SCIMMIE ELETTRICHE E BALLATE DARK

Chiude l’anno in bellezza il nostro Alessandro Manzetti con un nuovo e-book distribuito in maniera indipendente su Amazon dal titolo SCIMMIE ELETTRICHE E BALLATE DARK (34 pagine; € 0,99) con illustrazione di copertina del grande Alan M. Clark.

Si tratta di una raccolta di racconti dark, weird, horror, pulp in versi liberi che contiene 6 storie brevi: “La Scimmia con la Testa Grande”, “La Mezza Sposa”, “Eden Underground”, “Scimmie Elettriche”, “Il Negozio di Pegni”, “Il Re degli Scarafaggi” e un poema, “La Ballata del Marinaio Pazzo”, una libera interpretazione, modernista e surrealista, del poema “The Rime of the Ancient Mariner” di T.S. Coleridge. “Scimmie Elettriche” è un viaggio visionario tra il Qui e l’Altrove, attuale e aggressivo, alchemico e ironico, che rappresenta un nuovo approccio, lirico ma moderno e provocatorio, alla narrativa e poesia dark, horror, weird.

Per saperne di più e avere maggiori dettagli, leggiamo il post che Alessandro ha dedicato a questa suo nuova opera sul suo blog: “Disponibile da oggi, su Amazon, la mia ultima pubblicazione 2014: la raccolta di racconti in versi liberi (sì, qualcosa di nuovo e di diverso) “Scimmie Elettriche e Ballate Dark”, impreziosita dalla illustrazione di copertina del grande Alan M. Clark, vero e proprio “guru” dell’artwork internazionale. Dunque, niente titoli “standardizzati” o natalizi, roba floscia che troverete ovunque e in abbondanza questo mese. Ho scelto di presentare questa raccolta “psichedelica” per offrire, nel mio piccolo, un contributo alla diffusione di un approccio diverso, lirico ma nello stesso tempo moderno e attuale, della narrativa horror, weird, dark, pulp. Racconti in versi liberi? Ma che roba è? Sotto troverete un piccolo estratto da una delle storie di “Scimmie Elettriche”, ma è bene approfondire questo tema.

Racconti in versi li hanno scritti grandi maestri di genere, ne cito uno per tutti, che sicuramente conoscerete: H.P. Lovecraft. Ma siamo nel 2014, ed è chiaro che non dovete aspettarvi (non temete) liricità alla Pascoli, per intenderci. La fusione tra racconto e poesia ha una storia lunga, e ha grandissime potenzialità. Peccato che qui in Italia (come al solito) si tende a fuggire in fretta e furia da opere con un carattere letterario di maggiore spessore, come se ciò significasse roba pallosa, pesante, incomprensibile. Sono stereotipi assurdi, molti lettori sono castrati dalle proprie esperienze scolastiche (ed è anche comprensibile, visto il programma da età della pietra delle nostre scuole superiori), la poesia, i poemi e i racconti in versi, nelle interpretazioni moderne, sono espressioni letterarie da conoscere e avvicinare. Non si possono confondere, tanto per fare un esempio, le opere di Ginsberg o Bukowski (parlo di poesia) con i canti omerici, con Leopardi o con roba caratterizzata da immagini obsolete, tempi remoti, roba da dover studiare per capirci qualcosa. Di acqua ne è passata sotto i ponti, e conviene rivedere le proprie auto-castrazioni, almeno per chi si è stufato del piattume, del tutto uguale che viene propinato dalla editoria italiana, a vari livelli.

Continuando e ampliando il discorso, i racconti in versi di genere dark e horror hanno grande richiesta sul mercato anglosassone, ve lo dimostro subito con esperienze dirette, personali, che riguardano proprio questa nuova pubblicazione che vi presento oggi. I testi che troverete in “Scimmie Elettriche” sono stati scritti in inglese e poi tradotti in italiano per questa edizione, che anticipa di qualche mese una edizione più ampia che sarà pubblicata nel 2015 negli USA, da un editore americano. Purtroppo la traduzione in italiano di questi racconti in versi ha qualche limite, specie per il poema “Ballata di un Marinaio Pazzo”, una interpretazione modernista del celebre “The Rime of The Ancient Mariner” di T. S. Coleridge. La versione italiana di questo poema ahimè non può mettere in rilievo, per problemi di lingua, la fusione tra alcuni giochi di parole e inserti originali di Coleridge (in inglese) nella mia versione in lingua originale. Ma in ogni caso, a parte questi dettagli, strettamente letterari, la lettura non risente delle traduzione…”.

E per darvi un esempio di quello che intendeva dire Alessandro, leggetevi un estratto proprio da “La Ballata del Marinaio Pazzo”:

(…) La festa sta per iniziare, gli ospiti lo aspettano

“Sparisci, merdoso ubriacone!”

Ma gli occhi del Marinaio pazzo scintillano

sono ganci invisibili che sanno trascinare

sia la carne che l’anima, dove vogliono.

Il fratello della sposa non riesce a muoversi

- il Marinaio è un cazzo di stregone? -

è costretto ad ascoltare il vecchio, la sua storia

a bocca aperta, come un bambino di tre anni

i suoi muscoli hanno la polpa di granito

mentre tutto, intorno a lui, si muove velocemente

accelerando sempre più in vortici.

Un cerchio di grasse falene

che se ne fregano del sole, di quel mezzogiorno

che fa addormentare anche i vermi

si forma intorno alla sua testa

- un ronzio ellittico -

Il Marinaio si è impadronito di lui

lo ha fottuto

Caronte scioglie gli ormeggi.

 

“Una nave lasciò il porto…

- Il Marinaio inizia a raccontare -

si faceva strada tra le cosce del mare

col suo albero maestro forte, imponente, eccitato

l’equipaggio, sicuro di sé, mangiava pane

farcito di sirene tritate…

 

(dentro)

Il seno della sposa

cucito con linee generose, gustose

passeggia nelle stanze, tra sguardi scarlatti:

tutti i gli invitati, i portatori di testicoli

annusano l’odore (estinto) della verginità

il fantasma che non è stato invitato alla festa

- no, non ci sarà sangue sulle lenzuola stanotte -

Il fratello della sposa non può raggiungere gli altri

il loro rumore a pochi passi

non può più scegliere, deve sorbirsi il suo veleno

la voce roca del Marinaio pazzo

che non si ferma mai;

è facile soffiare nella grotta vuota di quell’uomo

nella sua vita scivolosa, nelle sue prigioni:

l’uomo è già  intrappolato, da tempo

dietro le sbarre della cocaina

stalattiti velenose, più dure dell’acciaio.

 

(si torna sulla nave)

… improvvisamente si scatenò la tempesta

come i calci di un dio incazzato

dai piedi di trenta metri

La nave, dopo una virata estrema

scricchiolava, gemeva, schiumava

mentre cercavamo di scappare verso Sud.

Ma quel dio figlio di puttana

ci ha guidato proprio dove voleva

fin dentro la sua orrida vescica

intasata di blocchi di ghiaccio

che galleggiavano come enormi smeraldi;

una collana di quella roba ci circondava

un gioiello di morte, che vuole fotterti

come quello appeso al collo flaccido

di una maîtresse che scende la scala

per prendersi cura dei suoi clienti.

 

Non c’era l’ombra di uomini o bestie

solo le illusioni della nebbia

costruivano qualcosa, in quel posto

che poteva sembrare vivo

ma era meglio chiudere gli occhi

evitare di guardare, dal ponte

quello che si muoveva intorno.

La morte, una gran sadica

stava dando spettacolo, sbracata:

Nuvole nere ululavano con le mascelle svitate

per poi unirsi e formare una gola immensa,

che vomitava giù grandinate di annegati.

Colonne vertebrali emergevano dal mare

senza carne, senza pelle attaccata

quei maledetti serpenti di ossa

- di ciò che era stato un tempo -

guizzavano a pelo d’acqua, rapidi.

L’Inferno. (…)

Buona lettura.

A cura della redazione