REGINA
di VELMA J. STARLING
- Il re è morto! – gridò il messaggero.
- Il re è morto – riferì il soldato.
- Il re è morto – ammise l’ufficiale.
- Tuo padre è morto – mormorò la regina.
- Lo so.
* * * * *
Dopo il funerale del re fu convocato il Consiglio dei Nove Oligarchi. Erano presenti anche la Regina Consorte, ora vedova, e il principe ereditario. L’Attendente di corte, due Sommi Sacerdoti e alcuni rappresentanti della nobiltà assistevano in qualità di semplici uditori, senza diritto di parola.
La guerra era finita. Tiamat aveva perso. La riconquista della striscia di terra a Ovest della catena montagnosa era rimasta sulla carta: una serie di pergamene con piani di guerra, convocazioni di armate, alleanze con regni minori, messaggi spediti dal fronte alla capitale e viceversa.
- Domine Zuhri – disse la regina all’Oligarca più anziano. – Ci sono le condizioni affinché l’Impero Nessariano sia clemente?
- Ne sono quasi certo, vostra maestà. Sebbene Loch Mallard in passato abbia imposto razzie e rappresaglie ai suoi nemici, al momento non ha forze a sufficienza per penetrare a fondo nel nostro regno.
- Dovrà accontentarsi di aver difeso i suoi confini – disse il ragazzo seduto accanto alla regina.
- Io credo di sì, principe Henshall. Minaccerà ritorsioni e pretenderà un risarcimento, ma non avanzerà contro di noi.
- Re.
- Come dite, mia regina?
- Re Henshall. Questo è il suo titolo, adesso.
Gli Oligarchi si guardarono perplessi.
- Con tutto il rispetto, regina Alecto – commentò uno di loro, dall’aspetto robusto e orgoglioso, che impugnava una lancia dalla sfavillante punta color rubino. – Il principe ha solo tredici anni. Sarebbe inopportuno che una persona così giovane salisse al trono.
- Re Neilos non aveva fratelli. Nessuno dei suoi tre cugini gode dell’appoggio del popolo, né dell’esercito – obiettò lei.
- E nemmeno di certa parte delle famiglie nobili – aggiunse poi un Oligarca affetto da un leggero strabismo, attento alle reazioni e ai mormorii degli uditori.
Un altro Oligarca, dall’aspetto prestante e signorile, fece un leggero inchino e si inserì nella conversazione.
- Tutto questo è vero, eppure esistono delle alternative. Ad esempio uno di noi potrebbe assumersi la responsabilità del comando.
- Assumersi la responsabilità – ripeté Alecto fra i denti, così piano che nessuno la udì.
Il principe si alzò di scatto.
- Vi siete ascoltato, Domine Andreas? Abbiamo appena seppellito mio padre e voi già tramate per togliere il trono al suo legittimo discendente! – gridò, poi corse fuori dalla sala e sbatté la porta alle sue spalle.
Gli Oligarchi ammutolirono. Fra gli uditori corse un mormorio di approvazione. Tutti guardarono la regina.
- Non intendo biasimarlo – chiarì lei. – Ha capito fin troppo bene cosa sta per succedere e sa che non potrà impedirlo. Non aveva alcuna ragione per imporsi di mantenere il controllo.
- Vi scongiuro, maestà – disse un Oligarca dallo sguardo spento, che si appoggiava a un bastone. – Almeno voi, riflettete e parlate con il principe.
- Giusto – intervenne Andreas. – Evitare una votazione ufficiale renderebbe il passaggio meno doloroso per tutti, e meno umiliante per il principe. Ha ereditato carisma e audacia dal re, ma come abbiamo visto, per regnare servono anche altre qualità. Cautela e ponderazione, ad esempio.
La regina si alzò.
- Quindi Neilos è stato impulsivo, quando ha deciso di riprendersi le terre occidentali? Eppure ha avuto il vostro benestare. Eravate davvero d’accordo con lui, o lo avete appoggiato solo per non inimicarvi il popolo e l’aristocrazia? Lui ha pagato con la vita il fallimento della campagna. Invece alcuni voi pensano a come dividersi un premio!
L’Oligarca con la lancia luminescente si fece avanti.
- Regina Consorte, il punto è un altro. Vostro figlio non può sedere sul trono così giovane, è innegabile. Serve un uomo ricco di esperienza!
Andreas soffocò una risatina.
- La vostra esperienza più evidente, Domine Nakia, è la vistosa cicatrice che avete sulla schiena dal tempo delle Guerre Kamuriane. Non esattamente una prova di coraggio.
Nakia spalancò gli occhi, indignato, e avanzò verso Andreas.
- Come osate? Se devo dimostrare il mio valore, sono pronto quando volete!
- A disposizione – sogghignò Andreas, ed estrasse rapido la spada. Dalla sua mano si sprigionò una vampata di fredde fiamme verdognole che avvolsero la lama. Nakia si mise subito in posizione di guardia. Quando le due armi si scontrarono, emisero scintille talmente luminose da costringere i presenti a ripararsi gli occhi.
Fu l’Oligarca cieco ad interromperli, battendo il bastone per terra con una forza insospettabile, per un uomo della sua età.
- Basta così! – tuonò. – Non vi permetto di disonorare la memoria di re Neilos scontrandovi per il suo trono.
I due esitarono, poi Andreas annuì solennemente e ripose la lama nel fodero. Anche Nakia si rassegnò e abbassò la lancia. Su di loro pesavano gli sguardi severi degli uditori. Davanti a un simile spettacolo, avrebbero preferito cento volte essere governati da un ragazzino. Meglio ancora dalla regina Alecto, ma la legge parlava chiaro: alla morte di un sovrano, decadeva anche il diritto al trono della Regina Consorte. Il titolo di re poteva essere tramandato solo per via ereditaria o, in mancanza di un erede consono, per cambio di dinastia, scegliendo il migliore fra i candidati. Toccava al Consiglio decidere. A meno di un segno evidente da parte degli dei, tutti sapevano come avrebbe deciso.
* * * * *
Alecto non fu sorpresa quando l’Oligarca Andreas la raggiunse, un paio di giorni dopo, mentre si concedeva un momento di tranquillità nell’ampio chiostro vicino al Tempio. Un tiepido sole di mezza mattina brillava fra chiazze di nuvole, illuminando i cespugli e i pochi fiori autunnali. Anche i capelli biondi della regina sembravano più luminosi che mai e incorniciavano un volto allungato, dai lineamenti spigolosi.
Dalle aiuole e dai vasi proveniva odore di terra e umidità. Gli alberi non erano ancora del tutto spogli. Fra i loro rami svolazzavano piccole salamandre alate, che preparavano i nidi per il letargo. Giardinieri e inservienti potavano le piante e pulivano il chiostro dalle foglie cadute.
- Domine Andreas – lo salutò lei, intenta ad esaminare un arbusto dalle foglie accartocciate. – Che sorpresa incontrarvi qui. Non frequentate spesso il Tempio.
- Regina Consorte – rispose l’uomo con un inchino. – In effetti, con una giornata così bella, preferirei una bella cavalcata lungo il fiume. Ma spesso il dovere non coincide con il piacere.
- Quindi è stato il dovere a condurvi da me?
- Assolutamente.
- Come sapevate di trovarmi qui?
- Temo di avervi sentita parlare con una delle cameriere, ieri. Dicevate che stamane avreste voluto piantare della camomilla rossa nell’orto del chiostro.
La regina rise.
- Vi avevo intravisto, nella sala da pranzo. Ma credevo foste troppo occupato con i vostri piccioni arrosto, per interessarvi a conversazioni tanto banali!
Davanti all’inattesa risata di Alecto, i lineamenti e i muscoli dell’Oligarca si rilassarono. La donna si alzò e iniziò a camminare per uno dei sentieri. Andreas la seguì.
- Sapevate che Henshall aveva predetto la nostra sconfitta? – chiese la regina, prima che fosse lui a pilotare la conversazione.
Andreas rimase stupito.
- Predetto, mia regina?
Alecto si diresse verso una delle querce incantate più grandi del giardino. Accarezzò le venature dorate della corteccia, che brillava al sole.
- Mio figlio aveva capito che la riconquista del territorio a Ovest non era possibile, che eravamo destinati a perdere la guerra. Aveva studiato mappe e commentari storici per settimane e aveva tratto le sue conclusioni. Era praticamente certo che suo padre non sarebbe sopravvissuto. Ma Neilos non gli ha dato retta. Lo ha molto ferito.
Fece una pausa e guardò lontano, come se stesse raccogliendo le idee.
- Ha ferito anche me – aggiunse.
L’uomo si domandava dove la regina volesse andare a parare.
- Quindi anche voi avevate cercato di dissuaderlo – azzardò – ma senza miglior fortuna di vostro figlio.
Alecto spostò un sassolino con il piede.
- Neilos era un grande condottiero, lo sapete. Aveva la fedeltà incondizionata dei suoi soldati, dal primo all’ultimo. Non si risparmiava, era sempre in prima linea, fianco a fianco con i suoi uomini.
- Ma…? – chiese Andreas, che aveva avvertito il tono di voce della regina.
- Ma non aveva una visione ad ampio raggio – concluse lei. – Era un tattico, non uno stratega.
- Diversamente da Henshall. Giusto?
La donna sorrise con orgoglio.
- Da me, Henshall ha ereditato l’amore per l’esplorazione, la lettura, il sapere. Da suo padre, un’intelligenza prodigiosa e la determinazione a raggiungere i suoi obiettivi.
- Ma nessun talento magico, purtroppo – aggiunse Andreas.
Lei scosse la testa.
- No. Non è come voi, non ha alcun potere sovrannaturale. Ogni sua dote è frutto del suo acume e della sua volontà. Ma naturalmente, a voi questo non interessa.
Lo guardò dritto negli occhi. Lui ricambiò senza esitare.
- Per quanto amassi mio marito e lo stimassi un buon re, so che mio figlio sarebbe un sovrano molto migliore di lui. Fin d’ora. Ma se dipendesse da voi Oligarchi, questo non accadrebbe mai.
Andreas si irrigidì.
- Con tutto il rispetto, vostra maestà, non c’è alcun “se”. La successione al trono dipende da noi Oligarchi. Il Consiglio è stato creato proprio per impedire che il diritto di sangue prevalga sul buon senso. L’opinione della Regina Consorte, per quanto rispettabile, resta un’opinione.
Alecto non distoglieva lo sguardo dal volto di Andreas.
- Se le cose stanno così, non c’è molto di cui discutere. Anzi, mi chiedo perché mi abbiate raggiunta qui.
- Per concordare la transizione invece di imporla! – sbottò lui. – Abbiamo perso una guerra, maestà, e dobbiamo rimettere in piedi un regno: abbastanza da garantirne la sopravvivenza, non troppo da renderci pericolosi per i nostri nemici. È un equilibrio molto delicato, che un ragazzino come vostro figlio non può comprendere.
Alecto teneva i pugni stretti, così forte che si intravedevano le vene sul dorso delle mani.
- Henshall non sarebbe solo, a occuparsi di tutto. Potrebbe contare su di me. Anche gli Oligarchi dovrebbero offrirgli aiuto. Se non foste occupati a decidere chi di voi meriti il trono – concluse acida. – Siete così prevedibile, Andreas. Siete il favorito, eppure il voto del Consiglio non vi basta. Vorreste anche la nostra benedizione e, di conseguenza, il consenso del popolo e dei nobili.
L’uomo fece un gesto di stizza.
- E se anche fosse? Il cambio di dinastia è inevitabile. Il titolo deve passare di mano!
- L’unico titolo che avrete da me sarà quello di usurpatore – sibilò la donna.
Andreas, infuriato, alzò la voce:
- Voi siete irragionevole!
I giardinieri, imbarazzati, stavano per uscire dal chiostro, ma la regina li fermò con un gesto. Tenendosi a distanza, continuarono il loro lavoro. L’Oligarca alzò le spalle.
- C’è un’altra questione: gli dei non hanno benedetto vostro figlio con alcun tipo di potere arcano. Io, invece, ne possiedo uno molto significativo! – disse alzando il braccio sinistro. Sul palmo della sua mano, comparvero lingue di fuoco fredde e verdastre. Si contorcevano le une sulle altre come serpenti.
Le labbra sottili della donna si incurvarono in un sorriso di sfrontata superiorità. Andreas rimase interdetto e attese una spiegazione. Quando Alecto si decise, pronunciò solo due parole:
- Anche io.
In quel momento, l’uomo emise un verso di dolore e ritirò la mano di scatto. Le fiamme svanirono, lasciando sul palmo il segno di una piccola ustione, che lui guardò stupito.
- Sapete cosa sfugge agli uomini come voi, Andreas? – disse la regina. – Il vero potere non è mai vistoso. Le bolle luminose di Malik, le formule musicali di Ode, il vostro fuocherello verde. Tutti fenomeni da baraccone. Li usate per lusingare la vostra vanità, nient’altro.
Andreas si sfregava la mano dolorante. Alcuni inservienti avevano notato la scena da lontano e lo indicavano.
- Avete appreso una scienza arcana? Ma nessuno… nessuno ne ha mai saputo nulla, non avete mai…
- Adesso capite? – sussurrò lei. – Il vero potere è nascosto. Il vero potere è sottile.
Andreas trasalì di nuovo e si portò la mano al collo, dove era appena comparsa un’altra piccola ustione. Improvvisamente, vide con chiarezza la trappola in cui era caduto.
- Una strega del fuoco – balbettò incredulo.
- Il vero potere non si palesa a uomini senza cuore – proseguì la regina. – O uomini il cui cuore merita solo di bruciare.
L’Oligarca sgranò gli occhi. Emise un gemito strozzato e cadde sulle ginocchia. La regina mosse alcuni passi indietro, fingendosi spaventata.
- Domine Andreas! – recitò a voce alta. – Che vi succede? Non vi sentite bene?
L’uomo si strinse forte il petto con entrambe le mani. La sua vista si annebbiò, anche gli altri sensi non rispondevano più. Si rese conto a malapena che stava scivolando a terra. Le grida della regina, che chiamava aiuto, arrivavano fioche alle sue orecchie. Finalmente emise un ultimo respiro. I muscoli si afflosciarono.
Il medico di corte arrivò poco dopo, ma poté solo constatare la morte dell’Oligarca. La regina si ritirò nelle sue stanze, mostrandosi sconvolta, mentre gli inservienti portavano via il corpo.
Nel giro di poche ore, tutta la città sapeva che Domine Andreas aveva avuto un alterco con la regina consorte e che, improvvisamente, era caduto a terra agonizzante ed era morto. Un chiaro segno che gli dei avevano preso le parti della regina.
La notizia sarebbe presto arrivata anche nelle fattorie di campagna, negli insediamenti dei nomadi taglialegna, nelle città più lontane. Fino ai confini del regno.
* * * * *
Alla cerimonia di incoronazione del nuovo monarca, Alecto sedeva a destra del trono. Gli Oligarchi, a sinistra: perplessi sull’accaduto ma consapevoli che, in quel momento, insistere con la loro posizione avrebbe scatenato una rivolta.
L’Attendente di corte fece diligentemente uso dei nuovi appellativi riservati ai due membri della famiglia reale. Henshall, il re di Tiamat. Alecto, la Regina Madre. Le sarebbe toccato il compito di coadiuvare il re, fino al raggiungimento della sua maggiore età.
Henshall le sorrise: non aveva fretta di compiere sedici anni ed era felice di contare su di lei per imparare il difficile mestiere di sovrano.
Alecto ricambiò il sorriso. Per un istante, al ragazzo sembrò di vedere gli occhi scuri di sua madre scintillare come braci nel buio.