Titolo originale: The Hobbit: The desolation of Smaug
Anno: 2013
Regia: Peter Jackson
Soggetto: tratto dal romanzo di J.R.R. Tolkien
Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens e Guillermo del Toro
Direttore della fotografia: Andrew Lesnie
Montaggio: Jabez Olssen
Musica: Howard Shore
Effetti Speciali: WETA
Produzione: Carolynne Cunningham, Zane Weiner, Fran Walsh e Peter Jackson
Origine: Nuova Zelanda / Regno Unito / Stati Uniti
Durata: 2h e 41’
CAST
Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Orlando Bloom, Evangeline Lily, Stephen Fry, Cate Blanchett, Luke Evans, Ken Stott
TRAMA
Prosegue il viaggio di Bilbo Baggins e dei Nani verso Erebor, loro regno da cui sono stati usurpati, mentre Gandalf si divide da loro per indagare sul Negromante. I Nani con Bilbo se la devono vedere con gli orchi, con il mutapelle Beorn, amichevole quando è umano ma non quando diventa una bestia, ma anche con ragni giganti, con gli elfi non del tutto ben disposti verso di loro, finché non trovano il contrabbandiere Bard, che li accompagna a Pontelagolungo.
Nel frattempo Gandalf scopre il pericolo che c’è dietro a tutto, riconducibile a Sauron, l’antico e oscuro signore di Mordor e si trova in una situazione di grave pericolo, dopo aver scoperto che anche i Nazgul si sono risvegliati.
Dopo essere riusciti a fuggire dalla città di Pontelagolungo, in mano a fazioni differenti, i Nani e Bilbo arrivano nel monte di Erebor, dove si trovano a dover affrontare il drago Smaug, che si risveglia, li combatte e poi decide di volare verso la città sul lago per portare distruzione.
NOTE
Ne Il signore degli anelli Peter Jackson adattava, egregiamente va detto, un romanzo poderoso e complesso, di oltre mille pagine, diviso in tre parti per tre film, che ci stavano tutti. Con L’Hobbit l’operazione è inversa: fare di un libro di trecento pagine, scritto per un pubblico di ragazzi, tre film di quasi tre ore l’uno, per cercare di ripetere l’exploit della saga precedente. Una scommessa riuscita solo in parte, e non solo perché sono passati degli anni e oggi ci si sente diversi.
I risultati sono diseguali, anche se va detto che il secondo film scorre un po’ meglio del primo, allungando comunque un brodo fatto di inseguimenti, avventure, colpi di scena, fino ad un finale aperto che porta diritti al terzo film, l’anno prossimo.
L’Hobbit libro era nato come storia a se stante, scritta da Tolkien innanzitutto per i propri figli: Jackson sceglie di farne l’antefatto de Il signore degli anelli, inserendo personaggi che non apparivano in originale, da Legolas a Galadriel passando per Sauron, e aggiungendo nuove situazioni e avventure, dal viaggio di Gandalf per scoprire chi è il vero cattivo a licenze come l’elfa guerriera Tauriel, passando per l’esercito di ragni giganti, totalmente assente dal libro, e per la presenza di Saruman e del suo occhio, probabilmente nemmeno nella testa di Tolkien quando scrisse il libro.
Detto questo, La desolazione di Smaug è e resta un film godibile, anche se un po’ troppo carico di computer graphic, con meno lungaggini del primo capitolo, con tanta rendita da Il signore degli anelli ma anche da altra fantasy contemporanea, primo fra tutti il cult Game of thrones: certo, i puristi storcono il naso, e forse non hanno tutti i torti, ma per gli altri resta un bello spettacolo per gli occhi, forse da accorciare un attimo ma ormai si sa che Jackson ha fatto questa scelta, di allungare al massimo una storia d’avventura fantastica e non di epica pura come era Il signore degli anelli.
Tra gli interpreti chi sovrasta tutti è il veterano Ian McKellen, un Gandalf leggendario, ma messo un po’ da parte in questo secondo capitolo. Martin Freeman è simpatico, ma non è all’altezza del Frodo di Elijah Wood; Richard Armitage, interprete di varie fiction della BBC, ha fascino, mentre Orlando Bloom è decisamente un po’ invecchiato sotto il parruccone biondo e la bella Evangeline Lily, già star di Lost, non regge il confronto con le più carismatiche Galadriel e Arwen di Cate Blanchett e Liv Tyler.
L’altro grosso comprimario de La desolazione di Smaug è Smaug stesso, drago leggendario con richiama all’iconografia folkloristica medievale (ma c’è chi ha detto che è più una viverna che un drago classico), capace di calamitare l’attenzione nel lungo finale e di rubare la scena agli attori in carne e ossa, per poi volare a distruggere nel cielo, su una dissolvenza finale che lascia comunque tutti di sale.
Insomma, c’è da divertirsi comunque, ma Il signore degli anelli era un’altra cosa e a un altro livello: vedremo se Peter Jackson vorrà salutare il mondo di Tolkien con il terzo e ultimo capitolo il prossimo Natale o deciderà di adattare anche Il Silmarrilion e altri scritti dell’autore.