E POI VENNE IL COMPUTER… MA SOLO POI – PARTE 03 – KING KONG (1933)

Non fu facile superare tutte le difficoltà che si presentavano via via che il soggetto prendeva forma: solo l’intervento del produttore Merian C. Cooper, coadiuvato da Willis O’Brien, rese possibile la realizzazione pratica di “King Kong”. Il principale collaboratore di O’Brien, Marcel Delgado, lo stesso che aveva costruito gli animali de Il Mondo Perduto, fabbricò i modelli: due King Kong realizzati su uno scheletro snodato di acciaio, alti circa mezzo metro e del peso di circa cinque chili l’uno.

Delgado inaugurò un nuovo metodo estremamente realistico per dare vita ai mostri: direttamente sullo scheletro di acciaio applicò i muscoli di lattice che si tendevano con assoluta naturalezza, vi applicò poi del cotone, cominciando a dare forma alla creatura e infine su tutto colò del lattice liquido, plasmandolo man mano che si solidificava sul modello. Con l’aiuto del fratello Victor Delgado, costruì in grandezza naturale anche una testa, una mano, un piede di King Kong e anche gli artigli di uno pterodattilo, una sorta di uccellaccio preistorico che afferra Fay Wray, la protagonista del film. Il busto di Kong era così grande che ci vollero quaranta pelli d’orso per ricoprirlo e sei uomini all’interno per manovrarlo.

Poiché era la prima volta che procedimenti così complessi venivano sperimentati, fu necessario fotografare una scena fino a dodici volte per ottenere il risultato desiderato. Per realizzare “King Kong” occorsero 55 settimane di produzione, senza contare i molti mesi di pre-preparazione.

Murray Spivack, capo degli effetti sonori, fu costretto a inventare nuovi processi come, per esempio, abbassare di un’ottava il ruggito di un leone che registrò al contrario rallentandolo e ottenendo così il ruggito di King Kong; sovrapporre il sibilo dell’aria che esce da un compressore all’urlo di un puma infuriato (le strida di un tirannosauro) e inoltre piazzò un microfono sensibilissimo sulla schiena del regista Schoedsack per registrare i tonfi di una mazza di tamburo battuta sul suo petto per imitare Kong che si batte il torace. Furono girate anche molte scene che non appaiono nel film: i marinai caduti nel burrone vengono divorati da un ragno gigantesco, la lotta di Kong con un triceratopo e il suo cucciolo (tagliata poi in Italia), l’impagabile sequenza di Kong che “sbuccia” i vestiti di Fay Wray, unico esempio di strip-tease eseguito da due pupazzi animati.

In tutto furono costruiti ventisette King Kong di diverse misure.

Giovanni Mongini