La costruzione del ponte della Galactica fu una vera e propria scommessa: tutti si aspettavano che costruire uno scenario con un ponte semplice, ma convincente, fosse una cosa relativamente facile, ma la Galactica ebbe il ponte più complicato e più intricato della storia delle astronavi. Jack Chilberg aveva disegnato un ponte semplice, senza troppe pretese in modo però da rispondere ai requisiti richiesti dalla produzione; ma non era pienamente soddisfatto: i set di SF fino ad allora costruiti erano troppo inverosimili, pieni di inutili pulsanti e luci che si accendevano in sincrono. No! Ci voleva qualcosa di diverso: la Galactica doveva essere una nave capace di fronteggiare qualsiasi esigenza, quindi dotata di ogni tipo di strumentazione, con luci, colori, bottoni e pannelli diversi tra di loro; c’era però un piccolo problema, l’équipe di John Dykstra aveva appena terminato la miniatura dell’astronave e si sa, la forma segue la funzione. Di conseguenza la struttura interna della nave doveva assecondare alcune delle priorità esterne: l’interno doveva rispecchiare in pieno la forma esterna della nave, ragion per cui il ponte era vincolato a un aspetto massiccio, pesante, imponente e molto dettagliato. Emulare la forma del ponte dell’Enterprise era troppo pretenzioso, ma Chilberg utilizzò l’idea della sfericità: le mura interne furono disegnate ricurve, ma l’intera struttura assomiglia più a un triangolone; inoltre quel tipo di architettura era ottimale per l’effetto massiccio: le sezioni sferiche, difatti, sono molto più resistenti, il peso della costruzione è meglio distribuito ed è molto meno reattivo alle sollecitazioni esterne e alla pressurizzazione. Come lo stesso Chilberg fece notare, l’uovo è la forma architettonica più resistente in natura; pensate all’ovetto che le nostre mamme ci facevano bere da piccoli, con il cucchiaino battevano la parte superiore, rompendo così solo la punta… eseguendo la stessa operazione con un cubo o con una sfera dello stesso materiale, il risultato sarebbe completamente diverso: i punti di rottura sono diversi, quindi sbattendoci contro il cucchiaino sia il cubo che la sfera si romperebbero in modo irregolare.
Chilberg girò una sequenza di prova, introducendo un pannello in technicolor con moltissimi pulsanti, la cosa fu gradevole esteticamente e si decise di proseguire con quell’idea (tagliando la scena di prova); i pulsanti utilizzati nella scena di prova furono presi “in prestito” da una ditta di registratori di cassa… se l’operatore avesse zoomato sul pannello di controllo si sarebbero letti prezzi e nomi di svariati ortaggi e articoli per la casa. Stevens, uno dei produttori, assecondò Chilberg in ogni sua idea, dal momento che Chilberg stesso aveva strutturato la Galactica in modo da sembrare vera… la finestra centrale (originariamente uno schermo lineare) fu sormontata da dei piloni, per rendere il tutto molto più verosimile: non era molto logico che una finestra così grande non avesse un sostegno adeguato; lo stesso valeva per le colonne poste all’interno della nave: va bene la struttura sferica, ma qualche colonna portante deve pure esserci. La prima di queste idee fu però bocciata dall’altro produttore, Glen Larson, che non voleva assolutamente rovinare l’effetto estetico del finestrone; mentre l’idea delle colonne fu approvata in pieno.
Per il ponte di comando fu scelto un colore grigiastro, simile al grigio militare, che esaltava notevolmente le facce e i costumi, senza parlare delle mille luci colorate dei pannelli; per la realizzazione della strumentazione del ponte fu interpellato Mickey Michaels che aveva già realizzato decine di decorazioni per fondali in aeroporti, Michaels contattò la Tektonix Inc., ordinando materiale di ogni genere. La Tektonix inizialmente rimase titubante, ma la pubblicità che ne sarebbe derivata, indusse i dirigenti ad accettare e fornire ogni sorta di strumento. E bisogna dire che ci riuscirono in pieno: tutto sembrava vero, era vero, i monitor (quelli verdi erano usati in genere per le compagnie aeree nazionali), le pulsantiere e tutte le apparecchiature presenti! Inoltre la Tektonix, fornitrice ufficiale NASA, mise a completa disposizione di Michaels tutti i tecnici disponibili, in modo che ogni singola apparecchiatura lavorasse come se fosse su di uno shuttle; e per la verità i monitor verdi stessi erano presenti sugli shuttle americani.