Titolo originale: Voci dal Profondo
Anno: 1990
Regia: Lucio Fulci
Soggetto: Lucio Fulci
Sceneggiatura: Lucio Fulci e Piero Regnoli
Direttore della fotografia: Alessandro Grossi
Montaggio: Vincrnzo Tomassi
Musica: Stelvio Cipriani
Effetti speciali: Giuseppe Ferranti
Produzione: Antonio Lucidi e Luigi Nannerini
Origine: Italia
Durata: 1h e 27’
CAST
Duilio Del Prete, Karina Huff, Lucio Fulci, Damiano Azzos, Sacha Darwin, Lorenzo Flaherty, Bettina Giovannini, Rosa Maria Grauso, Frances Nacman, Paolo Paoloni, Pascal Persiano, Antonella Tinazzo
TRAMA
Il ricco imprenditore Giorgio Mainardi, uomo brillante negli affari ma spietato con i suoi parenti, muore di una misteriosa emorragia interna dopo aver sognato di aver ucciso a coltellate il figlio naturale di tenera età, frutto di una delle tante relazione extraconiugali. Lascia tutto in eredità alla sua giovane figlia Rosy, alla quale era molto legato. La ragazza, tornata a casa solo per ricevere il testamento, scopre con l’aiuto di un amico che la morte del padre potrebbe essere un omicidio. Tutti nella sua famiglia o tra le sue amanti avevano un buon motivo per uccidere l’uomo. Mentre qualcuno trama per uccidere la stessa Rosy, dalla tomba Giorgio Mainardi si mette in contatto medianico con la figlia per farle scoprire, dopo una serie di indagini, la relazione che c’è tra il suo sogno premonitore e la sua morte.
NOTE
Conosciuto anche come Urla dal Profondo, questo film è un ottimo giallo dalle atmosfere cupe e dalla fotografia lattiginosa. Prodotto destinato all’home video, voluto da Antonio Lucidi che già aveva finanziato la sfortunata serie Lucio Fulci Presenta e Un Gatto nel Cervello, questo film soffre di un budget scarso che lo porta a rovinare un valido e affascinate spunto creativo di Fulci.
Il cast di attori è scadente, quello tecnico pure. Resta solo l’idea del regista: la strana morte di un uomo detestabile, che potrebbe essere stata causata da tutti i membri della famiglia. Giorgio Mainardi (il compianto Duilio Del Prete amato dal pubblico nel ruolo del barista Necchi in Amici Miei) muore, vomitando sangue dalla bocca, a causa di una inspiegabile quanto terribile emorragia interna. Toccherà a sua figlia Rosy (Karina Huff: attricetta inglese, biondina sexy ma non troppo, tipico volto dei primi film dei Vanzina, già usata da Fulci per il suo televisivo La Casa nel Tempo) far luce sulle beghe familiari e su quanto di più marcio ci possa essere in una piccola comunità di provincia. Immancabile il contatto medianico, tra i vivi e i morti, tipicamente fulciano. La spaesata Rosy è guidata dalla voce di suo padre che dal profondo della tomba la incita a compiere una spietata vendetta. Mainardi stesso però, prima di morire, aveva avuto una premonizione di tipo onirico: aveva assistito al suo assassinio da parte del figliastro. Ed è proprio a lui, un tenero e innocente bambino, che arriva l’intraprendente Rosy. Il piccolo era stato obbligato dalla madre a macinare con un pestello delle piccolissime schegge di vetro che, messe a congelare nell’acqua delle formine per ghiaccio, avrebbero ucciso lentamente l’uomo causando delle micro lacerazioni allo stomaco. Rosy si vendica e riesce a donare la pace all’anima tormentata del padre. Memorabile (insieme a quello della morte di Pascal Persiano) la scena finale dove la ragazza, depositati dei fiori sulla tomba del padre, gli racconta tutti gli eventi che sono trascorsi per poi liberarsi in una risata finale di cui è partecipe, dall’aldilà, anche il genitore.
Ossessioni nuove e vecchie del cinema fulciano si ripercorrono e si amplificano in questo Voci dal Profondo. Gli studi medici del regista vengono a soccorso della brillante idea dell’emorragia causata dal vetro nel ghiaccio. Il tema dell’onirico e del medianico è sempre presente e premonitore, quello del bambino “innocente assassino” è portato al parossismo e variegato da patologie freudiane.
Nel sogno che apre il film Mainardi uccide il bambino dopo che questi lo aveva interrotto dal fare l’amore con la madre, poi questi nella realtà indirettamente si “vendica”: simbologia chiara ed esplicita di un forte complesso edipico. Infine la religione che, seppur il film racconti di cimiteri e morti, latita o diviene solo un qualcosa di folcloristico. Il film è anche un piccolo modo per criticare la ricchezza e quindi rompere gli stereotipi, sparlare, dei finti affetti familiari, delle famiglie cosiddette “per bene” e della provincia.
Questo film rappresenta un ottimo prodotto di Fulci. Purtroppo non ebbe un gran successo per via di una controversa questione di produzione che mirava, dopo i precedenti flop, a limitare i danni di un regista che pareva aver perso la sua vena di originalità.
Con Voci dal Profondo, Fulci smentisce questa nomea, ma è tropo tardi, nel cinema italiano degli anni ’90 dal gusto televisivo ma per fortuna meno estetizzante di quello dello scorso decennio, la professionalità purtroppo non basta…
Due curiosità. La scena finale si chiude con una dissolvenza e con una scritta firmata dallo stesso Fulci che dedica il film “Ai pochi amici sinceri e leali rimasti” e tra questi spicca Clive Barker, maestro inglese dell’horror su carta. In una delle tante edizioni americane per l’home video, dove il film era stato distribuito come Voices From Beyond (Voci dall’Aldilà) in onore de L’Aldilà, la pellicola più amata e vista di Fulci oltreoceano, campeggia sopra il titolo la frase: “…nella tradizione di H.P. Lovecraft”, un chiaro rimando al grande amore che il regista aveva per questo scrittore americano.
Gordiano Lupi & As Chianese
(tratto dal libro Filmare la morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci - Edizioni Il Foglio, 2007)