OMICIDI SERIALI DI COPPIETTE APPARTATE IN MACCHINA SUL PIAZZALE DEL GRANDE CENTRO COMMERCIALE – PARTE 06

Tanti anni fa, quando ancora il dominio flessibile della globalizzazione non risplendeva sul suo trono di tenebra, esisteva, sul fianco del nostro paese, un grande parco naturale, adagiato sul corso di un fiume.

Attraversato ogni giorno da poche persone, verde e marrone, placido quando scivola nell’azzurro del suo fiume. Limpido.

Una domenica di tanti decenni fa, quando il grande parco esisteva ancora, e come una macchia interrompeva il gioco geometrico delle risaie, una ragazza vi passeggiava all’interno.

(Il parco aveva sentieri percorsi dalla gente. Ma dentro… Dentro… Possedeva angoli bui nascosti dalle piante, a cui non si accedeva mediante alcun sentiero. Chi mai era andato a vedere cosa ci fosse dentro il bosco? Alberi e alberi, ragnatele, ombre sciolte nel silenzio, morte.)

Quella ragazza aveva capelli neri; sul suo viso, la giovinezza aveva da pochi giorni fatto fiorire il seme della bellezza. Candida, vestita di un completino rosa, camminava sola nel parco.

Pensava al primo sorriso. Dietro il bancone del gelataio, un ragazzo che non aveva mai visto al paese, biondo e compunto come un soldatino, l’aveva guardata. Era un modo di guardarla che, per lei, era nuovo. Nato come una farfalla si libera dalla crisalide, quello sguardo conteneva un desiderio: il desiderio di lei.

- Cosa può volere da me?

Eppure quell’idea le piaceva. Sapeva che era giusto che quel ragazzo che non aveva mai visto prima potesse desiderarla.

Mentre questi pensieri si diffondevano come lene note dentro il suo corpo (vibrava, il suo corpo), qualcuno intravedeva, da lontano, sul sentiero, una macchia rosa che procedeva tra il verde e il marrone del parco.

La giovane ragazza sentì una fitta al ventre. Tre secondi di dolore, che la paralizzarono.

- E’ passato.

Erano le cinque di pomeriggio di un giorno di inizio autunno, quando i colori ancora verdi incontrano il primo fascino della decadenza.

- Chi è quel ragazzo?

Quegli occhi che avevano carpito la macchia rosa del vestito della ragazza avevano ora proseguito a seguirla. Erano nascosti dentro l’incavo del parco, tra il buio delle fronde.

La giovane sentì una strana sensazione di umido all’inguine.

- Ma cosa?

Si guardò attorno, si assicurò di essere sola. Portò le mani sotto la gonnellina, sulle mutandine. Bagnato. Alzò la gonna preoccupata: una macchia di sangue larga quanto una nocciola.

Fu sul punto di svenire, la piccola; di questo, gli occhi che la seguivano senza abbandonarla per un solo istante se ne accorsero nitidamente.

La macchia rosa arrivò fino alla sponda del fiume. Sulla sabbia, sfilò il vestito e le mutandine e, camminando come una piccola ninfa, si infilò in acqua a piccoli passi.

- Non devo più pensare a quel ragazzo. Ecco cosa succede a…

Nell’acqua azzurra del fiume, il rosso del sangue si disperse come un filo di nebbia.

La giovane donna immerse il candido collo in acqua, per alcuni istanti pensò di potersi sciogliere.

- Non mi ha vista nessuno.

La fanciulla si asciugò e se ne andò abbandonando al corso del fiume le mutandine macchiate di rosso.

 

Quando era sicuro di non poter esser visto da alcuna persona, la sagoma sgusciò fuori dal ventre del parco, raggiunse la sponda del fiume. Immerse i piedi nell’acqua e spingendo con le gambe contro la corrente arrivò fino a un tronco su cui si erano impigliate le mutandine della ragazzina. Erano ancora leggermente macchiate di rosso. La sagoma carezzò le mutandine e le strinse nella mano, poi scomparve nuovamente nel ventre nero del parco.

 

Il parco venne raso al suolo: sulla sua superficie venne costruito il grande centro commerciale.

(6 – continua)

Daniele Vacchino