Ci sono paesi in Emilia Romagna dove i morti ritornano. Nelle campagne i contadini la sera si chiudono dentro casa e non escono sino al mattino dopo. E ci sono molti luoghi dove è meglio non passare la notte. Qui gli spiriti fanno parte della tradizione, alla quale vecchi e giovani sono tenacemente attaccati. Anzi, ci credono veramente… e hanno le loro buone ragioni.
In Romagna la credenza più viva è quella della potenza magica della terra: la terra infatti ha la facoltà di resuscitare. Possiamo constatare che le tradizioni spiritiche sono molto più radicate nelle regioni agricole, dove la terra conserva ancora le suggestioni magiche: la terra che resuscita il seme, può anche rigenerare i morti (come non citare a questo punto “Zeder”, il bellissimo film di Pupi Avati ambientato proprio nella campagna romagnola e dedicato a questo argomento?).
Non sono rari in Emilia Romagna anche i casi di possessione diabolica. A Sarsina, che si trova a circa 50 km da Forlì, si conserva con venerazione il Collare degli Indemoniati (nella foto), che viene spesso usato per gli esorcismi, a volte veramente molto spettacolari. Custodito da secoli viene offerto al bacio dei fedeli o racchiuso al collo di ammalati ed ossessi che, secondo le cronache, all’incontro con la catena, danno luogo a fatti anormali, non spiegati dalla psicologia: persone colpite da mali inguaribili, da nevrosi psicopatiche e da supposti malefici giungono ogni anno da ogni parte d’Italia ad implorare la salute ed il conforto. All’interno della Cattedrale operano alcuni sacerdoti a cui compete, ma solo su autorizzazione del Vescovo, l’esecuzione degli esorcismi. Suggestione o realtà? Nessuno può dirlo con certezza, ma comunque in Romagna gli spiriti sono di casa.
Abbiamo anche a testimonianza di questo molti racconti: fra questi, interessante è quello di Aurelia. Questa ragazza aveva uno zio prete vecchio e malato, che lei aveva sempre servito devotamente. Quand’egli le chiese come avrebbe potuto ricompensarla di tutti i sacrifici, Aurelia rispose: “Quando sarete morto, dovrete venirmi a dire come si sta di là”. Venne il giorno in cui lo zio morì e venne allestita la camera mortuaria. Quella notte la ragazza aspettava sveglia, nella stanza dove dormiva, l’arrivo dello zio. Alfine egli venne e Aurelia sentì chiaramente la voce dello zio, ma questa era così fredda e agghiacciante che la ragazza non era più tanto sicura di voler sapere “come si sta di là”. Ma qualcosa la chiamò da sotto e Aurelia scese con il lume. Poco dopo si sentì un urlo terribile e la sorella, accorsa subito, vide la ragazza lottare contro una forza invisibile che la tratteneva e la strattonava. Alla fine Aurelia riuscì a liberarsi e a fuggire via, ma sulla sua mano, per molti giorni, rimasero le tracce di cinque dita… che non erano le sue!
A Castel Bolognese tutti conoscono la storia del Fantasma della Sorgente. Quest’ultima è molto nota per l’acqua purissima e molto fresca, ma è vero anche che quest’acqua è poca e quindi si cerca di risparmiarla chiudendone l’afflusso nelle ore notturne per non sprecarla. Molto tempo fa c’era una guardiana che alle sei in punto riapriva il rubinetto. Una mattina la guardiana si trovava alla sorgente e, mentre stava per aprire il rubinetto, vide un uomo vestito come un brigante. Questi, con un gesto, le porse una specie di cofanetto, ordinandole di sputarci sopra se non voleva morire. Ma la donna era paralizzata dal terrore e, quando riuscì a gridare, l’apparizione scomparve. La raccolsero poche ore dopo dei contadini: la donna era svenuta e al suo risveglio raccontò dell’apparizione e disse che era sicura di dove morire. Infatti due giorni dopo fu stroncata da un infarto.
Solarolo è un paesino fra Lugo e Faenza, che sorge all’ombra di imponenti muraglioni medievali coperti di edera e di rose. A Solarolo tutti ricordano il Pretino, un giovane magro e malaticcio, ma tuttavia ligio al suo dovere ecclesiastico. Affiancava l’arciprete ad ogni funzione e tutti lo ricordano quando suonava la campanella per l’inizio della Messa, con quella mano pallida e scarna che faceva impressione. Morì giovanissimo di tisi. Fu dopo la sua morte che cominciarono a manifestarsi strano fenomeni. La prima volta i fedeli erano in chiesa in attesa della Messa, quando la campanella si mise a suonare. Tutti si aspettavano l’entrata dell’arciprete, ma non c’era anima viva. Il fenomeno si ripeté molte volte. Una giorno addirittura la campana per la Messa suonò alle due di notte. Le vecchiette fedelissime accorsero subito, ma trovarono la porta della chiesa chiusa e davanti ad essa apparve e scomparve l’ombra del Pretino. Anche la perpetua, troppo chiacchierona, pagò caro questo vizio: una sera era seduta davanti alla finestra, quando apparve il Pretino con il dito alzato minacciosamente ed uno sguardo così terribile che la poveretta si sentì mancare. Lo spirito del Pretino si è presentato fino al momento in cui è esistita la chiesa. Da quando la guerra l’ha resa impraticabile, il pretino non è più apparso.
La Fossa dei Frati è così denominata per una ragione particolare. E’ una zona in cui si decise di costruire delle villette. Durante gli scavi per le fondamenta vennero rinvenute ossa umane, ma nessuno si preoccupò più di tanto, perché già si sapeva che in quel punto anticamente sorgeva un convento di frati, che inumavano le salme in una cripta. Le villette furono completate presto vennero abitate. Molti inquilini hanno preferito però trasferirsi altrove, dopo poco tempo. Non riuscivano infatti a sopportare i passi pesanti sulle scale e, di notte, le cantilene con sussurri sibilanti e i gemiti che laceravano il buio. Le villette sono anche state benedette molte volte, ma invano.
Ancora a Solarolo molti sanno della Piligrena, la pellegrina. Il fatto avvenne negli anni trenta. Un carrettiere detto Sintinè doveva trasportare un carico di legna da Solarolo e Lugo. La strada che allora collegava i due paesini passava davanti al cimitero. Sintinè decise di far riposare il suo cavallo asmatico prima del cimitero. Poi diede alla bestia una frustata in modo da fargli fare una bella corsa e superare così in fretta il tratto maledetto. Il cavallo correva veloce, ma ecco che davanti al cimitero si impennò: la Piligrena era davanti al carro ed era così orrenda che il povero carrettiere gridò e svenne. Un contadino accorso alle sue grida lo trovò morente. Il fatto raccontato è un sunto delle ultime parole di Sintinè al contadino prima di spirare.
Cosa dire? L’atteggiamento più razionale è mantenersi equidistanti fra l’entusiasmo credulone e la negazione a priori. In realtà, ignoriamo ancora troppe cose!
Originariamente pubblicato sul numero 6 de LA ZONA MORTA, aprile 1991
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, giugno 2007
16/08/2007, Tonino Basile