GIAN FILIPPO PIZZO

E’ uno dei massimi esperti nel settore del fantastico e si è distinto nella sua carriera sia come saggista sia come autore sia come curatore di antologie… insomma, Gian Filippo Pizzo è un pezzo grosso e non potevamo certo lasciarcelo scappare.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È GIAN FILIPPO PIZZO?

Sono nato a Palermo nel 1951, sono laureato in Scienze Politiche internazionali e dal 1979 vivo a Firenze, dove ho fatto il funzionario di biblioteca. Sebbene ormai abbia vissuto di più in Toscana che in Sicilia, non mi piace essere definito “fiorentino di adozione”, anche perché sin da ragazzo mi sono sempre considerato cittadino del mondo, anzi dell’universo.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Nei primi anni Settanta, quindi un po’ più tardi di quanto succede alla media dei fan, perché ero già all’università: sono venuto in contatto con il mondo degli appassionati di fantascienza e ho cominciato a scrivere articoli e recensioni sulle fanzine e a partecipare a qualche concorso di narrativa. E non ho mai smesso…

E COME HAI COMINCIATO INVECE A OCCUPARTI DI FANTASTICO, COME E’ NATA QUESTA TUA PASSIONE?

Coincide con quanto ho detto prima, non ho quasi mai scritto altro che non riguardasse il fantastico o almeno la narrativa di genere. Ero attento lettore di fantascienza da quasi un decennio e ho scoperto che era l’unica forma letteraria che stimolasse la mia creatività (sia nella narrativa che nella saggistica).

E CHE SIGNIFICATO HA PER TE IL FANTASTICO?

Come ho appena detto, trovo che le varie forme del fantastico – in particolare la fantascienza – siano molto più stimolanti della narrativa realistica, perché ne ampliano le possibilità pur riflettendone i problemi, che vengono proiettati in altri tempi o altri spazi ma restano sempre quelli che l’uomo deve affrontare.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, IN PARTICOLAR MODO DI QUELLE A CUI SEI PIU’ LEGATO?

Ovviamente sono molto legato al primo libro che ho pubblicato, il Dizionario dei personaggi fantastici scritto con Roberto Chiavini (Gremese 1996), che andrebbe aggiornato perché si tratta di un’opera unica (tutt’ora non c’è niente di simile in commercio). E poi gli altri che hanno le stesse caratteristiche di originalità e che mi sono molto divertito a scrivere anche perché hanno richiesto un interessante lavoro di ricerca, nei quali a Roberto e a me si è affiancato Michele Tetro: Il grande cinema fantasy (Gremese 2004), che è ancora il solo ad essersi occupato del cinema heroic fantasy nel suo complesso, e Mondi paralleli: storie di fantascienza dal libro al film (Edizioni della Vigna 2011), forse il più unico di tutti perché  compara circa 500 film con i testi letterari che ne sono all’origine (cosa che non si trova abitualmente nemmeno su internet).

Invece per le antologie non ne ho una particolarmente preferita, forse perché sono tutte aspetti diversi di un’unica concezione… diciamo che quella a cui sono più legato è sempre l’ultima, in questo caso Terra promessa (Tabula fati 2014).

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO DUE SAGGI BELLI TOSTI: “GUIDA AL CINEMA DI FANTASCIENZA” E “GUIDA ALLA LETTERATURA HORROR”. CE NE VUOI PARLARE?

Guida al cinema di fantascienza è più compilativo, forse anche ripetitivo visto che di libri sul cinema di fantascienza ne avevamo già fatti. Però in realtà abbiamo tentato un approccio diverso, cioè di non fare una storia “interna” al genere ma di collegare questa storia con quanto succede all’esterno. E questo sotto tre aspetti: le innovazioni tecnologiche nel campo della cinematografia (è proprio nel cinema fantastico che si sperimentano nuove tecniche – ad esempio le riprese subacquee o gli effetti speciali – che poi vengono utilizzate dagli altri generi); i rapporti tra cinema di genere e cinema in generale e anche l’apporto della filmografia d’autore; e il collegamento con i fatti della vita, ossia con la storia e la cronaca. Questo perché la SF non è pura invenzione, ma come tutta l’arte riflette quello che succede intorno, quindi abbiamo evidenziato come certi avvenimenti epocali (passaggi di comete, guerre mondiali, la “guerra fredda” e i vari conflitti, la caduta del muro di Berlino o l’11 settembre) si riverberino nel cinema.

La Guida alla lettertaura horror è invece una sorta di enciclopedia del genere, un’altra opera che mancava nel panorama editoriale italiano e che siamo felici di aver realizzato. Come tutti i libri in tempi di internet non pretende di essere esaustivo (la rete è troppo vasta e più densa di informazioni) ma di aggregare e compendiare temi, argomenti e personalità, in modo che il lettore interessato possa eventualmente svilupparli. Secondo me è questo il ruolo che oggi hanno i libri di saggistica nell’era dell’informazione: quello di fornire spunti. Ovviamente per far ciò ci vogliono competenze e capacità di sviluppare l’argomento, ma crediamo che il libro risponda a queste caratteristiche. Abbiamo le schede ragionate di 107 autori dal gotico settecentesco al dark fantasy contemporaneo, voci tematiche sulle produzioni nazionali e sulle figure cardine del genere, e una serie di riquadri e curiosità su vari aspetti, dalle riviste più famose alle versioni filmate e fumettistiche dei capolavori, eccetera. Tutto ciò inquadra la letteratura weird (avremmo voluto usare questa definizione anziché horror, ma sarebbe stata poco comprensibile al pubblico generico) in modo omogeneo e ne siamo molto soddisfatti.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA STESURA E NELLA RACCOLTA DEL MATERIALE DI QUESTI DUE VOLUMI?

Nessuna direi, o pochissime, per quanto riguarda la raccolta di materiale. Noi lavoriamo in collaborazione proprio perché se uno non conosce un film o un autore subentra il secondo o il terzo, e così diamo al lettore la garanzia che tutto ciò che scriviamo è per diretta conoscenza e non frutto di consultazione di altri testi. Quanto alla stesura, capita che ci siano ripetizioni nel caso che in due affrontiamo argomenti simili, ma basta tenersi in contatto per armonizzare tutto. E poi, ognuno riguarda le parti degli altri suggerendo di ridurre o ampliare certi concetti, o di riformulare certi periodi… insomma, ci vuole collaborazione.

AL TUO FIANCO C’ERANO GLI INOSSIDABILI ROBERTO CHIAVINI E MICHELE TETRO, CHE DA ANNI FIRMANO INSIEME A TE I VARI VOLUMI DI SAGGISTICA CHE HAI PUBBLICATO: CHE RAPPORTO TI LEGA A LORO E COME VI DIVIDETE I COMPITI PER GIUNGERE AL RISULTATO FINALE?

Siamo amici. Di più con Roberto, che conosco da più tempo e che vedo più spesso perché viviamo entrambi a Firenze, mentre Michele sta a Ivrea e lo incontriamo più raramente (ma siamo lo stesso in costante contatto telematico). Il lavoro ce lo dividiamo secondo i casi: per argomento, per periodo cronologico; nel caso di schede di film o di autori ognuno fa quello che conosce meglio. Ma come ho appena detto, poi ciascuno controlla e integra il lavoro degli altri due.

FRA LE TANTE ATTIVITA’ DI CUI TI OCCUPI, C’E’ ANCHE LA CURATELA DI VARIE ANTOLOGIE: COME TI MUOVI INVECE IN QUESTO CASO E COME SCEGLI I RACCONTI E GLI AUTORI DA INSERIRE?

Il primo passo è quello di contattare un editore – il mio primo riferimento è Bietti – per vedere se gli interessa l’argomento che mi è venuto in mente, perché preferisco avere le spalle coperte – anche se a volte succede che poi qualche editore cambi idea (com’è avvenuto con Cordero di Genova) e mi costringa a trovare una alternativa. Una volta ottenuto il placet per il concetto dell’antologia mi metto in contatto con gli autori spiegando meglio possibile la mia idea. Dopo aspetto che mi arrivino i racconti, che devono avere due requisiti essenziali: essere coerenti con il concept della raccolta, ed essere scritti non bene ma benissimo, perché sullo stile non transigo. Naturalmente non sempre i racconti sono subito accettabili, quindi inizio un carteggio con l’autore per migliorarli con un editing approfondito e condiviso. Non faccio preferenze per quanto riguarda gli autori: sono pronto ad accettare un esordiente o uno sconosciuto, così come posso rifiutare uno importante… sono successe entrambe le cose, la seconda anche con personalità ben conosciute nel nostro campo!

Aggiungo che normalmente le mie antologie affrontano temi di interesse generale – come la politica, la religione, l’economia – e sono concepite per un pubblico generalista (con l’ovvio scopo di farlo appassionare al fantastico), perciò sono particolarmente contento quando mi dicono che sono anche molto rappresentative della produzione italiana contemporanea.

VISTO CHE ULTIMAMENTE STA PRENDENDO SEMPRE PIU’ PIEDE IL FORMATO DIGITALE, SECONDO TE QUALE SARA’ IL FUTURO DELL’EDITORIA? VEDREMO PIAN PIANO SCOMPARIRE IL CARTACEO A FAVORE DEGLI E-BOOK O PENSI CHE QUESTE DUE REALTA’ POSSANO CONVIVERE ANCORA PER LUNGO TEMPO?

Credo che convivranno ancora per molto. Io mi sono convertito al formato digitale ormai da qualche anno, perché per molti aspetti ha pregi innegabili, come quando devi partire o per eliminare la pila di libri sul comodino, o ancora per evitare di ricopiare una citazione. D’altra parte il libro cartaceo ha ancora i suoi vantaggi, quali quello di poter tornare più facilmente indietro a rileggere una frase. Non so cosa succederà in futuro, ma per qualche tempo vedremo sì incrementarsi la quota degli e-book ma senza che il cartaceo si riduca.

DAL 1986 CURI UNA RUBRICA FISSA SU “IL GIONALE DEI MISTERI”: DI COSA TI OCCUPI E QUAL E’ IL TUO RAPPORTO CON IL MISTERO?

La mia rubrica è dedicata al fantastico, anzi il mio scopo principale – all’inizio – era proprio di dimostrare che scrittori e lettori di fantascienza usano gli alieni o i poteri paranormali solo come simboli o come spunti narrativi e non necessariamente devono crederci. La narrativa è finzione, non propaganda nascosta, e mi sembrava opportuno farlo notare proprio… nella tana del lupo!

OLTRE CHE SAGGISTA SEI ANCHE SCRITTORE DI NARRATIVA. VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’?

In realtà di narrativa ne ho scritta pochina, anche se qualche soddisfazione l’ho avuta (premi, traduzioni… ). Nel 1988 ero convinto di avere definitivamente chiuso con un racconto pubblicato nell’antologia Pianeta Italia (Perseo), perché era appena nata mia figlia. In effetti per una ventina d’anni a causa della mancanza di tempo mi sono dovuto concentrare su articoli, recensioni e saggi (che sono anche più remunerativi). Ho ripreso – anche se sempre sporadicamente – quando ho iniziato a curare antologie, e per motivi contingenti: per Ambigue utopie (Bietti 2010) mi sono accorto che mancava un racconto sulla Chiesa e ritenevo che in una antologia fortemente politicizzata non potesse mancare, quindi ho provveduto io. Allo stesso modo in Sinistre presenze (Bietti 2013) avevamo 16 racconti e trattandosi di horror non si poteva non arrivare a 17! E anche per Terra promessa ho dovuto rimpolpare perché avevo poco materiale; di questo racconto, “Effetto collaterale”, che è il mio ultimo, sono però particolarmente soddisfatto.

COME SI CONCILIA UN MODO DI NARRARE ISTINTIVO E PIU’ LEGATO AL CUORE, COME QUELLO DELLA NARRATIVA, CON UNA MANIERA DI SCRIVERE PIU’ RAGIONATA E PIU’ LEGATA ALLA MENTE, COME QUELLA DELLA SAGGISTICA?

Non sono d’accordo con la tua premessa. I teorici della scrittura distinguono tra quella funzionale e quella creativa, dove la prima sarebbe dedicata alla saggistica e la seconda alla narrativa, ma non è del tutto vero. Molta saggistica è scritta in modo intrigante, comunicativo, quasi affabulatorio, altrimenti non si spiegherebbe il successo di personaggi quali Umberto Eco, Piergiorgio Odifreddi o Beppe Severgnini. Io riserverei il concetto di scrittura funzionale solo alla manualistica, e per quanto mi riguarda scrivo “col cuore” – come dici tu – anche i saggi. Naturalmente una qualche differenza c’è, almeno nei punti in cui devi essere più introspettivo, ma non per esempio nelle descrizioni. In ogni caso non sono particolarmente uno stilista – forse mi si attaglia di più la definizione di narratore – e non saprei rispondere meglio.

QUANDO SCRIVI RACCONTI, DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Non lo so, è tutto molto causale e io stesso non so spiegarlo. Credo sia un’elaborazione inconscia di qualcosa che mi ha colpito, ma l’idea viene dopo l’osservazione – anche molto dopo – e quindi non riesco a ritrovare l’origine. L’unica cosa di cui sono sicuro è che parto sempre da una situazione e mai da un personaggio. Poi molte volte l’idea mi viene dalla lettura, magari da qualche particolare che lo scrittore mette in secondo piano e che a me sembra suscettibile di sviluppo; oppure a volte mi chiedo se l’idea espressa nel racconto o romanzo che sto leggendo non possa venire capovolta o comunque prendere una direzione diversa. Per poter scrivere oltre a essere buoni osservatori di quello che succede intorno è indispensabile anche nutrirsi di letture.

NEL CORSO DELLA TUA CARRIERA TI SEI AGGIUDICATO SVARIATO PREMI, TRA CUI IL “PREMIO PER LA PROMOZIONE DELLA FANTASCIENZA DELLA WORLD SF ITALIA”, IL “PREMIO ITALIA” E IL “PREMIO VEGETTI”: COME CI SI SENTE A VEDERE IL PROPRIO LAVORO RICONOSCIUTO A QUESTI LIVELLI?

Ricevere premi fa sempre molto piacere, è sicuramente gratificante, tanto più se provengono da un ambiente che è proprio quello in cui ti muovi. Poi credo sinceramente di essermeli meritati, anche perché i miei libri sono in genere stati pubblicati da editori non specializzati e quindi non ci può essere dietro nessun sospetto. Di tutti quello che mi ha fatto più piacere è stato quello della World SF, perché è stato una vera sorpresa e perché… consisteva in un assegno!

Premi a parte, una grande soddisfazione me l’hanno data spesso i lettori o i recensori (i primi in occasione di presentazioni o mediante comunicazioni private) quando mi dicono che i saggi si leggono in modo appassionato, come fossero romanzi, e anche le antologie non sembrano dispersive ma posseggono una loro unità.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Mah, a parte Dick non ho mai stravisto per nessun scrittore, tutti hanno alti e bassi e se ti capita uno scritto minore ti disaffezioni anche di grandi come Silverberg, o Zelazny o Farmer – pur riconoscendogli i meriti passati. Oggi poi leggo meno SF di una volta e cerco di tenermi molto aggiornato solo sugli italiani. Ti posso dire che, ma siamo al di fuori del genere, non mi perdo un romanzo di Evangelisti e di Camilleri.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

A parte che c’è un contrasto con la domanda precedente, perché avresti dovuto chiedermi o i romanzi e i film oppure gli scrittori e i registi, anche in questo caso non ce ne sono che si elevano in modo particolare e nominare tutti quelli che mi sono piaciuti sarebbe troppo lungo, anche perché sono tantissimi quelli oltre il fantastico. Diciamo che i miei registi preferiti restano Hitchcock e Kubrick.

VUOI AGGIUNGERE QUALCOSA A QUANTO FIN’ORA DETTO?

Si, grazie, ci terrei a sottolineare un paio di cose. La prima è che io e i miei soci ci teniamo molto alla riuscita anche estetica dei nostri libri, quindi collaboriamo con l’editore dall’inizio alla fine, prima fornendogli testi il più possibile puliti e poi finendo con la promozione. In mezzo, collaboriamo con l’impaginatore fornendogli parte delle illustrazione e indicazioni varie, e spesso diamo suggerimenti per le copertine. Per farti un esempio, pur essendo realizzate in piena autonomia dai disegnatori, sono state ideate da me le copertine del Dizionario dei personaggi fantastici, di Contact! (C. Tedeschi Editore 2006), delle antologie Notturno alieno (Bietti 2011), Terra promessa e la prossima Il prezzo del futuro per La Ponga.

A proposito di antologie – questa è la seconda cosa – sono molto contento del fatto che ho potuto conoscere o migliorare la conoscenza con molti scrittori dei quali mi onoro di essere amico. Sono persone straordinarie e non mi deludono mai; sto parlando di gente – e mi scuso con gli altri che non cito – come Claudio Asciuti, Danilo Arona, Andrea Carlo Cappi, Dario Tonani, Francesco Grasso, Pierfrancesco Prosperi e soprattutto Franco Ricciardiello, il solo ad essere sempre presente nelle mie antologie qualunque ne sia l’argomento!

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Allora, progetti futuri – nel senso che devono ancora concretizzarsi – sono una nuova Guida, sempre per Odoya, questa volta sul cinema horror, dello stesso quartetto della Guida alla letteratura horror, e una antologia di gialli fantascientifici. Permettimi invece di elencare le prossime uscite che mi riguardano: sono progetti già conclusi ma ai quali manca l’ultimo passaggio, cioè la pubblicazione. Sono una antologia di fantamusica dal titolo Variazioni Gernsback, curata assieme a Walter Catalano e Luca Ortino e che apparirà presto per le Edizioni della Vigna, cui ne seguirà un’altra sulla fantaeconomia che ho fatto con Vittorio Catani, intitolata Il prezzo del futuro per La Ponga. Poi ancora due antologie entro i primi mesi del prossimo anno: per Delmiglio Il lato oscuro, che contiene racconti di vari generi ma accomunati dal fatto di essere cattivi, per la quale mi ha dato una mano Roberto Chiavini, e una di fantareligione ancora senza titolo, realizzata con Catalano per Bietti. Infine dovrebbe presto essere pubblicato il terzo volume della collana Mellonta Tauta che curiamo io, Catalano, Chiavini e Ortino per Fratini Editore: è una raccolta dei racconti inediti del ciclo horror di Gerald Canevin di Henry S. Whitehead.

Quanto al mio sogno nel cassetto, sarebbe quello di pubblicare un romanzo… solo che dovrei riuscire a scriverlo (e non credo lo farò mai… ).

BEH, MAI DIRE MAI… ALLA PROSSIMA!

Davide Longoni