Complici gli amici di “Altrisogni”, grazie all’uscita dell’antologia “Ore nere – Otto racconti del terrore”, abbiamo avuto la possibilità di incontrare e conoscere meglio gli autori di questo volume. Tra questi troviamo Matteo Pisaneschi.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MATTEO PISANESCHI?
Un ingegnere elettronico. Un progettista d’impianti. Un insegnante di materie tecniche. Un paroliere, forse più parolaio. Non certo uno scrittore, nemmeno emergente o esordiente. In pratica, uno schizofrenico.
COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?
Occupandomi di recensioni e articoli per un paio di siti e forum di fumetto (www.comicsworld.forumfree.it, www.dcleaguers.it), con un passato (da scordare) nella fanfiction supereroistica. Informandomi per “Lucca comics 2012” vedo il bando per “Un racconto in mostra”. Ci provo, giusto per dimostrare che oltre a sparare sentenze sul lavoro altrui, anche io sono in grado di scrivere qualcosa. Risultato, un quarto posto che mi dice “allora provaci”. E ancora ci provo. Fra piccoli successi e qualche insoddisfazione.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PASSATE, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?
Sicuramente “Saggina” (2° posto al concorso “Halloween all’italiana”) ha un significato speciale per me, e non certo per il piazzamento. C’è la mia infanzia lì dentro, la campagna delle mia zone, con tutte le tradizioni ormai a perdersi. C’è la mia bisnonna, una “strega” contadina come si usava a quei tempi. Però qualsiasi mio scritto è per me importante, in quanto tassello di un percorso di crescita ancora in corso. Non amo andare sul sicuro, per ora, preferisco sperimentare. Fallire miseramente un concorso? Lo accetto, se come contropartita ho la possibilità di scoprire tutti i lati, giusti e sbagliati, della mia penna.
RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO ALL’INTERNO DELL’ANTOLOGIA “ALTRISOGNI PRESENTA: ORE NERE” IL TUO RACCONTO INTITOLATO “LA LINGUA DI SATANA”. CE NE VUOI PARLARE?
È nato per sfida su un forum (www.writersdream.org/forum). Dodici ore per scrivere massimo 8.000 battute con tema “patto col diavolo”. Mi sono accorto che poteva avere della potenzialità, così l’ho riscritto, rivisto e ampliato in occasione del “Premio F. M. Crawford”. Un lavoro ingenuo, acerbo e approssimativo, me ne rendo conto oggi, e capisco il fuori rosa dal premio. Quello che mi meraviglia è l’interesse suscitato in “Altrisogni”. A parte gli scherzi, è una storia di arrivismo e egoismo. Di inganni e fraintendimento. Con un piccolo sottotesto puramente linguistico, metanarrativo oserei dire.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?
Nessuna. Ho pensato alla parte peggiore, più vile di me e Jesse Suton ne è uscito in un istante. L’ambientazione poi è, purtroppo, così scarna che il problema non si pone. La cosa più difficile è stata il finale. E non tanto idearlo, perché si è scritto da solo (grazie alla famosa “coerenza interna” che esime lo scrittore da improbabili stravolgimenti), quanto accettarlo. È un’accusa che mi lancio contro da solo, in pratica.
VISTO CHE ULTIMAMENTE CAPITA SEMPRE PIU’ SPESSO, COME IN QUESTO CASO, DI LEGGERE MOLTI GIOVANI AUTORI, E NON SOLO QUELLI, ANCHE IN FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?
Sì. Almeno un altro paio di generazioni, almeno. Poi, non so. O cambia qualcosa a livello economico e culturale o il digitale prenderà sempre più piede, per facilità di produzione, acquisto e conservazione. Peccato, perché la carta, seppur in teoria meno eterna – per deperibilità – di un’informazione digitale, ha un fascino particolare. Puoi toccare il tuo libro, sentirlo sotto i polpastrelli e dire: “ci sono”. La carta conserva gli odori, e quindi i ricordi. Non ci rinuncerei mai. Ma io sono un nostalgico, e se oggi i ragazzi nascono con l’iPhone già attaccato al pollice devo arrendermi al digitale (la cosa buffa è che sono un elettronico/informatico!). Come dici, però, il digitale offre una bella strada di maturazione e vetrina per i più o meno giovani emergenti (se solo però riescono a farsi largo attraverso una saturazione di mercato dovuta proprio al digitale e ai self publishing). E ne approfitto per salutare e consigliare gente molto più in gamba di me: Mirko Giacchetti (leggetelo!) è già una promessa mantenuta, Samuele Fabbrizzi e Roberto Ciardiello (cercateli in rete!) lo saranno.
CI PARE DI CAPIRE CHE IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?
Libertà. E sicurezza. Trovo rinfrancante esprimere i propri pensieri sui temi più disparati, seri o faceti che siano, mascherandoli da storia di fantasia. Mi piace disquisire, confrontarmi con gli altri, ma una “tribuna” è noiosa per tutti. Meglio una storia, fantastica, che assolve anche un mero fine di intrattenimento. Per me che la scrivo e per chi, Dio voglia, se la legge. Così scrivo horror, anche se atipico. Non amo l’horror classico di mannaie piantate in testa, zombie e vampiri. Raramente nei miei testi c’è sangue. Più paranoia, forse. Roba strana.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Ho già provato a rispondere ad altri, e ne è venuto fuori uno “strabismo narrativo”: incrociare cioè l’occhio razionale con quello assurdo. Ma è una risposta faceta, almeno nella forma, anche se vera nella sostanza. In verità, se non sa rispondere un maestro come Stephen King, che possibilità ha uno come me? Io so soltanto che l’ispirazione è come la fortuna dei proverbi: arriva se la cerchi. Bisogna guardarsi attorno e dentro contemporaneamente, nella speranza che scatti qualcosa. Poi, dopo la scintilla più o meno fortuita, ci vuole molto olio di gomito per trasformare l’idea in storia.
QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?
Innanzitutto la sacra triade dell’America nuda e cruda: John Fante, Hernest Hemingway e Charles Bukowski. Luise Ferdinand Celine e Albert Camus sono due autori che mitigano la mia ritrosia verso la Francia. Dostoevskij, assolutamente. Stephen King: per chiunque voglia scrivere narrativa fantastica/horror è una lettura obbligata. Per l’Italia Alessandro Baricco, Alessandro Piperno e Pino Cacucci: autori moderni che hanno provato a scardinare e rinnovare la nostra lingua con opere molto particolari.
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?
Stanley Kubrick, Sergio Leone, Quentin Tarantino, Woody Allen e Christopher Nolan. Con questi vado sempre sul sicuro. Penso che nessuno riuscirà mai ad eguagliare l’intreccio narrativo di “C’era una volta in America” (forse solo “The prestige” di Nolan ci va vicino, come articolazione), o la poesia registica del mexican standoff de “Il buono, il brutto e il cattivo”.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
In ambito narrativo, solo incubi, grazie. Ho un romanzo, breve, in previsione massimo centocinquanta, duecento pagine che conto di finire questa estate. Una storia di amicizie tradite e ritrovate, di bambini persi e uccisi, morte e terrore. Un intreccio alla King forse troppo articolato cronologicamente per le mie capacità, quasi “zapping” lo definirei. Il tutto in uno stile più vicino alla literary fiction (vedi i già citati Baricco e Piperno) che al romanzo di genere. Nella speranza, in corso d’opera, di trovare una voce che sia solo mia, esulando dalle ovvie influenze e da un po’ di scontata emulazione da principiante.
ATTENDEREMO IMPAZIENTI ALLORA LE ULTIME NOVITA’. IN BOCCA AL LUPO!