Bruscamente, un tema sconvolgente si sviluppa nel mondo occidentale: i giovani si masturbano.
(Michel Foucault, Microfisica del potere, Einaudi 1977)
La belle époque degli anni ’60 trasforma in un decennio il paese arcaico e lo spinge verso l’american way of life; il paese ne ha bisogno, anche per scrollarsi il difficile dopoguerra. Si delineano nuove geografie industriali e spostamenti biblici di emigranti dal Sud povero e arretrato. Le campagne si infittiscono di palazzi e reclame; si amplifica quell’apparato burocratico, l’esercito degli statali, dei partiti, dei sindacati e delle corporazioni consociative che paralizzeranno il paese e impediranno di guidare il grande Boom.
Comunque è negli anni ‘60 che inizia a dilagare la furbizia individuale di una nuova classe dirigente e il fumetto nero, inconsapevolmente, ne intercetta i tratti; Kriminal e Satanik (e a cascata tutti gli altri eroi/eroine in calzamaglia) sono dei super uomini o super donne all’inseguimento di una perenne dolce vita fatta di lussi, soldi, viaggi esotici, jet-set e sesso libero.
Kriminal e Satanik rappresentano il prototipo del nuovo italiano, tollerante (o indifferente) all’assenteismo, all’evasione e al qualunquismo della nuova società degli anni ’70. L’aria che si respira nel nuovo decennio è decisamente differente, tuttavia ognuno può abbrancare una fetta piccola di benessere e rimanersene al calduccio nel proprio appartamento (di proprietà) coi figlioletti, la mogliettina e gli elettrodomestici. Pare di essere dentro una novella di Calvino, magari proprio Marcovaldo.
Le illusioni del ’68 sono superate e sconfitte dalla guepière di Satanik: a chi non piacerebbe una vita spericolata differente da quella dei propri genitori?
(Ecco come ci compriamo i nuovi giovani).
Dal ’69 all’80 la fiducia nelle possibilità di un cambiamento reale del paese scema e si spegne dentro l’apogeo del terrorismo e poi in un rifiuto della politica; ecco allora che si passa a una nuova genia di eroine che affermano una volta per tutte il privato sul pubblico.
Renzo Barbieri & Cavedon ne sono i massimi alfieri.
L’incubo degli anni di piombo e il canto della P38 crea una violenza metafisica che permea ogni aspetto del vivere quotidiano. L’atmosfera del lusso fantascientifico di Kriminal trova compimento nella filosofia del divertimento, nella voglia di evasione. E’ il riflusso, il revival della modernità e l’inizio del post-moderno, dove tutto si rivaluta e riscopre. I fumetti neri assorbono e spingono l’acceleratore sul sadismo, sul gore e sul cinismo.
Il sesso è il vero protagonista delle vicende disegnate in gran fretta: un sesso mortuario, funerario. Feste e peste si alternano nelle avventure di Jacula, Zora e Sukia, papesse ludiche del ’77. Le belle non morte seguono i propri istinti scatologici: mangiano, defecano e inghiottono lo sperma ogni volta che ne hanno voglia. Il maschio è solo un’appendice inutile o un sadico violentatore, un burattino comandato dalla propria fava (gigantesca).
Le porno eroine non sono interessate a pilotare un cambiamento, a conquistare (come i neri dei ’60) il mondo, bensì a soddisfare i propri istinti primari, alla medesima maniera delle porno eroine del cinema horror del periodo [1]. La medesima cosa accade nelle collane gemelle Il vampiro, Oltretomba, I notturni, eccetera, giù giù fino al trash delle Storie Nere o dei Terror Blu coi suoi alieni dediti al pissing estremo e alla coprofagia.
Il porno fumetto di Barbieri & C. presenta alcuni archetipi:
- un mondo governato dagli istinti primari, su tutti il sesso vissuto in modo violento e gratuito. Le eroine hanno una voracità maschile, predatoria (vampire, avventuriere, dark ladies, antiche vestali, principesse da fiabe corrotte/corrette a beneficio di pedofili e impotenti); gli eroi maschi (De Sade, Wallestein, Goldrake) sono dei maniaci bidimensionali che appartengono alla bella società e si tolgono tutti gli sfizi possibili alla faccia del prossimo;
- del rapporto col cinema abbiamo già detto altrove (Notturni nelle edicole); nel miscuglio surreale di questi fumetti si trova di tutto, epoche diverse, personaggi storici e di fantasia (Frankenstein, la Mummia, l’uomo lupo, Napoleone, Gesù, Jack lo squartatore);
- il porno fumetto italico implica una lettura veloce e distratta da parte del suo compratore maschio (ed eventuale lettore femmina); lettura distratta giustificata dai disegni tirati via velocemente sia per star dentro ai tempi editoriali ristretti, sia per il compenso economico (inferiore rispetto ad altri generi) attribuito agli anonimi disegnatori (anche qui l’anonimato deriva dalla paura di legarsi a un genere visto come degradante);
- l’importanza della copertina: la parte migliore dell’albo, coagulo realistico che deve attirare al primo sguardo l’interesse morboso del porno lettore anonimo nell’atto di scegliere tra altre 50 testate analoghe. La copertina sintetizza, non tanto la trama dell’albo (pretestuosa ed ellittica, sicuramente scopiazzata da qualche parte), bensì il catalogo possibile di commistioni (con altri linguaggi: cinematografico, cartellonistico, divistico eccetera) e devianze sessuali;
- la pratica del riciclo, della copiatura. Le vignette vengono ricalcate da foto, cartelloni, pubblicità, pose di attori e modelli o quadri. Il motivo è quello che abbiamo già detto, sia per risparmiare sul tempo, sia per aumentare l’effetto di realtà di certe posizioni dei corpi (soprattutto nel pieno delle penetrazioni hard). In questo però il fumetto porno italico mantiene una sua dimensione differente rispetto alle prime riviste hard come “Le Ore” o “Caballero”. La porno foto è una copia del reale e intrattiene col suo lettore una certa (primitiva) interattività (penso a quelle rubriche sublimi come le foto amatoriali dei cazzi e delle fighe pelose dei lettori/lettrici, oppure la corrispondenza postale o i finti servizi in cui i modelli e le modelle mettono in scena le reali perversioni di sconosciute casalinghe di Voghera o pastori abruzzesi); al contrario il bianco e nero tirato via dei fumetti è una deformazione del reale, una sua ricomposizione/riduzione a pochi (e significativi) segni grafici (e nel porno fumetto horror italico i momenti più spassosi sono raggiunti quando segno e testo si compenetrano, esteriorizzando – secondo gli insegnamenti di Lombroso – le caratteristiche immorali di un personaggio, es. Madame Brutal, bizzarra sadomasochista dalla gamba artificiale e la maschera di latex, in Goldrake);
- il bianco e nero (soprattutto il nero) di quelle vignette ci danno assuefazione e inezia, mescolandosi alle scolorite BR e all’ombra furtiva del porno-pendolare che si aggira furtivo intorno all’edicola degli ’80 (ancora ricolma di tali primizie) un attimo prima che esploda qualche bomba.
Davide Rosso
BIBLIOGRAFIA
Laura Barbini – Alberto Abruzzese, Pornograffiti: trame e figure del porno fumetto italiano per adulti, Napoleone Editore, Roma 1980.
[1] Mi riferisco al cinema horror italiano dei ’70: pellicole pre-isteriche, lentissime e scollate, lontanissime dalla motosega action dell’horror americano (Leatherface, Crafen e l’estetica dello snuff movie). Sesso e sadismo da discount mescolato alla povertà della messa in scena e alla pretestuosità delle vicende raccontate, veri e propri deliri grafici senza capo ne coda (penso a Polselli, Garrone, Balzella, D’Amato, Ratti o De Silvestro).