ADRIANA COMASCHI

Il fascino della carta stampata Adriana Comaschi lo ha subito sin da bambina, ancora prima imparare a leggere, ma aveva anche un’altra mania: inventare e raccontare storie. “A quell’epoca – ci racconta la vulcanica narratrice veneziana – la mia vittima preferita, e unica, era mia sorella. Inevitabile che, crescendo e prendendo confidenza con l’alfabeto e la lingua italiana, le mie storie finissero sulla carta assumendo, più o meno, la forma di racconti e romanzi”.

Così, la bambina appassionata di storie aveva deciso che da grande avrebbe fatto la scrittrice. “Per fortuna – aggiunge con l’ironia e la simpatia che le sono proprie -  assieme alla spaventosa quantità di libri che inghiottivo e alla caterva di fogli bianchi che imbrattavo, mi è venuto un po’ di buon senso e ho capito che con la carta difficilmente sarei riuscita a mettere insieme il pranzo con la cena e togliermi qualcuno dei miei costosi capricci. Mi sono rassegnata, ho fatto i miei studi,  mi sono laureata (in scienze sociali, ndr) e ho lavorato per una trentina d’anni per l’Università e il Comune di Venezia, la città in cui sono nata nella notte dei tempi”.

Gli impegni di lavoro però non le hanno mai tolto la passione per la narrativa. Infatti, Adriana non ha mai smesso di leggere e anche di scrivere tanto da aggiudicarsi nel tempo diversi premi e segnalazioni, tra cui nel 1989 il Premio Italia nella categoria Racconti su pubblicazione non professionale con Il Maligno, pubblicato su Inside Star Trek. Ma il successo con il Premio Italia è giunto nuovamente quest’anno con l’assegnazione del prestigioso riconoscimento al suo romanzo fantasy dal titolo L’Artiglio di Fuoco.

Dopo essere stata collocata a riposo dal lavoro, Adriana ha lasciato la sua città e si è dedicata alla scrittura a tempo pieno: “Con il ‘dubbio supporto’ dei miei quattro gatti – continua l’autrice che è anche innamorata dei suoi felini -, un occhio ai miei fogli e uno ai possibili editori. Ho avuto la fortuna di trovarne uno disponibile, la Edizioni Domino, che ora purtroppo ha dovuto chiudere i battenti; ma ormai il gran passo era stato fatto, e dopo la sua chiusura sono riuscita a trovarne altre”.

Tra i  tanti volumi pubblicati ne citiamo alcuni: Sabja de Fek e altri racconti (Ed. Domino, 2010), il titolo è in lingua ladina, in italiano significa ‘Spada di fuoco’ e si tratta appunto di una raccolta di leggende e storie ladine; Il Condottiero delle Isole (Ed. Domino, 2011), segnalazione del Premio Cittadella del 2012; Lo Stregone dei Ghiacci (Ed. Domino, 2013), finalista al Premio Italia 2014, per finire al fortunato  L’Artiglio di Fuoco (Ed. Domino, 2014). Abbiamo chiesto ad Adriana Comaschi di parlarci delle sue opere, ma anche di raccontarci qualcosa di lei:

CHE SIGNIFICATO HA PER TE SCRIVERE E QUAL E’ IL SENSO CHE INTENDI DARE ALLE TUE STORIE?

Scrivere ha più di un significato per me: prende il posto di molti degli svaghi cari al mio prossimo, e che invece a me non interessano; mi permette di vedere più chiaro dentro di me, e di trovare il modo di esprimermi; è la maniera con cui riesco a dar vita a pensieri, situazioni, personaggi che urgono nel mio cervello, chiedendo di vivere; è la mia compagnia, l’amico con cui posso parlare. E, per dire la verità, è anche un mezzo per non dar fondo alle mie finanze in libri che poi magari non mi soddisfano.

LA TUA PRODUZIONE ROMANZESCA E DI RACCONTI SI BASA PER BUONA PARTE SUL FANTASY. C’E’ UN MOTIVO PRECISO CHE TI PORTA A ELABORARE QUESTO TIPO DI NARRAZIONI?

Il fantasy è, a mio parere, il genere letterario più libero, soprattutto ora che è venuta in auge la commistione di generi, che a me non piace, ma che molti apprezzano. Io, come ho sempre detto, più che una scrittrice sono una “inventa- storie” e in una storia fantasy posso lasciare completamente libera la mia fantasia. Posso inventare mondi, caratteri, casi e avventure senza dover tenere conto della realtà e della storia. Non che quest’ultima mi dispiaccia, anzi negli ultimi tempi mi sta appassionando sempre di più, tanto che ho già scritto due brevi compendi storici, uno sui Celti (già edito dalla Edizioni Domino nel 2013) e uno sui Vichinghi, al momento in visione presso un altro editore; per di più sto lavorando su un giallo storico, ambientato nella Torino del 1831, e lo stesso romanzo Cadavere a mare è, se non storico, almeno, retrò! Ma scrivere fantasy in un certo senso mi diverte di più, o meglio, visto che anche le ricerche mi piacciono molto, mi permette di abbandonarmi ai capricci della mia fantasia, staccandomi dalla realtà.

HAI DETTO CHE DA RAGAZZINA ERI UNA DIVORATRICE DI LIBRI E, IMMAGINO, CHE TRA QUESTI CI FOSSERO LE FIABE E LE FAVOLE. QUALI HAI LETTO? QUANTO E’ IMPORTANTE IL LORO VALORE EDUCATIVO?

Da ragazzina e da adulta. Ero una divoratrice di qualsiasi cosa stampata su carta sulla quale riuscivo a mettere le mani. Difficile dire quali fiabe e favole ho letto, riletto e commentato: credo più o meno tutte, italiane e straniere. A otto anni, esauriti i normali libri per bambini mi sono messa a leggere l’Orlando furioso di Ariosto. Versione poetica integrale, naturalmente: l’unico tipo di libro che mi era interdetto erano le cosiddette versioni per ragazzi. L’ho letto per quattro anni e mi sono divertita moltissimo. Disegnati i personaggi principali in carta, mia sorella e io ci abbiamo anche giocato, inventando nuove avventure. Quanto al valore educativo bisogna intendersi meglio: non credo tanto nella “morale”, che spesso troviamo quasi imposta in molte storie fantastiche e segnatamente nelle fiabe, ma piuttosto nella loro capacità di farti crescere e insegnarti a pensare.

TRA LE TUE ESPERIENZE C’E’ ANCHE QUELLA DELL’ INSEGNAMENTO. CREDI CHE LA LETTERATURA FANTASTICA ABBIA SPAZI ADEGUATI NEI PROGRAMMI SCOLASTICI  E/O  UNIVERSITARI?

Decisamente no. Anzi, posso aggiungere che è vista come un genere “inferiore”, tanto che nel 1962 Tolkien, che era stato proposto da Lewis per il Premio Nobel per la letteratura, fu scartato perché i suoi lavori vennero definiti: “prosa di seconda categoria”. E se questo è successo  a Tolkien…

QUEST’ANNO SEI STATA TRA I VINCITORI DEL PREMIO ITALIA CON IL ROMANZO “L’ARTIGLIO DI FUOCO”, CHE RIENTRA NELLA SAGA DEL “DUCA DI NORLANDIA”. CE NE VUOI PARLARE? CI SARANNO  ULTERIORI EPISODI?

A L’Artiglio di Fuoco, che è il quarto volume della Saga del Duca di Norlandia, seguono altri due volumi, Il Rinnegato e L’Incantatore, pubblicati ambedue in italiano nel 2015 da una casa editrice americana, la Inknbeans, perché purtroppo la  Editrice Domino ha chiuso. Sempre la Inknbeans ha acquistato tutta la Saga, che dovrebbe quindi uscire  anche in inglese, ma… campa cavallo che l’erba cresce e la traduzione va avanti! L’Incantatore conclude la saga, anche se avrei ancora altro materiale. Ma penso che il Duca (il protagonista della serie)  ne abbia più che abbastanza, e senza dubbio ne hanno più che abbastanza i miei quattro lettori.

INVECE SABJA DE FEK E ALTRI RACCONTI E’ UN’ANTOLOGIA DI LEGGENDE LADINE…

Fin da bambina ho passato parte delle mie vacanze nelle valli ladine, affascinata dalla bellezza di quelle incredibili, meravigliose montagne; a quell’epoca era ancora possibile trovare qualche anziano che ricordava  le vecchie storie del suo paese, e il tapino veniva regolarmente torturato da una ragazzina occhialuta e inesorabile, munita di penna e taccuino, che le voleva sentire. Poi ho scoperto che altri, molto più bravi di me, le avevano già scritte e interpretate. Così ho fatto man bassa su quei testi, mentre cresceva in me il desiderio di raccontare quelle storie a mia volta, dandone una mia versione. Quando poi il mio progetto ha destato l’interesse della Edizioni Domino, ho aggiunto ai racconti una prefazione con dei cenni sulla geografia, la storia e la civiltà ladina: così è nato Sabja de Fek e altri racconti, recentemente acquistato e pubblicato in inglese dalla Inknbeans, la casa editrice americana che ha già stampato gli ultimi due volumi della Saga del Duca di Norlandia. Ho cercato di riproporre almeno in parte questo modello per una raccolta di leggende italiane, al momento al vaglio di un’altra casa editrice, e sto raccogliendo materiale per un secondo volume imperniato sul leggendario ladino, progetto piuttosto ambizioso. Vedremo: ‘se saran rose, fioriranno’.

FANTASCIENZA E FANTASY APPARTENGONO ENTRAMBE ALLA LETTERATURA  FANTASTICA. CHE RAPPORTI RITIENI ABBIANO TRA LORO? E’ POSSIBILE UNA CONTAMINAZIONE TRA QUESTI DUE SOTTOGENERI? COSA PENSI DELLA FANTASCIENZA? NE HAI MAI SCRITTA?

In teoria dovrei dire che la fantascienza si differenzia dal fantasy perché ha le sue radici nel romanzo scientifico e un verosimile fattore scientifico dovrebbe essere un suo requisito essenziale, e invece il fantasy nasce dal mito, dalle leggende, dalle fiabe popolari e ha come sua caratteristica fondamentale il soprannaturale e la magia, mentre elemento comune ad ambedue i generi è l’avventura. In realtà il confine tra i due è piuttosto labile, tanto che ci sono dei romanzi di difficile attribuzione, come per esempio tutto il Ciclo del Torturatore di Gene Wolfe e almeno in parte il Ciclo del Sole Nero di Friedermann. Ho letto anche molta fantascienza, a cominciare dal classico Asimov, tuttavia devo dire mi affascina meno del fantasy, proprio perché è in un certo qual modo più ancorata a un qualcosa di reale… nella fattispecie a un qualcosa di simile alle materie scientifiche, che l’Adriana liceale detestava. Anni fa ho anche scribacchiato qualcosa, ma solo per la fanzine Inside Star Trek e quindi a livello amatoriale e su uno scenario già delineato.

STAI PER PUBBLICARE UN GIALLO AMBIENTATO IN LIGURIA. ANCHE IL NOTO SCRITTORE PIERO CHIARA (1913-1986), TRA I SUOI LIBRI SCRISSE IL ROMANZO GIALLO DAL TITOLO SALUTI NOTTURNI DAL PASSO DELLA CISA AMBIENTATO TRA LA LOMBARDIA E PROPRIO LA LIGURIA. COME MAI HAI SCELTO QUEST’ULTIMA REGIONE PER IL TUO GIALLO? QUALI SUGGESTIONI OFFRE A TUO PARERE QUESTA TERRA A UNO SCRITTORE? TI E’ CAPITATO DI LEGGERE I LIBRI DI PIERO CHIARA? COSA PENSI DELLA SUA OPERA?

Il mio “giallo ligure”, è già uscito nella primavera di quest’anno con il titolo di Cadavere a mare, edito da Tabula Fati. L’ho ambientato in Liguria, e precisamente tra Zoagli e Chiavari, perché conosco abbastanza bene quella zona e lì ho amici, cose queste che – spero – mi hanno impedito di fare grossolani errori nel descrivere quei paesi e la vita che si faceva là negli anni ’50. Inoltre, mi è piaciuto dare uno sfondo ricco di colori e di bellezza a una storia tragica, come necessariamente è un ‘giallo’, quasi a contrapporre le cattiverie, grandi o piccole, dell’essere umano allo splendore della natura. Conosco abbastanza bene Chiara perché ho letto parecchi dei suoi libri – e qui ricorderò soltanto Il piatto piange, I giovedì della signora Giulia, La stanza del vescovo e Il vero Casanova - e apprezzo grandemente – magari dovrei dire “invidio”- la sua capacità di rendere vivi e interessanti anche i piccoli avvenimenti della provincia italiana, merito anche del suo stile che sa essere contemporaneamente ironico e malinconico.

TI PONGO UN’ULTIMA DOMANDA PRIMA DI LASCIARTI AI TUOI IMPEGNI: SEI UN’AMATRICE DI GATTI, ATTUALMENTE NE HAI QUATTRO CHE ABITANO LA TUA CASA. PREVEDI (AL PARI DI ANNARITA GUARNIERI CHE HA DEDICATO DUE LIBRI AI SUOI CANI) DI SCRIVERE QUALCHE OPERA, FIABA O SAGGIO RISERVATO A LORO?

No, credo di no. Per i miei adorati gatti ho scritto filastrocche e improvvisato canti di lode, ma la  cosa è restata e resta tra me e loro. Ritengo che sia impossibile raccontare di loro senza parlare anche di me, e non penso proprio di essere un soggetto minimamente interessante per un povero lettore.

Filippo Radogna