LA BESTIA DEL GEVAUDAN

La prima vittima ufficiale della Bestia fu Jeanne Boulet, una pastorella quattordicenne del villaggio di Les Ubas, parrocchia di St. Etienne de Lugdarés, mentre portava le bestie al pascolo nelle alte radure della zona collinare del Gévaudan.
La Bestia, così sarà chiamata la belva che terrorizzò quella zona montuosa di oltre 5000 chilometri quadrati, aveva comunque già attaccato una ragazza all’inizio del mese, ma era stata messa in fuga dalle vacche al pascolo.
In ogni caso, solo in quei sei mesi del 1764 uccise 22 persone, buona parte divorate e persino decapitate. Nonostante l’invio, da parte di re Luigi XV, di un reparto di dragoni comandati dal capitano Duhamel, il mostruoso animale, descritto della grandezza di un vitello di un anno e ferocissimo, era imprendibile. Malgrado numerose battute, alcune con oltre 20.000 uomini e centinaia di cani, la belva continuava a mietere vittime, in alcuni casi anche quattro in un giorno, e sembrava essere contemporaneamente in luoghi molto lontani e per di più del tutto invulnerabile alle fucilate.
Finalmente è uscito in questo periodo un libro in italiano sulla famosa vicenda della Bestia del Gévaudan: si tratta di una cronistoria attenta ed esaustiva che, attraverso un approccio naturalistico e lo scrupoloso esame degli atti storici, porta alla luce nuovi dati di fondamentale importanza per l’identificazione della misteriosa belva antropofaga. Quella trattata nel libro non è leggenda ma storia. Il libro esamina dettagliatamente la documentazione storica e, basandosi particolarmente sul comportamento della belva e sulla modalità degli attacchi, nonché sull’autopsia dell’animale fatta all’epoca dai chirurghi, svela il mistero della cosiddetta Bestia. Non si trattava di un misterioso animale esotico o di un mostruoso ibrido, ma solo di un colossale lupo. Anzi, di un piccolo nucleo di lupi divenuti antropofagi, di cui l’ultimo e terribile esemplare, dall’aspetto effettivamente abnorme, era molto probabilmente affetto da acromegalia, una rara forma di gigantismo. Pertanto la Bestia del Gévaudan, così come quella di Cusago che nello stesso secolo fece strage nei pressi di Milano o quella di Corfinio che fece molte vittime in Abruzzo nel 1839, si rivela essere un lupo, divenuto antropofago per una serie di fattori, non ultima la scomparsa delle sue prede naturali perpetrata dall’uomo stesso.
Sulla vicenda del Gévaudan tra l’altro, pochi anni fa, è stato girato il film di grande successo “Il patto dei lupi”, con Monica Bellucci e Vincent Cassel.
Ma torniamo alla storia della Bestia, affamata e imprendibile, come dimostra il libro di Todaro, in quanto si trattava in realtà di un piccolo branco e non di una sola Bestia.
Nel 1765 il re, imbarazzato dalle critiche interne e internazionali, aumentò la taglia sull’animale all’iperbolica cifra di 9400 franchi, pari a 33 anni di lavoro di un salariato agricolo. Oggi equivarrebbero a oltre 700.000 euro. Inoltre diede l’incarico di uccidere la Bestia al nobile normanno Jean Charles d’Enneval, un famoso cacciatore che si diceva avesse abbattuto 1200 lupi, nonché rappresentante di prestigio della Louveterie, uno speciale corpo di cacciatori creato oltre 450 anni prima proprio per distruggere lupi e altre belve. Benché in pochi mesi d’Enneval fosse riuscito, con la sua muta di cani specializzati in questa caccia, a uccidere ben settantaquattro lupi, la Bestia continuò la strage.
Luigi XV allora lo sostituì con François Antoine, avente la carica di Porta Archibugio del Re e di Grande Louvetier del Regno. Nel mese di settembre dello stesso anno, finalmente Antoine durante una battuta uccise un gigantesco lupo di oltre 70 kg. e alto alla spalla quasi un metro. Senza dubbio era una delle Bestie, ma non la sola. Per Luigi XV la questione era chiusa e tributò ad Antoine grandi onori e ricompense.
Tuttavia, dopo un periodo di pausa, gli attacchi ripresero ma a questo punto Luigi XV non intervenne più e anzi ordinò la censura sul caso. In effetti, cessando la produzione di atti e documentazioni sugli attacchi, è molto probabile che le vittime siano state molte di più di quante a nostra conoscenza oggi.
A risolvere il caso della Bestia, intanto giunta a oltre 116 vittime accertate (di cui 14 decapitate, forse a causa del trascinamento dei cadaveri una volta afferrati con le fauci dall’animale), fu il cacciatore locale Jean Chastel, il quale durante una battuta uccise la belva nel giugno 1767, quindi dopo ben quattro anni di tragedie.
Ancora oggi alcuni ritengono che l’animale fosse un ibrido mostruoso, una iena o un animale esotico misterioso. Altri pensano all’azione di un gruppo di assassini per motivi politici. Ma l’esame della Bestia, l’ultima e più temibile, e della quale esiste una dettagliata autopsia, ha fatto propendere l’autore del libro, Giovanni Todaro, verso una spiegazione più semplice. La Bestia uccisa da Chastel, pesante oltre 50 chili, era un enorme lupo probabilmente affetto da acromegalia, come dimostrano le sproporzionate zampe (16,2 cm. di lunghezza x 12,2 cm., grandi quasi quanto quelle di una tigre) e l’abnorme testa, i cui muscoli temporali e masseteri superavano in totale i tre chili di peso (un bulldog arriva a 250 grammi totali) ed esprimevano probabilmente una pressione di oltre 700 kg., pari a quella di una iena maculata. L’acromegalia è una rara malattia che colpisce anche gli esseri umani, come nel caso del lottatore Andrè “The Giant” e del campione di pugilato Primo Carnera. Testa, torso, braccia e mani diventano spropositatamente grandi e robuste. Jean Chastel comunque non ricevette dal re alcun premio.

Il libro “La Bestia del Gévaudan”, scritto dal giornalista Giovanni Todaro, autore di altri testi naturalistici, non è in vendita nelle librerie, ma attraverso il circuito Internet della casa editrice internazionale Lulu.com. (278 pagine, € 19,90).

02/09/2007, Davide Longoni