Periodicamente c’è chi celebra il funerale della fantascienza, ma questo genere rinasce ogni volta dalle sue ceneri, proponendo nuovi intrecci e storie, come quelle steampunk, che partono dal raccontare il futuro nel passato, di solito nell’era vittoriana… ma si può anche andare oltre, come ha fatto il nostro autore Davide Del Popolo Riolo, che in De bello alieno ha raccontato un futuro durante i fasti di Giulio Cesare nell’antica Roma.
Di questa saga tra fantascienza e storia occorre che parli il diretto interessato.
COME È NATA L’IDEA DI DE BELLO ALIENO?
L’idea è nata dal desiderio di abbinare due mie passioni: la fantascienza e la storia, in particolare la storia romana. Ambientare un romanzo di fantascienza nella Roma del I secolo a.C. mi è subito sembrata un’idea originale, e il progetto mi ha affascinato molto, anche se all’inizio sono stato incerto su come impostarlo. Il subconscio per fortuna ha lavorato, e un mattino mi sono svegliato con il desiderio di vedere Cesare e Pompeo, al comando di legioni armate con fucili e cannoni, affrontare gli alieni. Di lì ho ragionato su come potevo, in modo non del tutto inverosimile, creare un mondo alternativo in cui, all’epoca di Cesare e Pompeo, ci fossero appunto fucili o cannoni. Ho subito deciso che lo sviluppo tecnologico del mondo che avrei descritto doveva essere autonomo, e che quindi dovevo costruire un contesto in cui, in età romana, fosse iniziata la rivoluzione industriale. E se rivoluzione doveva essere, il padre non poteva che essere quello che per me è stato l’unico vero rivoluzionario romano, Giulio Cesare. Una volta identificati questi capisaldi dello scenario in cui mi sarei mosso, il resto è stato abbastanza facile…
PERCHÉ L’ANTICA ROMA, IN UN MODO O NELL’ALTRO, CONTINUA A PIACERE SIA AGLI SCRITTORI CHE AGLI AUTORI?
Difficile da dire. Piace probabilmente per motivi diversi, a seconda della persona a cui piace. A volte, magari, piace anche per i motivi sbagliati: penso per esempio a un bellissimo film come Il Gladiatore, che io ho amato moltissimo, ma che di romano ha quasi soltanto i nomi, essendo stata la storia del periodo allegramente reinventata. Io posso dire perché piace a me: trovo affascinante soprattutto l’epoca della fine della Repubblica per il suo connubio unico di problemi apparentemente simili a quelli moderni (la crisi di una grande democrazia per il fallimento del suo ceto dirigente; la corruzione politica, che viene eliminata in sostanza rinunciando alle libere elezioni; l’incapacità dei ceti sociali da sempre dominanti di accettare il cambiamento; la difficoltà di integrare popoli e culture diverse in un unico contesto sovranazionale, per esempio) e altri a noi lontanissimi (pensiamo soltanto alla schiavitù, o alla condizione delle donne romane). Il tutto, poi, in presenza di figure storiche dalla personalità fortissima, e di fonti storiche che ci raccontano notizie e pettegolezzi a volte anche giorno per giorno. La combinazione di tutto ciò è, io trovo, tremendamente interessante e divertente!
Peraltro, la storia romana può essere secondo me una delle soluzioni proponibili al problema che ogni tanto si pone di come scrivere fantascienza “specificamente” italiana, senza cadere però nel provincialismo. La storia romana è infatti universale e italiana insieme, e può essere uno “scenario” utile non soltanto per un romanzo ucronico o steampunk, come è stato considerato il mio (per quanto io sia piuttosto allergico ai generi, che mi piace mescolare e confondere).
COSA NE PENSA DEL FANTASTICO IN GENERALE IN ITALIA E NON SOLO IN QUESTO MOMENTO?
La domanda è ancora più difficile: posso rispondere per ciò che vedo e sento dire da chi se ne occupa a livello professionale. Mi pare di capire che ci sono alcuni generi molto di moda: zombi e vampiri; young adult e fantasy (e magari una mescolanza dei tre). Il resto sta diventando sempre più di nicchia, pare. D’altra parte, però, sempre più di frequente autori italiani riscuotono successo all’estero (ultimamente, per esempio, Dario Tonani, Francesco Verso, Claudio Chillemi) e questo non può non essere un buon segno.
QUALI SONO LE SUE FONTI DI ISPIRAZIONI COME LIBRI, FILM E SIMILI?
E’ complicato dirlo. Sono sempre stato un lettore piuttosto onnivoro, per cui è inevitabile che, magari inconsciamente, suggestioni o impressioni di ciò che mi è piaciuto, magari di altri generi, emergano quando scrivo. D’altra parte, però, so che se volessi scrivere un romanzo “alla maniera di Barrayar di Lois Bujold” o “alla maniera di Hyperion di Dan Simmons”, per citare due romanzi degli anni Novanta che mi hanno fatto ritornare a un genere che stavo un po’ abbandonando, non ci riuscirei. Diciamo che sto cercando una strada mia, e che con De Bello Alieno un po’ mi sembra di averla trovata. Due singolari fonti di ispirazione, però, per De Bello Alieno le voglio citare. Il romanzo che, all’epoca del ginnasio, mi ha fatto innamorare della storia romana: Gli affari del signor Giulio Cesare di Brecht. E poi, un classico degli anni Settanta, Tutti a Zanzibar di John Brunner. Perché quest’ultimo? Perché, quando ho cominciato a scrivere De Bello Alieno, ho pensato che un’idea così originale doveva essere anche narrata in modo originale. Ed è grazie a Brunner che mi è venuto in mente di costruire la struttura narrativa a mosaico, senza prime o terze persone narranti, che poi ho adottato (anche se Tutti a Zanzibar alla fine segue un sistema narrativo decisamente diverso dal mio).
PROSSIMI PROGETTI?
Sono uno scrittore dilettante, che scrive nel fine settimana, per cui portare avanti i progetti non è facile. Dopo De Bello Alieno ho scritto un altro romanzo ambientato in età romana ma con estetica steampunk, su cui però non voglio dire di più perché sono in attesa di risposte, e sono anche un po’ scaramantico… E ora sto scrivendo qualcosa di totalmente diverso, chiamiamolo una sorta di fantasy molto realistico, ambientato a Londra nel maggio del 1940.