La casa editrice romana Dunwich, nata da poco ma già molto attiva, vuole puntare sugli autori italiani nel fantastico. Un nome che spunta è quello di Carlo Vicenzi, emiliano, laureando in discipline umanistiche, autore di Ultima la città delle contrade, interessantissimo connubio tra fantasy e steampunk, in un futuro prossimo remoto e venturo. Ma sentiamo cosa racconta al riguardo.
COME È NATA L’IDEA DI “ULTIMA”?
Quello che possiamo definire “l’embrione” di “Ultima” è nato addirittura prima della mia adesione alla Contrada del Portale: era nato come una sorta di progetto “light novel” (romanzi illustrati giapponesi, sorta di via di mezzo tra un manga e un romanzo) in cui io avrei curato i testi, illustrati poi da un mio grande amico d’infanzia. Avevo quattordici anni e, come potrai immaginare, la fiamma si spense praticamente subito. Si riaccese cinque anni fa, la prima volta che sono entrato in contatto con il mondo editoriale, quello vero. E’ stato Franco Forte, direttore editoriale Mondadori, a mettermi sulla strada dell’umiltà e della gavetta, dicendomi di scrivere ciò che conosco bene e che amo. E così sono nati “Ultima”, il Palio e le Contrade, specchio di uno dei miei più grandi amori: i giochi che si tengono una volta l’anno nella mia città. La strada da lì alla pubblicazione però è stata piuttosto lunga. Non finirò mai di ringraziare Mauro Saracino e la Dunwich Edizioni per avermi raccolto quando pensavo d’essermi perso.
COSA PENSI DEL BOOM DELLO STEAMPUNK, A CUI IL TUO ROMANZO APPARTIENE DI DIRITTO?
Magari il mio romazo appartenesse a un boom… A parte gli scherzi e gli interessi personali, credo che il recente aumento delle adesioni alla cultura e allo stile Steam sia positivo, anche se purtroppo sono sempre costretto a notare la solita “esterofilia” tipica della mentalità nostrana. Mi piacerebbe vedere uno Steam reinventato in chiave italiana e non ispirato dal Regno Unito o dagli USA. Ci sono alcuni romanzi digitali che provano, come ho fatto io, a far incontrare la nostra storia con l’ucronia a vapore, ma spesso passano in sordina a favore di opere straniere. Dovremmo aiutare gli autori di casa nostra a crescere, almeno chi se lo merita.
QUALI SONO I TUOI MAESTRI LETTERARI E LE TUE FONTI DI ISPIRAZIONE?
Questa è una domanda difficile, perché fino a qualche anno fa (all’inizio della stesura di “Ultima”, per la cronaca) cercavo di ispirarmi allo stile degli autori che mi entusiasmavano di più, con un pensiero tipo “Questo libro è fantastico! Voglio scrivere anche io così!”. Poi la realtà è arrivata a bussarmi sulla faccia con poca delicatezza: fino a che cercavo di imitare qualcun’altro creavo solo porcherie. Ho trovato il mio stile e una voce che fosse solo mia, poi ho riscritto “Ultima” (la prima di molte volte). Certo, non si può dire che non vi siano autori che non mi abbiano insegnato qualcosa, non li cercherei fra i grandi nomi, ma nei compagni e compagne d’avventura, quegli esordienti sconosciuti che cercano di farsi strada nel mondo dell’editoria e scavarsi una nicchia nel cuore del pubblico. Tutti loro mi hanno insegnato tanto a volte con il buon esempio, a volte con il cattivo.
NEL LIBRO SI PARLA DI PALII, COSA COMUNE ALLA TUA TERRA, L’EMILIA: CHE RAPPORTO HAI CON LEI?
Un rapporto di dipendenza. Sono cresciuto nella pianura e qualunque paesaggio diverso, in cui non si veda l’orizzonte in breve tempo mi snerva. Sono un po’ come Dracula, che deve dormire sulla sua terra per poter sopravvivere. La tradizione del Palio di Finale Emilia non è certo vecchia come quella di Siena o di Ferrara, ma noi che vi partecipiamo ogni anno lo teniamo molto a cuore (a giudicare dalle risse e dai diverbi, a volte pure troppo) e spesso gli allenamenti in vista dei giochi cominciano mesi prima. Devo ammettere che, a parte le esagerazioni sceniche, ho inventato ben poco: la rivalità, complotti e accordi segreti sono parte integrante del Palio delle Cerchie.
NEL LIBRO SI PARLA ANCHE DI OMOSESSUALITÀ E DISCRIMINAZIONE, COME MAI QUESTA SCELTA?
Sono stato criticato per la scelta di inserire una coppia omosessuale tra i personaggi più importanti del romanzo, ma non mi importa. Io sono sempre stato convinto che generi come la fantascienza e il fantasy abbiano il compito di parlare del reale attraverso l’esagerazione e l’iperbole che li caratterizzano. Negli anni passati c’erano grandi autori che utilizzavano il futuro e la magia per parlare dei problemi del mondo di oggi e io, nel mio piccolo, ho provato a fare la stessa cosa. Ho voluto parlare del danno che il fanatismo porta agli esseri umani, sia che si parli di politica, di religione o di qualunque altra cosa: essere estremisti significa chiudere occhi e orecchie al mondo e lasciare che sia qualcun’altro a guidarci. Questo è il modo più rapido per farsi fregare da chi non ha a cuore il bene di tutti ma solo il proprio, qualcuno che alimenta il pregiudizio e la paura del diverso per i propri interessi. Ed è proprio per questo che ho creato questa solida coppia: perché nel nostro paese sono proprio gli omosessuali a essere vittime delle discriminazioni più importanti. La cosa che reputo più grave è proprio che queste discriminazioni sono perpetrate dallo stato, con leggi e proibizioni così influenzate dalla Chiesa da essere, a mio parere, al limite dell’integralismo religioso. Ho voluto cercare di portare agli occhi di tutti questo problema, sfruttando il medium della fantascienza.
PROSSIMI PROGETTI?
Molti, in realtà. Ho iniziato da poco una rubrica dal titolo “La Torre Spezzata” sul quotidiano online orgoglionerd.it nella quale parlo, con un po’ di cinica ironia, di pericoli e disavventure del mondo editoriale. A breve uscirà il mio romanzo intitolato “I Cento Blasoni” edito da Delos Digital. Anche qui ho deciso di utilizzare il fantasy per poter parlare di un argomento che mi sta molto a cuore: il coraggio di essere sé stessi e seguire i propri sogni. Ho provato a dare un taglio adulto alla storia, per cercare di mostrare ai non appassionati del genere che il fantasy non è solo roba da ragazzini.
Per il resto ho un sacco di roba che bolle in pentola: apocalissi, notti eterne e altro ancora. Magari riuscirò ad arrivare anche alla laurea, un giorno.