Vi segnaliamo un altro libro degno di arricchire la vostra biblioteca fantastica personale. Si tratta del primo romanzo di Giorgia Vanessa, intitolato “Nel verde profondo” (264 pagine, €14.50) e pubblicato da &MyBook.
Vediamo insieme la trama, giusto per solleticare la vostra curiosità. L’ingaggio perfetto per Ness, artista errante di trent’anni, arriva inaspettato. Senza esitazioni e pregustandone la pura bellezza, parte per il Parco Nazionale di Banff, in Canada, dove lavorerà come assistente scenografa su un set cinematografico. Ma, viaggiando verso nord, Ness non può sapere che proprio in quello sperduto paradiso verde incontrerà un giovane uomo in grado di danneggiare, con un’intensità a cui non è preparata, il muro che si è meticolosamente costruita attorno, obbligandola ad affrontare quella parte del suo passato, e di emozioni, che crede da tempo sepolta. Ma ancor meno può sospettare che quei boschi remoti nascondano una misteriosa realtà, sconosciuta alla scienza moderna e ormai dimenticata anche dai discendenti dei rari pellerossa che ne ebbero testimonianza. Dimenticata da tutti, tranne uno!
Le fondamenta della storia si ancorano nella realtà che conosciamo, poi modellata per impedire alle leggi che regolano la nostra dimensione di vincolare le azioni e la crescita dei due personaggi principali.
Dall’incontro casuale di Ness e Arthur, due individui apparentemente diversi e senza punti di contatto, nasce il percorso di una riscoperta, di un ritorno. Ai mille obiettivi artificiali della società contemporanea, alla superficialità dei rapporti tra le persone, si contrappone la ricerca della connessione alla Natura, all’impareggiabile bellezza che la caratterizza.
Per ritrovare la capacità di fondersi alla libertà selvaggia, per essere in grado di riconquistare il sentire istintivo che permette di sintonizzarsi con il potente respiro della Terra, la strada che dovranno percorrere i protagonisti non è facile, non spianata, non senza imprevisti e difficoltà grandi e piccole. Dovranno guardarsi dentro, dovranno affrontare scelte, dovranno confrontarsi con la durezza della realtà attuale. E nei momenti più bui, quelli in cui tutto sembra perduto, porte inaspettate possono aprirsi su sentieri oltre il conosciuto… se si ha il coraggio di varcarne la soglia. Ma in quel passo decisivo, indispensabile per uscire dall’ordinario, può essere celato tanto potere quanto pericolo e non sempre è possibile, o saggio, evitare la lotta.
Dove trovare il coraggio di battersi senza esitazioni? Dove la forza per non crollare? Dove se non nel motore inarrestabile per eccellenza, nel più potente? Dove se non nell’amore?
Romanzo dinamico e ricco di immagini, “Nel verde profondo” celebra la bellezza della natura selvaggia, di quella della Terra come di quella nascosta dentro alcuni rari esseri umani, l’amore senza confini che la alimenta e il desiderio di difenderla.
Giorgia Vanessa è nata a Milano nel 1971. Dopo il diploma di Liceo Artistico e la specializzazione in fumetto, intraprende un percorso lavorativo di ampio respiro come pittrice – decorazione murale di stampo naturalistico – e come danzatrice, insegnante e coreografa – danze tradizionali femminili.
All’inizio del 2009 riscopre il fascino racchiuso nel raccontare una storia, le infinite possibilità celate nelle parole, il loro potere di intrecciare la fantasia alla realtà; da questa riscoperta nasce “Nel verde profondo”, il suo primo romanzo. Giorgia Vanessa da sempre ricerca il lato naturale della vita e dell’arte, sia espressa con tratti, movimenti o parole.
E se ancora non siete convinti, leggetevi questo estratto del 4° capitolo… e non potrete fare a meno di innamorarvi di questo romanzo!
“Un suono ovattato richiamò la mia attenzione verso la linea degli alberi, scrutai nel verde senza trovare movimento; le mie orecchie non erano sicure di aver veramente sentito qualcosa ma, indubbiamente, qualcosa mi aveva fatto uscire di colpo dai miei pensieri. Rimasi concentrata sul limitare della foresta e mi sembrò di vedere, in linea con la posizione dove ero sdraiata io, la vegetazione muoversi; restai in attesa, lo sguardo fisso, pronto. Un altro suono ovattato, quasi inudibile, attirò i miei occhi verso un altro punto lungo il bordo del bosco; nell’ombra c’era qualcosa, non era solo il verde a muoversi, ma una sagoma più scura. Scrutai ancora, passando a setaccio le ombre e la vidi, una figura troppo distante perché riuscissi a riconoscere cosa fosse, ma sicuramente eretta. Mi tirai su di scatto, appoggiandomi ad un gomito; nello stesso istante la presenza sparì nella foresta ad una velocità impressionante, di certo non umana.
“Tutto ok, Ness?” La voce di Tom mi raggiunse a fatica, sovrastando appena il suono della cascata. Mi girai, sorridendo mentre mi alzavo, e in un attimo ero davanti a loro.
“Tutto ok?” ripeterono, l’espressione vigile.
“Non so” ammisi, “mi è parso di vedere una sagoma a bordo bosco, nell’ombra degli alberi. Sembrava essere in piedi, nel senso su due gambe, ma non credo fosse un orso, era troppo piccola, affusolata. Dopo un attimo è sparita tra le foglie, velocemente, troppo velocemente.” Mi fermai un attimo dubbiosa, poi sorrisi. “Mi sa che il sole mi ha dato alla testa.”
Risero, rilassando i volti, ma qualcosa nell’espressione di Tom mi incuriosì, non riuscivo a decifrarla. Decisi di non insistere, dopo tutto lui conosceva quei luoghi alla perfezione, se ci fosse stato pericolo si sarebbe comportato di conseguenza.
Mi stirai, completamente questa volta, con le braccia stese verso il cielo e un verso di piacere nella gola.
“Faccio due passi tra le rocce… lontana dagli alberi” aggiunsi per evitare di farmi accompagnare.
“Ok, a dopo.”
“A dopo” risposi gentile guardando prima uno e poi l’altro, e senza perdere il controllo quando cercai deliberatamente gli occhi di Arthur. Bene, le cose andavano veramente meglio.
Tornai alla pietra piatta a recuperare le mie cose, allacciai il cinturone ai fianchi e, preso da una tasca un pacchetto di biscotti che avevo portato per i piccoli animali selvatici, mi incamminai tra i massi. Dopo aver controllato che non mi stessero guardando, iniziai a distribuirli in angolini nascosti, lasciandoli qua e là mentre camminavo. Ogni volta che ne posavo uno nell’erba ringraziavo silenziosamente quel luogo per essere stato così gentile da permetterci di invadere la sua pura bellezza, ogni volta sentivo una piccola esplosione di gioia zampillarmi dentro. Era per quello che volevo essere sola in quel momento, non volevo che vedessero quello che stavo facendo, sentivo quel gesto troppo intimo per doverne dare spiegazioni. Lasciai gli ultimi dolcetti nella parte più lontana di quel prato enorme e mi girai verso la direzione da dove ero venuta.
Una scossa di pura gioia attraversò potente tutto il mio corpo; trattenni a fatica il grido di felicità che stava letteralmente esplodendomi da dentro, non volevo spaventarli, e mi misi a correre tra i massi, saltando, sfrenata, folle. Senza rallentare le mia corsa slacciai la cintura, la lanciai ai piedi di un alberello solitario e iniziai a fare capriole sull’erba. Fuori dal campo visivo degli altri il mio gioco poté continuare indisturbato fino a quando, con l’ennesima capriola, mi ritrovai sulla riva del ruscello, vicino alla cascata.
Rimasi un attimo seduta dove mi ero fermata, immobile; poi scattai in piedi e mi sporsi a guardare il salto dell’acqua, non accorgendomi che i miei compagni mi stavano fissando ridendo, con aria stupita e divertita. Dopo tutto quel giocare sfrenato nell’erba ero accaldata, di botto sentii esplodere in me l’impulso di lanciarmi insieme all’acqua, giù, nella pozza trasparente. Mi voltai di scatto verso di loro e, senza notare la loro espressione incredula, mi fiondai di corsa nella loro direzione arrivando direttamente in ginocchio al fianco di Tom.
Spalancarono gli occhi ma io non ci badai e chiesi con voce sovreccitata:
“Tom… posso saltare dalla cascata?”
Anche le loro bocche si spalancarono, in sincrono.
“Cosa?” La voce di Tom era sorpresa ma divertita ed io lo interpretai come un mezzo permesso, evidentemente sapeva che non era pericoloso.
“Dai, posso?” lo pressai.
“L’acqua è gelida!” Stava trattenendo una risata con fatica.
“Lo so, ma ho caldo.” Indicai il volto paonazzo e sudato con l’aria più innocente che potessi assumere.
“Se proprio ci tieni…”
“Grazie, Tom!”
In un baleno mi alzai ma mi bloccai dopo due passi, girandomi di scatto verso di loro e aggiungendo con voce candida, da bambina:
“Voi non sbirciate, devo togliermi i vestiti se no si bagnano.”
“O-k” sillabò di risposta.
Corsi alla cascata, mi spogliai senza neanche controllare che stessero mantenendo la parola, trovai una sporgenza abbastanza solida da reggermi, mi aggrappai con le dita dei piedi al bordo bagnato incurante dei brividi causati dalla temperatura dell’acqua e mi lanciai, saltando verso l’alto e in avanti.
Io e le gocce, cadevo con loro, una di loro.
Precipitai per un breve istante, i capelli mossi dall’aria della caduta, e tra gli spruzzi raggiunsi la polla cristallina. L’impatto fu scioccante, l’acqua era veramente gelida e, per un attimo, tutto il mio corpo si ritirò su se stesso. Riemersi, trionfante, e nuotai velocemente verso la sponda.
Uscii subito dall’acqua e mi misi in piedi nel sole, scrollandomi le gocce fredde di dosso come avrebbe fatto un animale. Senza pensare razionalmente perlustrai con lo sguardo le pareti erbose a lato della bianca colonna liquida, individuai l’unico punto in cui potevo risalire, senza esitazione lo imboccai e, aiutandomi con le mani, iniziai la breve arrampicata. Con mia sorpresa, quando sbucai con la testa a livello del prato, mi trovai di fronte le schiene di Arthur e Tom.
Erano seduti rivolti nella direzione opposta, sempre impeccabilmente discreti; Tom, il braccio steso all’indietro, mi porgeva un asciugamano.
“Oh” riuscii solo a dire mentre prendevo il largo tessuto di spugna e me lo avvolgevo addosso. Con due passi mi ritrovai di fronte a loro, stavano facendo di tutto per non ridere; li guardai un attimo, ancora al massimo dell’eccitazione, poi esplosi:
“Fantastico! Posso rifarlo?”
Evidentemente quello fu troppo. Scoppiarono contemporaneamente in una risata fragorosa, piegandosi in avanti mentre i loro corpi sussultavano; io rimasi ferma, ancora troppo presa dall’entusiasmo. Si ricomposero, mi guardarono e Tom si rivolse a me con aria dolce e paterna:
“Ness, hai le labbra blu e la pelle d’oca. L’acqua è troppo fredda, che ne dici di rimandare ad un’altra volta?”
Mi rilassai, le mie spalle si abbassarono lievemente e sospirai, rassegnata:
“Ok, pà, come vuoi.”
Un secondo di silenzio e riprendemmo a ridere.
Quando riuscimmo a tornare almeno un poco più tranquilli si alzarono, dirigendosi verso le loro cose per lasciarmi da sola ad asciugarmi e rivestirmi. Mentre si allontanavano sentii Arthur chiedere a Tom, divertito:
“Da quando conosci questa selvaggia?”
La loro risata si perse nel canto della cascata.
Mi rivestii con calma, il sole che riscaldava la mia pelle e, mentre arrotolavo i capelli nell’asciugamano, ebbi la netta sensazione di occhi fissi sulla mia schiena. Mi girai di scatto e la mia bocca si spalancò; la stessa sagoma che avevo visto un’ora prima mi fissava, immobile, sempre abbastanza lontana da non essere riconoscibile. Tempo di sbattere una volta le palpebre e la strana figura era sparita, inghiottita dal verde. Rimasi un secondo a guardare, scrollai un poco la testa e raggiunsi gli altri”.
Il resto lo trovate tra le pagine di “Nel verde profondo” di Giorgia Vanessa.
Buona lettura!