la parola e dà sfogo alla sua rabbia contro gli uomini, passando, a sorpresa, dalla parte del giusto, elevandosi al ruolo di giudice supremo del destino degli abitanti di Heorot. In fondo Grendel è un emarginato, relegato al ruolo di “mostro” da chi è “più mostro” di lui: l’uomo. Forse anche Grendel è un essere umano: nulla ci vieta di pensarlo. Potrebbe essere solo “un mostro partorito dalla mente crudele dell’uomo”, che taccia come mostro aberrante qualunque essere non sia conforme ai “canoni naturali”, stabiliti da egli stesso. Ma questo non ci è dato di sapere: resta esclusivamente una leggenda.
Accompagnato da una musica che esprime in maniera perfetta la sua ira, Grendel accusa gli uomini di ipocrisia: “Perché mai dovrei provare pietà quando voi stessi uccidete i vostri simili e non provate alcuna vergogna? Dio è dalla mia parte e state pur certi che non avrò alcun rimorso… Ricevete la vostra punizione, scoprite la vostra gola alle mie giuste fauci e lasciate che il sangue scorra…”.
Con questa sentenza, seguita da un pezzo strumentale maestoso, si chiude la canzone. Da “mostro crudele, aberrante ed assassino”, Grendel si trasforma in un giustiziere divino, gettando la sua primitiva veste di emarginato.
Pur prendendo spunto da una leggenda in cui l’eroe, Beowulf, alla fine è proprio colui che uccide il mostro, Grendel, questo brano dei Marillion capovolge i ruoli classici della leggenda in sé ed alla fine la terribile minaccia ci ispira in realtà simpatia e ci fa riflettere: forse, non tutto ciò che è brutto e ributtante è per forza di cose anche sbagliato…
Insomma, per dirla con un detto popolare: “l’abito non fa il monaco”! Meditate gente, meditate…
 
Originariamente pubblicato sul numero 5 de LA ZONA MORTA, gennaio 1991
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, giugno 2007

20/06/2007, Paolo Faustini