ZOMBI FATTI IN CASA: ECCO COME FAR RESUSCITARE I MORTI

Creare degli zombi “in casa” (ovviamente in senso lato) è possibile: a quanto pare è stato trovato il modo per resuscitare i morti… o almeno, qualcosa che molto si avvicina al concetto. E già la comunità scientifica si divide tra scettici, detrattori e sostenitori, per non parlare poi delle implicazioni etiche, morali e religiose della faccenda.

In ogni caso, il segreto per indurre uno stato simile alla morte, ma “reversibile”, è ridurre l’attività metabolica per poi ripristinarla prima che il corpo venga irrimediabilmente danneggiato. Ecco, tutta qua la ricetta per far tornare in vita i morti! Almeno secondo Frank Swain, giornalista scientifico per Times e New Scientist e autore del libro How to Make a Zombie (traduzione “Come creare uno zombie”).

“Il confine tra scienza e fantascienza, se parliamo di zombie, è labile”, ha spiegato Frank Swain in un’intervista rilasciata tempo fa a “Il Venerdì di Repubblica”. “I risultati più clamorosi, ma anche meno credibili, sono quelli vantati da alcuni scienziati sovietici negli anni Trenta e Quaranta. Sergei Brukhonenko sosteneva per esempio di riportare in vita cani e anche persone grazie a un sistema circolatorio e respiratorio artificiale, e su YouTube si può vedere ancora il filmato originale che descrive le sue ricerche realizzato nel 1940 dalla American-Soviet Medical Society: la definirei propaganda fatta passare per scienza”.

Ma adesso qualche spiraglio per creare davvero un non-morto sembra esserci, almeno secondo le parole rese da Swain sempre a “Il Venerdì”: “Per esempio le tecniche di ipotermia sperimentate a partire dal 2005 dai ricercatori del Safar Center for Resuscitation Research dell’Università di Pittsburgh. Riscaldando cani che avevano passato tre ore tecnicamente morti, in uno stato di congelamento senza segni di attività biologica, li si è riportati in vita”. Swain spiega come sia possibile una cosa del genere: “Ogni grado in meno di temperatura corporea rallenta il metabolismo del cinque per cento e gradualmente spegne il cervello. Facendo ciò, si riduce di molte la necessità di ossigeno”.

Le tecniche di ipotermia sono già utilizzate per salvare annegati o persone colpite da ictus. Tecniche che secondo Swain “potranno essere usate sempre di più per salvare esseri umani nei casi in cui i chirurghi hanno bisogno di più tempo per riparare danni all’organismo”. Insomma, la soluzione per continuare a vivere starebbe nel morire. Ma solo temporaneamente!

A cura della redazione