Il decennio che segue ha avuto poche incursioni nel campo della fantascienza. Citiamo i pochi titoli degni di nota: Majidas di Toni Occhiello (1990) dove, a causa di una meteora e di una conseguente magia, due handicappati riescono a vivere in una dimensione parallela dove non hanno più problemi fisici. Poi, nel 1996, abbiamo il mediocre Potenza virtuale di Antonio Margheriti, dove un poliziotto viene ucciso in seguito a una esplosione, ma viene rigenerato come ologramma da una ragazzina abilissima nell’uso del computer e, in questo modo, riesce ad averla vinta contro un criminale. Ricordiamo anche il nebuloso Fiori del destino di Tonino De Bernardi del 1997. Una complessa storia che doveva far parte di una trilogia che non ci risulta mai nata e intitolata Sorrisi Asmatici, una favola fantastica e onirica su dei viaggiatori che arrivano dall’acqua, attraversano la terra per poi trasformarsi.
Per poter citare qualcosa di decente dobbiamo sconfinare ai limiti impostici e passare al 2004 e citare almeno la miniserie Italiani nello spazio di Tino Franco, autore anche dell’ottimo cortometraggio Space Off, storia di una giornalista a caccia di scoop e di un’astronave che sta per raggiungere Marte. Questa deliziosa miniserie in dieci episodi da quattro minuti l’uno narra la storia di due scombinati astronauti italiani coinvolti in avventure tragicomiche e che lavorano (si fa per dire) a bordo di una stazione internazionale orbitante attorno alla Terra. Realizzato in modo altamente professionale questo è uno dei tanti cortometraggi che sta rivelando un nutrito gruppo di nuovi e interessanti soggettisti e registi i quali, si spera un giorno, avranno la possibilità di accedere al vero e proprio professionismo.
Per concludere, non sarebbe giusto ignorare i pochi, pochissimi esempi inversi, nei quali, cioè, il cinema italiano ha anticipato di parecchio idee del cinema di fantascienza americano, se non vogliamo proprio pensare che quest’ultimo si sia ispirato direttamente o abbia letteralmente copiato le idee di quello nostrano. Lo sta facendo in maniera smaccata attualmente con il cinema horror giapponese, lo fece in modo nascosto anni addietro. Dimostrazione: La morte viene dallo spazio di Paolo Heush (1958) anticipa Meteor di Ronald Neame (1975): anche qui, infatti, il gigantesco asteroide in rotta di collisione con la Terra viene colpito da missili nucleari. Caltiki, il mostro immortale di Riccardo Freda (1959), pur avendo qualcosa di gelatinesco in comune con Fluido mortale di Irvin S. Yeaworth Jr., peraltro dello stesso anno, ha servito come ispirazione per Alien di Ridley Scott (1979) perché anche qui, come nel film di Freda, la creatura penetra nell’organismo umano e vi si sviluppa. Space-Men di Antonio Margheriti ha anticipato di otto anni Salvate la Terra (The Lost Missile) di Lester W. Berke del 1958 perché in tutti e due si cerca di distruggere una nave spaziale le cui radiazioni dei motori stanno per distruggere ogni forma di vita sul nostro pianeta.
Ancora: I pianeti contro di noi (1962) di Romano Ferrara è evidente anticipatore, con i suoi Cyborg, di un’altra creatura artificiale ben più nota, e cioè il Terminator (1984) di James Cameron. Terrore nello spazio (1965) di Mario Bava è il caso più eclatante. Vi sono molte scene e situazioni che verranno poi riprese da Ridley Scott per il suo Alien, prima fra tutte la visita da parte degli astronauti alla nave spaziale aliena. L’ondata di sangue che è la scena culminante di Criminali della galassia (1965) di Antonio Margheriti riappare puntuale anche in Punto di non ritorno (1998) di Paul Anderson. 2+5 Missione Hydra (1966) di Pietro Francisci e Il pianeta delle scimmie (1967) di Franklin J. Schaffner, si concludono entrambi davanti ad una Terra distrutta da guerre atomiche.
Ottime idee, ottimi spunti, quelli del cinema fantascientifico italiano, ma spesso e volentieri sfruttati con ingenuità e parsimonia.
Concludendo, possiamo dire che non è cambiato nulla e non cambierà nemmeno nulla: le remore sono quelle, l’ignoranza dei produttori e dei distributori è tanta, quella dei cosiddetti critici cinematografici pure e la paura fa duecentosettanta ed è un peccato perché ci sono tanti giovani che realizzano i loro cortometraggi di fantascienza usando una tecnica, uno spirito, una volontà invidiabili. Con loro la fantascienza conoscerebbe i fasti lontani del periodo muto, basterebbe un poco più di coraggio e una veduta più ampia e potremmo avere un posto dignitoso nell’ampio quadro del cinema di fantascienza mondiale.
Ecco spiegato il perché voglio bene al cinema americano di fantascienza e piango sopra un deserto cinema italiano di fantascienza dove le poche oasi non sono sufficienti a dissetare nemmeno un canarino assetato…
(9.fine)