FANTASCIENZA STORY 46

ADDIO A JACK ARNOLD (1958) – PARTE 03

“Era malato di mali immaginari. Combatteva con le ombre.

Bisogna compatirlo, in fondo, perché, senza saperlo, aveva varcato i limiti imposti dalla natura.

Quello che l’uomo dà gli viene reso. La natura paga sempre i suoi debiti e fino all’ultimo soldo…”

                                        (La Rivincita dell’Uomo Invisibile di Ford Beebe)

“Troppo tardi ha imparato che l’uomo é una creatura che prova emozioni e proprio per questo è la più grande dell’Universo.

Ha imparato troppo tardi per lui che l’uomo deve trovare la sua strada da solo, anche sbagliando,

e che il dono della perfezione non può venire se non da noi stessi.

Quando l’uomo cerca la perfezione fuori di sè trova soltanto morte, distruzione, miserie e delusioni

e la fine di tutti i progressi fatti fino a quel momento.

L’uomo ha sempre cercato la fine della fatica e delle sue pene ma non può esserci data.

Deve essere conquistata duramente.

C’è speranza, ma dovrà essere una conquista che verrà dal più profondo dell’uomo stesso…”

                                           (Il Conquistatore del Mondo di Roger Corman)

Un altro dei temi tipici della fantascienza è sempre stato insito nel desiderio dell’uomo di sovvertire le leggi della natura. Una tema che le manipolazioni genetiche hanno portato d’attualità. Gli esperimenti dell’uomo, tesi a migliorare le sue condizioni di vita, hanno quasi sempre portato, almeno nella filmografia di fantascienza, a risultati disastrosi. Al di là di tutte le chiacchiere sociologiche e psicologiche del perché questo avvenga noi riteniamo, molto più  pedestremente, che ciò sia dovuto essenzialmente al fatto che non esiste la possibilità economica e commerciale di poter portare sullo schermo un’avventura a lieto fine, dove l’uomo compie esperimenti, di qualunque genere essi siano, con risultati positivi e favolosi per il nostro avvenire. Un film del genere sarebbe un semplice documentario e non avrebbe che un bassissimo riscontro commerciale. Ben diverso è il discorso se noi ci occupiamo di mutazioni orrende, mostruose, letali, distruttive come in effetti il cinema ha fatto con riscontri commerciali quasi sempre positivi.

Se Victor Frankenstein avesse creato il suo mostro e questi si fosse dimostrato una creatura docile, affettuosa, bella, perfettamente compresa dalla comunità, il pubblico in sala avrebbe sbadigliato dall’inizio alla fine; se Godzilla fosse un simpatico cucciolotto che costruisce i grattacieli invece di demolirli avrebbe ottenuto il risultato che il pubblico si sarebbe forse più affezionato a lui che a E.T. ma i risultati, già dalla seconda pellicola, se non dalla prima, sarebbero stati disastrosi e, comunque, il nostro drago nipponico, sia che sia cattivo, sia che sia bonaccione, ha ampiamente dimostrato di avere legioni di fan in tutto il mondo.

Ecco perché Frankenstein distrugge soffrendo, ed ecco perché Moreau compie esperimenti proibiti sugli animali o Darkman compie le sue vendette nascondendo il suo volto dietro un’instabile pelle sintetica.

Le radiazioni atomiche ingigantiscono gli animali (Assalto alla TerraIl Cibo degli Dei) o gli uomini (I Giganti invadono la Terra - War of the Colossal Beast) ma, in realtà, di fronte alle forze della natura siamo solo dei piccoli esseri e quindi dovremo accontentarci di piccoli frammenti di effimera gioia. Quale sarà il nostro futuro? Quale sarà?

L’ESPERIMENTO DEL DOTTOR K (The Fly)

La vicenda si svolge a Montreal, in Canada, nella fabbrica di componenti elettronici dei fratelli Delambre.

Il guardiano notturno, il vecchio Gaston (Torben Meyer, 1884 – 1975 visto in Frankenstein contro l’Uomo Lupo e che ha partecipato a un episodio di Viaggio in Fondo al Mare, probabilmente un caratterista che possiede il record di “attore non accreditato”) sta compiendo il solito e tranquillo giro d’ispezione quando sente un rumore provenire dalla stanza della pressa. Mentre si sta avvicinando per controllare, ode nuovamente il caratteristico suono della macchina in funzione. Si avvicina e vede una donna presso l’apparecchiatura.

Accortasi della presenza di Gaston essa fugge da un’ uscita sul retro.

Il guardiano, atterrito, scorge il macchinario intriso di sangue e un corpo sporgere dalla pressa. Il telefono suona a casa di Francois Delambre (Vincent Price, 1911 – 1993) e la voce spenta di Hélène (Patricia Owens, 1925 – 2000 vista anche in Il Leggendario X-15) avvisa il cognato di aver ucciso il marito Andrè Delambre (Al o David Hedison: Mondo Perduto del 1960, il serial Viaggio in Fondo al Mare, 007: Vivi e lascia morire, il serial Project Ufo, 007: Vendetta Privata). Francois dapprima crede a uno scherzo ma la voce della donna è mortalmente seria e gli chiede di chiamare la polizia riattaccando piangendo il ricevitore. Francois riceve anche una telefonata da Gaston il quale lo avvisa che sotto la pressa c’è il corpo di un uomo e inoltre egli ha visto una donna allontanarsi in tutta fretta dalla scena del sinistro. Per lui quella donna era Hélène Delambre. A questo punto Francois si rende conto che qualcosa di grave deve essere accaduto e telefona all’Ispettore Charas (Herbert Marshall, 1890 – 1966: Attacco alla Base Spaziale U.S., Esploratori dell’infinito) e gli racconta delle due telefonate. Il poliziotto gli risponde di prepararsi perché lo passa immediatamente a prendere per andare insieme alla fabbrica. Giunti sul posto Francois riconosce immediatamente il corpo del fratello e, pur sul punto di sentirsi mancare, aziona la pressa per liberare il cadavere. Il medico legale (Charles Tannen, 1915 – 1980: Il Mostro che sfidò il Mondo, Viaggio in Fondo al Mare, il serial Ai Confini della Realtà) comunica a Charas che la morte è avvenuta solo mezz’ora prima.

Charas: “La potenza è al massimo?”

Francois: “No… no, è quella normale.”

Charas: “Non c’è pericolo che cali di nuovo?”

Francois: “No. É regolata… per cinquanta tonnellate, spessore… zero!”

Charas: “Zero?”

Francois: “Sì, vuol dire che le due piastre si toccano. Non é mai stata regolata così, mai!”

Charas: “Ah!”

Francois: “Perché così… ridurrebbe le lamine a niente ed è regolata per il colpo e arresto. Hélène non sapeva manovrare la pressa.”

Charas: “É sicuro che è suo fratello?”

Francois: “Beh, lui… lui aveva una cicatrice sulla gamba sinistra, una ferita di guerra… Vi dispiace…”

Charas: “Dottore…”

Il medico solleva il lenzuolo e controlla la gamba del cadavere sulla lettiga. In effetti una cicatrice é visibilmente impressa sulla pelle della gamba sinistra del corpo che viene quindi portato via.

Francois: “No, non posso crederci!”

Charas: “Sa che avesse un motivo per fare una cosa simile?”

Francois: “Nessuno. Nel modo più assoluto… Erano una coppia talmente felice, con un bellissimo bambino, Filippo, e lo adoravano tutti e due! Hélène era sempre così serena… É  incredibile, è assurdo! André amava due cose: la sua famiglia e il lavoro… (il suo sguardo cade sul pannello di comando della pressa) É impossibile!”

Charas: “Cosa c’é, Monsieur?”

Francois: “Il contacolpi… quello è il contacolpi!”

Charas: “Come… non capisco…”

Francois: “Ma, allora, chi è stato é stato un mostro. Segna due, l’ha schiacciato due volte!”

Charas: “Due volte?”

Gaston: “Oui, Monsieur. Ho sentito venir giù la pressa due volte.”

Francois e l’Ispettore Charas vanno a casa di Hélène e lì incontrano il medico di famiglia, il Dottor Ejoute (Eugene Borden, 1897 – 1971: il serial Ai Confini della Realtà, Il Nostro Agente Flint) il quale è sconcertato come tutti dell’atto compiuto dalla donna e non ritiene possibile che fosse in grado di commettere un delitto del  genere. Tutti e tre vanno nel salotto dove l’accusata, ora apparentemente molto più calma, sta bevendo un caffè.

Francois presenta Charas ad Hélène.

Charas: “Madame, vuole dirci cos’é accaduto?”

Hélène: “Certo, volentieri. Ho ucciso mio marito, André Delambre, circa un’ora e mezzo fa nella sala della pressa.”

Charas: “Comprende la gravità di ciò che dice? Afferma di aver ucciso suo marito, cioè a dire lo ha assassinato.”

Hélène: “Ho ucciso André, sì.”

Charas: “Perché?

Hélène: “A questa domanda non posso rispondere.”

Charas: “Come lo ha ucciso?”

Hélène: “Con la pressa idraulica.”

Charas: “E come si aziona?”

Hélène: “Prima si accende l’interruttore generale, poi si regola la pressa sul tonnellaggio voluto. Si mette la pressione al massimo, regolando lo spessore di laminazione a zero, poi si preme il pulsante. É quello rosso.”

Francois ha ascoltato con espressione stupita.

Charas: “Vuol dire che lei ha messo suo marito sotto la pressa?”

Hélène: “No, Ispettore, ci si è messo da sé.”

Charas: “Ha messo la testa e il braccio sotto la pressa?”

Hélène: “Sì.”

Charas: “Perché?”

Hélène: “A questa domanda non posso rispondere… Del caffè, Ispettore?”

Charas: “Sì, grazie. Signori, vogliono aspettarmi fuori per favore?”

Francois e il Dottor Ejoute escono dalla stanza e Charas si siede nel divano accanto ad Hélène mentre la donna gli versa il caffé.

A un tratto un ronzio sembra allarmare la donna che si alza di scatto cercando per tutta la stanza la provenienza di quel rumore: è una mosca che si è posata su un paralume. La donna la osserva attentamente poi la scaccia tornandosi poi tranquillamente a sedere accanto a Charas.

Charas: “Ha premuto un bottone ed è finito tutto?”

Hélène: “Sì.”

Charas: “Perché lo ha premuto due volte?”

Hélène: “No, una volta sola.”

Charas: “Il contacolpi segna due. Una macchina non può mentire.”

Hélène: “Oh… sì… sì… É stato due volte… Io… sbagliavo… L’ho fatto due volte.”

Charas: “Perché?”

La donna non risponde. L’Ispettore si alza dal divano.

Charas: “Vuole aspettarmi, Madame?”

Hélène: “Certo Ispettore.”

Charas esce e trova seduti davanti alla porta Francois e il medico.

Charas: “Lei, come medico, cosa consiglierebbe?”

Ejoute: “Beh… riposo. Può darsi che in un giorno o due il suo stato mentale migliori.”

Charas: “Benissimo. Comunque la signora sarà sotto sorveglianza. Provvederò che sia mandata una delle nostre infermiere.”

Ejoute: “D’accordo. Grazie infinite, Ispettore. Sono a sua disposizione.”

Il Dottore esce. Charas e Francois restano soli.

Francois: “Beh, che ne pensa?”

Charas: “Vuol mostrarmi il laboratorio di suo fratello?”

Francois: “Oh, sì… certo… Di qua.”

I due scendono delle scale e si trovano davanti a una robusta porta metallica aperta. Francois entra per primo e osserva stupito lo sfacelo che é stato fatto alle apparecchiature del laboratorio.

Francois: “Ma questa é opera di un pazzo! C’erano oltre duecentomila dollari di strumenti delicatissimi qui dentro. André ne aveva una cura addirittura esagerata.”

Charas: “Che tipo di strumenti? A cosa servivano?”

Francois: “Non lo so. Io non lo seguivo più… Una delle sue mille idee… Lui… Beh, quando avesse scoperto qualcosa me lo avrebbe mostrato. Stava lavorando a un progetto per il Ministero dell’Aria. Forse loro sapranno.”

Charas: “Immagino che l’elettronica sia un campo molto proficuo in questi tempi…”

Francois: “Sì, molto. Eravamo insieme in affari. Se avevamo un pensiero era quello d’investire i guadagni. Non aveva interessi fuori di qui… nessuno, ne sono sicuro, ed è per questo che è assurdo.”

Charas: “Lei è molto attaccato a tutti e due, vero?”

Francois: “Sì… Ispettore, cosa pensa che sia accaduto?”

Charas: “Non ne ho idea. Non ha voluto dirmi niente, solo che l’ha ucciso. Apparentemente non esistono motivi se non la pazzia ma anche questa ipotesi lascia molti punti interrogativi insoluti.”

Francois: “Probabilmente si è suicidato.”

Charas: “(sorridendo) E allora perché dice di averlo ucciso lei? E se fosse suicidio perché usare un mezzo così atroce, perché compromettere la moglie? E lei era là! Rischia l’impiccagione…”

Francois: “Povero Filippo… Come glielo dirò? Come si fa a dire a un bambino…”

Charas: “Posso consigliarla di assumerne la tutela lei stesso?”

Francois: “E che ne sarà di lei?”

Charas: “La terremo in osservazione per il momento. Abbiamo tempo. Suo fratello aveva mai fatto esperimenti con animali?”

Francois: “Mai.”

Charas: “O con insetti?”

Francois: “Insetti?! Macché. Sarebbe stato strano. No, tutti e due avevano un sacrosanto rispetto per la vita. Non avrebbero fatto del male a nessuno… neanche a una mosca.”

L’infermiera Andersone (Betty Lou Gerson, 1914 – 1999: il serial Ai Confini della Realtà) porta la colazione nella camera da letto di Hélène, la donna vorrebbe alzarsi e, addirittura, finge di non ricordare il nome del figlio, Filippo (Charles Herbert: il serial Scienza e Fantasia, Il Mostro che sfidò il Mondo, Il Colosso di New York, I 13 Fantasmi, il serial Ai Confini della Realtà, il serial The Outer Limits).

A un tratto entrambe sentono nitidamente, nel silenzio della stanza, il ronzio di una mosca e l’infermiera cerca di scacciarla con un giornale arrotolato mentre, sempre più scompostamente, Hélène le grida di non farlo. Quando la donna riesce a colpire l’insetto Hélène butta per terra il vassoio con la colazione e si precipita a cercarla sotto la finestra. Ignorando le proteste dell’infermiera, la donna riesce finalmente a vedere la mosca e scoppia in un pianto isterico.

L’Andersone la riaccompagna a letto e poi prende la mosca.

L’Ispettore Charas è ora a casa di Francois e gli mostra, dentro una busta trasparente, l’insetto che evidentemente l’infermiera gli ha consegnato.

Francois: “Ma è una comunissima mosca.”

Charas: “Sì. Forse avrà qualche significato per il suo subcosciente, come ritiene lo psichiatra. Signor Delambre, lei la crede pazza?”

Francois: “É evidente, non le pare?”

Charas: “A dispetto di ciò che pensano i dottori io credo che la mente della signora sia sanissima. Anche quando difende le mosche.”

Francois: “Come può dir questo? Deve essere pazza. E allora con Filippo? Si comporta come se il bambino fosse mio, non suo.”

Charas: “Può essere un modo di proteggerlo. Può darsi che lo tema, o che lo odi.”

Francois: “É impossibile! Hélène non riuscirebbe a odiare nessuno, è lei che è fuori di senno!”

Charas: “Ne é innamorato, vero?”

Francois: “Sì.”

Charas: “Perché non l’ha sposata?”

Francois: “Perché era innamorata di mio fratello. Di me non si era neanche accorta.”

Charas: “Ha fatto bene ad essere franco con me. Da principio ho sospettato di lei.”

Francois: “Di me? E perché avrei fatto una cosa simile?”

Charas: “Primo per avere lei, secondo per impadronirsi di tutta l’elettronica Delambre.”

Francois: “Ma che m’importa dei suoi sospetti! Hélène é in quello stato e André è morto! É come un incubo…”

Charas: “Ora so che lei non c’entra affatto ma… capisce che dovevo accertarmene.”

Francois: “Ah, mi scusi Ispettore, sono uno sciocco. É stato così paziente. Mi perdoni, è solo…”

Charas: “Capisco, capisco… Forse sono io che dovrei scusarmi, sono costretto a ficcare il naso nelle cose private ma questo, purtroppo, è necessario.”

Francois: “Grazie per essere venuto. Mi consideri sempre a sua disposizione.”

Charas: “Ha scoperto a cosa lavorava suo fratello?”

Francois: “No. Scienziati del Ministero dell’Aria hanno esaminato tutte le sue carte ma non hanno trovato niente d’indicativo.”

Charas: “Neanche le ceneri trovate da noi ci hanno detto niente. Beh, ho già indugiato anche troppo. Siamo stati pazienti con la signora… ma temo che domani dovrò spiccare il mandato. Poi la corte deciderà.”

Francois: “Domani?”

Charas: “Sarà denunciata per omicidio. Mi dispiace per lei e il bambino ma non posso pensare ad altro verdetto se non a quello di colpevolezza o d’infermità mentale.”

Si cena a casa di Francois Delambre. La cameriera, dopo aver servito Francois va a versare un po’ di acqua e vino nel bicchiere di Filippo.

Il bambino chiede allo zio quando tornerà suo padre e se il giorno dopo potrà far visita alla madre.

Francois risponde quasi a monosillabi al bambino ma una domanda di Filippo lo distoglie dai suoi pensieri.

Filippo: “Zio, le mosche vivono molto?”

Francois: “Non lo so, perché?”

Filippo: “Perché ho rivisto quella mosca che la mamma ha cercato tanto.”

Francois: “Ah, non sapevo che mamma cercasse una mosca.”

Filippo: “Sicuro che la cercava. É cresciuta parecchio anche, ma io l’ho riconosciuta subito…”

Francois: “E come hai fatto a riconoscerla, Filippo?”

Filippo: “Aveva la testa bianca invece di nera e aveva una zampa molto strana… Era sul tuo tavolo stamani.”

Francois: “Beh… io…  io non l’ho notata. Quando l’hai vista per la prima volta?”

Filippo: “Uhm… Il giorno in cui andò via papà. L’avevo acchiappata ma la mamma mi disse di liberarla e poi, dopo, voleva che gliela ritrovassi… Aveva cambiato idea, sai come sono le donne…”

Francois: “(alzandosi da tavola) Scusa, Filippo… Io… io torno subito…”

Francois entra nel suo studio e si guarda attorno. Poi compone un numero telefonico. Dall’altra parte del filo gli risponde la voce di Charas, ma l’uomo non risponde e riappende il ricevitore.

L’infermiera Andresone apre la porta e si trova di fronte Francois Delambre, giunto a casa di Hélène per vederla.

La cosa suscita perplessità all’infermiera che comunque lo lascia passare.

Hélène sembra assopita ma apre gli occhi appena Francois le si avvicina.

Hélène: “Oh… oh, Francois, non ti avevo sentito… Hai l’aria stanca.”

Francois: “Certo. Ho molto da fare, lo sai.”

Hélène: “Lavori sempre troppo.”

Francois: “Come stai?”

Hélène: “Sto bene, benissimo e sono… contenta che tu sia venuto. Volevo chiederti una cosa…”

Francois: “Ma certo, Hélène. Tutto quello che vuoi.”

L’uomo prende una sedia e si accomoda accanto al letto della donna.

Hélène: “Quanto tempo vivono le mosche?”

Francois: “Non lo so… Io… credo un mese, due mesi. La mosca che stavi cercando era nel mio studio, stamane.”

Hélène: “E l’hai… l’hai uccisa?”

Francois: “No.”

Hélène: “E l’hai qui con te? Dammela, ti prego, dammela subito!”

Francois: “Non l’ho portata qui!”

Hélène: “Tu sai, adesso…”

Francois: “Cos’è tutta questa storia?”

Hélène: “Non l’hai vista, sennò non lo chiederesti.”

Francois: “Sì… io ce l’ho… É… è chiusa nel mio cassetto… Ora dimmi cos’è successo…”

Hélène: “No… no! André non avrebbe mai voluto!”

Francois: “Io so che tu non sei pazza, voglio la verità! O tu me la dici o io darò quella mosca a Charas.”

Hélène: “Tu mi giuri che hai la mosca?”

Francois: “Sì.”

Hélène: “Se te lo dico prometti di distruggerla?”

Francois: “Non farò niente finché non saprò…”

Hélène: “E allora io non ti dico niente!”

Francois: “É per il tuo bene Hélène che devi dirmelo. Tu stai bene o… o starai bene al più presto, cara, e appena ti visiteranno lo capiranno e capiranno che non sei pazza.”

Hélène: “No! Per amore di Filippo, Francois, ti scongiuro… Ma non capisci che io sto fingendo di essere pazza per il bene di Filippo? É meglio che io sia riconosciuta pazza piuttosto che lui sia l’orfano di un’assassina impiccata!”

Francois: “Io voglio sapere! O tu ora me lo dici o io darò la mosca a Charas!”

Hélène: “Se io te lo dico poi lo dirai a loro?”

Francois: “Io voglio aiutarti, Hélène, e posso farlo soltanto tramite loro. Sì, glielo dirò!”

Hélène: “Povero Francois… Chiama Charas, non potrei dirlo due volte… Purché tu uccida quella mosca, me lo prometti?”

Francois: “Sì.”

Francois si alza per andare a telefonare all’Ispettore Charas. Poco dopo, entrambi, ascoltano il racconto di Hélène.

Hélène: “Questa non é una confessione. Benché abbia ucciso mio marito non sono un’assassina, ho solo eseguito le sue ultime volontà. Qualche mese fa…”

Dissolvenza. Hélène sta giocando sul tappeto di casa con Filippo. André li raggiunge dopo essersi isolato nel laboratorio per parecchio tempo.

Dopo aver promesso al figlio che avrebbe giocato con lui, prende per mano la moglie e la porta nel sotterraneo, apre la porta del laboratorio. Dopo aver fatto entrare Hélène lo scienziato richiude la porta mentre la donna si guarda intorno notando i molti cambiamenti che André ha effettuato. Un nuovo tipo di ricerca ha portato André a dei risultati straordinari ma la cosa deve ancora restare segreta.

L’uomo mostra ad Hélène un piatto, regalo di matrimonio di una zia, sul retro del quale è stampigliata la dicitura “Made in Japan”. Mette il piatto dentro a una gabbia di vetro, attiva un contaminuti e avvia il computer mentre ordina alla moglie di mettersi un paio di occhiali scuri. Una luce violenta li investe per un attimo poi tutto torna normale ma, dentro la gabbia, il piatto non c’è più. André conduce Hélène in un’altra stanza, davanti a una gabbia perfettamente uguale alla prima. Dentro di essa c’è il piatto che era precedentemente scomparso.

Hélène: “Ti sei dato alla magia?”

André: “In certo modo. Vedi, in una frazione di secondo, un’infinitesimale parte di secondo, il piattino si era disintegrato, per un attimo non è esistito più, ma i suoi atomi hanno viaggiato nello spazio alla velocità della luce poi qui, un momento dopo, si è reintegrato nella sua forma primitiva.”

Hélène: “Oh, stai scherzando…”

André: “Sembra una cosa impossibile, eh? Però é vero.”

Hélène: “É una cosa impossibile, André. Tu mi stai prendendo in giro.”

André: “Ma prendi la televisione. Come funziona? Una corrente di elettroni, d’impulsi sonori e visivi viene trasmessa attraverso i fili o l’aria. La telecamera è il disintegratore, il tuo apparecchio ritrasforma o integra gli elettroni in figure e suoni.”

Hélène: “Sì, ma… questo è diverso.”

André: “Perché?”

Hélène: “Beh, ma… è… è… è impossibile.”

André: “Cinquant’anni fa se a mio padre avessero detto che restando a Montreal poteva vedere la partita a New York nello stesso momento in cui si svolgeva avrebbe detto: è impossibile! Questo è esattamente lo stesso principio.”

Hélène: “Ma non è la stessa cosa, questo è un solido!”

André: “Oh, no, no, no, no, non lo è! Per il tuo tatto forse sì ma, in realtà, sono miliardi di atomi che per noi sono solo una serie d’impulsi elettrici.”

Hélène: “Tu… hai fatto veramente questo? E non era un trucco?”

André: “No. Io posso trasferire la materia, qualunque cosa, alla velocità della luce in modo perfetto. Oh, certo, questo è solo un inizio rudimentale ma sono stato fortunato perché ho fatto la più importante scoperta da quando l’uomo, segando la base di un tronco d’albero, scoprì la ruota. Questa mia scoperta muterà  totalmente la vita dell’umanità. Pensa alle applicazioni: le merci, tutto, anche gli uomini viaggeranno con questo sistema. Non più macchine né ferrovie, né aeroplani, neanche navi spaziali. Basterà installare delle stazioni trasmittenti e riceventi in tutto il mondo e, in seguito, nell’universo. Non ci sarà più pericolo di carestie. I viveri potranno essere spediti istantaneamente quasi senza spesa dovunque. L’umanità non dovrà  più volere o temere nulla. Sono un uomo veramente fortunato…”

Hélène: “Io sono una donna veramente fortunata…”

I due si baciano poi Hélène osserva nuovamente il piatto che ha in mano, lo rigira e, ridendo, gli dice:

Hélène: “Spero che non trasmetterai mai me. Non vorrei uscirne alla rovescia.”

André: “Che vuoi dire?”

La donna gli mostra la scritta sul retro del piatto. Il “Made in Japan” é stampato a rovescio. André è allibito. Senza una parola comincia a guardare i suoi appunti e a fare dei calcoli, ora il resto del mondo per lui non esiste più. Hélène esce in silenzio. Instancabilmente André continua il suo lavoro ricontrollando tutto poi prova a trasferire un giornale e il tentativo riesce perfettamente. Il suo sguardo cade sulla piccola micia Isabelle e André tenta di trasferire anche lei assieme a un piattino colmo di latte ma solo quest’ultimo riappare.

Incredibilmente (e solo a uso e consumo per la maggior comprensione dello spettatore) risuona lontano nell’aria un flebile miagolio che si disperde nella stanza…

É passata una settimana e André è sempre chiuso nel suo laboratorio. Hélène parla al telefono con Francois che ha chiamato per parlare con il fratello. Una volta deposto il ricevitore la donna si accorge che il marito è proprio dietro di lui. André la bacia teneramente scusandosi per il suo comportamento poi la porta a teatro a vedere un balletto dove André non perde occasione per scrivere delle formule sul libretto. Poi, dopo un’elegante cena, i due rientrano in casa e André porta la moglie nel laboratorio dove teletrasporta, con perfetti risultati, una bottiglia di champagne e, subito dopo, malgrado le proteste di Hélène, fa lo stesso con una cavia. Anche in questo caso il risultato è perfetto.

Hélène: “É fantastico, é vivo!”

André: “L’avevo già fatto stamani. Sta benone.”

Hélène: “É una cosa meravigliosa, è il successo completo!”

André: “Eeeeh… aspettiamo. Ne avrò la certezza fra un mesetto.”

Hélène: “Non capisco…”

André: “Potrebbe subire delle alterazioni fisiologiche. Se vivrà… beh, diciamo un mese, allora annuncerò il successo dell’esperimento.”

Hélène: “Posso occuparmi io di lui?”

André: “É ancora femmina, ma puoi.”

Hélène: “Allora per un mese è mia.”

André: “Purché non muoia per supernutrizione…”

Hélène: “Questa cosa fa un po’ paura.”

André: “Sì, é vero. La prima esperienza con animali fu disastrosa… Isabelle…”

Hélène: “Cosa? Isabelle?… André, come hai potuto?”

André: “Si disintegrò perfettamente ma non riapparve più, non ne capisco il perché neanche ora. Ho buttato giù e rifatto tutto. E adesso é perfetto.”

Hélène: “E dove é andata?”

André: “(sospirando) Nello spazio… Una corrente di atomi di gatto. Sarebbe buffo se la vita non fosse sacra.”

Hélène: “André, promettimi una cosa: non farai più esperimenti con animali.”

André: “Te lo prometto. Mai più esperimenti con animali.”

Hélène: “Oh, è spaventoso è… è come sfidare Iddio.”

André: “Dio ci ha dato l’intelligenza per scoprire le meraviglie del creato e non muove foglia che Dio non voglia.”

Hélène: “Oh, André… Io, qualche volta, ho tanta paura. É la corsa di questa civiltà… Elettronica, razzi, satelliti terrestri, aerei supersonici… Ed ora questo… Oh, non mi spaventa chi scopre queste cose, è il fatto che esistano!”

André: “Ma non ti spaventano affatto la TV o la radio, o i raggi X o l’elettricità, oppure la forza di gravità…”

Hélène: “No, ma il progresso è così rapido e… e io mi sento impreparata ad assimilarlo… mi smarrisce…”

André: “E tu fa come Filippo: accettalo come parte normale della vita. Sono fatti, fatti fantastici… il che mi riporta al nostro champagne…”

André stappa la bottiglia e i due brindano felici.

Hélène: “Io ti amo tanto, André. É meraviglioso essere sposata con te.”

André: “E con te, amor mio.”

I giorni passano e la piccola cavia dimostra di possedere una salute di ferro. Hélène raggiunge André, tranquillamente seduto in giardino e gli si siede accanto.

Hélène: “Ti raffredderai.”

André: “Oggi no.”

Hélène: “A cosa pensi?”

André: “Oh, sto guardando il cielo. Guardando Iddio, forse.”

Hélène: “Sei un uomo strano, André. Così razionale e quadrato eppure così… non so come dire…”

André: “Consapevole dell’infinito? Più cose imparo e più mi rendo conto della mia nullità. L’eterno paradosso… Hai detto che il progresso ti spaventava, io m’inebrio delle sue meraviglie.”

Hélène: “Presto sarà primavera…”

André: “La mia stagione del cuore. La natura è in fermento, rinnova sé stessa… É fantastico essere vivi!”

Hélène: “In che senso?”

André: “Non lo so. Solo che… io mi sento felicissimo di vivere, tutto qui.”

Hélène: “Anch’io.”

Si china per baciarlo.

André: “Mi risposeresti se potessi tornare indietro?”

Hélène: “Oh… Ho paura di sì… (si rialza) Beh, io ho tanto da fare… Oh, abbiamo a pranzo Francois.”

André: “Ah! Devi portarmelo in laboratorio, lo sbalordiremo.”

Hélène: “Posso invitare anche il Professor Augier e gli scienziati del Ministero?”

André: “Oh, no, no, no… Non c’è fretta. Io… io non so ancora come e perché certe cose avvengano. É  troppo importante, troppo incredibile…”

Hélène: “Povero Francois, lui non ci crederà mai… Non restare troppo qua fuori, hai l’aria stanca.”

André: “Sono tutto fuori che stanco.”

Francois arriva puntualmente ed Hélène lo conduce nel laboratorio di André ma, davanti alla porta, trovano un foglietto scritto in pessima calligrafia:

STO LAVORANDO

NON DISTURBATEMI

In quel mentre Filippo chiama sua madre e la donna risale le scale e incontra il figlio davanti alla porta d’ingresso. Il bambino ha in mano una rete per farfalle e le dice, tutto eccitato, di aver catturato una stranissima mosca con la testa e una zampa bianche. Hélène non vuole sentire ragioni e ordina a Filippo di liberarla subito. Il piccolo obbedisce e, uscito di casa, apre la scatolina che contiene l’insetto.

L’inquadratura successiva ci mostra una fin troppo comunissima mosca con in testa una macchia bianca, una pessima resa cinematografica, ma fu una fatica improba, da parte degli addetti al make – up, metterle quel piccolo ma inutile segno in testa.

Terminata la cena la governante, Emma (Kathleen Freeman, 1919 – 2001: Il Mostro Magnetico, Salto nel Buio, il serial Alf, Gremlins 2, il serial I Mostri – Vent’anni dopo, il serial Tesoro, mi si sono ristretti i Ragazzi), rivela ad Hélène che il vassoio contenente cibo e lasciato davanti alla porta del laboratorio, non é stato toccato. La donna risponde rassicurandola che andrà lei stessa a vedere se il marito necessita di qualcosa. Davanti alla porta del laboratorio Hélène chiede ad André se ha bisogno di nulla ed ecco che un foglio viene fatto passare sotto lo stipite. La donna lo prende e inizia a leggerlo ad alta voce.

Hélène: “<Mi è capitato un guaio…> Un guaio? André, cosa è successo? Rispondimi… <Conto su di te perché tu non perda la calma, solo tu mi puoi aiutare. Ho avuto un grave incidente ma, per il momento, non sono in pericolo benché sia questione di… vita o di morte!…> ANDRÉ?! <…É assolutamente inutile chiamarmi od interrogarmi, non posso risponderti, non posso parlare. Dovrai fare esattamente e attentamente ciò che ti dirò. Bussa tre volte per dirmi che capisci e acconsenti, poi portami una tazza di latte con dentro del Rhum…> Tazza di latte?!… André!”

Bussa tre volte per dimostrare che ha capito e risale le scale. Quindi va in cucina e prepara del latte in una tazza versandone un po’ sul pavimento e lasciando la porta del frigorifero aperta.

La governante guarda stupita la donna che prende la tazza con aria angosciata e si dirige verso il laboratorio mentre lei riordina il tutto. Hélène trova un altro biglietto sotto la porta, posa la tazza e lo legge.

Hélène: “<Quando bussi aprirò la porta. Va allo scrittoio e posaci il latte, poi va nella seconda stanza e cerca di trovare una mosca...> Una mosca?! <La riconoscerai facilmente: ha la testa bianca...> Oh, Filippo… André… <Non ucciderla, dalla subito a me. Prima di entrare promettimi di ubbidirmi incondizionatamente. Non mi guardare, parlare è inutile, non posso rispondere. Bussa tre volte per dirmi che ho la tua promessa. La mia vita é nelle tue mani.>”

Riprende in mano il latte e bussa. André le apre. Tiene la mano sinistra nella tasca del camice e ha in testa uno drappo nero. Hélène é entrata e ha appoggiato la tazza sulla scrivania.

Hélène: “Puoi contare su di me.”

Entra nella seconda stanza e si trova davanti a una gabbia di ampie dimensioni. Intanto André si è seduto alla scrivania, ha alzato il drappo e si è chinato sulla tazza. Uno strano rumore fa rabbrividire Hélène, una specie di soffio acuto, un risucchio. La donna rientra nella stanza.

Hélène: “Di qua non c’é. Se non puoi parlare, batti. Una volta per sì e due per no, va bene caro?”

Lui risponde battendo il pugno sullo scrittoio una volta.

Hélène: “Troveremo la mosca domani, te lo prometto. Appena farà giorno comincerò a cercarla. E ora perché non vieni a letto? Ti aiuto io, non ti vedrà nessuno, te lo prometto.”

Due colpi sono la risposta.

Hélène: “Filippo aveva preso una mosca. Ha detto che aveva la testa bianca, io non l’ho vista. Gliel’ho fatta buttar via…”

André si alza di scatto e allunga il braccio sinistro. Quello che Hélène scorge con orrore è una lunga chela nera e pelosa. Lei urla, lui mette il braccio sotto il camice e le indica bruscamente la porta.

La donna esce di corsa piangendo e si appoggia sulla rampa delle scale che porta al piano superiore,  il corpo scosso da violenti singhiozzi. Un foglio scivola sotto la porta che André ha rinchiuso e lei lo raccoglie.

Hélène: “<Ritorna domattina. Scriverò a macchina spiegazioni. Devi essere forte domani, povera cara. Scusami…> Io sto bene adesso, caro, non preoccuparti. Troverò quella mosca. Ti occorre niente, stanotte?”

Due colpi.

Hélène: “Oh, amore, ti prego cerca di dormire un po’… Buonanotte… Buonanotte…”

La donna risale le scale piangendo.

Arriva il mattino ed Hélène si è addormentata vestita sul letto.

Apre gli occhi quasi convinta di aver avuto un incubo ma subito si rende conto dell’amara realtà.

Portando il latte Hélène bussa tre volte alla porta del laboratorio.

André le apre. Ha sempre sulla testa il drappo nero e la mano sinistra è tenuta nascosta nella tasca. Aspetta che la moglie posi il latte sulla scrivania quindi le passa un biglietto e le indica di andarlo a leggere nella seconda stanza. Hélène obbedisce e questa volta legge tutto il messaggio di suo marito mentalmente.

Hélène: “<Ricordi l’esperimento del piattino? Ho avuto un imprevisto simile. Avevo tentato l’esperimento su di me ieri ma, in una seconda prova, una mosca che non avevo vista era entrata con me nel disintegratore. Quando ci siamo reintegrati i nostri atomi si sono mischiati. Ora la mia sola speranza è trovare quella mosca. Dovrò entrare in cabina un’altra volta insieme a lei e pregare che i nostri atomi si separino. Se non la troverai dovrò eliminarmi.>”

Bussa e chiede di poter rientrare. La risposta è un colpo affermativo.

Hélène: “Non preoccuparti, André. Troverò quella mosca, non può essere lontana, però tu non devi parlare di eliminarti André, non devi! Io chiamerò il Professor Augier e gli altri scienziati. Ti aiuteranno.”

André in risposta batte violentemente due colpi.

Hélène: “Non inquietarti, André, io pensavo solo che… Promettimi che per adesso non farai niente.”

Un colpo.

Hélène: “Fammi vedere il tuo viso… io non… non ho paura…”

Due colpi e la mano di André che le indica l’uscita. La donna la prende fra le sue.

Hélène: “Va bene… Va bene, André… va bene…”

Esce. Poco dopo Hélene chiede alla sempre più stupita governante di mettersi a cercare mosche in giro per la casa. Filippo la chiama in giardino per farle vedere il barattolo di vetro dove ha messo tutte le mosche che ha catturato, ma quella bianca non c’è. La donna è sempre più agitata e lo diventa ancora di più rientrando in casa e vedendo che Emma sta dando la caccia agli insetti con l’acchiappamosche. La mosca sembra introvabile ma, a un certo punto, sia Filippo che Hélène la vedono in casa. La catturano grazie a dello zucchero ma nuovamente sfugge per andare a rifugiarsi sulla finestra dalla quale esce grazie a un angolo rotto del vetro. Hélène è disperata e si accascia sulla panchina mentre Filippo cerca di consolarla. É sera e la donna porta la cena al marito.

Hélène: “Noi l’avevamo presa oggi ma ci è scappata fuori in giardino. La cercheremo ancora domani.”

André le passa un foglio che aveva già pronto sulla macchina da scrivere.

Hélène: “Tu mangia mentre io leggo.”

Due colpi sono la risposta. Lo scienziato le indica la seconda stanza e poi inizia a mangiare. Chiudendo la porta dietro di sé Hélène sente nuovamente quel fastidioso rumore.

Hélène: “<Se tu avessi preso la mosca non leggeresti questa cosa. Io so che ormai non la prenderai più, non c’è speranza. Ci sono confini che l’uomo non dovrebbe mai superare. Ora debbo distruggere tutto, ogni prova, anche me stesso. Nessuno dovrà mai sapere cosa ho scoperto: è un pericolo per l’umanità. Ho pensato a come distruggermi ma non è facile e ho bisogno del tuo aiuto.>”

Hélène rientra rapidamente nella prima stanza.

Hélène: “Tu puoi ancora ragionare. Non hai nessun diritto di sopprimerti, non ci dovresti neanche pensare. Hai ancora la tua intelligenza, sei ancora un uomo con un’anima, non hai alcun diritto di sopprimerti. Troveremo quella mosca domani, io ne sono sicura.”

André va alla macchina da scrivere e, faticosamente con una mano sola, comincia a battere un messaggio tralasciandone ovviamente l’ortografia:

NON POSSO ASPETTARE

DA QUESTA MATTINA

NON RIESCO A PENSARE COERENTEMENTE

MIO CERVELLO ATTRAVERSATO

DA STRANI PENSIERI

Hélène: “Se scrivi… Ma tu mi devi dare più tempo!”

Due colpi e poi un altro messaggio battuto faticosamente a macchina mentre la mano deforme comincia ad agitarsi per conto suo.

Hélène: “Perché… perché non vuoi aspettare?”

SENTO MIA MENTE STRAVOLTA

MOLTO DIFFICILE CONTINUARE A PENSARE

Hélène: “Allora devi provare con il Professor Augier e gli altri scienziati, ti aiuteranno, faranno di tutto per aiutarti, vedrai.”

Due colpi secchi e André si alza poi di scatto dalla sedia.

Hélène: “Ho un’altra idea. Ricordi l’esperimento col piattino? Va un’altra volta là dentro, chissà che non riesca.”

Ancora due colpi.

Hélène: “Perché? (intanto André sta pulendo la lavagna) Ti prego, prova, tu devi provare!”

André scrive un breve messaggio sulla lavagna:

HO BISOGNO DELLA MOSCA

Hélène: “Ti prego caro, per amor mio, può darsi che funzioni, ti scongiuro!”

André viene convinto a tentare e l’esperimento viene compiuto regolarmente. Mentre esce dalla cabina Hélène gli va incontro.

Hélène: “Ha funzionato, é vero? Ora sarai come prima, so che ha funzionato!”

Gli leva il drappo scuro e, sotto di esso, una gigantesca testa di mosca la guarda vedendola attraverso i suoi mille occhi sfaccettati. La donna arretra urlando e il mostro avanza verso di lei che continua a urlare fino a che non cade a terra svenuta. Colui che era André si china e la prende fra le braccia deponendola delicatamente sulla branda. Mentre sta per accarezzarla ecco che le convulsioni riprendono.

Il mostro comincia a sfasciare il laboratorio. Hélène rinviene e assiste impotente allo sfacelo di tutta la strumentazione. Poi André prende tutte le sue note e i suoi appunti e li brucia dentro a un bidone fuori dalla porta del laboratorio. Si rimette in testa il telo nero e si dirige verso la lavagna per scrivere qualcosa,

malamente e lottando faticosamente con il suo braccio e la sua mente

INUTILE ORA  AIUTAMI

MA NON VENIRMI VICINO

UCCIDI MOSCA TI PREGO  TI AMO

In stato quasi catatonico Hélène segue André alla fabbrica. L’uomo prepara la pressa e le indica quale bottone premere poi, lottando sempre con il suo braccio, mette la testa sotto il macchinario. Hélène preme il pulsante, il rumore dello strumento in funzione sembra risvegliare la donna che si precipita sotto la pressa per togliervi André ma questi la respinge. Lo strumento scende e compie la sua opera mortale. Purtroppo il braccio é rimasto fuori ed Hélène deve alzare la pressa e mettervi dentro “la zampa” evitando di guardare il cadavere. Quindi rimette in funzione lo strumento…

Francois  e Charas hanno ascoltato la storia in silenzio.

Charas: “Una strana storia, Signora Delambre.”

Hélène: “É impossibile crederci.”

Charas: “E i messaggi di suo marito?”

Hélène: “Li ho distrutti.”

Charas: “Ciò che ha scritto sulla lavagna?”

Hélène: “L’ho cancellato.”

Charas: “Capisco. Beh, io devo andare. Grazie, ho preso atto.”

Hélène: “Ispettore, è stato criminoso distruggere quell’essere?”

Charas: “Chi, l’uomo mosca?”

Hélène: “Non era più André. Non avrei potuto uccidere lui ma sono contenta che l’essere sia morto.”

Francois: “L’accompagno, Ispettore…”

I due escono e Charas parla brevemente con l’infermiera e poi raggiunge Francois che l’aspetta al piano di sotto.

Francois: “Ispettore…”

Charas: “Lei crede a quella storia?”

Francois: “Eh… beh, spiega tanti fatti: l’uso di quella pressa, la mosca, ogni cosa…”

Charas: “Vero, ma le ho chiesto se ci crede. Io sono solo un poliziotto, non un entusiasta di fantascienza, perciò io non credo a ciò che ha detto… Non é accettabile!”

Francois: “Ma lei non… Voglio dire, lei non conosceva André, aveva le prerogative del genio…”

Charas: “Sì, può darsi, ma la materia non può essere trasmessa, è una storia inverosimile!”

Charas apre l’uscio di casa.

Charas: “Tornerò alla dieci col mandato di cattura e con l’imputazione di omicidio. L’infermiera ha ordine tassativo di non lasciarla un momento per nessun motivo.”

Francois: “Ma, Ispettore… potrebbe essere la verità.”

Charas: “É la verità. Per lei. Purtroppo è veramente pazza. Coraggio, non l’impiccheranno…”

Francois: “Beh, io non ne sono certo…”

Charas: “Vorrei poterla aiutare. La signora ha bisogno della sorveglianza costante di un medico, non si può dire chi colpirà dopo André, forse il bambino…”

Francois: “Ma deve esserci qualcosa da fare per provare che…”

Charas: “Sì che c’é. Mi trovi la mosca.”

Charas se ne va e Francois rientra in casa. Parla brevemente con Emma la quale gli dice che ha sì visto la mosca a suo tempo ma che per lei si trattava di un comunissimo moscone blu. Poi Francois inizia la sua ricerca in giardino, accanto ai bidoni dell’immondizia brulicanti di mosche. Si siede sulla panchina ascoltando i rintocchi del campanile i quali gli indicano che le dieci sono già arrivate e non sente la  flebilissima voce che grida: “Aiuto, aiutatemi“  proprio a due passi da lui. La mosca è impigliata in una ragnatela e un grosso ragno la sta minacciando. L’auto della polizia e un’ambulanza entrano nella villa di Hélène. L’Ispettore Charras é arrivato con il mandato e con gli infermieri e Francois va direttamente nella camera da letto della moglie di André che è appena stata svegliata dall’infermiera.

La donna ascolta attonita l’Ispettore parlarle del tremendo capo d’accusa che pende su di lei.

Hélène: “Ma, Ispettore, se le ho raccontato tutto…”

Charas: “Ora sta alla Corte decidere.”

Hélène: “Ma lei ha detto che non era stato un delitto l’uccisione di quell’essere!”

Charas: “Deve venire con noi, Madame.”

Hélène: “Francois, non gliel’hai fatta vedere? Non l’avrai distrutta! Ispettore, l’ha vista!”

Charas: “Temo proprio di no, Signora Delambre.”

Francois: “Ti ho mentito. Non l’ho mai avuta, non l’ho mai avuta…”

Hélène: “Non l’hai mai avuta…”

Francois tenta disperatamente di non far portar via Hélène e la donna, a sua volta, deve essere tenuta ferma e le deve essere praticata un’iniezione calmante. La sua agitazione raggiunge il culmine quando sente, dal piano di sotto, Filippo che la chiama e implora Francois di andare incontro al bambino affinché non la veda in quello stato.

L’uomo esce e incontra il piccolo sul pianerottolo. Dopo avergli spiegato che l’ambulanza e lì per la mamma cerca di tranquillizzarlo promettendogli il cinema. Filippo ne è contento e dice allo zio che ha appena rivisto la mosca con la testa bianca.

Francois: “Hai rivisto la mosca, dove?”

Filippo: “In una ragnatela, il ragno stava per mangiarla. Vicino alla panchina, in giardino.”

Francois: “Ne sei sicuro?”

Filippo: “Oh, sì.”

Francois: “Resta qui un momento.”

Francois risale le scale di corsa e si precipita da Charas.

Francois: “Ispettore, è in giardino, venga presto!”

Charas: “La prego, Monsieur…”

Francois: “L’ha vista Filippo. Le dico che è giù. La scongiuro, venga con me, presto!”

Charas: “(rassegnato) Va bene, mi dica dov’è.”

Filippo porta i due davanti alla ragnatela e così Charas e Francois assistono all’epilogo della tragedia: una mosca con la testa umana che grida aiuto mentre un gigantesco, per lei, ragno, sta per ucciderla.

L’Ispettore prende un sasso e lo scaraventa sull’assassino e sulla vittima. Poi, con aria affranta e sconvolta si siede sulla panchina.

Francois: “Charas… Charas!”

Charas: “Non ci vorrei credere… Ma lei l’ha visto, lei l’ha visto, è vero?”

Francois: “Sì, io… ho visto e ho creduto che lei…”

Charas: “Dio me ne è testimone. Io ho visto quell’essere… É incredibile! Non dimenticherò mai quelle grida per quanto vivrò…”

Francois: “Ha commesso un assassinio non meno di quanto l’ha commesso Hélène. Uno ha ucciso una mosca con la testa d’uomo e l’altra un uomo con la testa di mosca. Se Hélène ha ucciso, ha ucciso anche lei.”

Charas: “Lo so, ma chi mai ci crederà? Ci crederanno pazzi!”

Francois: “Aspetti. Lui aveva tempo di azionare la pressa e mettercisi sotto, potrebbe essere stato un suicidio. La mente di André era sconvolta ed Hélène ha tentato di fermarlo.”

Charas: “E il contacolpi?”

Francois: “Io dimenticai di portarlo a zero l’ultima volta che fu usata la pressa.”

Charas: “Sì… sì… può essere stato un suicidio…”

L’Ispettore si alza di corsa per andare a risolvere la situazione ed evidentemente c’è riuscito se, qualche tempo dopo, troviamo Hélène e Filippo intenti a giocare felicemente a criquet in giardino.

Arriva anche Francois che propone al piccolo di portarlo allo zoo.

Filippo: “Zio?”

Francois: “Sì?”

Filippo: “Sai, la mamma mi ha detto di papà. Una cosa però mi ha detto di chiederla a te. Perché è morto?”

Francois guarda Hélène e poi si siede davanti al bambino.

Francois: “Vedi, Filippo, è morto per il suo lavoro. Lui era come… come un esploratore in un paese ignoto dove non era mai stato nessuno. Era in cerca della verità e aveva quasi scoperto una grande verità, ma per un solo istante si distrasse…”

Filippo: “Fu quello che l’uccise?”

Francois: “La ricerca della verità è il lavoro più importante che esista al mondo… e il più pericoloso…”

Filippo: “A me piacerebbe… a me piacerebbe essere un esploratore come lui, mi ci farai diventare, zio Francois?”

Francois: “Senz’altro.”

Hélène accompagna i due al cancello…

Cinematograficamente parlando Francois manterrà la sua promessa, in La Vendetta del Dottor K (1959) di Edward Bernds, parecchi anni dopo e Filippo si addentrerà nei recessi scientifici e ignoti del padre subendone la stessa sorte ma riuscendo poi a ritornare normale. Così non capiterà a suo figlio e nipoti nel seguito del seguito La Maledizione della Mosca, ancora di Bernds (1965). Senza alcun dubbio il peggiore dei tre. Unico film a colori della trilogia “The Fly” é anche il migliore, eguagliato, se non superato, dallo splendido ed angosciante remake girato da David Cronenberg dove finalmente si abbandona questo stupido titolo italiano del “Dottor K” per la semplice traduzione dell’originale La Mosca.

Al Hedison, conosciuto anche come David Hedison, è nato a Providence, nel Rhode Island, il 20 maggio del 1927 e lo ricordiamo soprattutto nel ruolo del Capitano Lee B. Crane nella serie televisiva Avventure in fondo al Mare e nel ruolo del giornalista Ed Malone nel film di Irwin Allen Mondo Perduto. Per quanto riguarda Patricia Owens, sappiamo solo che è nata nel 1925 ed è deceduta nell’anno 2000. É di origine canadese e ha lavorato molto negli Stati Uniti. La ricordiamo nell’avveniristico e documentaristico Il Leggendario X-15 di Richard Donner (1961), accanto a un giovane Charles Bronson. Ben diverso é il discorso degli altri protagonisti maschili.

Di Vincent Price abbiamo parlato più volte; di Herbert Marshall  vogliamo ricordare che è sempre stato un ottimo ed elegante caratterista. Nel campo fantascientifico si é specializzato nel ruolo dello scienziato e così lo troviamo in Attacco alla Base Spaziale U.S. (Gog) di Herbert L. Strock (1953) e Gli Esploratori dell’Infinito (Riders to the Stars1954) di Richard Carlson, ma non possiamo dimenticare la sua vigorosa e intensa interpretazione in Il Prigioniero di Amsterdam  (Foreign Corrispondent – 1940) di Alfred Hitchcock.

Il film ebbe un budget abbastanza basso per l’epoca: 350.000 dollari ma ha incassato ben tre milioni. É tratto da un romanzo di George Langelaan che ha vinto un premio come miglior romanzo breve di fantascienza nel 1957. La scelta del regista (Kurt Neumann) é stata fatta dai produttori perché il regista aveva precedentemente dimostrato di saper restare entro il budget dei film che girava.

Originariamente il film doveva essere girato in Francia ma i soliti motivi economici hanno dirottato la pellicola su zone meno costose come il francofono Canada. L’ormai famosa sequenza di Patricia Owens vista dagli occhi della mosca e quindi frammentata in tante piccole immagini, fu un’idea del direttore della fotografia Karl Struss perché Neumann era noto per non brillare di eccessiva fantasia. Era veramente Al Hedison che indossava la maschera della mosca, realizzata di proporzioni maggiori, rispetto al corpo, in quanto doveva essere ben visibile e indossabile. La proboscide mobile era attaccata su un supporto di legno che l’attore teneva in bocca. Gli occhi cangianti dell’insetto furono un’aggiunta dell’ultimo minuto e sostituirono quelli precedenti che erano solamente neri. La mano non era all’altezza del resto del trucco ma molto più semplicemente un guanto peloso.

La scena tra Herbert Marshall e Vincent Price davanti alla mosca impigliata nella ragnatela fu appositamente realizzata con gli attori l’uno dietro all’altro perché i due non potevano guardarsi e fare la faccia drammatica senza scoppiare a ridere. Un’ultima nota: il vero nome di Isabelle, il gatto, era Dandelo.

(3 – continua)

Giovanni Mongini