La sconfinata pianura rossastra che si stendeva dinnanzi ai loro carri dava un senso d’incompiutezza e di immense possibilità, come se gli dei non avessero ancora deciso cosa farne davvero di quel territorio apparentemente interminabile, incerti se lasciarlo riposare indefinitamente come un giardino rivestito da quella coltre di pianticelle oppure se trasformare magari quello spazio vuoto in altopiani e colli o riempirlo di città qua e là, in un futuro. Forse un giorno sarebbe andata così, chissà.
La particolare colorazione rubizza degli steli e delle infiorescenze era dovuta alle conformazione delle piante che lì crescevano abbondantemente fino a perdita d’occhio: quello era il regno della Sedella Lucente, una variante delle più comuni Crassulacee, tipiche del luogo, e possedeva una peculiarità unica, come il giovanissimo Febker comprese fino dalla prima notte che si accamparono.
Infatti la sua fluorescenza, debole e tuttavia significativa, già a partire dal primo buio sembrava accrescersi e cominciava a riempire la vastità erbosa che circondava i loro carri tutt’attorno, ondeggiando debolmente ma incessantemente sotto la spinta del vento che soffiava sulla pianura senza fermarsi mai.
La strana luminosità rendeva quegli ampi spazi un territorio magico e straordinario, ben più di quanto già non apparissero ai suoi occhi da ragazzo durante il viaggio che si svolgeva sempre di giorno, alla luce del sole.
Stavano attraversando quella depressione apparentemente senza fine da più di un mese, ed ancora avrebbero dovuto percorrerne un terzo prima di giungere alla loro nuova terra, il posto in cui la sua famiglia e quella di tutti gli altri viaggiatori che si spostavano con loro avrebbe potuto sistemarsi stabilmente e cominciare finalmente una nuova vita.
Era incredibile quanto fosse grande quel territorio che copriva gran parte del nuovo continente che si stendeva al di là del mare, tanto che i coloni che stavano sulla costa orientale lo definivano semplicemente “Il mare di terra oltre il mare d’acqua”, oppure “La pianura che non ha una fine” e guardavano con stupore tutti coloro che osavano attraversare quell’immensità per giungere fino alla costa opposta. Di molti infatti non si avevano più notizie, altri invece non arrivavano mai a destinazione, a quanto sembrava. Vi erano molte bestie feroci, inaspettate insidie del clima e varie malattie che potevano aver ragione anche del convoglio più fornito ed agguerrito.
Sarebbe stato bello restare qui per sempre, in mezzo al meraviglioso spettacolo generato dalla Sedella Lucente, pensava Febker, tuttavia sapeva che non era possibile coltivare niente là, i suoi gliel’avevano detto più volte. A causa della strana composizione del terreno, in quella depressione non crescevano le comuni coltivazioni utili all’uomo né era possibile allevare del bestiame, solo gli animali selvatici parevano in grado di cibarsi di quelle stranissime pianticelle da cui si non potevano ricavare sostanze bevibili né alimenti commestibili. Pertanto non era possibile fermarsi lì, costruire delle case e creare un villaggio, bisognava per forza attraversarlo interamente ed arrivare a quelle terre fertili che –si diceva– esistevano in gran quantità sulla costa occidentale.
Il tragitto era lungo, impegnativo e richiedeva delle guide esperte, quali quelle che aveva scelto il loro gruppo, costituito da ben quattro carri coperti, tutti in legno e dipinti a colori vivaci, che servivano da dimora abituale per cinque diverse famiglie, un totale di ventidue individui fra uomini, donne ed i loro figli. Come Febker, appunto.
Undici anni, alto un metro e trenta, lunghi capelli biondicci, due occhi svegli e attenti, dotato di un’intelligenza vivace che avrebbe meritato forse di più di ciò che l’attendeva alla fine di quel percorso, ovvero una vita da comune agricoltore nei nuovi possedimenti che la sua famiglia avrebbe scelto come luogo ove condurre la propria esistenza dignitosamente. E tuttavia non vi era modo di cambiare il suo destino, poiché le risorse dei suoi erano sempre state assai limitate ed invero si erano ulteriormente prosciugate a causa del consistente impegno finanziario richiesto da quell’impresa avventurosa.
Era ormai sera, mentre le prime stelle cominciavano ad apparire in cielo contornando la grande luna lucente, allorché le guide fermarono l’avanzata del convoglio per quella giornata, dando disposizioni perché i carri si mettessero in circolo in modo da trascorrere al sicuro la notte. Un’altra notte da passare fra quelle pianticelle fluorescenti, in una sorta di regno magico che li circondava da tutti i lati.
Il loro carro era lungo poco meno di sei metri ed aveva ruote di legno molto alte che gli permettevano di superare facilmente fiumiciattoli, terreni scoscesi e ingombri di rocce che i comuni mezzi di trasporto non avrebbero potuto attraversare. All’interno vi erano i giacigli per tutti e tre i componenti della sua famiglia, due armadietti per le cibarie e le vettovaglie oltre ad una grossa cassa di metallo in cui venivano riposti normalmente il vestiario e altri oggetti di utilizzo quotidiano. Due finestre, dotate di ante lignee, venivano tenute aperte durante il giorno per far entrare la luce del sole, potendo venire chiuse con un semplice scatto all’imbrunire o in caso di pioggia. Sul lato esterno anch’esse, come il resto della parete, risultavano colorate con decorazioni intagliate che ricordavano fiori, alberi e ingressi di minuscole casupole stilizzate. Ovviamente, quell’ornamento era caratteristico soltanto del loro carro, così come l’avevano voluto espressamente i suoi, dato che ogni famiglia dipingeva l’esterno della sua residenza mobile secondo i propri gusti e le tradizioni.
Come ogni volta, anche quella sera il giovane puntava a fare tardi, dato che voleva continuare a bearsi di quello scenario da fiaba prima di rinchiudersi a dormire sul suo carro, però la sua famiglia non transigeva: entro le dieci doveva andare a letto poiché alla mattina seguente il viaggio avrebbe dovuto riprendere alle prime luci dell’alba e bisognava stare già in piedi a darsi da fare!
Tuttavia quella sera le cose andarono diversamente, poiché accadde un fatto nuovo che nessuno di loro si aspettava. Febker, in particolare, non l’avrebbe mai dimenticato…
Erano da poco passate le nove quando si udirono dei suoni di cavalli provenire dalla pianura e giunsero nei pressi del loro accampamento degli sconosciuti.
-Ohilà, chi è là?- urlò Thufrl, la più anziana delle guide del loro convoglio, portando istintivamente le lunghe dita abbronzate all’impugnatura della fidata spada che teneva al fianco.
-Artisti!- si limitò semplicemente a rispondere una voce profonda proveniente dal gruppo che avvicinava lentamente.
-Come hai detto?- chiese il corpulento uomo brizzolato, uscendosene in un’espressione di sorpresa.
Come appurarono dopo qualche attimo, si trattava davvero di artisti, una combriccola molto particolare in realtà, composta di uomini ed una donna, quattro persone in totale, che, a loro dire, attraversavano incessantemente quella depressione a bordo del loro sgangherato mezzo di trasporto, una carrozza dalla copertura in telo malva sgualcito, in cerca di avventurieri e viaggiatori da allietare con i loro canti e danze, da cui beneficiare solo di un po’ di benevolenza. E di qualche soldo per sopravvivere, ovviamente.
-A che popolo appartenete?- chiese Brett, il vecchio capo spedizione, puntando loro addosso i suoi occhi scuri -I vostri lineamenti sono insoliti…-
-Ti riferisci ai nostri occhi dal colore d’argento e alle lunghe ciocche dai toni grigiastri che portiamo? E’ molto semplice, noi siamo Bhaercl. Siamo giunti in questo nuovo continente in cerca di avventure più di dieci anni fa. Sapevate che proprio i Bhaercl erano stati fra i primi esploratori ad arrivare sulla costa orientale, vero?-
-Ne avevo sentito parlare, in effetti- disse Thufrl – Non è che se ne vedano molti come voi oggi in giro…-
-I più hanno deciso di lasciarsi alle spalle le coste ove erano approdati inizialmente per spingersi verso l’interno. Proprio come noi!-
-Mi chiamo Ghuea e i miei compagni sono Mesl, mio marito, oltre a Rheln e Rhuvb, i miei figli. Permettete che ci uniamo a voi e allietiamo la serata stellata con un nostro canto tradizionale, e magari con una danza?- intervenne l’unica donna presente nel gruppo, portandosi innanzi agli altri. La sua voce era calda e musicale, aveva due occhi sfavillanti e un viso scarno, molto bello, che la lunga capigliatura le metteva in risalto. Febker ne rimase conquistato da subito.
Il capo delle guide e Thufrl si scambiarono una veloce occhiata. Era molti giorni che non incontravano nessuno in quella zona, inoltre quei quattro non sembravano rappresentare di certo un pericolo, loro erano molti di più e ben armati, all’occorrenza…
Così scostarono di pochi metri soltanto uno dei carri in modo che la loro carrozza potesse sistemarsi attorno al fuoco per la notte e offrirono ai nuovi venuti la possibilità di condividere i resti del cibo che avevano già preparato.
Il giovane si affrettò ad intrufolarsi subito fra gli adulti seduti accanto al focolare per curiosare, superando la corporatura grassottella di sua madre e le spalle vistose di suo padre. Ovviamente, la sua attenzione era soprattutto per la straniera, che sembrava fosse l’unica danzatrice di quel gruppo, ma colse l’occasione per esaminare da vicino anche gli altri tre: due giovani, apparentemente coetanei, forse di dieci anni più grandi di lui, dai capelli piuttosto malcurati, l’uno dotato di un naso affilato mentre l’altro presentava dei tratti vivaci ed appariscenti sul viso; l’uomo, ben più alto, smilzo ma muscoloso, portava un cappellaccio grigiastro sulla testa e un ampio camicione bianco sotto una sopravveste scura consunta. Al fianco aveva un corto pugnale dall’aspetto stravagante che Febker non aveva mai visto prima.
-Che arma è quella?- chiese il giovane, stupendo i presenti con la sua improvvisa richiesta, sotto lo sguardo di disapprovazione stampato sul volto dei suoi.
-Hai buon occhio ragazzo!- rispose Mesl, scostandosi di lato i capelli -Si tratta di zirah bhonk, tradizionali del nostro paese. Sono molto utili qui per disossare le prede e lavorare le pelli, un utensile perfetto per sopravvivere in questa prateria senza ricorrere ad una spada che risulterebbe troppo ingombrante, oltreché inutile…-
Trascorse un’oretta fra convenevoli vari e battute sentite più volte, che evidentemente i nuovi arrivati trovavano divertenti, mentre le donne e le mamme del gruppo attorniavano ai lati la splendida Ghuea, ammirandone la capigliatura argentea.
Ad un certo punto, Mesl fece per alzarsi in piedi ed esordì in un tono altisonante e declamatorio -Ed ora, con la vostra benevolenza, lasciate che vi intratteniamo con il nostro mestiere di artisti giramondo. Andiamo ad incominciare!-
Il loro gruppo musicale disponeva di vari tamburi, simili in tutto e per tutto alle tabla tipiche del continente meridionale, e di un grosso strumento che sembrava un accordéon, sebbene più grosso e riccamente colorato. I quattro fecero un inchino davanti ai presenti, si misero in posa, ciascuno al proprio posto, e diedero il via alla loro estemporanea rappresentazione.
Mentre i due più giovani suonatori cominciarono a percuotere ritmicamente le due tabla, facendo rimbombare l’aria tutt’attorno, quello più anziano, l’ingombrante cappello ben calcato sul capo, si mise a suonare la larga membrana dell’accordéon, generando una musica suadente che ben presto cominciò a riscaldare l’atmosfera gelida della serata. Con un gesto l’uomo invitò la donna a prendere posto accanto al fuoco da campo, lei si avvicinò e cominciò a danzare in modo vorticoso, agitandosi sensualmente per intrattenere il pubblico e concedendo qua e là profondi sguardi ammiccanti con le sue straordinarie pupille d’argento.
La voce dell’anziano emetteva un suono assai regolare, che si insinuava come il vento caldo del pomeriggio fra gli arbusti, permeando tutti con il suo canto che si trasformò a poco a poco in una litania ritmica, quasi ossessiva.
Ben presto una certa sonnolenza prese ad impadronirsi del pubblico che stava in religioso silenzio, in ascolto di quelle parole straniere di cui non comprendeva il significato. Gli occhi cominciarono a socchiudersi sempre più spesso, stanchi, in cerca del sollievo ristoratore del sonno dopo quella lunga giornata trascorsa in viaggio sotto il sole, attraverso il percorso che si snodava nell’interminabile pianura.
Il corpo sensuale di Ghuea, avvolto dalla veste grigia ricamata, scoperto generosamente in alcuni punti lungo le braccia flessuose e sulle gambe, veniva rischiarato a tratti dalla luce della luna che li sovrastava dall’alto. Ad un certo momento parve quasi che una linea brillante, attivata dalla luce delle stelle, cominciasse a prendere vita ed a spostarsi lungo la superficie delle sue dita affusolate per attraversarne tutta la figura aggraziata e sudata. Nel breve spazio di pochi attimi la stessa luce cominciò a riflettersi anche sulle membra degli spettatori che sembravano completamente assorti davanti a quello spettacolo inconsueto, risalendo dal basso fino a giungere all’altezza delle spalle di tutti quanti.
Improvvisamente la danza della donna si fermò e Ghuea strinse i polpastrelli di scatto, come se muovesse dei fili invisibili che attraversavano tutto l’accampamento. Fu una cosa inaspettata: le linee di luce che si erano diffuse sulle vesti dei membri del gruppo dei viaggiatori si strinsero velocissimamente e andarono ad avviluppare con forza il loro collo, privandoli della possibilità di respirare. Non ci fu molta resistenza, anche a causa della musicalità del canto di Mesl che si era ormai impadronito delle loro menti assai profondamente, privandoli di ogni volontà.
Quindi i due giovani, Rheln e Rhuvb, imbracciarono le zirah bhonk e cominciarono a ripulire i corpi distesi al suolo, ormai morti, di tutte le loro ricchezze, tagliando dita e braccia senza farsi alcun problema per impadronirsi di anelli e monili più facilmente. Mentre lo scempio proseguiva, ad un certo punto Ghuea scorse con lo sguardo dei movimenti, si arrestò ed esaminò la figura che si era spostata.
-Guardate!- esclamò la donna con voce colma di sorpresa -Quel ragazzino non è morto, com’è possibile?-
Mesl si avvicinò, incuriosito, e fissò Febker, in preda a singulti di sofferenza -Controlla la sua pelle, il suo viso, potrebbe essere uno della nostra specie, o un mezzo-sangue, forse è per questo forse che è immune alla Magia della Luce…-
-Tu dici che è così? E come mai si trova qua?-
-Forse è stato adottato e non lo sa…- l’uomo lo sollevò di forza da terra, facendolo voltare e puntandogli gli occhi dritto in faccia-Dimmi, ragazzo, chi erano i tuoi?-
Febker, che ancora pieno di paura, alzò lo sguardo e lo fissò con il viso solcato dal pianto-Loro! Sono laggiù! Sono morti! Sono quelli che avete ucciso…-indicando un uomo ed una donna di mezz’età riversi accanto al fuoco -E io sono il solo figlio che hanno!-
-Forse non sa da dove viene o non gli è stato detto in precedenza…- il marito obiettò.
-Possibile…- disse Ghuea -E ora che ne facciamo?-
-Lo porteremo dal nostro maestro, lui deciderà!-
-Portarmi dal vostro Maestro? Chi è costui?- urlò il giovane, cercando di liberarsi da quel braccio saldo.
-Il nostro capo… forse lui farà di te un Artista della Notte, come noi. Poi si vedrà…-
-NO!- gridò Febker e si sentì subito preda di strane sensazioni – Siete degli assassini senza cuore!-
-Calmati, stai buono!-
-Non verrò con voi…- ed il giovane si tese fino quasi a prorompere in un eccesso di odio, gli occhi assorti e scintillanti.
I due lo fissarono per qualche momento, vedendo cosa era in grado di fare…
Il ragazzo si sentì pervadere da una strana forza, sudava, come aveva fatto la danzatrice durante la sua precedente esibizione, quasi si sforzasse per raggiungere un qualcosa di ignoto, però alla fine non ottenne alcunché.
-Per un attimo ho pensato che tu potessi già essere in grado di controllare il tuo dono…mi sbagliavo, ovviamente- ammise l’uomo -E’ impossibile che quelli della tua età siano in grado di farlo, ci riescono solo con l’impegno e dopo svariati anni di esercizi faticosi per addestrarsi al meglio-
-E anche se ci fossi riuscito, beh, sappi che la Magia della Luce non ha effetto su di noi…- sogghignò Ghuea -Questa è la ragione per cui sei sopravvissuto stanotte al nostro spettacolo mortale!-
-Già! Sappi che noi regoliamo le vertenze fra di noi con questo…- e gli mostrò il pugnale -altrimenti è il nostro capo a decidere! Lui può comandare ciascuno di noi, te incluso, poiché possiede il Potere della Luce Argentea che è superiore a tutti gli altri ed è in grado di sottometterci, ferirci, perfino ucciderci…Solo lui lo controlla!-
-Dunque verrai con noi…ormai è deciso!-
-No!- si oppose disperatamente il ragazzo, di nuovo.
-Non puoi impedirlo! Non farci adirare, dunque…-
Lo legarono e lo caricano su uno dei carri vuoti. Quindi lo lasciarono rinchiuso là per il resto della notte.
Mentre era bloccato, lì dentro, al buio, Febker sentì un’ira incredibile crescergli nel corpo e nella mente e si disse che sarebbe riuscito a vendicarsi un giorno…
E mentre piangeva e si lamentava, ecco che un punto luminoso, una stranissima Luce Argentea comparve sulla sua mano, ingrandendosi a poco a poco considerevolmente. Non era una semplice linea, si trattava di una forma più larga e consistente…
Forse anche lui possedeva quell’arte, la più potente di tutte, in base a quanto avevano detto quegli stessi assassini. Lo stesso potere che aveva il loro capo!
Magari sarebbe riuscito a controllarlo molto presto!
E forse avrebbe atteso per la sua vendetta meno a lungo di quanto si aspettavano…