L’UOMO DELLE NEVI E L’UOMO CHE RIMPICCIOLIVA (1957) – PARTE 08
“Spesso, i grandi progressi della scienza sono un fatto compiuto prima ancora che il pubblico sappia della loro esistenza. Per esempio, così fu per il lampo accecante che mozzò il fiato al mondo dando inizio all’era atomica, altrettanto inatteso fu il successivo balzo gigantesco sulla via del progresso che portò l’uomo…”
A 30 MILIONI DI KM DALLA TERRA (Twenty Million Miles to Earth)
Il Generale A.D. McIntosh (Thomas Browne Henry, 1907 – 1980) e il Dottor Judson Uhl (John Zaremba, 1908 – 1986), sono in ansiosa attesa di notizie sull’esito di una missione di capitale importanza.
A Gerra, un piccolo paese della Sicilia un gruppo di pescatori è fuori con le barche quando, all’improvviso, un gigantesco oggetto buca le nuvole e si dirige verso il mare aperto. Tocca la superficie e si ferma bruscamente con il muso rivolto verso il fondo del mare.
Due pescatori, Maruzzo e Michele, penetrano all’interno della nave spaziale (in realtà si tratta del set usato per L’ammutinamento del Caine opportunamente coperto di vapori e di nebbie) e portano via due superstiti, uno dei quali sembra essere in pessime condizioni.
In mancanza del medico che è fuori paese per un parto difficile, il sindaco Cola, manda a chiamare il Dottor Leonardo (Frank Puglia, 1892 – 1975) di passaggio per Gerra con la sua “casa con le ruote”, la definiscono i pescatori (ci mancava solo che il regista mettesse loro l’anello al naso), ma nemmeno lui può intervenire adeguatamente in quanto è sì un dottore, ma in zoologia. La nipote di Leonardo, Marisa (Joan Taylor, 1929 – 2012), laureanda in medicina, si offre per aiutare i superstiti.
Mentre accade tutto questo, Mimmo, un ragazzino patito per il Texas, i cow-boys e le pistole, trova sulla riva un cilindro di vetro con dentro uno strano oggetto gelatinoso e molliccio che sembra contenere al suo interno qualcosa di scuro e lo vende, per la modica somma di cento lire, al dottor Leonardo il quale, stupito, cerca di capire che cosa sia quella strana cosa.
Uno dei due scampati al disastro rinviene: è il Colonnello Robert Calder (William Hopper), il quale, ignorando le proteste di Marisa, cerca di interrogare il suo compagno. L’uomo, il Dottor Sherman (Arthur Space, 1908 – 1983), ha il volto coperto da orribili pustole e muore poco dopo.
Intanto McIntosh e il Dottor Uhl, dopo aver ricevuto la comunicazione della caduta dell’astronave, sono giunti a Gerra e il sindaco Cola ha già ricevuto istruzioni di mettersi a loro disposizione. Li accompagna da Calder e, poco dopo, arriva anche il signor Contino (Jan Arvan, 1913 – 1979), rappresentante del Governo Italiano, anche lui con l’incarico di offrire tutto l’aiuto necessario al Generale McIntosh.
Nell’ufficio del sindaco il Generale, Uhl e Calder, rivelano con maggiore chiarezza a Cola e a Contino, che cosa stia accadendo.
McIntosh: “Quello che sto per rivelarle è incredibile, ma vero. Il Colonnello Calder è qui di ritorno da una spedizione su Venere.”
Contino: “Su Venere?! Mi scusi ma non capisco…”
Calder: “Su Venere, il pianeta Venere…”
Contino: “Sul pianeta Venere…”
McIntosh: “Esattamente.”
Contino: “Venendo qui ero stato informato che si trattava di qualcosa di eccezionale, ma il pianeta Venere…”
McIntosh: “E’ stata la prima impresa interplanetaria. Nel viaggio di ritorno l’aeronave è stata colpita da una meteora , meno il Colonnello Calder, tutti gli altri sono morti.”
Contino: “E’ una cosa molto triste.”
McIntosh: “La metterò al corrente di alcuni dettagli: le condizioni ambientali su Venere sono tali che l’uomo non può sopravvivere a lungo anche usando scafandri e apparecchi respiratori perfetti. Alcuni uomini sono morti prima che il pericolo venisse individuato e anche il Dottor Sherman, il grande scienziato, ha contratto il morbo fatale ed è morto qui, dopo il salvataggio.”
Contini: “Da non crederci… orribile ma affascinante.”
McIntosh: “Sull’astronave c’era un cilindro di vetro sigillato molto importante.”
Calder: “Quel cilindro conteneva l’embrione vivo di un animale di quel pianeta, dobbiamo trovarlo.”
Uhl: “Ci è indispensabile per accertare le fasi fisiologiche che consentono la vita animale lassù. Solo svelato questo segreto si potrà tentare un’altra spedizione.”
McIntosh: “Dobbiamo tornarci. Su Venere ci sono importanti giacimenti di minerali necessari al progredire della nostra civiltà.”
A questo punto McIntosh chiede a Corvino dei sommozzatori che possano scendere in profondità fino a raggiungere la nave spaziale e possano quindi recuperare il cilindro.
Non passa molto tempo che i militari scoprono la vera fine che ha fatto l’embrione, dietro il compenso di una congrua somma Mimmo rivela di averlo dato al dottor Leonardo.
Intanto lo zoologo è partito alla volta di Roma con il suo prezioso animaletto che si è schiuso una sera davanti agli occhi atterriti e incuriositi di Marisa. L’animale però sta aumentando le sue dimensioni, rompe la gabbia e fugge per la campagna. Poco dopo Calder e gli altri raggiungono Leonardo e vengono informati dell’accaduto, il mostro finisce dentro a una fattoria. Evita la cattura da parte di Calder e uccide un contadino (Sid Cassel, 1897 – 1960).
Con le classiche pive nel sacco tutti si ritrovano davanti al rimorchio di Leonardo e qui si inserisce una sequenza che la nostra censura tagliò nel lontano 1957.
Essa ci mostrava un sindaco Cola furibondo che rompeva il patto di collaborazione con gli americani e organizzava i suoi gendarmi per la caccia al mostro per ucciderlo, mentre Contino non sapeva esattamente che pesci pigliare in linea perfetta con i governi di allora e di oggi, e Calder scaraventava al suolo un carabiniere per impossessarsi della sua Jeep e andare a convincere Contino e Cola affinché gli dessero la possibilità di catturare il mostro.
Dopo un’accesa, ma breve discussione nell’ufficio del sindaco, il quale non demorde, inizia la caccia.
Fine del taglio e veniamo a sapere che per catturare la creatura, Calder gli tende una trappola con il suo cibo preferito: lo zolfo. La manovra riesce, il mostro è catturato dentro a una rete e una scarica di corrente lo stordisce.
Ambasciata Americana a Roma, poco tempo dopo.
McIntosh ha organizzato una conferenza stampa e riceve i giornalisti in un’ampia ed elegante sala.
McIntosh: “Buon giorno, Signore e Signori della stampa. So con quanta impazienza avete atteso delle precisazioni su quanto è avvenuto alcuni giorni fa in Sicilia. Solo ora però mi è stato consentito di poter rendere noti i dettagli dell’impresa. Questo telegramma è del Segretario alla Difesa degli Stati Uniti: al fine di correggere errate interpretazioni e sentito il parere dei vari governi alleati, il Presidente ha autorizzato che le seguenti informazioni vengano date a tutte le agenzie di stampa. L’aeronave XY-21, abbattutasi nel Mediterraneo l’11 corrente era un missile astrale con propulsione a razzo lanciato tredici mesi fa da una base degli Stati Uniti. L’aeronave, con sedici uomini d’equipaggio, ha raggiunto il pianeta Venere…”
Giornalista-Donna: “Venere?”
Giornalista-Uomo: “Il Pianeta Venere?”
McIntosh: “…ha raggiunto il pianeta Venere ed è stato nel viaggio di ritorno sulla Terra che l’aeronave è caduta in mare. Uno solo è sopravvissuto: il Colonnello Calder, comandante della spedizione, che qui vedete… e avrete certamente sentito parlare di un mostro che ora si trova qui allo zoo di Roma. E’ stato prelevato da Venere. Esso è stato fatto oggetto di attenti studi che daranno all’uomo la possibilità di sopravvivere su quel pianeta…”
Giornalista-Uomo: “E possiamo vedere quella bestia?”
McIntosh: “Tre giornalisti che sceglierete voi stessi saranno accompagnati dal Colonnello Calder allo zoo. I tre prescelti, naturalmente, comunicheranno agli altri tutti i dettagli e noi vi forniremo tutte le fotografie che desiderate… Beh, questo è tutto, grazie Signori…”
Calder accompagna i tre giornalisti nell’ala dello zoo che è stata riservata al mostro venusiano.
Il mostro, alto ormai più di una decina di metri, sta disteso su una piattaforma. La grande cassa toracica si alza e si abbassa ritmicamente, alle zampe sono assicurate delle fasce di metallo collegate con dei fili.
Non si muove, la lunga coda arriva quasi a terra, solo il suo respiro è udibile.
Giornalista-Donna: “Ma è enorme!”
Calder: “Otto giorni fa era alto così.”
Giornalista-Uomo: “Come spiega un simile sviluppo. E’ normale su Venere?”
Calder: “No, no, no, affatto. Pare accertato che l’atmosfera terrestre ha variato il suo metabolismo. Più aria respira, più sforna tessuti e diventa grosso… Se volete seguirmi…”
Calder li conduce a un pannello che si trova sotto la coda del mostro dove uno scienziato sta manovrando un generatore di corrente.
Calder. “Conoscete certo di fama il Professor Frank Balckford di Vienna, un’autorità in materia di anestesia. Il dottore ha il compito di tenere l’animale in una specie di dormiveglia… Vedete i fili connessi agli anelli che ha ai polsi… Il suo corpo è costantemente attraversato da una corrente a 1800 volt: è un voltaggio limite che lo tiene immobile senza ucciderlo.”
Giornalista- Donna: “Sbalorditivo, sbalorditivo!”
Calder: “Potrete vedere meglio gli impianti da qui.”
I giornalisti intervistano uno degli scienziati e si viene così a sapere che il mostro è meglio di un cane da tartufi: ha un fiuto come mai si era riscontrato prima. Dopo questa notizia da prima pagina, Calder invita i suoi ospiti a salire sulla piattaforma dove c’è Uhl ad attenderli, ma c’è anche Leonardo che sta preparando, grazie all’aiuto di Marisa, una pappina di zolfo per il pupo.
Mentre Calder parla con Marisa, la quale non si vergogna di ricordare al bel Colonnello di essere stata invitata a cena, i tre giornalisti parlano con Uhl.
Giornalista-Uomo: “Il Generale McIntosh ci ha detto dell’importanza che attribuite allo studio di questo animale.”
Uhl: “Infatti, abbiamo scoperto che il suo apparato respiratorio è costituito da elementi fibrosi che filtrano i vapori venefici di Venere. Siamo già riusciti a riprodurre in laboratorio questa materia.”
Giornalista-Donna: “E’ come una spugna di plastica.”
Uhl: “E’ ottenuta con resine sintetiche.”
Giornalista-Uomo: “Dottore, abbiamo sentito dire che le armi da fuoco hanno poca efficacia su questo mostro, perché?”
Uhl: “Perché non ha cuore né polmoni. Tutto il suo organismo è costituito da una fitta rete di canali capillari, i proiettili, quindi, non fanno un gran danno.”
Mentre viene issato un dinamometro sulla piattaforma, accade l’incidente che libera la creatura, L’apparecchiatura urta la grande lampada sul soffitto e si genera un corto circuito. Con il cessare della corrente il mostro si libera ed esce dal laboratorio. Gli si fa incontro un elefante e i due animali cominciano a lottare fino a che il pachiderma soccombe. La creatura venusiana scorrazza per la città combinando qualche disastro fino a che non si rifugia nel Colosseo, dove viene dapprima ferita da un colpo di bazooka da Calder e poi definitivamente soppressa da dei colpi di cannone di un carro armato. Il mostro precipita al suolo assieme alle rovine mentre i curiosi si affollano davanti al suo corpo inerte.
L’ultimo commento ci viene fornito da Uhl. Sentivamo molto la mancanza del pistolotto finale:
Uhl: “Caro è il prezzo che l’uomo è sempre costretto a pagare per amore del progresso.”
Temiamo che il povero e maltrattato Ymir non sia molto d’accordo con lui.
Così il film finisce, ma secondo noi in Italia è stata tagliata un’altra scena mai più recuperata e cioè quella di Contino che si sfrega le mani al pensiero del conto dei danni che presenterà al Governo Americano e della congrua percentuale che gli toccherà. Sta per nascere Ymiropoli!
Per fortuna, nel 1957, Ray Harryhausen torna a lavorare nuovamente con il suo produttore abituale e cioè Charles H. Schneer (1920 – 2009) e i due realizzano così il film A 30 Milioni di Km dalla Terra, uno dei rari, anzi rarissimi film di fantascienza ambientati nel nostro paese.
La pellicola ricalca ancora una volta le orme del suo prototipo e cioè King Kong, ma porta in sé anche le tipiche tematiche del cinema di fantascienza degli anni ’50. Dal punto di vista tecnico dobbiamo dire che le due pellicole sono accumunate anche dal fatto di esser state entrambe realizzate con la tecnica della Stop-Motion o animazione a passo uno e questo perché i mostri in questione non sono altro che dei pupazzi snodati e mossi a mano fotogramma dopo fotogramma. In entrambi i casi il mostro della storia viene trovato in posti lontani come l’Isola del Teschio per quanto riguarda King Kong e Gerra per il nostro Ymir, nome che gli venne attribuito successivamente anche se fin dall’inizio quello era il nome che gli aveva dato il suo creatore: Harryhausen. Entrambi i mostri vengono imprigionati: King Kong a New York e Roma per l’altra creatura e, sempre in entrambi i casi i due mostri si liberano per impazzare e distruggere lungo le vie della città indifesa. Anche il luogo dove le due creature vengono immolate si presta a delle similitudini: il nostro King Kong muore in quello che era allora l’edificio più alto del mondo, l’Empire State Building e che nel remake successivo fu sostituito dalle ora scomparse Torri Gemelle, mentre il nostro rettile venusiano cade fulminato dal Colosseo di Roma a causa di colpi di proiettile sparati da un carro armato. In cosa sono diversi allora i due film? Soprattutto nell’elemento erotico tanto presente in King Kong e totalmente assente nel film di Nathan Juran.
Il film, pur realizzato nel 1957, era stato pensato già dal 1952, subito dopo il trionfale successo del suo Il Risveglio del Dinosauro. Il nostro mago degli effetti ne parla chiaramente nella sua biografia:
“….Al termine di quel lavoro mi sentivo molto stanco e provavo il desiderio di prendermi una lunga vacanza, magari in Europa, il guaio era che ancora non avevo i soldi necessari per potermi permettere un viaggio di quel genere. Pensai che il sistema migliore per andarci lo stesso fosse quello di ideare un film per il quale fosse necessario girare delle scene in Europa. Mi misi a scrivere e di getto creai The Elementals, una storia di giganteschi e mostruosi pipistrelli che seminano il terrore su Parigi e distruggono la Torre Eiffel e The Giant Ymir, dove un mostro venusiano rade al suolo Roma. The Elementals si avvicinò molto a diventare un film perché fu acquistato immediatamente dai produttori de Il Risveglio del Dinosauro che ne fecero scrivere immediatamente la sceneggiatura e anche realizzare una bobina di prova. Alla fine il progetto dovette essere abbandonato perché risultava troppo costoso. The Giant Ymir invece rimase a sonnecchiare allo stato di soggetto nei miei archivi finché, nel 1956, dopo essere diventato produttore di me stesso, decisi di realizzarlo assieme a Charles H. Schneer. Malgrado il progetto venisse rifiutato da diverse compagnie di distribuzione, riuscimmo poi a farlo accettare alla Columbia anche se fummo costretti a ridurlo in fatto di costo a scapito della spettacolarità, tanto è vero che molte scene ambientate in Italia sono in realtà state girate in Messico o nei teatri di Hollywood grazie ai trasparenti…”.
Il lavoro che Harryhausen compie per ideare l’Ymir è, in effetti, notevole: una specie di rettile o tirannosauro umanizzato dotato di sentimenti come la rabbia, la ferocia e la paura. Il disegno è perfetto, tanto perfetto che Harryhausen lo riutilizzerà, con qualche piccola e leggera modifica (Simbad nell’occhio della Tigre, Scontro di Titani…) in pellicole successive dimostrando di non avere molta originalità creativa.
La geografia che ci presenta questo film non farebbe certo lezione nelle scuole perché, nella sequenza iniziale, appare Sperlonga, paese a un centinaio di chilometri da Roma, ma la scritta sovrimpressa al fotogramma ci parla di un paese della Sicilia. Quando la creatura fugge attraversa delle bellissime cascate che, con tutto il rispetto per il popolo siculo, vorremmo sapere dove sono, ma è nel finale che la topografia romana, teatro delle gesta della creatura, diventa assolutamente folle.
La scena della lotta tra l’Ymir e l’elefante sarà ripresa pari pari in una successiva pellicola con effetti di Ray Harryhausen, La Vendetta di Gwangi, dove, al posto del mostro venusiano, c’è un Tirannosaurus Rex, ma la sorte, per il povero pachiderma, è identica al primo caso e, sempre in questo film, assistiamo all’animazione di un cavallino in miniatura, realmente esistito in tempi preistorici e il cui nome era Eoippo. La scena ricorda molto da vicino Il Dottor Cyclops, così come anche quella del piccolo Ymir, uscito dal bozzolo, che si spaventa e si lamenta sotto la luce accecante di una lampada. Esiste la versione in DVD in italiano del film, ma esiste anche una successiva confezione dove c’è la versione colorizzata.
(8 – continua)