PERSONAGGI PRINCIPALI
Roberto Santinovi: narratore e protagonista
H e Best: amici di vecchia data di Roberto
Rosi: 25enne milanese
Viola: giovane e bellissima ragazza di cui Roberto si innamora
Vanessa: ex fidanzata di Roberto
Ermanno: gestore della stazione balneare e guardone
Gina: moglie di Ermanno, gestisce con lui la stazione balneare
Sergio: guardiano notturno della pensione
Nino: violento romeno al soldo della malavita
Anonimo al telefono: amico di Roberto
Mike: barbone che predice il futuro
EPILOGO
Un ragazzo entra in una cabina del telefono. Con il dito compone un numero sulla tastiera, poi si gira su un lato e comincia a parlare alla voce che esce dalla cornetta. La periferia è sempre così, specie quella delle province del nord Italia: non succede mai niente. E, per trascorrere le serate, le persone che, come me, non hanno nulla da fare devono aggrapparsi agli avvenimenti più futili, provare a intrufolarsi nelle vite delle persone che passano.
Sono passati alcuni anni dal tempo di quegli avvenimenti che vi ho narrato. Se ho deciso di mettere per iscritto quanto da me vissuto, è perché ora mi sento nelle condizioni di poter dire la mia, di perorare la mia causa, anche se solo dalle pagine di uno scritto.
Il ragazzo si dimena all’interno della piccola struttura in plexiglass, forse sta litigando con la morosa. Chissà poi perché un giovane come quello è andato a telefonare da una cabina!
- Roberto, stiamo rientrando! – una voce proveniente dall’edificio alle mie spalle.
Non rispondo, non mi interessa l’opinione della gente che sta qua dentro. Io per loro sono solo un pover’uomo.
Vanessa riuscì nel suo intento: la polizia, che lei stessa, seppi in seguito, aveva avuto l’accortezza di avvisare poco prima di fare irruzione nel garage, mi trovò stremato sul cadavere della mia ex fidanzata. Gli accertamenti degli inquirenti misero in luce alcuni elementi discordanti dell’inchiesta: ad esempio, mancavano le mie impronte sull’arma dei delitti. Ma cosa importava? Chi aveva avuto una relazione con le tre donne morte? Io. Chi si ritrovava con loro la sera della loro morte? Io. E Sergio? Trovarono le mie impronte in casa sua.
Sergio aveva visto Vanessa, quella notte, e, venuto a conoscenza della sua identità, prese a ricattarla usando la mia fotografia. Gran brutto errore.
Ma questa era la verità che sapevo io, non certo quella che poteva emergere dall’istruttoria. Quale avvocato avrebbe mai potuto tirarmi fuori dai guai?
E il movente? Semplice: ero un malato di mente.
- Roberto, ora ti chiudiamo fuori!
Mi voltai e feci un cenno nella direzione dell’edificio su cui campeggiava la scritta “PER ASPERA AD ASTRA”.
Quella che pareva essere un’arma nelle mani dell’accusa, vale a dire la mia presunta follia, si rivelò, seppur nella disfatta generale, un’arma nelle mani del mio avvocato difensore. Se quell’avvocatuccio non poteva certo evitarmi la condanna, poteva almeno farmi passare per malato terminale di mente e farmi finire in una bella clinica psichiatrica. E così decidemmo di fare. Attaccai a parlare delle visioni del demonio, a fare certe facce strane in aula. Giunsi addirittura a minacciare il giudice con una penna stilografica.
Ed eccomi qui, sedato di Tavor, Prozac e Xanax, osservo da dietro il cancello di sicurezza le persone al di là della barricata, con le loro vite regolari che se ne vanno via così.
Tanto meglio: sono inebetito dalla mattina alla sera, azzerato nelle paure, così come nelle emozioni. Anche quando ripenso a Viola, non sento più quel dolore lancinante. Solo un ovoidale senso di disperazione, che piano si dissolve e lambisce appena le parti esterne del mio cuore, poi scema e si dissolve, fantasmatico.
- Roberto! – l’urlo dell’infermiera-poliziotto mi fora i timpani.
Faccio per incamminarmi. Ma prima dò un ultimo occhio a quel ragazzo che stava telefonando, voglio annusare ancora per pochi istanti la vita di una persona normale. Il ragazzo esce dalla cabina e, dandomi le spalle, si allontana sulla strada. Quando sto per andarmene, vengo trattenuto al cancello da uno strano istinto. Il ragazzo prosegue a camminare, ma, a un certo punto, il suo collo prende a girare come quello di una bambola di plastica e, quando arriva al punto in cui il mento può toccare la spalla, prosegue la corsa, fino a far combaciare la linea del naso con la colonna vertebrale. Il volto del demonio.
- Roberto Santinovi – mi sussurra il diavolo da lontano – tu appartieni a me.
(9 – fine)