DANILO ARONA… E MALAPUNTA

Tra i migliori scrittori, saggisti e giornalisti del genere fantastico che ci siano nel nostro paese, Danilo Arona è instancabile nel tessere storie cariche di emozioni, colpi di scena, brividi, azione, orrore a più livelli… insomma, proprio quello che piace a noi! E allora potevamo forse non risentirlo visto che non si ferma mai e nel frattempo ha prodotto di tutto un po’? Certo che no… dunque, eccolo qua!

CIAO DANILO, BEN RITROVATO SULLA ZONA MORTA. L’ULTIMA VOLTA CHE CI SIAMO SENTITI ERA IN OCCASIONE DELL’USCITA DI “PROTOCOLLO STONEHENGE”, UN PAIO DI ANNI FA. COSA HAI FATTO DA ALLORA?

Ho lavorato, suonato, vissuto. La solita solfa, per dirla in gergo vagamente noir. Sul fronte letterario con l’amico Edoardo Rosati abbiamo messo mano a una nuova versione de “La croce sulle labbra”, aggiornata ai tempi attuali soprattutto per quel che riguarda la parte medica. Al che occorre aggiungere un po’ di racconti usciti in varie antologie, con l’editore Emanuele Del Miglio a fare la parte del leone, ma non solo: “La bottega dell’erborista,” “Canti d’abisso”, “Il gentiluomo decollato”, “Le variazioni Gernsback”, “La cattiva strada”, “Nudi e crudi” e un paio in uscita di cui ancora ignoro i titoli, ma che saranno tematiche. Una sulla Grande Guerra e l’altra sulla mia città “maledetta” Bassavilla (e giuro che nella sua genesi io non c’entro…). Questa storia delle antologie, politica editoriale prediletta dai piccoli editori per comprensibili motivi e snobbata dalle major perché considerata non remunerativa (e temo sia vero), è un’autentica manna per chi come me ama il racconto breve come forma espressiva. Anche perché spesso dai racconti nascono veri e propri romanzi.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO, PER LA CUT UP EDIZIONI DI FABIO NARDINI, IL ROMANZO “MALAPUNTA – L’ISOLA DEI SOGNI DIVORATORI”, ILLUSTRATO DA ENZO “HEAVY BONE” RIZZI. CE NE VUOI PARLARE?

Con piacere. Scritto all’inizio del millennio e uscito con estremo ritardo dalla sua stesura nel 2011 per i tipi delle mai troppo rimpiante Edizioni XII. E’ stato in assoluto il mio lavoro più difficile da piazzare – nonostante sia stato acquisito da Mondadori per la category edicola. Può succedere se scrivi un lavoro non accomodante e allineato, in cui l’autore gioca a “sperimentare”. Così, nel 2010, dopo il buon successo de “L’estate di Montebuio” – nel quale al fittizio autore Morgan Perdinka veniva attribuito un libro con quel titolo -, con Daniele Bonfanti abbiamo dato vita a un gioco metaletterario, quello di far uscire “Malapunta” dell’inesistente (e suicida) Morgan Perdinka, con prefazioni “fake” mie e di Chiara Bordoni. Purtroppo le Edizioni XII chiusero da lì a pochissimo e i numeri comunicano che quel libro non è mai stato veramente letto da un congruo numero di acquirenti. Anche perché i XII nell’ultima fase della loro esistenza vendevano soltanto on line, e tutti conosciamo i limiti di un  tale approccio commerciale. Un genere popolare come il fantastico (e diramazioni varie) necessita ancora di canali di vendita tradizionali, edicola compresa, per poter raggiungere il suo pubblico. La rete funziona di sicuro come sistema d’appoggio, complementare – a parte l’e-book, ma questo è un altro discorso. Perciò l’anno scorso, quando Stefano (Fantelli) mi ha proposto di ripubblicare “Malapunta” non più di Perdinka, ma del suo vero autore, ho risposto subito di sì con entusiasmo. Soprattutto perché, senza che io mi addentri nello specifico, dal punto di vista del consumo, è un testo quasi “vergine”. La storia, che non è affatto complicata come recitano le leggende in rete – ma io scrivo opere per chi non intende mandare il cervello in vacanza… -, è soprattutto una vicenda d’amore (amore disperato, come canterebbe Nada) e morte ambientata su un’isola immaginaria, ubicata nel Mediterraneo e modellata su Montecristo. Con qualche complicazione inevitabile: un omicidio brutale e misterioso, fantasmatiche presenze, ma soprattutto un audace esperimento di sogni condivisi – sarebbe meglio dire incubi – che manda il pianeta in tilt. Così che il manipolo di protagonisti debba fare inaspettatamente i conti con l’Apocalisse dell’inversione dei poli magnetici.

CI SEMBRA DI RISCONTRARE NELLA SAGA DI QUEST’ISOLA MALEDETTA ALCUNE TEMATICHE TIPICHE DI AUTORI COME H. P. LOVECRAFT E W. H. HODGSON: COSA PENSI DI QUESTI DUE SCRITTORI E QUALI SONO REALMENTE LE FONTI DI ISPIRAZIONE CHE TI HANNO PORTATO A CREARE MALAPUNTA E IL SUO MONDO?

Guarda, credimi, quando scrivevo “Malapunta” non pensavo né a Lovecraft né a Hodgson. Mi sono immerso nelle cellule di un personaggio, non propriamente simpatico, che guidando da ubriaco esce di strada da una litoranea e precipita in mare, uccidendo la moglie, gnocca stratosferica (lo sottolineo perché nell’economia della storia l’avvenenza di Gabry ha un suo perché…). E ho proiettato lui in una condizione di estrema solitudine, un’isola quasi deserta dove il tipo, ricchissimo, si è comperato una villa a strapiombo sul mare, per farsi dimenticare dal mondo e morire annegato nell’alcol. Ma qualcosa non va secondo questi lugubri piani… Poi, per carità, è innegabile che certe “ispirazioni d’autore” siano scritte nel DNA. Ho letto Lovecraft e Hodgson che avevo poco più di vent’anni e va da sé che certe suggestioni emergano anche non troppo consapevolmente. Così come, quando scrivo di mare e di paura, penso sempre, in questo caso ben cosciente, a quel secco capolavoro di suspense metafisica che è il racconto di Daphne Du Maurier “Gli uccelli” (dimenticatevi il film di Hitchcock che è altra cosa, pur essendo altrettanto sublime…). Infine, lo ricordo (anche perché nella prima edizione dei XII per un refuso tipografico i ringraziamenti erano saltati…), più di un elemento “druidico” di “Malapunta” proviene da un progetto, mai compiuto, dell’amico Andrea Colombo intitolato “Rune”, bellissima storia di isole misteriose e anime trasmigrate. Chissà che la nuova uscita di “Malapunta” non dia ad Andrea un nuovo impulso per ripartire…

CI SARANNO ALTRE “VISITE TURISTICHE” DA QUELLE PARTI NEL PROSSIMO FUTURO?

Che io sappia, no. Ma l’autore non è mai del tutto cosciente del proprio futuro. E poi c’è l’incognita Perdinka…

QUESTO ROMANZO E’ INSERITO NELLA COLLANA “INCUBAZIONI” CREATA E DIRETTA DALL’INSTANCABILE STEFANO “EL BRUJO” FANTELLI, QUAL E’ IL TUO RAPPORTO CON LUI?

E’ un amico, in primis. Indipendentemente dai ruoli. Con sintonie e affinità elettive, gusti in comune per quel che riguarda l’horror. Mi riconosco in parecchie cose che lui scrive, e forse lui potrebbe dire qualcosa di analogo. Poi, tanto di cappello, ha tirato fuori dal profondo del sottoscritto lo sceneggiatore di graphic novel di cui ignoravo l’esistenza. “Morbo veneziano”, edito proprio da Cut-Up con le tavole di Massimiliano Gallo, è una perla della mia bibliografia. Almeno, tale io la considero. Ed è tutto merito di Stefano. E di Fabio Nardini.

SIAMO FORSE ALL’ALBA DI UN CAMBIAMENTO IN ITALIA PER L’HORROR SCRITTO DAGLI ITALIANI?

Caro Davide, da quarant’anni lo sento dire. Da quarant’anni assisto a corsi e ricorsi, alti e bassi. E gli alti non sono mai veramente tali mentre i bassi appaiono spesso bassissimi E’ un discorso complicato, lungo e spigoloso. E se lo affronti in poche righe, devi fare nomi e cognomi, e magari involontariamente offendere qualcuno. In estrema sintesi: questa è una nazione dove per horror si intende solo King (e adesso suo figlio, e ovviamente averne), e da anni non si traducono più, che so, Ramsey Campbell o James Herbert e di Peter Straub è arrivato solo un terzo di quel che ha scritto. Non è tutta colpa degli editori. Piuttosto di un pubblico che non raggiunge la sufficienza numerica, e ne deduco che auspicabili operazioni non sarebbero remunerative. In questo quadro l’horror scritto dagli italiani non può che sfangarsela duramente. E lottare, tutti testardi come muli. Rimango un ottimista, anche se l’alba non l’ho mai vista.

TEMPO FA, SEMPRE IN UN PROGETTO CURATO DAL “BRUJO” FANTELLI HAI PUBBLICATO, COME CI ACCENNAVI, LA TUA PRIMA GRAPHIC NOVEL, “MORBO VENEZIANO”: COME TI TROVI A SCRIVERE COMICS E IN COSA SI DIFFERENZIA DALL’OCCUPARSI DI NARRATIVA?

Intanto doppio lavoro, perché devi avere – o comunque produrre – una storia ad hoc. E poi, per quel che mi riguarda, mi ci butto dentro con tecnica cinematografica che ho studiato bene negli anni Settanta all’università, pur essendo rimasto un “teorico”. In più tento di aprire il terzo occhio, stando “dentro” le location. Devo confessare, molto divertente. La narrativa, in questa fase della mia vita (di titoli sulla groppa ormai ne ho più di 40, comprendendo anche i saggi) non lo è altrettanto. Spesso boccheggi davanti alla tastiera nell’attesa di spremere un’idea decente. Sarà che la realtà è ormai più fantastica dell’immaginario e che l’isolamento creativo, la famosa connessione con certe sfere superiori in cui albergano le Idee, è sempre più utopico vivendo in un mondo perennemente “disturbato”, insomma, al momento attuale mi piace molto più sceneggiare. Sono ad esempio a buon punto con “KM 98”, una nuova rivisitazione della storia di Melissa per le tavole di Paolo Bertolotti. Non sappiamo chi la pubblicherà, ma appunto sono un ottimista.

ULTIMA DOMANDA DI RITO: QUALI SONO I TUOI PROSSIMI PROGETTI?

Ho da poco terminato un lungo romanzo a quattro mani con l’eccelsa sceneggiatrice Sabina Guidotti, anch’esso di ambientazione marina, anche se l’isola immaginaria non c’entra affatto, un perfetto testo connettivista e forse un po’ troppo sperimentale per un mercato convenzionale come quello italico degli ultimi tempi. Poi altri due progetti sempre in coppia, uno con il mio fratello Edoardo Rosati (in cui torna l’indomita dottoressa de “La croce sulle labbra” Roberta Blanchard), e l’altro con l’amica Sara Piccolo, in cui ci addentriamo negli autentici misteri della Val Cerrina, robe che fanno impallidire gli “X-Files” (e infatti ancora non abbiamo capito se romanzare il tutto o presentare il lavoro per quel che dovrebbe essere, una scottante inchiesta giornalistica – ma Sara lì ci abita e, insomma, la “true story” non è affatto agevole…). Sì, lo so, ne deduci che non sono più in grado di scrivere da solo. Magari è vero. E forse non ero solo neppure quando mi illudevo di esserlo. Se ci fai caso in quasi tutti i i miei lavori, da “Un brivido sulla Schiena del Drago” a “Black Magic Woman”, da “La stazione del Dio del Suono” a “L’estate di Montebuio”, si affacciano sempre “altre voci” che all’apparenza non sono le mie. Già, il teorema Perdinka… Ma sono segnato pure dall’astrologia. Sono un Gemelli perfetto, ovvero “io sono le voci”…

E NOI SAREMO “GLI OCCHI”, PER POTER LEGGERE TUTTO QUELLO CHE PRODURRAI PROSSIMAMENTE”… E POI TORNEREMO A ESSERE “ORECCHIE”, PER ASCOLTARE DI NUOVO QUELLO CHE VORRAI RACCONTARCI… PROSSIMAMENTE SEMPRE SU QUESTE PAGINE: E’ UNA PROMESSA!

Davide Longoni