GUERRA NELLA GALASSIA (1955) – PARTE 3
LA CONQUISTA DELLO SPAZIO (The Conquest of Space)
Nel prossimo futuro, con il progressivo esaurirsi delle risorse del nostro pianeta, il mondo conoscerà una pace più sicura e destinata a durare nel tempo. Le speranze per la Terra sono costituite dal Comando Supremo Internazionale dello Spazio.
Sul satellite artificiale a 1720 chilometri d’altezza vivono scienziati, militari e tecnici e un contingente di volontari pronto a partire per il primo volo umano sulla Luna. Il comandante della “ruota”, come viene normalmente chiamata, è il Colonnello Samuel T. Merritt (Walter Brooke), veterano della guerra di Indocina e Corea e, accanto a lui, il figlio Barnes (Eric Fleming) desideroso però di tornare sulla vecchia e cara Terra.
Il razzo dei rifornimenti giunge dalla Terra con delle importanti novità portate da George Fenton (William Hopper, il futuro Paul Drake della serie Perry Mason), uno scienziato amico di Merritt: il colonnello è stato nominato generale e l’obiettivo della missione non è più la Luna bensì Marte. Un cambiamento preso un po’ troppo alla leggera nella sceneggiatura del film, ma che per lo svolgersi della storia rispecchierebbe il progetto originale dell’Ente Spaziale e causato dalla estrema necessità di sapere se il rosso pianeta può essere sfruttato.
L’equipaggio della nave spaziale è stato comunque adeguatamente addestrato, si è nutrito per mesi di pillole alimentari ed è stato amorevolmente seguito da un vecchio compagno d’armi del generale Merritt, il sergente Mahoney (Mickey Shaughnessy).
L’astronave parte, come previsto, alla volta di Marte, alla guida Merritt che tiene nascosto il suo precario stato di salute e la sua fiera opposizione al viaggio, ma quest’ultima comincia a crescere come un tumore e a farsi sempre più ossessiva.
Nel frattempo i componenti la spedizione scoprono di avere un clandestino a bordo, il sergente Mahoney, che ha voluto seguire il suo generale.
Una notte, mentre tutti dormono, Samuel Merritt ha questo particolare colloquio con il figlio Barnes:
Barnes: “Non credevo le piacesse così tanto la Bibbia, signore.”
Samuel: “É un libro che non mi stanco mai di leggere. Ogni pensiero, ogni azione che noi uomini abbiamo compiuto qui è stata predetta. Ogni cosa tranne questa sola. Secondo la Bibbia, l’uomo fu creato sulla Terra e non dice affatto che dovrà andare su un altro pianeta, non una parola, Barnie.”
Barnie: “Al tempo in cui la Bibbia fu scritta non avrebbe avuto senso, direi.”
Samuel: “E ora ce l’ha? La Bibbia ha limitato le peregrinazioni dell’uomo all’interno dei quattro angoli della nostra Terra. Non Marte, non Giove, non l’infinito. Il problema è, Barnie, chi siamo noi, esploratori o invasori?”
Barnie: “Invasori?! Di che, signore?”
Samuel: “Del sacro dominio di Dio e dei suoi cieli. All’uomo Dio ha dato la Terra e nient’altro. Impadronirsi di altri pianeti è veramente come una bestemmia.”
Barnie: “Ma perché? Non appartengono a nessuno.”
Samuel: “Beh, questo non lo sappiamo.”
Barnie: “Ma senta signore: non può essere solo un caso che… che proprio ora nel momento in cui le nostre risorse si esauriscono, l’uomo sviluppa la capacità di lasciare il suo mondo e cercare nuove fonti su altri pianeti. Una coincidenza così perfetta mi fa pensare che non è casuale.”
Samuel: “Gli altri pianeti possono essere già occupati.”
Barnie: “ No, non credo. L’universo c’è perché l’uomo lo conquisti.”
Samuel: “Non lo so. Io non lo so proprio.”
A dare il colpo di grazia alle idee mistiche del generale è l’incidente che priva la spedizione di uno dei suoi membri. Mentre due degli uomini sono fuori in attività extraveicolare per riparare un’antenna radio, si avvicina velocissimo un gigantesco asteroide seguito da uno sciame di meteoriti. I due non riescono a rientrare e rimangono abbarbicati all’antenna mentre l’astronave devia di rotta per evitare la collisione, ma uno dei piccoli meteoriti fora la tuta di uno dei due astronauti, Andrè Fodor (Ross Martin), e la decompressione lo uccide istantaneamente.
É lo stesso generale che ne va a prendere il cadavere e, in una scena molto suggestiva, lo lancia verso il Sole.
L’astronave ora si sta avvicinando a Marte, vengono sganciati i serbatoi e inizia la fase di atterraggio, tutto sembra svolgersi regolarmente quando la mente malata di Samuel Merritt si ribella a quella che considera un’offesa a Dio, riaccende i razzi e solo l’intervento del figlio impedisce il compiersi di una tragedia.
Il razzo scivola lungo la rossa superficie marziana contornata di rocce e si ferma, poi sgancia le ali e si mette in verticale pronto per ripartire. Il paesaggio risulta, nella ricostruzione, molto simile a quello che le sonde ci hanno trasmesso oltre quarant’anni dopo, manca solo il cielo color salmone, al posto di quello azzurro che il film presenta, ma è ugualmente un risultato notevole e poi gli ufologici ci dicono che le foto della NASA sono false: il cielo è azzurro… dicono.
I quattro astronauti scesi sul pianeta, tra cui Barnes, si accorgono che da uno degli ugelli di scarico c’è una perdita di Hidrazina; Barnie rientra immediatamente nel razzo e scopre che è stato il padre, in preda a un’altra crisi mistica, ad aprire il serbatoio e ora sta per aprire quello dell’acido nitrico, per cui se i due liquidi entreranno in contatto ci sarà un’esplosione che ucciderà tutti.
Il giovane scende la scala che porta al vano motori, Samuel è armato e gli spara ferendolo a una spalla: a questo punto il figlio si lancia contro il padre e, nella colluttazione, parte un colpo che uccide il generale.
Nonostante il generale abbia discolpato il figlio con le sue ultime parole, il testimone della scena, Mahoney, lo ritiene colpevole e gli promette, una volta tornati sulla Terra, la corte marziale.
Il generale viene sepolto sul pianeta, sotto una rozza croce e per gli altri inizia l’anno di lavoro e di studio: infatti solo dopo tale tempo la Terra si sarebbe ritrovata in posizione ottimale per ripartire.
Un momento molto difficile è quando le scorte d’acqua si stanno esaurendo, ma il pianeta Marte provvede facendo nevicare (in realtà ciò non è possibile, in quanto su Marte nevica, sì, ma… anidride carbonica!). Eppure è bello pensarlo: nella finzione Marte offre molte e più facili possibilità di quanto abbiano fino a ora provato gli esami a cui il suolo del rosso pianeta è stato sottoposto come, per esempio, la nascita di un fiore vicino alla tomba del generale, il cui seme era stato piantato, a mani nude (altro fatto assurdo) da Himoto (Benson Fong), uno dei membri della spedizione. La bassissima temperatura, quanto meno, per non parlare dell’atmosfera velenosa del pianeta, ne avrebbe impedito la nascita e le annaffiature periodiche di Himoto si sarebbero trasformate in blocchi di ghiaccio.
Però, come abbiamo detto, è bello pensare che le deduzioni di Himoto potessero essere vere, allora lo si pensava senza dubbio, eccole:
Himoto: “Io ho quasi finito, capitano. Credo che questi campioni di minerali proveranno che la vita su Marte è possibile. Ci scommetto signore! Anche gli esami lo confermeranno: ossigeno e idrogeno abbondano qui in giro. Fino a ora questo pianeta è rimasto disabitato: era chiuso in se stesso e senza amici, perciò è duro, secco e così ostile. Ma con pazienza, con intelligenza e tanto lavoro, sarebbe un paradiso.”
Il giorno della partenza una serie di terremoti, che rivelano come il suolo sia tutto un brulichio di caverne, spostano la verticalità del razzo e, partire in quelle condizioni sarebbe impossibile, si tenta quindi, con i getti, di aprire un’altra caverna sotto il missile così da farlo tornare in verticale.
L’audace e, diciamolo pure, assurda manovra riesce, i superstiti partono. Non manca neppure il tocco finale dove il sergente, dopo un anno, si accorge di aver dette delle castronerie e perdona Barnie.
Malgrado la semplicità della trama, il film rimane uno stupendo esempio di fantascienza spaziale, con effetti speciali assolutamente di prim’ordine. La stazione orbitale dalla quale i terrestri partono è realizzata in base a un progetto di Wernher von Braun, il celebre scienziato tedesco: infatti l’idea della missione esplorativa, l’aspetto del pianeta rosso, le tecniche di lavoro in orbita e di … “ammartaggio” sono state tratte da un suo libro, Progetto Marte. Gli scenari e gli adattamenti sono insieme opera e creazione di Chesley Bonestell (scenari spaziali de La guerra dei mondi) e di un altro famoso scienziato di origina tedesca, Willy Ley. I disegni e i progetti del suolo marziano sono del solito Hal Pereira.
Con tutte queste premesse non poteva nascere un brutto film e infatti La conquista dello spazio rappresentò all’epoca, e per molti anni ancora, la migliore ricostruzione tecnica, scenica e artistica dell’esplorazione del cosmo da parte dell’uomo.
Bisogna però dire che il progetto cinematografico iniziale non era questo: George Pal aveva ipotizzato un viaggio ben più suggestivo su Saturno, Marte e Giove, ma la produzione non volle dare i fondi per il tour completo e gli astronauti si accontentarono di andare sul Pianeta Rosso.
La collaborazione di Chesley Bonestell con la produzione fu, in questo caso, molto sofferta e difficile. Essi non rispettarono i suoi scenari e i suoi disegni ed egli abbandonò il film a metà. É curioso osservare che le sue immagini erano più lontane di quella che si sarebbe poi rivelata la realtà, ma sappiamo benissimo che è stato solo un caso…
(3 – continua)