“Nel principio Dio creò la Terra e la Terra era informe e vuota. Questo è il pianeta Terra appena nato e che andò raffreddandosi via via da una temperatura di seimila gradi a una di poche centinaia in cinque miliardi di anni. Il calore, irradiandosi nell’atmosfera, formò le nubi e la pioggia cadde sulla crosta indurita per secoli e secoli. I mari irrequieti crebbero ma trovarono dei limiti e furono racchiusi… ed ecco che nei loro caldi recessi comincia il miracolo della vita. In varietà innumerevoli appaiono esseri viventi che mutano e raggiungono la terraferma lasciando una prova del loro passaggio, della loro lotta per l’esistenza, della loro estinzione…”
(Il Mostro della Laguna Nera di Jack Arnold – 1953)
Preistoria fantastica
Il cinema di fantascienza si è occupato di dinosauri, uomini delle caverne, draghi, insetti ingigantiti, fin dalla sua nascita. E’ del 1896 quello che viene considerato il primo film di mostri. S’intitola Une Nuit Terrible, la regia appartiene a Georges Méliès e parla di uno scarafaggio gigante, ne verrà fatto un remake tre anni dopo con il titolo Un Bon Lit (A Midnight Episode). Si tratta ovviamente di un cortometraggio muto dove il padre del cinema in generale e di quello fantastico in particolare, si è sbizzarrito nei suoi primi trucchi che in seguito faranno scuola. La tecnica usata per animare queste creature primitive prende il nome di Stop Motion e, prima di andare avanti a parlare dei film che peraltro l’hanno usata fino a tempi recenti e ancora la usano, è meglio dire due parole su cosa sia questa tecnica che tanto ha rivoluzionato il cinema in generale e quello fantastico e pubblicitario in particolare.
La stop motion è nata con il cinema perché lo stesso George Mèliés la utilizzò nelle sue produzioni, ma i due veri iniziatori, in luoghi diversi, furono Willis O’Brien e George Pal che la perfezionarono e ne fecero la base del loro lavoro. George Pal nacque il primo febbraio del 1908 a Ceglad, in Ungheria e all’età di dieci anni il futuro regista e produttore aveva già acquisito una buona educazione e il suo interesse per l’arte e per il disegno l’avevano spinto a studiare per diventare architetto. Così, nel 1925, a diciassette anni, egli venne ammesso al Liceo Artistico di Budapest e, a causa di un errore di trascrizione si trovò iscritto alla facoltà di Belle Arti. Fu un errore dettato dal destino perché in questo modo Pal si trovò a frequentare i corsi di anatomia, composizione e colore e apprese tutti i principi basilari dell’arte del disegno e quando la svista fu scoperta e fu quindi spedito in gran fretta a studiare geometria e architettura, il nostro aveva già potuto rilevare la sua naturale predisposizione per le materie artistiche e creative e questo gli fece nascere il desiderio di scoprire come venivano realizzati i cartoni animati, la sua maggior passione. Conseguì la laurea nel 1928 ma, fortunatamente per noi, l’Ungheria era in piena crisi depressiva e non vi era la possibilità economica di costruire palazzi o case perciò Pal non poté applicare alla pratica lavorativa ciò che aveva imparato e fu quindi costretto a trovare un lavoro come apprendista nella creazione di cartoni animati alla Hunnia Film Studio di Budapest. Trovato il lavoro pensò anche a sposarsi con Szoka Grandjean, la sua ragazza da sempre. Dopo tre anni di lavoro sottopagato e senza che le sue idee creative potessero avere uno sbocco, George Pal e la moglie decisero di trasferirsi a Berlino dove egli trovò lavoro come animatore nei famosi studi dell’UFA, la casa di produzione tedesca alla quale si debbono capolavori come Metropolis e Una donna sulla Luna di Fritz Lang. Dopo solo due mesi di lavoro Pal riuscì a entusiasmare i suoi superiori a tal punto che gli venne affidata la direzione di tutto il settore UFA dei cartoni animati. Ma due anni dopo le cose cominciarono a cambiare con la salita al potere di Adolf Hitler. Nel 1933 la Gestapo cominciò a indagare sul suo passato, interrogando i suoi amici e spiandolo nel suo lavoro solo per il fatto che era ungherese, così Pal diede le dimissioni e si trasferì a Praga dove aprì uno studio per conto proprio cominciando a realizzare i disegni e cercando disperatamente una cinepresa a passo uno per mettere su pellicola ciò che andava raffigurando, ma sembrava che in Cecoslovacchia questa tecnica fosse assolutamente sconosciuta. Fu anche per questo che George Pal pensò di portare la tecnica di animazione dei cartoni agli oggetti tridimensionali animandoli fotogramma per fotogramma: essa fu dapprima conosciuta come “Passo Uno” o come “Stop Motion” ed infine come “Dynamation“, tecnica usata ancora oggi con il nome di “Go Motion” non più dall’uomo, ma direttamente filtrata con estrema precisione dal computer.
Nel 1934 George Pal si trasferì a Parigi e cominciò a realizzare i suoi filmati pubblicitari dapprima con una fabbrica di sigarette, animandole sullo schermo a passo uno e poi, spostatosi in Olanda, a Einhoven, per un industriale olandese e anche per la Philips. Cominciò così a realizzare dei brevi filmati animati completamente autonomi e avulsi da pubblicità come Ship of the Ether e Philips Cavalcade del 1934 o, The Sleepeng Beauty del 1935, o Simbad e Alladin del 1936. Nel 1937 realizzò, sempre con successo, What Ho, She Bumps conosciuto anche come Captain Kidding, nel 1938 Sky Pirates e Love on the Range nel 1939. Rendendosi conto che la macchina da guerra tedesca con i suoi orrori e i suoi massacri si stava avvicinando sempre di più, Pal prese una decisione che avrebbe influenzato il resto della sua vita: abbandonò tutto e si trasferì con moglie e figlio negli Stati Uniti. Fortunatamente per lui la sua fama di “burattinaio” lo aveva preceduto e il presidente della Paramount, Barney Balaban, il quale aveva casualmente visto uno dei prodotti di Pal ed era rimasto colpito dalla sua tecnica di animazione e dal suo senso dell’umorismo, lo fece trasferire da New York a Los Angeles facendogli firmare un contratto con la Paramount garantendogli assoluta libertà nel lavoro e la diffusione ampia e capillare dei suoi Puppetoons. E così, in un garage di West McCadden Place, trasformato in un piccolo studio cinematografico, nacque la leggendaria “George Pal Productions of Hollywood, California“. Era il 1940. Con uno studio che s’ingrandiva sempre di più Pal produsse Western Daze e Rhythm in the Ranks nel 1941, Tulips Shall Grow, nel 1942 e, negli anni successivi, altre opere deliziose come 500 Hats of Bartholomew Cubbins (1943) o Jasper and the Beanstalk (1945). Alcuni di essi, come Tulips Shall Grow erano chiaramente antinazisti. Nel 1944 l’Accademy of Motion Picture Ars and Science, gli aveva attribuito un Oscar Speciale “per aver saputo creare e sviluppare nuove tecniche di ripresa con la sua serie dei Puppetoons“, (in questo modo egli aveva chiamato i suoi pupazzi animati fotogramma per fotogramma), ma già nel 1947 i costi di produzione di questi filmati erano saliti a prezzi vertiginosi e per celebrare il suo diciannovesimo anno della sua attività come animatore, l’artista ungherese era apparso nel film di George Marshall Variety Girl intitolato da noi Rivista di Stelle. Resosi conto per primo che i tempi stavano cambiando, George Pal si dedicò anima e corpo a un suo progetto per un lungometraggio dal titolo Pollicino, convinto di poterlo realizzare, ma il tentativo naufragò e poté essere realizzato solo dieci anni più tardi. Nel 1949, grazie alle coperture finanziarie della Eagle Lion, egli riuscì a realizzare The Great Rupert, le imprese di un piccolo scoiattolo ammaestrato, realizzato a pupazzi animati, che però interagiva perfettamente con i protagonisti umani della pellicola. Mentre Pal stava ancora completando The Great Rupert, la Eagle Lion decise di concedergli i finanziamenti per realizzare un altro film, il primo di una serie che avrebbe consegnato l’artista ungherese alla storia del cinema di fantascienza. Tratto da un romanzo di Robert Heinlein, la pellicola si intitolò Destination Moon, che da noi fu conosciuta dapprima come Uomini sulla Luna e poi, in riedizione, come Destinazione Luna. Il film, la storia di un viaggio sulla superfice di Selene secondo le conoscenze di allora, fu un successo strepitoso premiato con un Oscar per gli effetti speciali e spianò la strada per i futuri viaggi fantastici di George Pal. Solo in una brevissima sequenza ambientata nello spazio e un breve istante sulla superfice lunare, Pal ricorre alla animazione passo uno, ma durante tutta la sua lunga carriera vi ricorrerà almeno ancora una volta e in maniera più evidente nel film del 1960 L’Uomo che visse nel Futuro (The Time Machine) diretto proprio da George Pal.
Tutte le sequenze degli spostamenti spazio temporali sono infatti state realizzate con questa tecnica e hanno contribuito a conferire al film un Oscar per gli effetti speciali.
Willis O’Brien (1886 – 1962) ha continuato, invece, durante la sua lunga carriera a occuparsi di animazione a passo uno. Già nel 1920 aveva realizzato gli effetti di The Ghost of Slumber Mountain ma, circa cinque anni dopo, aveva firmato quelli di Un Mondo Perduto (The Lost World) che trattava di una landa deserta nella quale i dinosauri erano sopravvissuti. Il soggetto, tratto da un romanzo di Sir Arthur Conan Doyle, sarà ripreso e manipolato più volte nel corso degli anni ma, per l’epoca, queste animazioni passo uno di animali preistorici erano quanto mai spettacolari. Il film terminava con un dinosauro, catturato e portato a Londra, che riesce a fuggire dopo aver devastato la città gettandosi nelle acque del Tamigi per ritornare alla sua lontana terra. Nel 1933 O’Brien si cimenta nella sua realizzazione più importante, quella di un gigantesco scimmione che imperversa per le strade di New York. Il film oggi è un mito, il suo nome: King Kong. La vera anima di King Kong fu il coregista e produttore Merian C. Cooper il quale fu anche produttore di film di John Ford e dei primi spettacoli in Cinerama. Cooper concepì la storia dello scimmione gigantesco libero per le strade di New York nel 1929 mentre girava un documentario in Africa. Propose questa sua idea a David Selznick (1902 – 1965), produttore per la RKO e che fonderà nel 1936 la Selznick International Pictures. La sua carriera ebbe degli alti e dei bassi e non fu certo ostacolata dall’aver sposato Irene Mayer, figlia del ben più famoso Louis B. Mayer, il che permise al nostro Selznick di lavorare anche per la Metro Goldwin Mayer. Dopo aver divorziato sposò, nel 1949, l’attrice Jennifer Jones. L’idea di Cooper piacque a Selznick ed egli invitò il collega a lavorare sopra il progetto, ma le difficoltà tecniche sembravano insormontabili e Cooper fu sul punto di lasciar cadere l’idea quando, vagliando per conto di Selznick del materiale d’archivio della RKO, s’imbattè nello schema di un soggetto proposto da Willis O’Brien intitolato “Creation” dedicato alla vita nell’epoca dei dinosauri. O’Brien sosteneva che grazie alla sua tecnica dei modellini mossi a mano fotogramma per fotogramma detta anche “animazione” perché ricorda molto da vicino il sistema con cui si realizzano i cartoni animati, si potevano portare sullo schermo senza difficoltà dinosauri e altre creature incredibili contenendo i costi. Per dimostrarlo, O’Brien citava proprio il suo precedente Mondo Perduto. Cooper capì subito che l’uomo che poteva rendere davvero realizzabile la sua vecchia idea era proprio O’Brien e, ottenuta l’autorizzazione di Selznick, si misero assieme al lavoro per realizzare una bobina di prova che dimostrasse agli azionisti della RKO che King Kong non era un’utopia, ma una pellicola effettivamente realizzabile. Quando, all’assemblea dei dirigenti, venne proiettata la scena di King Kong che scaglia in un burrone gli uomini aggrappati a un tronco e la sua successiva lotta con il dinosauro, il progetto ottenne l’autorizzazione necessaria, il film entrò in lavorazione e quando uscì fu un successo mondiale.
Come era ovvio il film ebbe un seguito chiamato Il Figlio di King Kong (Son of Kong) del 1934, ma è nel 1949 che O’Brien riceve un meritato Oscar per gli effetti speciali de Il Re dell’Africa (Mighty Joe Young). L’evento è importante anche per un’altra ragione perché tra coloro che lavorano per O’Brien c’è anche un giovane allievo di nome Ray Harryhausen che realizza la scena del gorilla chiuso dentro la prigione. Nel 1942 O’Brien ha in mente un altro progetto che la RKO gli fece iniziare ma che poi sospese, la storia s’intitola provvisoriamente “Gwangi” ed è la vicenda di alcuni cow boys i quali trovano in una valle del Texas un gigantesco e feroce scorpione preistorico ancora vivo. Non avendo avuto la possibilità di portarlo sullo schermo O’Brien vendette il copione ad una società messicana che, nel 1956, lo ha realizzato con il titolo La Valle dei Disperati (The Beast from Hollow Mountain) sostituendo allo scorpione un dinosauro e chiamandolo in altro modo. Per rifarsi da questa mezza delusione O’Brien ha allora realizzato, nel 1957 e sempre in Messico, una versione abusiva del suo stesso soggetto del quale non deteneva più i diritti, nota come Lo Scorpione Nero (The Black Scorpion) dove infatti un gigantesco scorpione preistorico esce da una caverna sotterranea e impazza per le vie di New Mexico. Poiché, per ovvie ragioni di copyright, questo mostro non può chiamarsi Gwangi, la feroce creatura resta senza nome. Ma la faccenda è destinata a complicarsi ulteriormente quando, nel 1969, Ray Harryhausen realizza finalmente il progetto del suo Maestro acquistandone il copione dalla società messicana, girandolo in Spagna e intitolandolo La Vendetta di Gwangi (The Valley of Gwangi) solo che anche lui preferisce sostituire il dinosauro allo scorpione e non cita nemmeno il nome di O’Brien nei titoli, fatto che gli ha procurato non poche accuse di ingratitudine. La ragione di questa irriconoscenza sta forse nel fatto che, nel 1958, era stato lo stesso maestro a plagiare il discepolo ricopiando di sana pianta il primo e fortunatissimo film di Ray Harryhausen Il risveglio del Dinosauro (The Beast from 20000 Fathoms) con il suo Il Drago degli Abissi (Behemoth, the sea Monster), limitandosi a spostare l’ambientazione della vicenda in Inghilterra. O’Brien ci ha lasciato anche parecchi progetti mai realizzati e dai titoli quanto mai inquietanti: “The Valley of the Mist”, “King Kong versus Frankenstein”, “El Toro Estrella” e “Giant Frankenstein” il quale sembrava stesse per essere realizzato da Ray Harryhausen. La morte lo ha colto nel 1962 mentre realizzava la sequenza della scala impazzita del film Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo.
Ray Harryhausen è nato nel 1920 a Los Angeles. Ha studiato alla facoltà di cinema dell’Università della California e già da ragazzo, influenzato dalla visione di King Kong, ha cominciato a effettuare i primi tentativi di riprese a passo uno riprendendo dei modellini di mostri e animali modellati da lui stesso. In seguito ha studiato pittura e scultura in una scuola di Hollywood prima e di New York poi. Ormai maggiorenne si è visto assegnare il primo lavoro cinematografico e ad assumerlo fu George Pal che inserì Harryhausen nell’équipe tecnica che realizzava i suoi Puppetoons. Lo scoppio della guerra lo costrinse ad abbandonare il lavoro e alla fine del conflitto riprese la propria attività mettendosi però in proprio realizzando dei filmati a pupazzi animati aventi come soggetto le favole dell’infanzia. Nel 1946 gli giunse l’offerta di unirsi alla équipe tecnica di Willis O’Brien e con lui Harryhausen debutta, come abbiamo detto nel film Il Re dell’Africa. Una versione accreditata parla di un 85% del lavoro di effetti speciali del film realizzato da Harryhausen con la sola supervisione di O’Brien, ma anche se l’Oscar è andato nelle mani di O’Brien lo si può considerare un riconoscimento tardivo per il suo ottimo lavoro svolto in King Kong.
Dopo Il Re dell’Africa Harryhausen rimase con O’Brien collaborando a preparare il nuovo progetto del Maestro che doveva inizialmente intitolarsi “Emilio and Goluso” e che poi divenne prima “El Toro Estrella” e quindi “The Valley of the Mist”, un tema caro ad O’Brien e che ricalca molto da vicino quello che sarà “Gwangi”. Nel 1951 dopo aver atteso inutilmente che “The Valley of Mist” si trasformasse in un film, Harryhausen decise di staccarsi da O’Brien che stentava ormai a trovare lavoro a Hollywood per l’eccessivo costo delle sue prestazioni e si mise in proprio. Fu indiscutibilmente fortunato perché trovò subito dei produttori che decisero di affidargli la realizzazione di un film che stavano finendo di approntare. Nacque così l’ormai storico Il Risveglio del Dinosauro (The Beast from 20.000 Fathoms) a cui seguì Il Mostro dei Mari (It Came from Beneath the Sea) dove Ray Harryhausen animava una gigantesca piovra dotata di soli quattro tentacoli al posto dei canonici sei per mere ragioni di budget.
Il sodalizio con il produttore Charles H. Schneer (1920) iniziato proprio con questo film è destinato a durare nel tempo e i due realizzeranno ancora parecchi film assieme. E’ del 1956 La Terra contro i dischi volanti (Earth versus the Flying Saucers), ma solo un anno prima Ray Harryhausen si ritrova con Willis O’Brien e il produttore regista Irwin Allen (1905 – 1987) il quale scrittura entrambi per realizzare i trucchi e l’animazione dei dinosauri per il suo documentario Il Mondo è Meraviglioso (The Animal World), una pellicola che descrive la nascita della vita sulla Terra rifacendosi in parte a un vecchio progetto di Willis O’Brien il quale cura solo la supervisione. Le scene con i dinosauri animate quindi da Harryhausen sono state poi riprese, virate e inserite nel film di Freddie Francis Trog del 1970. Nel 1957 Harryhausen ritorna a lavorare con Schneer e assieme portano sullo schermo A Trenta milioni di chilometri dalla Terra (Twenty Million Miles to Earth) a cui seguirà, nel 1958 Il Settimo Viaggio di Simbad (The Seventh Voyage of Simbad), un incasso commerciale notevolissimo nel quale appare per la prima volta il termine: Dynamation, il miracolo dello schermo. Il Dynamation è una tecnica di Stop Motion combinata con la Live – Action, capace di rendere più veloce il lavoro del tecnico degli effetti speciali. Non ci stancheremo mai, infatti di ripetere, che tutto questo lavoro di animazione passo uno svolto oggi dal computer veniva fatto a mano fotogramma per fotogramma.
I modellini da animare erano alti, normalmente una cinquantina di centimetri al massimo e venivano spostati a mano, essendo completamente snodabili perché costruiti in lattice e gommapiuma sopra uno scheletro di legno o in alluminio completamente articolato, con una pazienza e una precisione infinita. In altre parole e per chiarire con un esempio, Harryhausen prendeva l’animale (o il mostro, o il disco volante) e lo poneva in mezzo allo scenario in miniatura appositamente creato e poi, con la cinepresa, scattava un fotogramma. Ottenuta questa singola immagine Harryhausen si accostava all’animale (o al mostro o al disco volante) e gli spostava di quel minimo indispensabile gli arti, dalla bocca, alle zampe, alla coda quindi tornava vicino alla cinepresa e di nuovo impressionava un fotogramma quindi ritornava dal modellino e lo spostava di un’altra frazione di millimetro e lo fotografava nuovamente andando avanti così fino a che la scena non era completa. Ora si calcoli che ogni secondo di proiezione è pari a ventiquattro fotogrammi, questo vuole dire che per fare un secondo di movimento c’è bisogno di fotografare ventiquattro frazioni di movimento. All’epoca voleva dire metterci dai due ai quattro anni per realizzare un film. Se poi il copione prevedeva una scena in cui un mostro, diciamo un dinosauro, cercava di afferrare degli attori che si affacciavano alle finestre degli edifici, la cosa diventava più complicata. In primo luogo bisognava riprendere davanti a un fondale vuoto (e di colore blu perché il blu era per il colore quello che il nero era per il bianco e nero: cioè non impressiona la pellicola e allora in seguito ci si può sovrapporre qualunque cosa) gli attori che reagiscono come se davanti o dietro la scena ci fosse davvero questo mostro. (In realtà quando si gira la scena lì non c’è proprio nulla). Successivamente Harryhausen allestiva nel suo laboratorio un particolare schermo di proiezione dove proiettava, singolarmente, i fotogrammi girati dagli attori, come se si trattasse di una serie di diapositive. Harryhausen sistemava poi davanti allo schermo un vero e proprio set in miniatura e quindi ecco che davanti agli sguardi terrorizzati degli attori, Harryhausen collocava il suo pupazzo. Con un’altra cinepresa Harryhausen scattava un fotogramma poi, subito dopo, proiettava sullo schermo il fotogramma successivo del film con gli attori e, contemporaneamente, spostava il suo mostro di una frazione di millimetro e via di seguito fino a che non si otteneva la sequenza completa di un mostro che attacca o insegue gli attori in fuga. Quando poi era necessario, si dovevano cancellare dalla scena fili o quant’altro non aveva nulla a che a fare con la scena stessa o ne avrebbe rivelato il trucco. La carriera di Ray Harryhausen proseguì con altre pellicole tra le quali dobbiamo citare: L’Isola Misteriosa, Gli Argonauti, Base Luna chiama Terra, Un Milione di anni fa, La Vendetta di Gwangi, il Viaggio Fantastico di Simbad e Scontro di Titani. Ma i tempi cambiarono, il lavoro con la Stop Motion era sempre più costoso e il computer diede a questi artigiani il colpo di grazia.
Oggi esiste la Go – Motion la quale, anche se parte dalle stesse premesse della Stop – Motion, viene invece realizzata in un modo completamente diverso e la strada verso questi risultati fu aperta da un allievo di Ray Harryhausen, Jim Danforth, quando realizzò gli effetti speciali di Quando i Dinosauri si mordevano la Coda (When Dinosaurs rouled the Earth) del 1970. Infatti questo film può benissimo essere considerato una sorta di test per l’animazione avanzata in modo da poter superare i movimenti definiti strobing che toglievano realismo alla scena perché i modellini in qualunque modo si muovessero erano sempre perfettamente a fuoco senza una minima idea di realismo nei movimenti veloci che su pellicola creano invece quella leggera sfocatura che rende il tutto estremamente reale. Danforth introdusse l’effetto del mosso sulle parti dei modelli che dovevano essere animati con il metodo dell’esposizione multipla dei fotogrammi. Ogni cinque fotogrammi che erano scattati se ne introduceva uno che era stato impressionato più volte muovendo il modello in diverse posizioni. Il risultato era un movimento più fluido e simile, cinematograficamente parlando, a quello di una normale ripresa. Ma Danforth andò anche oltre pensando che l’uso della vaselina, applicata a una lastra di vetro che veniva messa davanti al modello nei punti dove erano le parti da animare, avrebbe potuto dare dei risultati soddisfacenti per simulare il blurring, cioè il mosso nei singoli fotogrammi con maggiore fluidità di movimenti.
A quest’interregno fece seguito il prepotente ingresso del computer il quale permette ora di realizzare immagini tridimensionali computerizzate. Per creare un dinosauro al computer si deve innanzi tutto creare un’immagine tridimensionale detta wire – frame (reticolo) che si ottiene collegando delle specifiche linee digitali ai punti chiave del corpo per poter così formare uno scheletro digitale. Grazie a uno speciale software sono poi costruiti i muscoli e quindi un’altra tecnica, detta viewpaint, consente la colorazione della nostra creatura. E’ indubbio che le tecniche moderne permettono, con sconcertante perfezione, delle realizzazioni una volta impensabili ma quanto impegno, quanto amore, quanta inventiva c’era nelle mani di questi vecchi, onesti artigiani.
Nel 1902 la casa di produzione Biograph produce The Troublesome Fly dove una mosca gigante piomba nel letto di un uomo e lo morde ma è poi uccisa da un colpo di pistola. Siamo ora nel 1908 quando appare il cortometraggio di Méliès Le Fee Libellule, ma conosciuto anche come Le Lac Enchante, storia di una ragazza alata e di un dragone alato gigantesco, mentre W.R. Booth dirige The Prehistoric Man, storia di un artista che disegnando un uomo delle caverne lo rende reale. Per sfuggirgli disegna un dinosauro che si sgranocchia il cavernicolo, ma chi ferma il rettile? Invece, un anno dopo, debutta sullo schermo l’ormai famoso Gertie the Dinosaur di Winsor McCay, una divertente serie di cartoni animati che ha conosciuto anche un seguito e un remake per la regia di John R. Bray intitolato sempre Gertie the Dinosaur, del 1910. Breve filmato d’otto minuti tratto da un romanzo di Verne è Voyage au Centre de la Terre di Segundo De Chomon, ma che non rinuncia alla preistoria. Passiamo ora al 1911 per parlare di Jone’s Nightmare dove il nostro protagonista si trova perseguitato da demoni e da un granchio gigante. La regia appartiene a Fred Rains. Nel 1912 D.W. Griffith consolida la sua fama girando Man’s Genesis, una delle sue pellicole più famose sulla storia di una popolazione primitiva. La storia è raccontata da un vecchio saggio e il soggetto sarà ripreso per Sul Sentiero dei Mostri mentre una gran parte delle scene del film servirà nello stesso anno a Griffith per girare Brute Force, conosciuto in seguito anche come The Primitive Man o Wars of Primal Tribes o anche In Prehistoric Days e che è una storia molto articolata con squali, draghi, alligatori e un ceratosauro che minaccia degli uomini primitivi. Sempre a proposito di uomini delle caverne eccoci a un film intitolato The Caveman per la regia di Ralph Waldo che ci presenta per immagini la teoria evoluzionistica di Darwin, invece il film The Serpents, ancora di Waldo, ruba delle sequenze alla pellicola precedente per raccontarci le guerre intestine di uomini primitivi.
L’anno successivo è la volta dell’ennesima storia di uomini preistorici senza la compagnia di dinosauri, si tratta di Cave Dwellers, conosciuto anche come The Cave Dwellers Romance. Una specie di seguito sarà poi, sempre nello stesso anno, La Guerra dei Cavernicoli (The Caveman’s War). L’amore non conosce epoche e distanze. Può vivere nella preistoria come rivivere ai nostri tempi. E’ il tema di Race Memories. Il grande Charlie Chaplin gira, nel 1914, Il suo passato preistorico o Charlot re per un giorno (His Prehistoric Past) dove in dieci minuti e attraverso un sogno il protagonista consegna la tecnologia moderna agli esseri preistorici. Uomini scimmia, elefanti bianchi, una misteriosa città sotterranea, sono le avventure che capitano all’eroina del film Lucille Love – The Girls of Mystery. Un altro sogno è alla base del film The miser’s Reversion dove un entomologo si ritrova in mezzo alla fauna e alla flora preistorica ed è anche il protagonista di The Primitive Instinct di George H. Melford perché, proprio grazie a un sogno si vive nella preistoria e questo accade anche se si è messi KO da un poderoso pugno. Almeno è quanto succede al pugile protagonista di Through the Ages di Dave Aylott: forse il mondo preistorico era considerato all’epoca una delle cose più belle da sognare dormendo o in stato catatonico. Basato sulle avventure di Saturnino Farandola ecco l’italiano Zingo, figlio del mare, storia di un giovane cavernicolo scoperto in una giungla inesplorata. Altro breve filmato a base di dinosauri è On Moonshine Mountain. Uno dei primi tentativi cinematografici di Willis O’Brien fu The Dinosaur end the Missing Link, del 1915, conosciuto anche come The Dinosaur and the Baboon. Nel 1915 il regista Herman Wobber diede a O’Brien cinquemila dollari per realizzare un filmato di cinque minuti in sola stop motion, cosa che O’Brien fece definitivamente nel 1917 e questo filmato doveva servire da trailer per la Edison e mostrava un cavernicolo che confondeva una coda di dinosauro per quella di un serpente. Non per niente era sottotitolato: A Prehistoric Tragedy. Una preistoria al femminile è quella che ci è offerta dalla pellicola di George O. Nicholls intitolata The Eternal Feminine dove la protagonista sogna di guidare una tribù di cavernicole all’assalto di una tribù maschile. Un altro serial intitolato Neal of the Navy e diretto da W.M. Harvey presenta, in uno dei suoi quattordici capitoli, un uomo scimmia. Torna di nuovo l’amore preistorico nel film di Leedham Bantock A Prehistoric Love Story, sempre del 1915, mentre solo qualche sequenza ambientata nell’età della pietra ci viene presentata nel film di George W. Terwilliger Race Suicide. Una versione alternativa del Dinosauro Gertie ci viene offerta da L.M. Glackens in A Stone Age Adventure, mentre altre sequenze preistoriche si trovano nella commedia della Paramount intitolata ‘Twas ever Thus e poi ancora una commediola girata da Dave Aylott e intitolata When Clubs were Clubs. Nel 1916 Willis O’Brien dirige The Birth of a Flivver dove ci spiega come fu realizzata la ruota, come fu inserita in un carretto e tirata da un Brontosauro non molto soddisfatto dell’incarico, una storia di cinque minuti. Ma anche nel breve film intitolato Those Primitive Days, possiamo scherzare e ridere sulle disavventure degli uomini delle caverne ma abbiamo anche una delle versioni tratte da un romanzo di Jules Verne e intitolato appunto Twenty Thousand Leagues under the Sea per la regia di Stuart Paton: lo stesso soggetto verrà realizzato l’anno successivo per mezzo dei cartoni animati intitolato 20.000 Legs Under the Sea e basata sulle strips di Rudolph Dirks, mentre ci risulta che la prima fosse del 1905, realizzata dalla Biograph, durata diciotto minuti, intitolata Twenty Thousand Leagues Under the Sea, conosciuta anche come Amid the Wonders of the Deep e la seconda, sempre intitolata Twenty Thousand Leagues under the Sea di George Méliès, del 1907, il cui vero titolo era però Deux Cent Milles Lieus Sous le Mers ou le Cauchemar d’un Pecheur e la terza, del 1913, era intitolata Twenty Thousand Leagues under the Sea, ma si trattava di un’altra versione francese. Nel 1917 usciva anche una parodia intitolata The Crosseyed Submarine: or 20.000 peeks under the Sea e un cartoon, sempre ispirato a Verne, dal titolo Twenty Thousand Feats under the Sea. Sempre parlando del 1917 abbiamo un ulteriore esperimento di animazione preistorica stop motion nel filmato di Willis O’Brien intitolato Curious Pets of Four Ancestors per poi passare, sempre di O’Brien, a Morpheus Mike, dove un fumatore d’oppio viene trasportato nell’età della pietra. Ai soliti mostri O’Brien aggiunge questa volta un mammuth animato, ma il nostro non si ferma qui e porta sullo schermo Prehistoric Poultry, che ha, come sottotitolo, The Dinorsis or Great Roaring Whiffenpoof, storia di polli giganti che minacciano degli uomini delle caverne. Naturalmente non manca il solito brontosauro e il film è in realtà parte di una commedia realizzata per la Edison. L’instancabile O’Brien dirige anche R.F.D. 10.000 BC, conosciuto anche come R.F.D. 2.000.000 B.C. o G.F.D. 10.000 years o ancora 10.000 years B.C. che ha come sottotitolo A Mannikin Comedy. Una divertente e grottesca storia della durata di dieci minuti che narra le vicende di un preistorico postino geloso il quale viene alla fine dilaniato dal suo brontosauro personale mentre cerca di mettere in cattiva luce un suo rivale che ha osato mandare un San Valentino di pietra alla propria fidanzata. Abbiamo poi un seguito di Gertie intitolato Gertie on Tour, diretto da Winsor McCay e un altro cartoon, sempre dello stesso anno e dello stesso McCay, intitolato The Pet o anche The Monster Dog o Dream of a rarebit Fiend, su un cane che diventa gigantesco mangiando. Un anno dopo, siamo quindi nel 1918, abbiamo una storia a cartoni animati intitolata The First Flyer che è ambientata nell’epoca preistorica. Il tono del film è serio e per un pubblico adulto. Mostri preistorici li troviamo in un cortometraggio di Tony Sarg del 1919 intitolato Adam raises Cain mentre, nello stesso anno Willis O’Brien realizzava e dirigeva The Ghost of Slumber Mountain, un kolossal per l’epoca dal costo di tremila dollari e della durata di un’ora. Attraverso un sogno e un magico telescopio è possibile vedere come era la vita milioni di anni fa. O’Brien animò un brontosauro e un uccello gigante. In un serial di quindici capitoli Duke Worne, dedica il decimo di essi a un uomo scimmia intitolandolo appunto The Ape Man mentre la serie completa era intitolata The Trail of the Octopus.
Nel 1920 il regista Herbert M.Dawley usa le scene scartate da Willis O’Brien per realizzare il film Along the Moonbeam Trail dove, questa volta, gli esseri preistorici si trovano sulla Luna. Mentre l’attore Bull Montana veste una prima volta dei panni preistorici nel film dello stesso anno Go and Get It di Marshall Neilan e Henry R. Symonds in attesa di riprovarci cinque anni dopo. Siamo ora nel 1923 per occuparci di un film in parte bianco e nero e in parte a colori e girato da colui che diventerà un famoso produttore di kolossal, Cecil B. De Mille. Il suo Adam’s Rib contiene una sequenza a colori su un popolo delle caverne e un’altra dove la protagonista si trova davanti a uno scheletro di dinosauro. Evolution è invece quasi un documentario ed è prodotto da Max Fleischer e contiene delle sequenze tratte, ancora una volta, dal film di Willis O’Brien. J. Parker Reed Jr, dirige, sempre nello stesso anno, la storia di un feroce e minaccioso uomo scimmia nel film The Last Moment mentre la casa di produzione Pathe esce con un film colorato (vuol dire che i suoi fotogrammi sono stati colorati a mano) dal titolo Pathe Review: Monster of The Past dove assistiamo, sempre grazie alla tecnica fotogramma per fotogramma, all’animazione di un Brontosauro, un Tirannosaurus Rex e un Triceratopo. Poca importanza se questa creature sono vissute in epoche diverse, non sarà l’ultima volta che vengono chiamate ai fasti dello schermo. Gorilla e piovre giganti nel film di George B. Seitz Plunder, ancora del 1923, mentre anche il comico del muto Buster Keaton si cimenta contro un brontosauro nel film diretto da lui e da Eddie Cline e intitolato The Three Ages. E’ del 1925 quello che forse è il più famoso film di mostri preistorici dell’epoca. S’intitola Il Mondo Perduto (The Lost World), è tratto dall’omonimo romanzo di Sir Arthur Conan Doyle ed è diretto da Harry O. Hoyt e William Dowlan. In un acrocoro lontano e sperduto sopravvive una fauna preistorica e degli uomini delle caverne (il capo di essi è di nuovo Bull Montana). Degli esploratori catturano un brontosauro e lo portano a Londra ma l’animale si libera, devasta la città per poi andarsene nuotando verso la libertà. Il film, della durata di un’ora, costituisce il banco di prova di O’Brien per il futuro King Kong. Anche il gatto Felix incontra i dinosauri nel cartoon Felix the Cat trifles in Time di Otto Messmer e un altro cartone animato è diretto da Paul Terry e s’intitola When Men Were Men. L’ambientazione è naturalmente preistorica. Nel 1926 il regista Howard Hawks gira il film Fig Leaves, una commedia il cui prologo si svolge nel Giardino dell’Eden dove ci troviamo di fronte a un gigantesco gorilla e a un brontosauro usato come una specie di autobus per portare i bambini in giro per Stone Age. Gli scenari furono opera di William Cameron Manzies e il film è in due colori (Two Color). A 45 Minuti da Hollywood (45 Minutes from Hollywood), diretto da Fred I. Guiol è un film con Stan Laurel ed Oliver Hardy, conosciuti in Italia come Stanlio e Ollio: nel film ci sono delle scene fantastiche tra cui quella di un dinosauro che impazza per le vie di Hollywood. The Missing Link di Charles F. Reisner è la storia di una creatura mostruosa molto simile a un gorilla che rapisce la fanciulla di una spedizione di caccia. Il soggetto ispirerà L’Isola Sconosciuta (The Unknown Island) in epoca successiva.
Ancora e sempre del 1926 è il film di Fred Newmeyer The Savage, storia di un giornalista che accompagna uno scienziato nelle Isole Mariposa per provare le sue teorie sull’evoluzione. Incontreranno dei mostri preistorici e un brontosauro accompagnerà il giornalista a New York. The Sea Beast di Millard Webb è la prima versione per lo schermo di “Moby Dick” e con questo titolo è stato poi rieditato successivamente mentre l’eroico Rin-Tin-Tin dà la caccia a un uomo scimmia nel film di H.P. Betherton While London Sleeps. Nel 1927 il produttore Hal Roach produce un cortometraggio interpretato ancora da Stan Laurel e Oliver Hardy e intitolato Elefanti Volanti (Flying Elephants) dove i due comici si trovano nel mondo dell’età della pietra. E’ il 1929 e Richard Thorpe gira The King of the Kongo che ha tra gli interpreti Boris Karloff nella parte di un cacciatore d’avorio che insegue una spedizione la quale scopre nella giungla un misterioso tempio, dentro lei cui stanze ci sono anche degli animali simili a dei dinosauri. Il film è il decimo capitolo di un serial ed è stato rieditato con il titolo: Terrors of the Jungle o The Temple of the Beasts o anche Gorilla Warfare, aggiungendovi dei rumori e qualche dialogo. Sempre nello stesso anno abbiamo L’Isola Misteriosa (Mysterious Island) di Lucien Hubbard, originariamente in due colori con l’aggiunta di sonoro, di un dialogo spiritoso e anche delle altre scene a opera di Maurice Tourneur e Benjamin Christensen. Ci sono voluti tre registi e quattro anni per realizzare il film che vede il suo protagonista, Lionel Barrymore, nelle vesti del Capitano Dakkar che altro non è che il vero nome del Capitano Nemo nell’omonimo romanzo di Julies Verne qui molto liberamente trasposto sullo schermo. Dakkar è un folle scienziato che ha costruito un avveniristico sottomarino con il quale esplora il mare scoprendovi degli uomini pesce e dei giganteschi draghi marini.
Una spedizione scopre in una giungla dell’America Centrale, una grande scimmia in un misterioso tempo Maya con allegato un mostro capelluto. Il film si chiama Stark Mad e la regia è di Llyod Bacon. Entriamo negli anni ’30 con King of the Wild, diretto da Richard Thorpe, l’ultimo dei serial interpretati da Boris Karloff e incentrato su un prigioniero nascosto nella giungla in mezzo a degli uomini scimmia. Di nuovo John Barrymore ricrea il personaggio del capitano Achab nel nuovo remake tratto dal romanzo di Herman Melville: questa volta è la prima versione sonora del Capitano che dà la caccia alla mitica balena bianca. Il titolo del film è Moby Dick e la regia è di Lloyd Bacon. Una produzione associata tra gli Stati Uniti e il Messico ci è data da questo film girato da Wesley Ruggles e intitolato The Sea Bat, tra i protagonisti ancora Boris Karloff alle prese con una preistorica manta gigante. The Stone Age Error di John Foster è un cartone animato che vede un gatto sposarsi con un dinosauro come Pastore e anche Stone Age Stunts è un cartone animato musicale che vede un divertente coro di tre brontosaure. Nel 1931 il regista George Cochrane realizza un suggestivo documentario sulla storia dell’uomo, prendendo a prestito sequenze di The Ghost of Slumber Mountain e frammenti da una pellicola tedesca intitolata Wunder der Schopfung (Our Heavently Bodies - 1925 come titolo americano). La lepre Oswald è alle prese con un dinosauro nel cortometraggio The Stone Agee. Dato che per quest’anno non ci risulta altro, possiamo passare al 1932 con il famoso personaggio di Betty Poop, apparso in bianco e nero in Chi ha incastrato Roger Rabbit?, che è il protagonista del cortometraggio Betty Boop’s Museum, per la regia di Dave Fleischer e prodotto da Max Fleischer dove la nostra eroina incontra uno scheletro di dinosauro che magicamente prende vita, mentre in Evolution, diretto da Allyn B.Carrick, abbiamo un documentario nel quale sono incluse delle animazioni di animali preistorici.
Nel serial The Jungle Mistery di Ray Taylor basato sulle storie di Talbot Mundy, il ventesimo di questi capitoli riguarda la scoperta di un essere mezzo uomo e mezzo scimmia. Il 1933 è un anno importante: sugli schermi appare il mitico, favoloso King Kong (King Kong) di Ernest B. Schoedsack, l’ormai nota storia del gigantesco scimmione adorato come un dio su una lontana isola, catturato e portato nella popolosa New York. Perdutamente e teneramente innamorato di una donna bianca per la quale morirà cadendo dall’Empire State Building. Una titanica impresa di animazione di O’Brien e del suo staff. Nello stesso anno approda un cartone animato dal non certo insolito titolo The Cave Man, per la regia di Ub Iwerks e che è la storia di Willy il quale racconta, ispirandosi a uno scheletro di dinosauro di un museo, una sua avventura ambientata nella preistoria. Quindi abbiamo un altro cartoon di nove minuti intitolato King Klunk dal cui titolo si capisce l’ispirazione. La regia è di Walter Lantz, mentre Parade of the Wooden Soldiers di Dave Fleischer è un altro cartone animato della durata di otto minuti, ancora una volta una parodia del film di Schoedsack.
Nello stesso anno e con estrema velocità il produttore Merian C. Cooper e il regista Ernest B. Schoedsack, mettono in cantiere il seguito del loro classico. S’intitola Il Figlio di King Kong (Son of Kong) e narra la storia del regista cinematografico interprete del primo film, il quale, oberato dai debiti per i disastri combinati a New York dal primo scimmione, torna nella mitica Isola del Teschio per cercarvi in tesoro. Lì trova un grazioso gigantesco cucciolotto albino, un pur sempre possente scimmione che lo aiuta a recuperare l’oro e alla fine gli salva pure la vita sacrificando la sua. Il film è costato meno della metà dell’opera precedente e cioè 250.000 dollari e la sceneggiatrice Ruth Rose lo ha trattato in modo umoristico e ironico.
Invece, un anno dopo, ecco apparire The Lost Island di LeRoy Prinz, film mai completato e girato a colori e che doveva essere una parodia musicale di King Kong usando delle marionette di star famose, ma il progetto fu abbandonato per problemi finanziari dopo che Charles Gemora era pronto a indossare il costume da King Kong: si rifarà quasi vent’anni dopo indossando il costume del marziano de La Guerra dei Mondi. The Secret of the Loch di Milton Rosmer ci porta nel famoso Loch Ness dove viene trovata una creatura mostruosa. Il bacino d’acqua scozzese è stato teatro di famosi e mai comprovati avvistamenti. Indubbiamente imperversano i cartoni animati e, tra questi, Buddy’s Lost World – 1935 di Jack King, ispirato al “Mondo Perduto” di Sir Arthur Conan Doyle. Il protagonista, Buddy, e il suo cane Bozo, visitano un’isola sperduta dove ci sono dei cannibali preistorici e un dinosauro. Una delle più grosse produzioni cinematografiche è La Donna Eterna (She) di Irving Pichel. La storia, tratta da un romanzo di H. Rider Haggard, parla di una donna la cui bellezza è affidata nei secoli a una fiamma che la mantiene sempre giovane e in grado così di dominare il suo popolo. Il lato preistorico della faccenda è costituito da una gigantesca tigre congelata.
Un anno dopo, e cioè nel 1936, ecco arrivare sugli schermi Darkest of Africa di B. Reeves Reason e Joseph Kane, conosciuto anche come King of the Jungleland o Batmen of Africa, un serial della Republic costellato di gorilla giganti e dinosauri e un altro serial, peraltro ben più famoso è quello girato da Frederick Stephani intitolato Flash Gordon e che ebbe, negli Stati Uniti, diversi titoli sia come serial sia come riduzione a film: Rocket Ship, Spaceship to the Unknown, Space Soldiers ed anche Atomic Rocketship. Il nostro eroe, interpretato da Buster Crabbe, incontra mostri e uomini scimmia di ogni genere nei suoi fantastici viaggi.
Il più famoso Tarzan dello schermo, e cioè Johnny Weismuller, interpreta il film La Fuga di Tarzan (Tarzan Escapes) per la regia di Richard Thorpe dove il nostro eroe trova in una valle dei sauri giganteschi e dei pipistrelli giganti. Giungiamo così al 1937 e al film di K. Narayan Kale Beyond the Horizon, il quale uscì per la prima volta con il titolo Vahan, dramma musicale ambientato nell’età preistorica. Nel 1938 il regista Howard Hawks gira Susanna (Binging up Baby), una commedia imperniata su Cary Grant che impersona un paleontologo alla caccia di un preziosissimo osso di brontosauro che continua a sfuggirgli malignamente per tutta la pellicola. Sempre nello stesso anno arriva sui nostri schermi Hawk of the Wilderness, conosciuto anche come Lost Island of Kioga, di William Witney e John English e che parla delle vicende di una specie di Tarzan il quale si trova però su un’isola a clima temperato in pieno circolo polare artico. Un film mai completato ma che aveva tutte le premesse per essere spettacolare fu Lost Atlantis di Fred W. Jackman: furono realizzati ben venticinque animali preistorici diversi al costo di seicento dollari cadauno. Poi, dopo furono aggiunte scene in technicolor e altri animali preistorici animati da Walter Lantz ed Edward Nassour, ma di nuovo tutto cadde nel vuoto.
Quindi, per concludere l’annata ecco un altro cartone animato di Dave Fleischer intitolato Way Back When a Triangle Had Its Point, il primo di una serie sull’età della pietra. Siamo adesso nel 1939 e parliamo subito di un altro cartone animato intitolato Daffy Duck and the Dinosaur, la regia è di Chuck Jones e il protagonista, come si può immaginare, è il simpatico papero pasticcione. La sua storia dura sette minuti e non manca neppure un brontosauro di nome Fido.
Son of Ingagi di Richard C. Kahn è la storia confusa di uomini scimmia in un Africa tutta ricostruita in studio.
Ancora del 1939 è War Eagles, diretto da Willis O’Brien, purtroppo un’opera mai completata, ma che riguardava la scoperta in una valle artica di un popolo antico. I due piloti. mentre stanno sorvolando il posto, vengono abbattuti da un uomo delle nevi gigantesco e pure volante. Nella valle i due trovano dei Vichinghi, degli allosauri, triceratopi, pterodattili. Ma non è finita, i Vichinghi costruiscono la loro macchina da guerra dotata di un raggio distruttore per andare a combattere l’armata tedesca degli Zeppelin che sta attaccando New York. O’Brien aveva creato due bobine di prova a colori ma il film fu fermato dalla guerra, un vero peccato! Il mondo del cinema si evolve e ne approfitta un altro maestro dell’orrore, Bela Lugosi, nel film Notti di Terrore (The Devil Bat) diventato poi Minaccia Occulta a creare un pipistrello preistorico gigantesco che viene attirato da un particolare odore e morde al collo le vittime predestinate dallo scienziato. E’ ovvio che lui stesso finirà vittima delle sue macchinazioni. Una perfetta fusione di talenti è quella che ci viene data dal documentario Evolution, dove i mostri preistorici sono stati realizzati da un giovanissimo Ray Harryhausen che cura anche la regia del documentario, con l’aiuto di Willis O’Brien, il tutto prodotto da George Pal.
Uno degli episodi del capolavoro disneyano Fantasia include l’evoluzione della vita sulla Terra e la morte dei dinosauri, il tutto guidato dalla musica di Igor Stravinski condotta dal maestro Leopold Stokowski. Ma, sempre nei cartoni animati, ecco tornare Dave Fleischer in Granite Hotel, uno dei suoi cartoon della serie “Stone Age” dove il protagonista usa un brontosauro per alimentare il fuoco… ed eccoci ora a Sul sentiero dei mostri (One Million B.C.) di Hal Roach del 1940. La storia è imperniata sulle imprese di un giovane guerriero, Tumak, interpretato da Victor Mature (1915 – 1999) qui nel suo primo ruolo da protagonista, il quale appartiene a una tribù primitiva di cacciatori brutali, che incontra la giovane Loana (Carole Landis) la quale invece fa parte di una tribù pacifica. Il mondo di Tumak è abitato da dinosauri il che, come ora sappiamo, è cronologicamente sbagliato. Il nostro eroe è stato scacciato dalla propria tribù alla quale appartiene anche il vecchio ex capo Akhoba, interpretato da Lon Chaney Jr., ma vi torna in tempo per salvare i suoi ex compagni da un’eruzione vulcanica e dalle grinfie di un mostro preistorico. Ottenuto il ruolo di capo egli fonde le due tribù in una sola con vantaggi reciproci. Il film ha una suggestiva apertura con un archeologo che narra la storia dei due attraverso i graffiti trovati in una caverna: tra gli ascoltatori ci sono lo stesso Mature e Landis in panni moderni. I mostri sono stati realizzati usando degli iguana truccati e opportunamente fotografati da Fred Knoth mentre uno stuntman, Paul Steder, veste i panni di un Titanosauro. Molto ben fatte le scene dell’eruzione con la lava che inghiotte alcuni fuggitivi. Si tratta di un front proiection e gli attori erano posti dinanzi a uno schermo ma le sequenze sono veramente eclatanti per l’epoca. Le scene del combattimento di due giganteschi rettili (sempre due iguana) e quelle del terreno che si spacca e si apre sotto la violenza del terremoto sono state spesso saccheggiate e messe in altri film (Tarzan contro i Mostri, Il mostro che sfidò il mondo, ecc…). La regia è stata curata anche da Hal Roach Jr. mentre il produttore associato D.W. Griffith dal cui racconto Man’s Genesis era stato tratto il film, ha voluto togliere il suo nome dalla pellicola per disaccordi con Hal Roach. Porky Pig interpreta il ruolo da protagonista nel breve cartone animato Prehistoric Porky di Bob Clampett dove il nostro porcello preistorico viene maltrattato da un gatto.
L’anno successivo la cinematografia sovietica esce con il film Taintsvenni Ostrov di E. A. Penzlin e B.M. Chelintzev, intitolato negli Stati Uniti Mysterious Island che è una versione molto fedele all’omonimo romanzo di Julies Verne l’Isola Misteriosa.
Anche Superman, nell’ormai lontano 1942, deve affrontare un gorilla. Gli accade nel cartone animato di Dave Fleischer intitolato Superman: Terror on the Midway ma le fatiche dell’uomo d’acciaio non sono finite perché, sempre nello stesso anno, deve combattere un Tirannosauro scongelato in un altro cartoon di Dave Fleischer Superman: The Arctic Giant. John Wayne deve rivestire il ruolo del cattivo nel film di Cecil B. De Mille Vento Selvaggio, dove è il Capitano di una nave che affonda appositamente un bastimento per incassare il premio dell’assicurazione ma che poi salva il suo rivale in affari e in amore combattendo contro una piovra gigante e rimanendo poi ucciso. Di nuovo torniamo a Superman, e siamo nel 1943, in un altro cartoon di Seymour Kneitel Superman: The Underground World: e qui gli tocca combattere contro una tribù di preistorici uomini uccello, poi tocca a Tarzan incontrare un ragno gigante e delle piante carnivore nel film di William Thiele Tarzan contro i Mostri (Tarzan’s desert Mystery). Breve apparizione di un preistorico mostro marino nel serial di Spencer Gordon Bennett e Wallace Grissell Haunted Harbor del 1944, mentre John Carradine interpreta il film di Philip Rosen Return of the Ape Man, che non è il seguito di The Ape Man prodotto dalla Monogram ma un piccolo film, l’ultimo, interpretato da Bela Lugosi in studio. Qui lo scienziato Lugosi uccide il collega Carradine e ne impianta il cervello dentro il corpo di un uomo scimmia trovato congelato. Un serpente alato è il protagonista del remake di Notte di Terrore, s’intitola The Flying Serpent per la regia di Sherman Scott – 1945, meglio conosciuto come Sam Newfield, regista anche di La Sfida di King Kong (White Pongo) dove i gorilla, nemmeno troppo giganti, questa volta sono due, uno bruno e cattivo e l’altro bianco e buono. Tutte le sequenze africane sono prese da documentari, in pratica gli attori non si sono mossi da Hollywood. Passano senza colpo ferire due anni e tocca al 1948 dove, sostenuti da una non esilarante vena comica ecco i Three Stoges nelle veste di cavernicoli nel cortometraggio di sedici minuti intitolato I’m a Monkey’s Uncle, diretto da Jules White. L’Isola Sconosciuta (The Unknown Island) di Jack Bernhard è un soggetto classico per il genere: un’isola lontana nella quale sopravvivono esseri preistorici. Nella spedizione che parte alla loro ricerca ci sono anche dei cacciatori senza scrupoli i quali, ovviamente, faranno una brutta fine. Quando John Wayne non era ancora una stella di prima grandezza dovette combattere ancora contro una piovra gigantesca nel film di Edward Ludwig La Strega Rossa (Wake of the Red Witch). L’Enciclopedia Britannica produce il film A Lost World, dieci minuti con sequenze tratte da Il Mondo Perduto del 1925. Nemmeno Gianni e Pinotto potevano evitare di incontrare, se non dei dinosauri, almeno dei selvaggi e un gorilla gigantesco la cui apparizione fa diventare bianchi di paura i selvaggi africani. E’ quanto accade in Africa Strilla (Africa Screams) di Charles Barton del 1949. Altro gorilla gigante in Il Re dell’Africa (Mighty Joe Young) di Ernest B. Schoedsack, rifatto, in tempi recenti, come Il Mio amico Joe, che fa da protettore a una ragazza. Una volta portato in città combina involontariamente dei disastri ma salva anche dei bambini da un incendio di un orfanotrofio nella prima edizione e un bambino bloccato sulla grande ruota di un Luna Park nel secondo caso.
Con l’arrivo degli anni ’50 la fantascienza esplode sugli schermi. Si tratta, generalmente, di pellicole di Monster Movies, di serie B, almeno secondo i produttori e i distributori. Solo due film ottengono un buon riscontro commerciale, anche perché realizzati senza limitazioni di mezzi: Il Pianeta Proibito e La Guerra dei Mondi, mentre anche Quando i Mondi si Scontrano riesce, a sua volta, a ottenere un Oscar per gli effetti speciali. Quindi, nel 1950, assistiamo alle imprese di Jungle Jim, sempre interpretato da Johnny Weismuller, ormai ex Tarzan dello schermo nel film Furia del Congo (Fury of the Congo) di William Berke, alle prese, questa volta con ragni preistorici giganti e pericolosi. Nello stesso anno esce anche sugli schermi nostrani Donne Pantere (Prehistoric Women) di Greg Tallas, dove delle fanciulle stupende e in abiti succinti scoprono la civilizzazione. Brevi apparizioni di draghi volanti grossi come dinosauri ed elefanti camuffati da Mammuth.
L’inedito Two Lost Worlds di Norman Dawn è la storia di due naufraghi che capitano in un’isola popolata da dinosauri e, come capiterà spesso, si tratta di scene preistoriche rubate da Sul Sentiero dei Mostri. Molto simile a Tarzan è il personaggio di Jungle Jim e, nel film di Lew Landers Caccia all’uomo nella giungla – 1951 (Jungle Manhunt) il nostro assiste a una lotta di dinosauri presa pari pari da Sul Sentiero dei Mostri. Sam Newfield dirige Il Continente Scomparso (Lost Continent) dove un razzo con un’importante strumentazione finisce fuori rotta e finisce su un altissimo acrocoro di un’isola lontana. La spedizione che raggiunge faticosamente la cima della montagna si trova di fronte a una fauna preistorica. Per quanto riguarda il 1952 abbiamo Untamed Women di W. Merle Connell dove un gruppo di soldati dell’aviazione precipita con il loro aereo in un’isola dove c’è una tribù di donne primitive che discendono dai Druidi. Esse convivono e combattono una tribù d’uomini scimmia. Non mancano nemmeno le piante carnivore e i dinosauri ancora una volta rubati al film di Hal Roach. La pellicola è stata girata in meno di una settimana.
Classico nel suo genere è il film di Eugene Louriè Il Risveglio del Dinosauro (The Beast from 20.000 Fathoms – 1953) che parla di un dinosauro rimasto ibernato tra i ghiacci del Polo e liberato da un’esplosione atomica. Dopo essersi sgranocchiato uno studioso e aver impazzato per le vie di New York è ucciso dal tiratore scelto Lee Van Cleef mentre sta visitando Coney Island restando imprigionato, non si capisce bene come, dentro a un otto volante. Ritorna Jim della Giungla nel film Killer Ape di Spencer Gordon dove il nostro eroe cerca di fermare uno scienziato che sta sperimentando delle droghe sulle scimmie e si trova poi alle prese con un gigantesco uomo delle caverne.
Precursore di un film di Arnold è questo The Neanderthal Man di E.A. Dupont dove uno scienziato, tramite un siero di sua invenzione, trasforma un gatto in una tigre dai denti a sciabola e sé stesso in un cavernicolo.
Per quanto riguarda il 1954 ci fa piacere citare il divertente cartone animato The First Badman di Tex Avery dove assistiamo alle nefande imprese di Dinosaur Dan il quale, cavalcando il suo brontosauro, è arrestato e messo in prigione. Ma questo è l’anno di Godzilla (Gojira) di Ishiro Honda le cui vicende cominciano a imperversare sui nostri schermi, Noi ci limiteremo a citare questa pellicola in nome di tutte le altre anche perché solo recentemente le origini del nostro drago fiammeggiante sono state spiegate con quelle di un dinosauro investito da una massiccia dose di radiazioni, mentre nel remake di Roland Emmerich si tratta di lucertole investite da radiazioni e per quanto riguarda le altre creature di origine giapponese, coreana o cinese, vi rimandiamo a un capitolo apposito…
Ed è anche l’anno di uno dei più famosi mostri dello schermo. L’incrocio tra l’uomo e il pesce, un essere preistorico mai esistito, ma una maschera oggi diventata immortale. Si tratta de Il Mostro della Laguna Nera (Creature from The Black Lagoon) di Jack Arnold. Cacciato, braccato da un gruppo di studiosi e di cacciatori e dopo aver eliminato parecchi membri della spedizione e rapita una donna sparisce nelle profondità della laguna nella quale vive.
Viaggio nella Preistoria (Cesta do Praveku) di Karel Zeman è la storia del fantastico viaggio di alcuni ragazzi attraverso le ere preistoriche e si svolge in un modo molto didattico.
1955: uno dei più famosi e spettacolari documentari ad opera di Irwin Allen. S’intitola Il Mondo è Meraviglioso (The Animal World) e presenta, nella sua prima parte, una lunga sequenza preistorica realizzata da Ray Harryhausen con la collaborazione di Willis O’Brien
Il secondo episodio delle avventure del Gillman, firmato ancora una volta da Jack Arnold, s’intitola La Vendetta del Mostro (Revenge of the Creature) il quale, catturato in una successiva spedizione ed esposto in acquario della Florida, riesce a fuggire dopo aver sconvolto tutta la zona costiera. A questo fa seguito il terzo, diretto questa volta da John Sherwood ed intitolato Il Terrore sul Mondo (The Creature Walks Among Us). Dove il nostro uomo pesce viene catturato ma è gravemente ustionato. Dopo una complicata operazione si scopre una seconda pelle sotto la prima e l’essere ora può vivere solo sulla terraferma. Dopo essere sfuggito ai suoi catturatori si dirige verso l’oceano, luogo che per lui ora significa morte. Tranne brevi apparizioni, ma con aspetto diverso per ragioni di copyright, non ne sapremo più nulla.
Una piovra gigante proveniente dalle profondità dell’oceano è la protagonista del film Il Mostro dei Mari (It Came from beneath the Sea) di Robert Gordon, rifacimento marino della storia di Louriè. Verrà eliminato con un siluro radioattivo.
Western e Monster Movie a braccetto nel film La Valle dei Disperati (The Beast of Hollow Mountain – 1956) di Edward Nassour e Ismael Rodriguez: il film, conosciuto anche come La Bestia de la Montana o El Monstruo de la montana Hueca, è una coproduzione tra gli Stati Uniti e il Messico, nel senso che è stato girato là perchè i costi erano inferiori. Il film narra la storia di un mostro preistorico responsabile della morte di mandrie e cacciato quindi dai cow boys quando questi si rendono conto del reale pericolo. La creatura morirà tra le sabbie mobili.
Bert I. Gordon realizza in una settimana il film King Dinosaur dove quattro astronauti atterrano sul lontano pianeta Nova e qui si trovano alle prese con un gigantesco dinosauro le cui immagini sono spezzoni di Sul Sentiero dei Mostri. Alla fine, per risolvere ogni problema gli astronauti decidono di far esplodere il pianeta.
Dalla preistoria giunge nei nostri tempi il pterodattilo gigante di Rodan il Mostro Alato (Radon). Le uova trovate nel fondo di una galleria generano due mostri giganteschi che seminano il panico e il terrore. Un vulcano pone rimedio a tutto.
Il futuro immaginato nel film di Edward Bernds Mondo Senza Fine vede gli uomini rimasti alla superficie regrediti all’età della pietra in mezzo a ragni giganti causati dalle radiazioni mutanti. Ci vorranno degli astronauti dei nostri tempi, incappati in una sacca temporale, per rimediare al tutto e fare in modo che i due popoli, quello della superficie e quello che vive nel sottosuolo, possano finalmente convivere in pace.
Così come non esiste una spiegazione precisa e assoluta dell’esistenza nel cuore della Terra dalla notte dei tempi, di una specie di melma fagocitante che viene trovata in X contro il centro atomico (X The Unknown) di Leslie Norman e contro la quale bisognerà lottare lungamente per sconfiggerla.
Sempre per ragioni di risparmio Edward Ludwig gira in Messico Lo Scorpione Nero (The Black Scorpion – 1957) dove una banda di scorpioni giganti, guidati da uno ancora più grande, se ne esce da una caverna sotterranea dopo che un esplosione vulcanica li ha liberati. Dopo che il gigante ha eliminato per strada i suoi compagni, la creatura si dirige verso New Mexico terrorizzando la città ma rispettando al massimo palazzi e segnaletica, visto che le scene di demolizione sarebbero costate troppo. Quindi si dirige allo stadio dove carri armati e ramponi elettrici lo stanno aspettando per fargli la festa.
Non sapevamo nulla di scorpioni preistorici giganti e tanto meno di altri tipi d’insetti ma la fantasia della fantascienza non ha limiti e lo dimostra il film di Nathan Juran La Mantide Omicida (The Deadly Mantis). Anche questa creatura si trova congelata tra i ghiacci e ne viene liberata. Nel suo rapido volo arriva a Washington per poi, ferita, nascondersi, dietro consiglio delle formiche di Them, nelle fogne della città. Ma anche lì non le danno tregua e viene abbattuta.
Una landa sconosciuta nascosta dentro a un vulcano nei pressi del polo. Una vegetazione rimasta all’età preistorica, così come la fauna, un gigantesco Tirannosaurus Rex, un Plesiosauro e perfino un superstite di una spedizione precedente. Contrariamente al solito, tutti gli esploratori si salveranno e il mondo preistorico resterà intatto per successive visite. Questa la trama di Prigionieri dell’Antartide (The Land Unknown) di Virgil Vogel.
Le lumache giganti non ci risultano nella preistoria eppure qualcosa di simile appare nel film Il Mostro che sfidò il Mondo di Arnold Laven. Grazie a un terremoto, dell’acqua di un lago leggermente radioattiva penetra in una caverna sotterranea e fa schiudere le uova dei mostri. La battaglia sarà lunga e anche ben congegnata ma il risultato è garantito.
Siamo arrivati al 1958 per trovare un altro dinosauro che questa volta si limita a distruggere Londra: il film è quasi un remake del film di Louriè che ne è il regista assieme a Douglas Hickox e s’intitola Il Drago degli Abissi (Behemoth, the Sea Monster).
Ritornano gli insetti preistorici e questa volta tocca a un ragno, protagonista del film di Bert I. Gordon La Vendetta del Ragno Nero (Earth versus the Giant Spider) il quale vive in una serie di misteriose e suggestive grotte per poi essere eliminato, anche in questo caso su opportuno consiglio della Cosa, da un arco voltaico.
Tramite un liquido tolto a un pesce preistorico, il Colecantus, uno scienziato regredisce fino all’età della pietra trasformandosi in un cavernicolo assassino. Scoperto di essere lui il colpevole fa in modo di essere ucciso in una successiva trasformazione. La pellicola è diretta in tono blando da Jack Arnold e s’intitola Ricerche Diaboliche (Monster on the Campus).
Questa volta tocca a Robert Vaughn indossare i panni, anzi le pelli, di un uomo primitivo nel film di Roger Corman Teenage Caveman. Un ragazzo appartenente a una tribù che vive in una zona desertica, decide, contro la legge di superare il fiume che fa da confine per cercare territori più adatti al pascolo e alla coltivazione e ne inizia l’esplorazione.
Nel 1959 un ancestrale organismo unicellulare proveniente dall’alba dei tempi è alla base del film di Riccardo Freda Caltiki il Mostro Immortale. Una parte di questa creatura sfugge al controllo degli scienziati ma viene uccisa nel classico rogo purificatore. Una lucertola gigante, per la precisione un varano di notevoli dimensioni, sta terrorizzando una cittadina nel film di Ray Kellogg The Giant Gila Monster ma viene fin troppo facilmente eliminato.
La fauna preistorica si nasconde nelle viscere della Terra ed è sopravvissuta all’estinzione. Questo ha scritto Jules Verne in un suo famoso romanzo portato sullo schermo da Henry Levin con lo stesso titolo Viaggio al Centro della Terra (Journey to the Center of the Earth) del 1959. I nostri esploratori penetrano nelle viscere della Terra attraverso la bocca di un vulcano e, dopo un avventuroso e spettacolare viaggio nel quale vengono dapprima inseguiti da un archeologo criminale, si trovano alle prese con un gorgo gigantesco e con una eruzione vulcanica.
Produzione molto costosa quella di Irwin Allen il quale, ispiratosi al romanzo di Sir Arthur Conan Doyle The Lost World, realizza nel 1960 il film omonimo Mondo Perduto (The Lost World) avvalendosi anche di un cast di tutto rispetto come Michael Rennie, Claude Rains e Fernando Lamas. Il tema è sempre quello dell’acrocoro sperduto che ospita una fauna preistorica e che alla fine un vulcano distrugge.
Gorgo (Gorgo) di Eugene Louriè, del 1961, è uno dei pochi dinosauri che può vantarsi di aver sconfitto gli esseri umani. Catturato ed esposto in un circo viene poi a portarselo via la gigantesca madre e poi i due si allontanano nell’oceano.
Un divertente inedito basato su un romanzo di Jules Verne è Valley of the Dragons, conosciuto anche come Prehistoric Valley di Edward Bernds. Due uomini vengono trascinati da una tempesta di neve su una cometa preistorica abitata da uomini delle caverne, Mammuth e dinosauri, ancora una volta carpiti a Sul Sentiero dei Mostri.
Un rettile preistorico dalla bava corrodente è il protagonista del film danese Reptilicus (Reptilicus – 1962) di Sidney Pink. La creatura riesce a formarsi anche da pezzi del suo corpo e quando si ritiene di averlo ucciso con una potente iniezione di sonnifero nessuno sa che da una delle sue parti la creatura si sta riformando nel fondo dell’oceano.
Approda sugli schermi nel 1963 il film di Irvin S. Yeaworth Dinosaurus (Dinosaurus). Due animali preistorici vengono trovati inanimati nel fondale marino delle isole Vergini e con loro viene trovato anche un essere preistorico. Quando tutti e tre si risvegliano succede il finimondo. Il Tirannosauro ferisce il brontosauro il quale poi muore nelle sabbie mobili, l’uomo delle caverne si sacrifica per salvare un ragazzino al quale si è affezionato e il Tirannosauro muore in un combattimento all’ultimo sangue con una gru.
Il romanzo di Jules Verne ispira, nel 1965, una seconda pellicola, questa volta di origine messicana e intitolata Aventura al centro de la Tierra per la regia di Alfredo B. Crevenna. Anche qui gli esploratori trovano dinosauri, ragni giganti, un altrettanto gigantesco ciclope e altre amenità del genere.
Curioso film spagnolo questo Prigionieri dell’orrore (El Sonido Prehistorico) di Antonio Nieves Conde dove delle persone sono assediate in una casa da un mostro ferocissimo e invisibile. Il solito incendio finale rivelerà che si tratta di una sorta di dinosauro.
Altra produzione messicana del 1966 è Isla de Los Dinosaurios di Rafael Lopez Portillo che sfrutta ancora una volta le sequenze di Sul Sentiero dei Mostri per mostrarci un’isola popolata da dinosauri e uomini preistorici.
Il film di Hal Roach, più volte devastato nei suoi fotogrammi e nelle sue scene da parecchie altre pellicole, viene rifatto con l’ausilio delle nuove tecniche e del colore. S’intitola Un Milione di anni fa (One Million Years B.C.) di Don Chaffey. Ma il protagonista diventa questa volta una protagonista: Racquel Welch, per il resto la storia è praticamente la stessa. Le realizzazioni dei mostri appartengono a Ray Harryhausen.
Sempre nello stesso anno gli americani saccheggiano le sequenze dei mostri venusiani del film sovietico I Sette Navigatori dello Spazio per usarle prima nel film Voyage to the Planet of Prehistoric Women, incredibilmente di Peter Bogdanovich che si cela sotto lo pseudonimo di Derek Thomas e poi, sempre nello stesso anno, appaiono in Voyage to the Prehistoric Planet di Curtis Harrington ma che appare invece con il nome di John Sebastian.
Si tratta di due film con scene di montaggio tratte da altre pellicole e, specialmente la seconda, usa John Carradine e Faith Domergue come guest star in scene aggiunte successivamente. Mentre, nella prima pellicola, assistiamo alle gesta della Regina donna pesce Mamie Van Doren alle prese con uno pterodattilo da guerra dotato di poteri telepatici.
Due astronavi raggiungono uno sconosciuto pianeta ancora agli albori della civiltà. Ci sono delle creature preistoriche e anche qualche mostro ma, quando i due mezzi ripartono, un uomo e una donna restano sul pianeta, futuri Adamo ed Eva, e il pianeta è la Terra. Il film è Le Donne del Pianeta Preistorico (Women of the Prehistoric Planet) di Arthur C. Pierce, ormai prossimo a cimentarsi con le scimmie senzienti della saga del pianeta delle scimmie.
1967: esce il da noi inedito Island of The Lost, diretto da John Florea e Ricou Browning e prodotto dalla Ivan Tors alla quale apparteneva Richard Carlson il quale è anche sceneggiatore della pellicola che parla della ricerca di un archeologo di un’isola nell’Oceano Pacifico non segnata sulle carte. Trovata l’isola, trovano dei cani con i denti aguzzi, delle ostriche giganti e dei coccodrilli assassini.
Nel 1969 il regista Gordon Douglas gira il film Tropis, uomo o scimmia? (Skullduggery). Le profonde foreste della Nuova Guinea nascondono una serie di creature molto simili all’uomo che potrebbero essere l’anello di congiunzione mancante tra l’uomo e la scimmia ma degli avventurieri senza scrupoli desiderano solo sfruttarle come manodopera gratuita.
Ray Harryhausen realizza per lo schermo un soggetto pensato da Willis O’Brien (che poi a sua volta egli aveva portato sullo schermo nel 1957 con il titolo Lo Scorpione Nero), intitolandolo La Vendetta di Gwangi (The Valley of Gwangi) di James O’Connolly: anche nella storia di O’Brien si doveva trattare di un dinosauro, ma egli aveva già venduto il soggetto, quindi dovette ripiegare sugli scorpioni. Gwangi è invece la storia originale ed è quella di un Tirannosauro trovato vivo in una valle perduta da un gruppo di cow boy e portato in un circo, l’animale fugge, semina il panico e il terrore, abbatte anche lui un elefante imitando l’Ymir di A Trenta milioni di Km dalla Terra e poi viene ucciso dalle fiamme in una cattedrale.
In Italia c’è stato un film che è stato rovinato da un commento fuori campo, il quale a tutti i costi voleva essere spiritoso senza riuscirvi, così come il titolo Quando i Dinosauri si mordevano la coda di Val Guest doveva dare l’idea del tono ironico rispetto al titolo originale When Dinosaurs rouled the Earth. Eppure le animazioni di Jim Danforth, ex allievo di Ray Harryhausen, sono estremamente efficaci nel mostrarci questo illogico scorcio di preistoria nel quale convivono uomini della pietra e mostri preistorici.
Esiste una pellicola del 1970 diretta da Al Adamson che s’intitola da noi Sette per l’infinito contro i mostri Spaziali e, in originale, possiede parecchi titoli perché è stato rimaneggiato più volte cercando di renderlo decoroso: impresa disperata! Quindi il film ha anche i seguenti titoli: Horror of the Blood Monsters, Creatures of the prehistoric Planet, Creatures of the Red Planet, The Flesh Creatures, Horror Creatures of the Prehistoric Planet, Space Mission of the Lost Planet, Vampire Men of the Lost Planet.La storia è quella di una spedizione che esplora un pianeta di un’altra galassia. E’ guidata in orbita dallo scienziato John Carradine (aggiunto successivamente per cercare di nobilitare la pellicola). Il pianeta è invaso da pericolose radiazioni cromatiche le quali avrebbero in realtà lo scopo di giustificare delle riprese in bianco e nero rubate come al solito da Sul sentiero dei Mostri, virandole con vari filtri a piacere. Altre scene sono invece state rubate da L’Isola Sconosciuta.
Doveva essere una sorta di remake del Mostro della Laguna Nera il film Octaman di Harry Essex, invece l’essere preistorico è un ridicolo e poco credibile uomo piovra. La protagonista era Anna Maria Pier Angeli, la quale, presa da un’ulteriore crisi di sconforto, si suicidò con una dose di barbiturici durante la lavorazione.
Il fondo dei mari nasconde delle creature preistoriche nel film L’Odissea del Neptune nell’inferno Sommerso (The Neptune Factor an Undersea Odyssey – 1973) di Daniel Petrie. In realtà questi pesci preistorici non sono altro che dei poveri pesci d’acquario ripresi in modo da farli sembrare giganteschi vicino a dei modellini di mediocre fattura.
Parte nel 1974 il primo di una serie di film girati da Kevin Connor e ispirati al Ciclo di Pellucidar di Edgar Rice Burroughs secondo il quale il centro della nostra Terra è un mondo abitato da fauna e flora preistorica. Il primo s’intitola La Terra dimenticata dal Tempo (The Land that Time Forgot) ed è la storia di un sommergibile tedesco con dei marinai inglesi dapprima prigionieri poi alleati, che capita in una terra sconosciuta vicino alle zone artiche.
Questa terra, riscaldata da geyser, è la patria di mostri preistorici e uomini delle caverne ed è divisa in settori sempre più evoluti. Uno stupido incidente distrugge il sottomarino e tutti gli avventurosi, tranne un uomo e una donna condannati a restare sull’isola e che affidano a un messaggio in bottiglia la loro storia.
Nel 1976 Bruno Bozzetto realizza Allegro non Troppo, una simpatica imitazione o forse presa in giro di Fantasia di Walt Disney. Anche questo film animato ha dei sorprendenti brani musicali e, in uno di questi, come d’altra parte era accaduto al suo predecessore, ci si occupa di animali preistorici.
Ancora nel 1976 un’avventura diretta da Kevin Connor tratta dai fantastici romanzi di Edgar Rice Burroughs, s’intitola Centro della Terra continente sconosciuto e ha come interpreti, oltre al solito Doug McClure, anche Peter Cushing nel ruolo di uno svampito e simpaticissimo professore e Caroline Munro che è invece una delle bellezze sotterranee di questo regno comandato dai potenti mostri volanti detti Mahars. Dal punto di vista degli effetti speciali abbiamo una netta regressione rispetto all’episodio precedente.
E’ del 1976 il remake del film di Ernest B.Schoedsack, firmato questa volta da John Guillermin: il titolo è sempre King Kong (King Kong), la storia è praticamente la stessa, sorretta da effetti speciali realizzati da Carlo Rambaldi e Rick Baker. Nonostante l’uso del colore e di una tecnica ovviamente migliorata con il tempo, il film non regge il confronto con l’originale.
Ispirato al romanzo di Jules Verne e girato da Juan Piquer Simon esce L’Incredibile viaggio nel Continente Perduto, pellicola spagnola intitolata in originale Viaje al Centro de la Tierra. Anche qui appaiono dei dinosauri e una scimmia gigantesca. Ma il film parla anche di viaggi nel tempo.
Nel 1977 abbiamo una coproduzione tra Giappone e Stati Uniti e il risultato è l’inedito The Last Dinosaur di Alex Grasshoff e Tom Kotani. Un cacciatore scopre una terra perduta sotto i ghiacci del polo e da ricercatore di petrolio diventa un assiduo cacciatore di dinosauri.
Sempre nel 1977 William R. Stromberg gira The Crater Lake Monster, un ex inedito su una sorta di plesiosauro che abita un lago creato da un meteorite il quale schiude il suo uovo quando precipita. L’animazione in stop motion dell’animale è dovuta a David Allen con un piccolo aiuto di Jim Danforth e Randy Cook ma il risultato non è proprio splendido.
Dello stesso anno è il seguito de La Terra dimenticata dal Tempo e s’intitola Gli Uomini della Terra dimenticata dal Tempo, sempre di Kevin Connor. Trovato il messaggio nella bottiglia, una seconda spedizione parte per aiutare i superstiti ed esplorare la landa sconosciuta.
Un produttore meno avveduto forse si sarebbe suicidato quando, appena iniziate le riprese del film Tentacoli (Tentacles) per la regia di Ovidio Assonitis, la troupe si è persa la gigantesca piovra a causa di un affondamento stile Titanic, ragion per cui si è dovuta continuare la pellicola con pezzetti di mostro sparsi lungo le poche sequenze. E il risparmio si vede… Essendo il film una produzione associata con gli Stati Uniti ed avendo avuto il piacere di parlare con qualcuno della troupe, possiamo assicurarvi che nell’ambiente il film è ricordato con il titolo Testicoli, con l’aggiunta di quel tipico gesto scaramantico che i cinematografari fanno quando vedono qualcosa di viola…
Siamo nel 1978 e degli esploratori spaziali naufragano su un mondo all’età della pietra abitato da dinosauri e insetti di grosse dimensioni. I pochi superstiti cercheranno di ricostruire una civiltà. Il film s’intitola, giustamente, Il Pianeta dei Dinosauri (Planet of Dinosaurs) di James K. Shea. I modellini sono stati creati da Douglas Beswick, Stephen Czerkas e James Aupperle, in più abbiamo una breve apparizione del Rhedosauro de Il Risveglio del Dinosauro e un intervento in matte painting di Jim Danforth.
L’ultimo film della serie Connor – Burroughs s’intitola Le Sette città d’Atlantide (Warlords of Atlantis) dove la fantastica città sotterranea convive con una piovra gigantesca.
Atouk è un giovane e imbranato cavernicolo non molto amato dal feroce e dittatoriale capo della tribù. Il film s’intitola Il Cavernicolo (The Caveman – 1981) di Carl Gottlieb. I dinosauri sono animati da Jim Danforth, David Allen, Pete Kleinow e Randy Cook e poi abbiamo anche uno yeti il cui costume è opera di Chris Walas. L’interprete è Ringo Starr.
Vita preistorica nel film La Guerra del Fuoco (La Guerre du Feu) di Jean Jacques Annaud del 1982. E’ probabilmente vero che, in quei tempi, uno dei compiti più importanti fosse quello di conservare e trasportare un fuoco sempre acceso perché esso era alla base del cibo e del riscaldamento. Basato su testi scientifici è la migliore ricostruzione della vita preistorica finora presentata e dal film abbiamo anche un libro dell’Editrice Nord.
King Dong (Lost on Adventure Island o Supersimian), targato 1984 e girato da Yancey Hendrieth, è una versione hard di King Kong. Anna (Crystal Holland) è naufraga su un’isola dove scopre un gigantesco gorilla femmina, dei cannibali, delle donne amazzoni e, tanto per condire il tutto, anche dei dinosauri. Abbiamo poi un personaggio chiamato Dr. Cronenberg e il regista vestito da scimmia per le scene senza l’ausilio dell’animazione. Al di là di questo dobbiamo dire, per par condicio, che i dinosauri (un Brontosauro, un Tirannosauro ed anche la scimmiona) sono creati in maniera notevole usando la stop motion. Il buon risultato è dovuto alla Migic Film Ventures.
Baby, il Segreto della Leggenda Perduta (Baby, Secret of the Lost Legend - 1985) di B.W.L. Norton ci parla della scoperta di una famiglia di dinosauri nella profonda foresta africana. Un cacciatore uccide il dinosauro padre e rapisce il cucciolo ma due ecologisti lo restituiscono alla madre.
Ritorno dalla quarta Dimensione (My Science Project) di Jonathan R. Betuel si basa su degli esperimenti che un ragazzo compie usando un motore preso da una nave aliena. Il congegno apre un varco spaziotemporale dal quale esce anche un gigantesco Tirannosaurus Rex.
Interessante il documentario del 1985 intitolato Dinosaur!, un inedito di Robert Guenette presentato e narrato da Christopher Reeve che ha vinto l’Emmy Award. Il nostro compianto ex Superman ci introduce nel mondo dei dinosauri. Il filmato contiene delle sequenze in stop motion di ottima fattura realizzate da Phil Tippett e brani tratti da: Il Cavernicolo (1981), King Kong (1933), Il Mondo Perduto (1925), Il Pianeta dei Dinosauri (1978) e Quando i Dinosauri si mordevano la Coda (1969).
Ancora John Guillermin dirige il seguito di King Kong ovviamente intitolato King Kong 2 (King Kong Lives – 1986): il nostro scimmione non è morto e gli viene impiantato un cuore artificiale. Poi gli viene pure trovata una compagna ed essa gli dona un figlio, ma il povero e sfortunato animale fa in tempo a vederlo appena nato e poi passa a miglior vita per colpa della cattiveria umana.
Alla ricerca della valle incantata (The Land before Time) è arrivato, se non andiamo errati, al tredicesimo episodio. Sono degli ottimi cartoni animati realizzati da Don Bluth e prodotti da Steven Spielberg a partire dal 1989.
1990: approda sugli schermi Dinosauri (Dinosaurs) di Brut R. Thompson. Due ragazzi pasticciano nel laboratorio dei genitori e vengono quindi aspirati in una dimensione dall’aspetto preistorico e dinosauresco.
Il film A Nymphoid Barbarian in Dinosaur Hell (1990) di Brett Piper ci porta in un mondo preistorico ma subatomico alle prese con Tromasauri e Ciclopi.
Nel 1993 Roger Corman s’inserisce nel filone rigenerato da Steven Spielberg con Jurassic Park, già noto durante la lavorazione. Nel film Carnosaur (Carnosaur) di Adam Simon abbiamo uno scienziato che crea geneticamente dei dinosauri mentre, come abbiamo detto, è proprio in quest’anno che gli animali preistorici, molti dei quali realizzati al computer, imperversano sul grande schermo grazie a Steven Spielberg e al suo Jurassic Park (Jurassic Park) dove, in un’isola lontana dal mondo, vengono clonati dei dinosauri per farne un gigantesco parco d’attrazione. Un tentativo di sabotaggio, un tifone e la mancanza di corrente creeranno molti problemi.
Dinosauri intelligenti nel film di Rocky Morton e Annabel Jankel Super Mario Bros (Super Mario Bros) ispirato all’omonimo videogame. Qui abbiamo due idraulici che penetrano in un mondo dove i dinosauri si sono evoluti in esseri intelligenti e minacciano d’invadere la Terra. Curioso ma in fondo simpatico film per ragazzi questo Coo: che arrivò da un Mare Lontano (Coo: Toi Umi Kara Kita Coo di Tetsuo Imazawa), film di animazione giapponese sempre del 1993: il padre di Yosuke è un famoso oceanografo e il suo lavoro lo ha portato nell’isola di Pago Pago, ma durante una notte tempestosa essi scoprono sulla spiaggia un cucciolo di dinosauro, un animale creduto estinto. La sua presenza è di ostacolo per un importante esperimento atomico condotto all’unisono da diverse nazioni per cui nascono dei problemi per la salvezza e la salvaguardia della creatura che è diventata una grande amica del giovane Yosuke.
Ancora del 1993 il film Prehysteria – Arrivano i Dinosauri di Charles e Albert Band (Prehysteria). Due ragazzi entrano in possesso di cinque minuscole uova di dinosauro. Quando le uova si schiudono i piccoli animali ne nascono e i due ragazzi vorrebbero farli vivere in un ambiente più adatto a loro ma un malvagio archeologo vuole portarseli via. Il film ha avuto due seguiti dagli ovvi titoli Prehysteria 2 (Prehysteria 2) di Albert Band e Prehysteria 3 (Prehysteria 3) di David DeCoteau.
Dinosaur Movies, un documentario inedito di Donald F. Glut (1993), è dedicato a Willis O’Brien per cui, attraverso un’accurata selezione di sequenze animate e in stop motion, interviste, trailer e filmati muti d’epoca, i conduttori presentano il mondo magico dei dinosauri al cinema, come vengono realizzati e mossi a passo uno. Ackerman e Harryhausen mostrano alcuni dei modelli originali delle loro collezioni.
Nel 1995 l’attrice di colore Whoopi Goldberg s’imbarca in una mediocre realizzazione intitolata T-Rex – Il Mio Amico Dino (Theodore Rex) di Jonathan Betuel. Siamo a New York nel 2013 ed è diventato normale vedere in giro dei dinosauri perché la clonizzazione ha avuto definitivo successo e uno di loro fa da partner a una poliziotta cybernetica che deve indagare su un misterioso dinocidio.
Nel 1996 ancora Donald F. Glut ci presenta questa volta un film, purtroppo sempre inedito, intitolato Dinosaur Valley Girls nel quale in una valle sperduta ci sono dinosauri ma, sopra ogni altra cosa, belle fanciulle discinte e appetitose… e non solo per i dinosauri, ma anche per la spedizione che giunge in quel luogo.
Nel 1997 Spielberg esce con il sequel del suo film, ancora una volta tratto da un romanzo di Michael Crichton, ed è intitolato Il Mondo Perduto – Jurassic Park (The Lost World – Jurassic Park). Quattro anni dopo i fatti narrati nella prima pellicola i dinosauri sono ancora vivi in un’isola vicina e c’è un progetto incosciente e criminale tendente a portarli nel continente. Uno dei protagonisti della prima vicenda giunge sull’isola per impedire che il piano venga portato a termine. La pellicola avrà poi un seguito nel 2001, Jurassic Park III, per la regia di Joe Johnston, mentre al momento si sta lavorando a un quarto capitolo, Jurassic World (Jurassic Park IV), che dovrebbe essere diretto da Colin Trevorrow.
Ancora una volta tratto dall’omonimo romanzo di Sir Arthur Conan Dolyle, il creatore di Sherlock Holmes ma famoso anche per il personaggio del Professor Challengher, brillante ed estroso paleontologo, viene girato un film tratto dal suo romanzo più famoso Il Mondo Perduto (The Lost World – 1998) di Bob Keen. Sappiamo che ne furono fatte almeno due altre versioni, una muta e una su grande schermo a colori e aventi lo stesso titolo più una terza versione, chiamiamola abusiva, intitolata L’incredibile viaggio nel continente perduto. Nel caso della pellicola di Keen ancora una volta ci troviamo davanti a una spedizione, capitanata dal Professor Challenger, diretta alla volta di una lontana e sperduta Terra popolata da mostri preistorici. Ormai il computer permette quasi tutto e, infatti, anche qui le sequenze (poche) con i mostri preistorici sono in ogni modo più che decorose. Il tono del film è comunque molto più tragico di quello dei suoi predecessori, fra tradimenti, uomini primitivi e mostri quasi tutti i membri della spedizione moriranno e uno di loro, creduto morto, continuerà la sua lotta per la vita, prigioniero per sempre sull’acrocoro rimasto isolato dal tempo.
Di nuovo una terra perduta abitata da dinosauri e ancora una volta intitolata The Lost World – L’incredibile avventura (The Lost World – 1990) di Richard Franklin. Anche questa tratta liberamente dal romanzo di Sir Arthur Conan Doyle, ormai preso di mira da una decina di film e che ne ha ispirati molti di più. Ed anche qui abbiamo dinosauri, con in più piante carnivore e vermi giganti in aggiunta. Il finale, in sospeso, farebbe pensare a un pilot. Le sequenze computerizzate con i dinosauri sono pochissime e non certo al meglio, si salva l’apparizione finale del Tirannosaurus Rex.
Resta perlomeno doveroso, televisivamente parlando, citare quantomeno la divertente serie de I Flintstones, (1960 – 1966) cartoni animati che hanno dato anche il seguito a due film.
Non dimentichiamoci anche di Land of the Lost del 1991- 1992 e le apparizioni che i nostri graziosi animaletti hanno fatto in serial come: Land of the Giants (1968), Lost in Space (1966), L’Uomo di Atlantide (1977), Kronos (1966/67) e altri ancora purtroppo totalmente inediti da noi.
Creature (The Lost World Stories II) di Richard Franklin, film canadese dell’anno 2000, è in realtà il seguito di The Lost World – L’Incredibile Avventura, serial TV in due stagioni, 44 Episodi (The Lost World). In questa videocassetta ci sono tre episodi del serial. Nel primo gli esploratori incontrano nel mondo perduto i resti di Atlantide, feroci dinosauri, piante primitive e poi, nel secondo, strane e pericolose creature preistoriche estremamente aggressive e geneticamente mutate da un emulo del professor Moreau. Nel terzo episodio incontreranno addirittura due viaggiatori del futuro uno dei quali è la pronipote di uno dei dispersi e che vuole impedire all’antenata di abbandonare l’acrocoro preistorico per non spargere nel mondo un virus della peste altamente letale, ma il secondo dei viaggiatori persegue l’esatto scopo contrario e questo perché egli troverà la cura per i superstiti e diventerà estremamente potente pur se su un mondo devastato.
Ottimo questo film di animazione elettronica intitolato Dinosauri (Dinosaur – 2000) di Ralph Zondag & Eric Leighton, realizzato come dicevamo al computer su sfondi reali ed anche la storia è divertente ed interessante: un giovane Iguanodonte di nome Aladar viene allevato da una particolare razza di scimmie preistoriche dette lemuri e quando una pioggia di meteore distrugge l’isola nella quale si trovava, tutto il gruppo con Aladar in testa, si rifugia nella terraferma. Durante il suo cammino l’Iguanodonte incontra un altro gruppo di dinosauri in cerca di un posto dove poter nidificare. Egli insegna ai suoi amici che non vige la legge del più forte la quale si arroga il diritto di abbandonare il più debole, ma che è invece l’unione a fare la forza e, in questo modo, Aladar porta in salvo i suoi amici attraverso i pericoli incontrati nel loro cammino.
Altro film di animazione per ragazzi questo L’Isola dei Dinosauri (Dinosaur Island – 2002) di Will Meugniot: quattro ragazzi vengono mandati su un’isola deserta del Sud America. Il loro compito, poiché partecipano a un gioco televisivo, è quello di sopravvivere senza ricevere nessun aiuto dal mondo esterno. Presto si rendono conto che sull’isola vivono animali ed esseri preistorici per cui devono presto abbandonare le proprie rivalità e unirsi per poter uscire indenni da questa inconsueta avventura.
Age of Dinosaurs (Age of Dinosaurs di Joseph J. Lawson – 2013) ci spiega che utilizzando una rivoluzionaria tecnologia di rigenerazione della carne, una società biotecnologica crea una serie di dinosauri viventi, ma le creature scappano terrorizzando Los Angeles. Un ex vigile del fuoco dovrà salvare la figlia adolescente dal caos creatosi.
Assolutamente originale è questo Il Ritorno dei Dinosauri (Anonymous Rex – 2004) per la accorta regia di Julian Jarrold: siamo in un futuro alternativo e i dinosauri non si sono estinti cinque milioni di anni fa a causa di un asteroide, ma hanno subito così tante mutazioni da essere in grado di mimetizzarsi perfettamente tra gli esseri umani. Quale delle due razze erediterà il pianeta?
Nel 2005 arriva l’ennesimo remake di King Kong (King Kong), ad opera stavolta di Peter Jackson, reduce dal successo de Il Signore degli Anelli.
Dinotopia (2005) di Marco Brambilla è una miniserie di stampo prettamente fantastico: un’improvvisa tempesta appare davanti a un piccolo aereo con a bordo un uomo e i suoi due figli. Dopo un fortunoso ammaraggio l’uomo resta imprigionato a bordo del velivolo che si inabissa mentre i due ragazzi guadagnano la riva di un’isola misteriosa abitata da uomini e dinosauri dotati di intelligenza e altri rettili feroci che vivono sia nella superficie che nel sottosuolo. Una curiosa pellicola è l’inedito Actium Maximus: War of the Alien Dinosaurs di Mark Hicks, dove Actium è una colonia in pericolo. Una miriade di problemi hanno afflitto le persone che abitano sul pianeta assediato, anche se il dittatore in carica, Grand-automa Polpox, si preoccupa poco per le sorti dei suoi cittadini. Invece concentra tutta la sua energia sul Karnival di Actium Maximus, una sanguinosa battaglia giocata tra dinosauri alieni che serve come una forma primitiva di intrattenimento. Ma quando lo spietato Polpox invia Omni-Turor Axezun nelle frange lontane dello spazio per riportare più prede per i giochi, scopre qualcosa che è destinato a cambiare indubbiamente il mondo in cui vivono.
Stesso anno per una breve comparsata di un tirannosauro nel film Il Risveglio del Tuono (A Sound of Thunder) di Peter Hyams e tratto da un racconto di Ray Bradbury: ora è possibile viaggiare nel tempo e la società Time Safari Inc. organizza dei viaggi all’epoca dei dinosauri in modo che i facoltosi clienti possano dare la caccia ai dinosauri. Ma che accade se uno dei turisti muore? Tutto quello che è stato lui e i suoi discendenti viene cancellato alterando così il futuro il quale ora si prospetta quanto mai drammatico perché l’intera civiltà umana rischia di tornare allo stato primordiale. L’unica speranza per l’umanità è un altro viaggio nel tempo allo scopo di modificare ciò che è accaduto.
Viaggio al Centro della Terra (Journey to the Center of the Earth – 2008) di Eric Brevig, molto fantasticamente tratto dal romanzo di Jules Verne e girato interamente in 3D, ci narra la storia di Trevor Anderson, un vulcanologo. Suo fratello Max è scomparso anni addietro durante una spedizione che lo doveva portare, seguendo le tracce del libro di Jules Verne, attraverso un mondo sconosciuto e creduto non sopravvissuto alle ere geologiche. Ha lasciato sua moglie e il piccolo Sean. Un giorno, l’ormai tredicenne Sean va dallo zio con la madre portandosi dietro una vecchia scatola che contiene oggetti appartenenti a Max. Fra questi oggetti c’è proprio il libro di Verne con annotazioni che potrebbero essere collegate all’ultima spedizione del fratello. Allo scopo di chiarire il mistero, zio e nipote se ne vanno tra i geyser dell’Islanda alla ricerca di un vulcanologo che potrebbe aiutarli, ma anche lo scienziato, come rivela loro la figlia Hannah, è scomparso in circostanze simili. I tre si dirigono verso la caverna dalla quale l’uomo non è più tornato e vi si addentrano fino a che un crollo non li spinge a un lungo viaggio verso l’interno alla scoperta di un mondo primitivo fatto di voraci piante carnivore, piranha giganti, uccelli dalle piume lucenti e immancabili dinosauri. I film successivi non dicono molto di nuovo per cui citiamo velocemente 100 Million BC – La Guerra dei Dinosauri (100 Million BC – 2008) per la regia di Griff Furst (Louis Myman): un gruppo di Navy Seals americani viene inviato indietro nel tempo per recuperare un gruppo di esploratori che nel 1949 tentò il primo salto temporale restando intrappolati nella preistoria. Giunti sul posto trovano pochi superstiti uccisi dai mostri e da piante velenose. Ritornano tutti quanti nel presente portandosi dietro involontariamente un bestione di 20 metri che ora impazza per le strade di Los Angeles…
Restiamo nel 2008 per parlare di Heatstroke, regia di Andrew Prowse e questo perché, forse non lo sapevate, ma i Dino-aliens sono i veri responsabili del riscaldamento globale. Sono giunti sulla Terra da decenni con il compito di alterare l’ambiente del nostro pianeta per soddisfare meglio le loro esigenze prima che inizi l’invasione a tutto campo. Quindi ora sappiamo anche che c’è già una task force anti-extraterrestre in incognito attualmente operante sull’isola dove i dinosauri spaziali stanno tentando di lasciare i loro ordigni al carbonio per continuare l’inquinamento in grande stile… Non c’è limite alla fantasia e lo dimostra questo film del 2010 dovuto alla regia di Rob Robertson (Jim Wynorski), intitolato Dinocroc Vs Supergator: in un laboratorio di ricerca della Drake Industries a Kauai, nelle Hawaii, il dottor Jason Drake sta compiendo esperimenti genetici sugli animali tramite i quali riesce a creare rettili giganteschi. Due di questi mostri, un Supergator e un Dinocroc (un alligatore e un dinosauro) scappano uccidendo alcuni scienziati e creando il panico sull’isola. Jason Drake si rivolge in prima istanza all’esercito ma la squadra di militari di élite viene facilmente eliminata dai mostri che risultano resistenti ai proiettili e agli esplosivi. Drake si rivolge quindi al cacciatore Bob Logan, conosciuto come il Cajun. A caccia dei due mostri si mettono anche l’agente governativo Paul Beaumont e la poliziotta Cassidy Swanson. Nello stesso anno imperversa Dinoshark girato da Kevin O’Neil. Roger Corman propose un sequel di Dinocroc ma la rete Syfy ha ritenuto che il pubblico televisivo tendeva a rispondere meglio alle nuove ma comunque simili idee più che ai sequel diretti per cui ecco la trama: il film si apre con un cucciolo di dinoshark, una creatura preistorica che guizza fuori da un ghiacciaio che si frantuma a causa del riscaldamento globale. Tre anni dopo, il dinoshark è un feroce predatore adulto e uccide i turisti e gente del posto al largo di Puerto Vallarta, in Messico. Il protagonista, Trace, è il primo a notare la creatura e vede un suo amico divorato dalla stessa, ma ha difficoltà a convincere la gente che un essere così antico potrebbe esistere ancora. Dopo essere stato apparentemente ucciso da una granata, il mostro, la cui corazza è a prova di armi, ritorna ma viene ucciso con una lancia attraverso l’occhio, il suo unico punto debole. Ferocius Planet, un inedito del 2011 per la regia di Billy O’Brien, ci trasporta in una base militare americana, dove un team di scienziati festeggia l’invenzione di un macchinario capace di teletrasportare oggetti e persone. Purtroppo il congegno si inceppa e gli studiosi, insieme ad alcuni agenti di sicurezza, si ritrovano catapultati in un mondo primitivo, abitato da dinosauri e creature pericolose. Non sarà facile sopravvivere, ma presto gli sfortunati superstiti tenteranno di approntare un piano per ritornare sulla Terra. Un altro inedito, peccato perché non è male, è il film, sempre datato 2011, Ice Road Terror di Terry Ingram. Dilunghiamoci sulla trama: il film inizia con un gruppo di minatori di diamanti in Alaska, che con la dinamite aprono una nuova miniera. Si apre una fessura dalla quale esce un dinosauro- lucertola gigante che procede immediatamente a mangiare tutti quelli che incontra. Jack e Neil sono camionisti, trasportano esplosivi alla miniera, Rachel è un’analista inviata dal governo per assicurarsi che i minatori stiano seguendo le normative ambientali e tutti e tre stanno andando alla miniera. Quando il trio arriva tutto quello che trovano è sangue e parti di corpi schizzati dappertutto. Riescono a salvare uno dei minatori sopravvissuti e sfuggire al mostro arrabbiato. Durante un inseguimento drammatico i camionisti cercano di navigare la chiazza di petrolio nella strada ghiacciata e di evitare la lucertola. Gli esplosivi nel retro del camion di Jack cadono e prendono fuoco, spingendo Jack e Rachel a saltare drammaticamente dal loro mezzo prima che esploda. Fanno una sosta per cercare di sganciare il rimorchio in modo che possano andare più veloci con il camion di Neil, il che dà alla lucertola giusto il tempo di arrivare da sotto il ghiaccio a trascinare a fondo il minatore sopravvissuto. Dopo qualche tempo il gruppo ha la brillante idea di fermarsi di nuovo per cercare di sganciare il rimorchio e di nuovo il mostro arriva e distrugge il camion. I tre raggiungono a piedi attraverso la neve la sola casa nel raggio di 100 miglia, abitata da Mr. e Mrs. Lowman, una simpatica coppia anziani, ma il loro pick-up non parte e la radio non funziona a causa dell’aurora. Il mostro, si viene a sapere, è un wenchu, una creatura leggendaria affamata di carne umana. Rachel poi suggerisce che potrebbe effettivamente essere qualche dinosauro chiamato Predator-X, e veniamo pure a sapere che deve utilizzare la termografia per vedere le cose. Escono mentre il mostro li attacca e con un fuoco cercano di distrarre la creatura. Il wenchu non è uno sciocco e ignora il fuoco a favore di Lowman trascinandolo via. Riesce a pugnalare la signora Lowman con la coda mentre si rifugiano in casa. In un ultimo atto disperato il trio attira la lucertola in casa nella speranza che loro possano sfuggire rapidamente dal piano superiore prima che possa inseguirli fuori. Neil riesce a cavare gli occhi del wenchu con una lancia fatta in casa ma viene mangiato, Jack e Rachel fuggono attraverso la finestra del secondo piano e riescono a uccidere il wenchu creando un lanciafiamme con una vecchia pompa di benzina. Fuggono prima che esploda la pompa, uccidendo il wenchu. Nel 2012 ecco arrivare in DVD The Lost Dinosaurs (The Dinosaur Project) di Sid Bennett: il progetto Dinosaur è una missione ambiziosa di un team di esploratori occidentali, nella speranza di trovare una creatura acquatica, le cui origini sono radicate nel mito e fantasia tra le popolazioni indigene e residente nel più profondo della giungla africana. Il capo della spedizione, una specie di Indiana Jones, ha i suoi piani per assicurare un viaggio di sicuro successo. Peccato però che il suo elicottero venga abbattuto da uno stormo di uccelli enormi e, come aggiunta ai suoi problemi, deve anche prendersi cura del figlio clandestino che si è nascosto nell’elicottero alla partenza. A Luke, il figlio clandestino, viene dato l’incarico di tenere il diario “visivo” della spedizione e questo grazie a un arsenale di macchine fotografiche personali a sua disposizione. Il progetto Dinosaur diventa ben presto una lezione di sopravvivenza. Il team scopre rapidamente che non tutto va bene in questa giungla e incontrano alcune creature straordinarie, molte delle quali la civiltà ha presumibilmente estinto da millenni.
Passiamo a Tape 407, conosciuto anche come Area 407 e diretto da Dale Fabrigar e Everette Wallin. Qui accade che nella notte di Capodanno, due ragazzini sono a bordo di un 747 da New York a Los Angeles, quando l’aereo è costretto, per un’estrema turbolenza, a un atterraggio di fortuna. Purtroppo i piloti non riescono a controllare la discesa e l’aereo si schianta al suolo in una zona remota di proprietà del governo in cui si effettuano misteriosi e segretissimi test. I superstiti allo schianto si troveranno a dover affrontare pericoli di ogni genere, primo fra tutti un gigantesco dinosauro carnivoro che vive in quella zona e vuol cibarsi dei loro corpi vivi o morti che siano. Il 2013 ci porta un interessante Dominion: Dinosaurs Versus Aliens di Barry Sonnenfeld che è stato tratto dall’omonima graphic novel di Grant Morrison e Mukesh Singh, Dominion: Dinosaurs versus Aliens, e che racconta di un’invasione aliena durante l’epoca preistorica. Nel film riusciremo a capire il linguaggio degli alieni mentre i dinosauri sono degli esseri intelligenti. Poi passiamo a Jurassic Attack conosciuto anche come Rise of Dinosaurs di Anthony Fankhauser, la cui trama è questa: mentre sono di ritorno da una missione militare a bordo del loro elicottero, a causa di un incidente i protagonisti devono compiere un atterraggio di fortuna in una fitta giungla tropicale remota, un mondo perduto popolato da dinosauri. Ora devono trovare una via d’uscita da questa valle isolata prima di diventare prede per i predatori preistorici.
E concludiamo con Godzilla (Godzilla 2014) di Gareth Edwards dove, ancora una volta il buon tirannosauro giapponese si veste a stelle e strisce facendo però una figura migliore di quella del precedente film di Emmerich. In breve la storia: i test nucleari del 1954 effettuati dagli americani nell’Oceano Pacifico risvegliano una enorme creatura anfibia ritenuta leggendaria dalla mitologia orientale chiamata Gojira (appunto Godzilla). Quando la marina americana tenta di ucciderlo con un’esplosione atomica nel Pacifico, definendola un ulteriore test, la creatura gigante comincia a vagare nelle profondità dell’oceano fino a quando un antico nemico, chiamato Muto, comincia a minacciare la sua sopravvivenza e lo costringe a riapparire portando distruzione ovunque vada. Non male, come abbiamo detto, ma vale sempre il detto: mostri e buoi dei paesi tuoi.
Prima dei Dinosauri: come è nata la vita?
Un’interessante e forse casuale scelta di coincidenze sta alla base della nascita della vita sulla Terra.
Per prima cosa il tipo di stella come un astro di media grandezza a una temperatura ottimale data dal suo colore giallo. Poi ci vuole un pianeta che sia alla distanza giusta dalla stella: non troppo vicino al suo Sole altrimenti la temperatura sarebbe troppo alta e non troppo lontano perché in questo caso la temperatura al suolo sarebbe troppo bassa. Quindi è importante che il pianeta in questione sia non solo alla giusta distanza ma che abbia delle dimensioni particolari perché se fosse troppo piccolo non riuscirebbe a trattenere l’atmosfera attorno a sé ma, al contrario se ne fuggirebbe nello spazio e se fosse troppo grande diventerebbe un mondo gassoso. Ma un’altra ragione importantissima per cui il pianeta in questione possa trattenere in sé la vita è che il pianeta candidato a questo scopo ruoti su sé stesso in modo che il calore si possa distribuire uniformemente durante il giorno.
Anche le stagioni sono importanti per cui non sarebbe male che il nostro candidato avesse l’asse inclinato in modo da permettere l’alternarsi delle stesse.
Nel nostro sistema solare solo la nostra Terra aveva queste caratteristiche e l’altro candidato, Marte, dopo un inizio promettente, ha avuto dei problemi di massa e di distanza se, addirittura, non è stato vittima di una catastrofe planetaria come l’impatto con un meteorite che ne ha fermato l’evoluzione.
La Terra è stata quindi fortunata e la sua origine è ancora oggi uno dei misteri più affascinanti dell’universo.
Per capire meglio l’evoluzione del nostro pianeta poniamo su un grafico immaginario la nascita della Terra il primo gennaio di un anno qualunque e che corrisponde, nella realtà, a circa quattro miliardi e mezzo di anni fa.
Gli scienziati sono propensi a credere che il nostro Sole sia una stella di seconda generazione il che vuole dire che si sarebbe formato con residui di materia provenienti dall’esplosione di un’altra stella per cui anche la Terra e gli altri pianeti proverrebbero da atomi di seconda mano, usati o, più elegantemente, di seconda generazione e provenienti da un’esplosione cosmica o da un collasso stellare avvenuto miliardi e miliardi di anni fa.
Poiché nessuno di noi poteva essere presente a un evento così sensazionale questa considerazione deve restare nel campo delle ipotesi e una di queste era la teoria della collisione.
Se una stella fosse passata nei pressi del nostro Sole essa avrebbe esercitato un’enorme attrazione la cui conseguenza sarebbe stata il formarsi di protuberanze gassose. Adesso immaginiamo che il Sole emettesse due getti di gas, uno di essi, quello che si muoveva verso l’esterno, avrebbe poi generato il pianeta Nettuno, l’altro, dalla parte opposta, sarebbe diventato il pianeta Marte. Una seconda fuoriuscita di gas avrebbe in seguito generato Urano e la Terra e in seguito tutti gli altri pianeti.
Questa teoria era destinata a non avere un seguito anche perché con la scoperta di altri pianeti su altre stelle questo gioco di ammassi gassosi fuoriusciti dalle stelle per effetto di attrazione gravitazionale, caso rarissimo, sarebbe diventato una specie di gioco di un gigantesco domino sparso per la galassia.
Gli scienziati si trovarono quindi d’accordo su una teoria che spiegherebbe in maniera più razionale la nascita del Sistema Solare.
Nello spazio esiste la polvere cosmica, un finissimo pulviscolo di materia rarefatta che si sposta lungo le vie del cielo percorrendo incredibili distanze, le dimensioni di queste nubi possono essere immense. Esse vagano nello spazio residuo dalla nascita dell’universo.
Da una di queste nubi di polvere cosmica, attirata dal Sole, può aver avuto origine la Terra e il Sistema Solare.
Vediamo di seguire con chiarezza il processo di formazione: la forza della luce fu la causa del concentramento di queste particelle di polvere congelata e le dimensioni della nube stessa in questo modo si ridussero notevolmente con il risultato che, come tanti minutissimi pezzi di roccia, queste particelle cominciarono a urtarsi, a collidere tra di loro. Verso l’interno e quindi verso il Sole, vi era una maggiore concentrazione per cui le collisioni lì erano estremamente più frequenti che verso la periferia della nuvola.
Da queste collisioni cominciarono a formarsi degli ammassi di materia che presero a turbinare verso il centro della nube.
Ora noi sappiamo che ogni cosa sulla Terra è attratta verso il centro di essa dalla forza di gravità e, nello stesso modo, le particelle furono attratte verso il centro della nube e questi ammassi di materia crebbero mano a mano che andava a formarsi una spirale in movimento, diciamo nello stesso modo in cui una palla di neve, rotolando lungo un pendio, accumula altra neve e s’ingrossa.
Il movimento fu infinitamente più lento ma fu questa l’origine del Sole.
A un certo punto della nostra storia la nube informe, a causa del moto, divenne una sfera appiattita con al centro un nucleo di materia fredda, una galassia senza luce, per avvicinarci a un’immagine nota. Quello che all’epoca era chiamato protosole aveva inglobato circa il novanta per cento della materia originaria e il restante dieci per certo costituivano i protopianeti.
Per milioni di anni la zona, culla del Sistema Solare, rimase al buio o appena illuminata dalle stelle vicine, una luce estremamente debole ma sufficiente perché, a poco a poco, la densità della zona centrale aumentasse a causa di questa pressione causata dalla lontana luce, la quale a sua volta causò un aumento della forza gravitazionale con conseguente attrazione verso il centro e tutto questo fu causa di un’ulteriore compressione.
L’aumento della pressione causò anche un aumento della temperatura nel protosole e gli atomi di idrogeno si trasformarono in elio proprio grazie a un processo termonucleare o fusione. Ora a questa fusione si accompagna la liberazione di enormi quantità di energia esattamente come se si trattasse di una bomba all’idrogeno. Quindi una gran luce si accese nel cielo. Il Sole era nato.
Il nostro pianeta era ancora un mondo freddo che andava accumulando calore mano a mano che la sua massa aumentava grazie all’inglobamento di frammenti di polvere e di frammenti di rocce che la colpivano in uno spazio ben più popolato di oggetti in movimento di quanto non lo sia ora. Aumentando la sua massa aumentava, ovviamente, anche la sua forza di gravità per cui la nostra Terra attirava verso di sé sempre più corpi i quali, urtandola, liberavano anche una gran quantità di energia. E’ stata probabilmente questa pioggia il fattore determinante che ha riscaldato la Terra, non il solo certo, ma uno dei più importanti come anche la frizione con le particelle della nube solare attraverso la quale viaggiava e era immersa.
Durante la sua nascita la Terra continuò a crescere grazie a questi urti con i corpi celesti che incrociavano la sua traiettoria. Gli elementi chimici che componevano queste rocce vaganti erano della stessa composizione di quelli attuali per cui la Terra si trovò a possedere ferro, silicati e altri elementi tra cui alcuni di essi fortemente radioattivi capaci, per questa ragione, di sprigionare calore mano, mano che il processo radioattivo decadeva.
Per milioni di anni l’energia di questi elementi rese rovente la Terra provocando la fusione dei minerali.
Il ferro, che ha il punto più basso di fusione, si liquefò per primo e poiché era anche il più pesante affondò verso il centro del nostro pianeta mentre i silicati galleggiarono verso la superficie diventando parte di quella che sarebbe diventata la crosta terrestre.
La Terra era un globo infuocato nel quale scorrevano rivoli di metallo fuso, dove si sprigionavano immense nuvole di fumo tossico a base di anidride carbonica, vapore ed esalazioni sulfuree.
Il nostro pianeta rimase in queste condizioni per milioni di anni mentre i gas della nube cosmica che avevano formato la Terra e che erano costituiti da idrogeno ed elio si dispersero nello spazio esterno mentre piccole quantità di gas di metano e di ammoniaca si combinarono chimicamente con la roccia.
L’atmosfera che avvolgeva la Terra in quei tempi era ben diversa da quell’attuale perché essa era composta con ogni probabilità al novanta per cento di idrogeno ed al nove per cento di elio più un uno per cento di altri gas.
Al tempo della nascita della Terra l’acqua, o meglio il vapore acqueo, era in scarsissima quantità e avrebbe coperto il fondo dei mari e degli oceani solo per pochi centimetri perché quella che ricopre attualmente i due terzi della superficie terrestre proviene dai composti chimici presenti nelle rocce i quali furono spinti all’esterno dal progressivo aumento della temperatura.
L’oceano e l’atmosfera il cui la vita ebbe poi modo di evolversi presero origine, con ogni probabilità dall’interno del nostro pianeta, aumentando di volume in milioni di anni e tale processo sarebbe ancora in atto se non fossero venuti dei deterrenti inquinanti a fermarlo o a rallentarlo.
Come la maggior parte del ferro raggiunse il nucleo centrale la Terra cominciò a raffreddarsi e si formò una crosta sottile nella quale viviamo.
Siamo così arrivati a tre virgola otto miliardi di anni fa che corrispondono, sul nostro ipotetico calendario, al 5 gennaio.
In uno scenario brullo e desolato, cosparso di rocce e di lava disseccata, sotto un’atmosfera ostile per la vita, cadono le prime gocce di pioggia che si trasformano poi in rivoli, in ruscelli, in torrenti, in fiumi.
Quest’acqua, che sarà la culla della vita, proviene anch’essa dallo spazio generoso, trasportata come ghiaccio dai frammenti di stelle che vagano nel profondo cosmo.
La lava incandescente libera altra acqua dalle rocce mentre le prime pozze sono il retaggio di un pianeta che sta nascendo.
Il giovane oceano illuminato dal Sole non porta tracce di vita. E’ muto, inerte, un mare primordiale da dove comincerà la vita, l’acqua crea delle piccole e grandi pozze tra le nere rocce. L’acqua è stranamente calda in una di esse. Sta per accadere qualcosa.
Ora gli elementi ci sono tutti: idrogeno, metano, ammoniaca, vapor acqueo, le radiazioni ultraviolette che colpiscono il terreno senza che ci sia uno strato di ozono a filtrarle, i fulmini, le scariche elettriche, la radioattività cominciano a formare diversi composti organici.
Molecole semplici e molecole complesse e tra queste ultime gli amminoacidi che sono i mattoni base per formare le proteine.
Esistono in natura solo venti tipi di amminoacidi ma combinandosi tra loro nei modi più diversi possono creare tutte le proteine e di conseguenza tutti i tessuti e tutti gli organismi esistenti su questa Terra.
La natura comincia la sua naturale selezione fin dai primordi perché, all’inizio, esistevano più di venti tipi di amminoacidi, ma è stata la natura stessa a scartare ciò che non le poteva servire per creare la vita.
Un lento processo chimico e biologico che darà il via a forme sempre più complesse alcune da tenere, altre da rifare in un mondo giunto ora a tre virgola cinque miliardi di anni fa e cioè al 14 febbraio del nostro calendario.
La vita sta ora brulicando nel mare, invisibile ai nostri occhi ma composta da molti infinitesimali organismi: ci vorranno ancora mesi del nostro calendario per poter giungere alle prime forme di vita sulla nostra Terra, le piante, e ciò avverrà il 22 novembre del nostro fantastico calendario, solo 430 milioni di anni fa.
Relativamente poco tempo dopo la vita sembra aver accelerato i suoi processi perché tra il 27 novembre e il 29 dello stesso mese, e cioè tra i 380 milioni di anni fa ed i 355, la Terra comincia a popolarsi di pesci, anfibi e poi rettili.
La Terra si ricopre di grandi foreste entrando in quello che viene definito periodo carbonifero e il 5 dicembre (275 milioni di anni fa) gli animali cominciano a muoversi sulla Terra vivendovi e proliferando.
225 milioni di anni fa, e cioè il 10 dicembre, la Terra comincia a diventare il pianeta dei dinosauri.
Casomai vi foste chiesti cosa sia con esattezza un dinosauro è facile rispondere che sono delle grosse lucertole o dei grossi rettili ma la definizione non è esatta: hanno caratteristiche in comune con loro perché possiedono scaglie come le lucertole, depongono le uova come i coccodrilli e curano i piccoli come fanno gli uccelli e i mammiferi, molti di loro possiedono un becco e, sicuramente, molti di loro sono pure a sangue caldo come i mammiferi e non come i rettili, per cui essi devono considerarsi una variante dei vertebrati e hanno delle caratteristiche che li distinguono da tutti gli altri rettili.
Una di queste è il fatto che la loro esistenza è delimitata in un arco di tempo ben preciso e cioè tra i 220 ed i 65 milioni di anni fa, in quell’era della Terra chiamata Mesozoico e che comprende tre diversi periodi: il Triassico (250-205 milioni di anni fa), il Giurassico (205-135 milioni di anni fa) e il Cretacico (135-65 milioni di anni fa) per cui qualunque altro fossile fuori da quest’epoca non è da considerarsi di dinosauro.
Questo spiega anche la quasi totale mancanza di reperti di dinosauro in Italia, questo perché nel Mesozoico il nostro paese non esisteva se non sotto l’aspetto di qualche sparuto isolotto.
Un’altra caratteristica è che i dinosauri sono tutti animali terrestri di conseguenza non volano, non vivono nei mari o negli oceani. Quelli che noi conosciamo come rettili volanti (pterodattilo) o marini (plesiosauro) sono solo dei parenti abbastanza stretti dei dinosauri.
E poi ancora, ed è forse la cosa basilare, c’è la disposizione delle loro zampe perché i dinosauri, sia che siano bipedi, sia che siano quadrupedi, hanno le zampe disposte verticalmente sotto il loro corpo per cui il ventre non poggia per terra quando è fermo nella versione quadrupede. La sua andatura può ricordare un elefante o al limite una mucca, non un coccodrillo.
Invece le lucertole, i varani e ogni altro tipo di rettile hanno le zampe disposte ad angolo. Fateci caso la prossima volta che vedrete un film dove ci sono delle lucertole travestite da dinosauri (Viaggio al Centro della Terra, Mondo Perduto, Sul sentiero dei mostri…) e noterete che le loro zampe sono disposte ad angolo per cui i gomiti e le articolazioni sono piegate e puntano verso il centro del corpo per cui, quando l’animale è fermo, il ventre poggia al suolo.
Le specie classificate dei dinosauri sono quasi cinquecento e ancora oggi se ne trovano di nuove, la qual cosa dimostra come essi fossero diffusi in tutto il globo.
Un altro dei grandi misteri che circondano questi giganteschi animali è la loro estinzione avvenuta, a quanto pare, quasi improvvisamente nel Cretacico.
Più di ottanta teorie sono state postulate per spiegare questa misteriosa e quasi subitanea scomparsa e alcuni scienziati addirittura negano che di scomparsa si tratti ma di una normale estinzione avvenuta nell’arco di milioni di anni.
Alcuni reperti sarebbero successivi alla data della loro estinzione ma nemmeno questi esami hanno portato a un risultato sicuro.
L’ipotesi dell’impatto da asteroide è quella che attualmente fa più discutere ed è nota: un corpo celeste ha colpito il nostro pianeta sollevando una massa di polvere e di detriti da oscurare il Sole per parecchio tempo causando così un abbassamento della temperatura.
Nello Yucatàn è stato trovato un cratere dalle dimensioni di circa centottanta chilometri che viene datato proprio circa sessantacinque milioni di anni fa e nel Messico dei geologi hanno trovato tracce nei sedimenti di una gigantesca onda d’urto e in questi strati sono state trovate delle sfere vetrose le quali sarebbero state generate dal tremendo calore dell’impatto, il tutto insomma starebbe ad indicare una catastrofe a livello globale. Per poter provocare una catastrofe del genere il bolide avrebbe dovuto avere perlomeno il diametro di una decina di chilometri, in questo caso la luce del Sole sarebbe stata oscurata con conseguente morte delle piante per un repentino abbassamento della temperatura e mancanza di luce con la morte degli erbivori e di conseguenza dei carnivori.
Sì, diciamo che ci siamo, diciamo che la teoria è credibile ma perché alcune forme si sono estinte e altre invece no?
Tutti i dinosauri sono scomparsi e perché si sono salvati i coccodrilli, i serpenti, le tartarughe, perché si è estinto lo squalo d’acqua dolce e quello marino no?
Non c’è una risposta precisa a questa domanda se non quello della casualità la quale fa in modo che in un incidente ferroviario alcuni si salvino e altri no, per cui è possibile che alcune specie, pur se decimate siano comunque riuscite a sopravvivere.
Resta anche un’altra cosa da dire: quando l’eventuale disastro ha colpito il nostro pianeta i dinosauri erano già in via di estinzione e vari tipi di specie erano scomparse sia in mare sia in terra, forse la natura stava già pensando a una modifica ma altre specie, e questo lo sappiamo per certo, non sono scomparse, si sono modificate. Oggi sappiamo che molti dei piccoli dinosauri sono diventati degli uccelli, altri sono arrivati intatti fino ad oggi come il Coelecantus, il pesce preistorico protagonista anche di almeno due film di fantascienza (Ricerche Diaboliche e Gorgo).
Alle 23.50 del 31 gennaio l’uomo appare sulla Terra.
Circa 100 – 130 mila anni fa il futuro dominatore e devastatore del pianeta prende le mosse dalla sua culla natale giacente in Africa per spingersi sempre più verso il nord per poi diffondersi su tutto il pianeta.
In una migrazione che non ebbe soste egli giunse in Europa, in Giappone, in Australia, in Siberia e per ultimo nelle Americhe, solo 12 mila anni fa.
Durante queste migrazioni gli uomini cambiarono il colore della pelle, degli occhi, dei capelli, di alcuni tratti somatici ma resteranno sempre del ceppo del Sapiens Sapiens che si diffonderà in tutto il pianeta: il successo di questa invasione toglierà di mezzo altre specie derivate dall’homo e il pianeta sarà suo.
L’origine di questa strana creatura è anche questo un mistero non ancora del tutto risolto, ma sappiamo, per esempio, che già due milioni di anni fa c’erano degli esseri che cacciavano costruendosi strumenti di pietra.
Noi lo conosciamo con il nome di Homo Habilis e in seguito come Homo Erectus: ma prima ancora?
Le tracce si confondono e possiamo solo avanzare delle ipotesi grazie ai resti fossili che possono indicare come dei nostri predecessori gli Australopitechi di quasi quattro milioni di anni fa.
Se arretriamo ancora nel tempo le tracce diventano ancora più confuse ma sembrano portare a una piccola creatura dagli occhi grandi esistita fra i 30 e i 35 milioni di anni fa, un esserino della grandezza di una piccola volpe e con un cervello grande come una grossa biglia.
Ancora più indietro nel tempo e arriviamo a settanta milioni di anni addietro per fare la conoscenza con un piccolo scoiattolo arboreo dal nome tecnico di Purgatorius il quale potrebbe essere stato il capostipite della linea evolutiva che ci ha condotti fino all’Homo Sapiens… o Vastans… a seconda dei casi.
Come già abbiamo visto settanta milioni di anni fa esistevano ancora i dinosauri ma il nostro scoiattolo e gli altri piccoli mammiferi vivevano alla loro ombra al limite razziando le loro uova per cibarsene.
Più indietro nel tempo il nostro destino si mischia con quello di tutte le altre specie in una sorta di brodo primordiale dal quale tutti siamo stati generati.
Quali sono stati i fattori che hanno portato l’uomo al dominio del mondo?
Molti di questi sono evidenti come, per esempio, lo sviluppo del suo cranio il quale in due milioni e mezzo di anni d’evoluzione si è sviluppato dai 450 centimetri cubici degli Australopitechi ai 1400 – 1500 degli uomini moderni.
Ma il volume cerebrale non è tutto, c’è anche la stazione eretta e il pollice opponibile il quale gli permette di afferrare oggetti, scrivere, scolpire, disegnare.
Tanti altri fattori entrano in gioco, alcuni strettamente personali come le dimensioni e il sesso ma qui passiamo in un campo nel quale la nebbia è ancora molto fitta e i dati si contraddicono tra di loro.
Negli ultimi dieci minuti in cui l’uomo ha fatto la sua apparizione sulla scena del mondo sono accadute molte, moltissime cose:
23.54 – I Sapiens Sapiens cominciano le loro migrazioni per il mondo.
23.55 – I Sapiens Sapiens sono arrivati in Europa eliminando i Neanderthal e si sono diffusi anche in Siberia, Australia e Giappone.
23.57 – Un Sapiens Sapiens scolpisce un osso e la sua opera giunge fino a noi.
23.58 – Il soffitto di una caverna a Lascaux viene dipinta da un altro ottimo, preistorico artista.
23.59 – Un gruppo di Sapiens Sapiens, in Mesopotamia, inventa l’agricoltura.
23.59.30 – I primi monumenti egizi.
23.59.44 – Augusto è proclamato Imperatore e quattro secondi dopo l’Impero romano cade.
23.59.52 – Si combatte la prima crociata.
23.59.56 – Scoperta dell’America.
23.59.58 – Rivoluzione Francese.
23.59.59 – Le prime locomotive a vapore.
23.59.59.55 – La Prima guerra Mondiale.
23.59.59.58 – Il primo uomo sulla Luna.
Fra circa altri quattro miliardi e mezzo di anni il Sole entrerà in una nuova fase che lo farà diventare una gigante rossa, una stella avviata verso la fine e a trasformarsi in una nana bianca.
Una tremenda ondata di calore investirà la Terra cancellando ogni traccia dell’uomo e delle sue opere. Ciò che resterà degli oceani si perderà nello spazio in una nube di vapore, le rocce fonderanno e la Terra vagherà senza vita forse senza più il moto di rotazione e volgendo quindi sempre lo stesso butterato volto, verso la stella che un tempo le dava la vita e che ora la sta uccidendo.
L’uomo sarà forse estinto, sarà forse cambiato e quello che noi abbiamo conosciuto come essere umano sarà emigrato su altri mondi, avrà trovato un altro sole nel quale portare il suo seme attraverso l’universo, forse avrà trovato altri popoli, forse avrà capito il suo posto in quell’immenso, sterminato mare che si chiama universo e, forse, ma non ci speriamo molto, avrà capito che ci sono altre cose più importanti nella sua scala di valori e alzerà gli occhi al cielo, forse un cielo sconosciuto di un altra parte della galassia, e lo guarderà con occhi diversi.