Titolo originale: La casa nel tempo
Anno: 1989
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci
Sceneggiatura: Gianfranco Clerici e Daniele Stoppa
Direttore della fotografia: Nino Celeste
Montaggio: Alberto Moriani (con il nome di Albert Morris)
Musica: Vince Tempera
Effetti speciali: Giuseppe Ferranti
Produzione: Renato Fié per Reteitalia e Dania Film
Origine: Italia
Durata: 1h e 30’
CAST
Keith Van Hoven, Karina Huff, Paolo Paoloni, Bettine Milne, Peter Hintz, Al Cliver (alias Pier Luigi Conti), Carla Cassola, Paolo Bernardi, Francesca De Rose, Massimo Sarchielli
TRAMA
“Se il tempo ritornasse indietro ritornerebbero indietro anche i nostri peccati” è la frase di apertura tratta da Honorè De Balzac e spiega bene l’intera costruzione del film.
La prima inquadratura è sinistra e orrorifica. La musica intensa di Vince Tempera ci accompagna dentro a un incubo annunciato. La camera riprende un’enorme villa delle campagne umbre, poi una clessidra e infine una stanza con orologi di ogni tipo. Una donna si aggira per i piani della villa munita di torcia elettrica, vede macchie di sangue per le scale e si ferma davanti a una porta sbarrata. Esita qualche istante, poi apre la porta e inorridisce davanti al sinistro spettacolo di due cadaveri che indossano ancora abiti nuziali. Sono i corpi di un uomo e di una donna bloccati a due tavoloni per mezzo di lunghi chiodi conficcati nel collo. Dissolvenza ed è giorno all’interno della villa. Il regista riprende orologi di ogni tipo e forma e un ticchettio continuo ci accompagna mentre sulla scena compare il vecchio Vittorio. Lui è il conte, padrone di casa, e pare un innocuo e galante vecchietto che ha la mania di collezionare orologi. Vittorio parla con gli orologi, li saluta, li carezza, addirittura li definisce “angioletti”. Qualcosa non va nella psiche del conte e lo comprendiamo quando attira un passerotto sul davanzale e lo spiaccica con un colpo di bastone per darlo in pasto al gatto. La cameriera Maria intanto è preoccupata dopo ciò che ha visto la notte precedente. Vittorio sospetta che abbia capito tutto. Se ne rende conto pure la contessa Sara che sta facendo colazione sorridente e gioviale. Pure lei pare una vecchietta simpatica e allegra ma nasconde un carattere di donna diabolica. Marito e moglie parlano tra loro e dicono che Maria è diventata troppo curiosa e sospettosa, poi passano nella stanza dove tengono i due corpi uccisi. Sono i cadaveri dei nipoti, massacrati “perché volevano soltanto i nostri soldi ed erano degli ingrati”, dice il folle conte. Vittorio e Sara si prendono cura dei morti con gusto macabro. Sara dipinge le labbra di rossetto alla nipote e le rifà il trucco, Vittorio ripassa il contorno degli occhi e sistema il viso del nipote. I due corpi si stanno decomponendo perché ormai sono passati alcuni giorni dalla morte. Piero, un servitore fedele privo di un occhio, scava una fossa in giardino mentre la contessa riceve Maria sempre più decisa ad abbandonare la casa. Sara sembra dispiaciuta ma all’improvviso afferra un palo appuntito e lo conficca nel basso ventre della cameriera che cade a terra in un lago di sangue mentre le interiora colano sul pavimento. Come poteva pensare Fulci che scene simili le potesse passare una rete televisiva bacchettona e moralista come Reteitalia resta un mistero. Qui il gore tocca l’eccesso e la sequenza è ben riuscita, disgusta al punto giusto. La vecchietta se ne va cantando che i parassiti vanno eliminati. Si riferisce alle piante che stava curando nella serra ma pure alla cameriera che Piero si preoccupa di seppellire in giardino nella fossa che ha preparato.
Si cambia completamente scena. Siamo a bordo di un’auto bianca e conosciamo Tony, Sandra e Paul, tre amici balordi che vivono di furtarelli. I tre vagano per le campagne umbre e progettano di svaligiare la villa dei due vecchietti, prima però si fermano in un supermercato di paese per rubare un po’ di generi alimentari. La canzone di Francesco Salvi “Facciamo tutti dei versi”, in gran voga alla fine degli anni Ottanta, è inserita come colonna sonora del furto al supermercato. Questa parte è però troppo lunga e noiosa ed è un vero peccato perché interrompe la tensione narrativa e la suspense di un film ben costruito. Sarebbe stato sufficiente operare qualche taglio in fase di montaggio. Segnaliamo alcuni dialoghi in auto che dovrebbero servire a spiegare la psicologia dei tre personaggi ma falliscono l’obiettivo. Si comprende solo che Tony e Sandra sono fidanzati e che Paul è l’amico bislacco che prima si diverte a minacciare con una pistola giocattolo e subito dopo rinchiude un gatto nero in un sacchetto di plastica sino a farlo morire soffocato. Compare la solita ossessione di Fulci per i gatti neri e qui il malcapitato fa una brutta fine (ma non per molto). Le sequenze a bordo dell’auto rallentano la narrazione, sembrano un pretesto per mostrare il paesaggio umbro tra olivi e campagna verdeggiante. I dialoghi dei tre balordi rasentano il ridicolo (ma chi li ha scritti?) e quando arriva il momento di uccidere il gatto si tocca l’acme della comicità involontaria.
Cambio di scena e siamo di nuovo alla villa dei vecchietti diabolici dove arrivano due poliziotti per avvisare di un guasto al cancello. Vittorio parla con i suoi orologi, è convinto che lo conoscano, li ripara, se qualcuno va indietro di pochi minuti per lui è un dispiacere. Si torna ancora sull’auto dei balordi che tra uno spinello e l’altro hanno raggiunto la villa quasi in tempo reale. Vittorio e Sara sono a tavola per la cena mentre Sandra suona il campanello e al videocitofono dice che vorrebbe fare una telefonata perché ha avuto un guasto all’auto. Sandra finge di telefonare e apre la finestra ai due compari che tagliano i cavi del telefono ed entrano nella villa. L’irruzione di Tony e Paul provoca l’intervento di Piero che imbraccia il fucile e minaccia di uccidere i due malintenzionati, ma il gatto entra nella stanza e lo distrae. Tony approfitta della disattenzione e spinge Piero che cade sullo spigolo del tavolo, picchia la testa e muore. Durante la caduta del servitore parte un colpo di fucile che centra la contessa al basso ventre. Il marito è disperato e si getta con furore su Tony per ucciderlo con un coltello, ma è Paul a risolvere la situazione freddando Vittorio con un colpo di fucile. Tanto sangue. Troppo per la televisione. Non c’è da stupirsi se il film non è stato mai passato, neppure a notte fonda. “Il tempo si fermerà” sussurra il conte mentre muore. Sandra è sconvolta e i tre non possono lasciare la villa perché fuori sono stati liberati i dobbermann. Come aveva previsto il vecchio gli orologi della casa si sono fermati come in segno di lutto. Passa qualche istante e gli orologi ripartono ma stanno scorrendo all’indietro sempre più velocemente. I tre balordi non se ne accorgono, si limitano a sistemare i cadaveri dei vecchi nel bagno e quello di Piero nello stanzino. Tony e Sandra se ne vanno in camera a fare l’amore e lasciano Paul a girovagare per la villa. Paul si rende conto che qualcosa non va: la tavola di sala è apparecchiata e sono sparite le macchie di sangue, il corpo di Piero scompare, un accendino che aveva perso riappare nella sua tasca. Una musica intensa di pianoforte accompagna un crescendo di tensione. Si spenge la luce e d’un tratto tutto torna come poco prima: i corpi dei due vecchi e di Piero sono sul pavimento della sala. Si levano voci lugubri. Paul ha paura e sente dialoghi e spari nella sala. Sangue che cola. Un colpo di fucile sparato da un redivivo Vittorio lo centra in pieno petto. Sandra e Tony si svegliano al suono del telefono ma all’apparecchio non c’è nessuno. Tony ricorda di aver tagliato i fili: come ha fatto il telefono a suonare? I due scendono in sala da pranzo e vedono la tavola apparecchiata, una porta cigola, c’è grande tensione in questa parte di pellicola e alla fine entra solo un gatto dalla porta socchiusa. Una bella soggettiva di Paul lo mostra spaventato e ferito che fugge via. Vittorio e Sara tornano sorridenti e vendicativi, ma non sono zombi, sono loro stessi in carne e ossa, è il tempo che è tornato indietro. La contessa vede Sandra che si è appropriata del suo anello, afferra un coltello, le infilza la mano e strappa via il gioiello. Bella scena splatter di grande effetto. Pure il terrore di Sandra è ben recitato e il regista riesce a comunicarlo allo spettatore. I due vecchi ridono diabolici mentre Paul e Sandra si rifugiano in cantina e tentano di scappare da una finestra. “Lo sapevo che non mi avreste tradito, figlioli miei” dice Vittorio ai suoi cari orologi. Sono stati loro a fermare il tempo, a farlo scorrere all’indietro e a rimettere ogni cosa al suo posto. Pure Piero torna in vita e insieme ai due vecchietti dà la caccia ai tre malintenzionati. Paul non riesce a scappare e viene massacrato in cantina. La scena non si vede ma si intuisce. Tony invece è catturato dalle mani della cameriera che sbucano fuori dalla fossa che le avevano scavato in giardino. L’effetto zombi è riuscito, pure se ancora una volta non si tratta di un morto vivente ma di Maria che è tornata in vita per merito del tempo che scorre all’indietro. Sandra continua la fuga, arriva nella stanza dove riposano i cadaveri dei nipoti e si chiude dentro. I due vecchietti con una sega cercano di aprire un varco nella porta e Sandra rischia di finire uccisa dalla lama. Intanto Tony viene ucciso con un paletto appuntito conficcato nel ventre ed è sepolto in giardino al posto della cameriera. Sandra si rende conto di essere nella stanza insieme ai cadaveri dei nipoti che all’improvviso riprendono vita perché il tempo continua a correre all’indietro. Vittorio, Sara e Piero irrompono nella stanza e non si aspettano di vedere vivi e vegeti i due cadaveri. Il nipote uccide prima Piero e poi lo zio Vittorio con una cancellata di ferro conficcata nelle carni. Emblematica la morte di Vittorio che ha dietro di sé la scritta: “Tempus fugit”. La nipote invece strozza la zia Sara in un eccesso d’ira vendicativa. Pure qui vale lo stesso discorso. I nipoti non sono zombi ma sono uomini che tornano in vita per via del tempo che scorre al contrario, un incantesimo che si ritorce contro chi l’ha scatenato. La vendetta si consuma sino in fondo e pure i vecchietti diabolici vengono puniti per i loro peccati.
A questo punto vediamo di nuovo i tre balordi in auto e pare che niente sia accaduto. Sandra si sveglia e racconta quel che ha sognato, ma la stranezza è che il sogno è stato lo stesso per tutti e tre. Parlano di rinunciare al colpo progettato alla villa e ridono ricordando gli orologi, i morti che tornavano in vita, i pericoli e gli incubi del sogno. Dissolvenza e si torna alla villa dove si vedono i nipoti a tavola che hanno preso il posto dei vecchietti diabolici, insieme a loro c’è la cameriera risorta a nuova vita. Non è stato un sogno. Ancora cambio scena e siamo nell’auto dove c’è ancora il sacchetto con il gatto. I tre decidono di gettarlo dal finestrino. Il gatto però è vivo, apre il sacchetto con le unghie e graffia al volto Paul, poi si getta su Tony che è alla guida e gli fa perdere il controllo del mezzo. L’auto finisce fuori strada e i tre muoiono nel tragico incidente. Primo piano sull’orologio di Paul e ci rendiamo conto che il tempo scorre ancora all’indietro. La macchina da presa torna indietro pure lei con una sorta di zoomata al contrario. La punizione di chi ha fatto il male è completa e pure il gatto nero ha avuto la sua parte di vendetta.
NOTE
La casa nel tempo è sicuramente uno dei migliori ultimi film di Fulci. Pensato per i circuiti televisivi di Reteitalia ma alla fine mai passato nella serie progettata de “Le case maledette” perché troppo crudo ed esplicito. E poi c’era già stata la pessima esperienza con Lamberto Bava che aveva fallito in televisione con i thriller Brivido Giallo e Alta tensione. L’altro film della serie “Le case maledette” è il meno riuscito La dolce casa degli orrori.
Fulci ne La casa nel tempo lavora come sa fare e realizza da maestro un suo interessante soggetto che affascina e intriga lo spettatore. Il film è girato in Italia (nella campagna dell’Umbria), come tutti gli ultimi lavori di un regista che amava più suggestive ambientazioni estere.
La seconda parte del film è davvero intensa e girata a un ritmo quasi insostenibile. La suspense è palpabile e divora lo spettatore che vede soltanto le lancette impazzite degli orologi e non si aspetta la scena successiva. Un capolavoro di thriller orrorifico e di storia fantastica.
Paolo Mereghetti dice che il film “dopo una partenza promettente si sbriciola fino a un finale orribile”. Si merita appena una stella e mezza. Mereghetti boccia tutto: storia, regia (troppo gore e troppa violenza), effetti speciali, recitazione e pure la musica elettronica di Vince Tempera. Inutile dire che non siamo d’accordo. Marco Giusti invece non ha visto il film perché parla di storia di zombi e noi abbiamo già avuto modo di dire che non si tratta di zombi ma di un effetto resurrezione dovuto al tempo che torna indietro. Chi risorge lo fa come uomo in carne e ossa, consapevole. Niente a che vedere con gli zombi. Manlio Gomarasca nella scheda al film curata per lo special su Fulci edito dalla rivista “Nocuturno” commette lo stesso errore di Marco Giusti e parla di zombi. Soltanto nella sequenza della cameriera che torna in vita si può parlare di effetto zombi ma mai di zombi veri e propri perché gli uomini e le donne che tornano alla primitiva condizione lo fanno solo per merito del tempo impazzito.
La casa nel tempo è un film riuscito e ispirato, realizzato da Fulci su di un suo ottimo soggetto originale che a noi ha ricordato il racconto Il tempo all’indietro di Aldo Zelli. Il breve romanzo dell’autore toscano è del 1994 e si presenta come una ben congegnata storia fantastica che ha per protagonista un uomo che un mattino si sveglia e si accorge che il suo tempo sta scorrendo all’indietro. La cosa all’inizio gli fa pure piacere perché torna giovane e bello, ma comincia la tragedia quando capisce che la corsa all’indietro del tempo è inarrestabile. L’uomo regredisce allo stato di lattante e poi di spermatozoo e alla fine scompare. Storie come questa sono frequenti nella letteratura russa dell’Ottocento e soprattutto in autori come Gogol (si veda opere come Il cappotto e Il naso). Fulci era un uomo di grande cultura e non è da escludere che alla base dell’ispirazione per la storia ci sia proprio qualche racconto fantastico di Gogol.
Segnaliamo nella pellicola alcune autocitazioni come nelle scene della cameriera e di Paul trafitti da un palo di legno acuminato, situazione che Fulci ha girato in Paura nella città dei morti viventi. Ma ci sono anche i temi di sempre: la casa maledetta, il gatto nero, gli effetti zombeschi.
Tra gli attori non troviamo certo dei fenomeni e soprattutto i tre giovani sono pessimi. Karina Huff andava bene per i filmetti giovanilistici dei Vanzina dove si mostrava quasi sempre mezza nuda (e pure qui non ci risparmia una scena di sesso). Su Keith Van Hoven e Peter Hintz stendiamo un pietoso velo che è meglio. Sono molto bravi invece nella parte dei vecchietti diabolici sia Paolo Paoloni (lo ricordiamo in Fantozzi come direttore magagalattico e in Cannibal Holocaust) che Bettine Milne. Credibili e ben calati nel ruolo. Bene Al Cliver (Pier Luigi Conti), un’icona del cinema di genere italiano, e per il poco che si vede anche la cameriera Carla Cassola. Per noi resta un film tra i migliori dell’ultimo Fulci e ancora una volta concordiamo con Antonio Tentori. La casa nel tempo è un film suggestivo e onirico, ben sospeso in una dimensione surreale tra realtà e fantasia.
Gordiano Lupi & As Chianese
(tratto dal libro Filmare la morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci - Edizioni Il Foglio, 2007)