GLI ULTIMI GIORNI DEL MONDO (1959) – PARTE 07
SPACE-MEN
Verso la fine degli anni Cinquanta un regista, del quale abbiamo già parlato più volte, si cimenta con il suo primo film, una pellicola di fantascienza totalmente italiana, girata “nello spazio” di quattro settimane con il costo di 48 milioni. S’intitola Space-Men, incasserà circa dieci volte tanto e lancerà il suo regista nell’universo della fantascienza prima e dell’orrore poi. Il suo nome è Antonio Margheriti (1930 – 2002), ma noi lo conosciamo anche come Anthony Daisies e successivamente come Anthony Dawson.
Il film, alla sua uscita, viene volontariamente fatto passare per una pellicola americana, per cui il suo regista si firmò, appunto, Anthony Daisies, ma il mercato americano rifiutò questo nome perché da loro “Daisies” è come dire “omosessuale” per cui da noi rimase Daisies, mentre negli Stati Uniti Space-Men uscì firmato Anthony Dawson e con il titolo “Assignement: Outer Space”.
Ma le seccature non erano finite qui perché, in Inghilterra, esisteva già un Anthony Dawson, un attore, meglio un caratterista, che noi possiamo ricordare, ad esempio, nel film 007: Licenza di Uccidere dove fa una fugace apparizione prima di essere ucciso dal nostro agente segreto. Per evitare ulteriori rogne Margheriti si firmò, definitivamente, come Anthony M. Dawson.
La pellicola si apre con una didascalia che faceva poi la da lancio pubblicitario al film ed era, infatti, fedelmente riportata sulla pubblicità di corredo ed anche sui “flani” che apparivano sui giornali.
NESSUNA SCENA DI QUESTO FILM
SI SVOLGE SU QUEL PIANETA
DEL SISTEMA SOLARE
CONOSCIUTO COL NOME TERRA
Assistiamo però a una brevissima sequenza che vede un razzo staccarsi dalla superficie del nostro pianeta e lanciarsi nello spazio, unica digressione alla dichiarazione appena fatta.
Il lancio è quello di un modellino, per la precisione un “Atlas” realizzato in kit di montaggio dalla casa americana “Revell” che diventa poi, nello spazio, un progetto di missile spaziale della “Lindberg”, altra casa di modellismo americano, oggi non più esistente.
Questi modellini, di plastica leggera, venivano rivestiti all’interno, all’altezza degli ugelli di scarico, con dei tubi di metallo in modo da non fondere la plastica, ma non sempre la cosa riusciva perfettamente e si assisteva così, invece che al poderoso distacco di uno stadio di un missile nello spazio, allo squagliarsi indecoroso dello stesso e a una fiammata puzzolente che lasciava nel freddo e gelido cosmo un insolito odore molto terrestre di plastica bruciata…
Mentre l’astronave entra in orbita attorno alla Terra, la solita, opportuna voce fuori campo, ci informa di ciò che sta accadendo.
“La storia di questo film è ambientata nel futuro, quando la grande avventura umana della conquista dello spazio è diventata realtà e gli uomini, fondate nuove colonie, si preparano a spingersi oltre lo stesso sistema solare. L’astronave BZ-88, partita da una base terrestre, sta dirigendosi verso la stazione spaziale ZX-34, tappa obbligata per ulteriori itinerari celesti… Gli uomini dell’equipaggio hanno superato l’immane sforzo del superamento dell’attrazione terrestre in stato d’ibernazione. L’organismo umano ha subìto un processo di congelamento che ha provocato la morte apparente… ma ecco, all’improvviso, ubbidendo alle sollecitazioni di un cervello elettronico, il cuore ricomincia a battere, i polmoni riprendono la loro funzione, il sangue torna a fluire… l’uomo riacquista lentamente le sue facoltà e le sue capacità vitali… Tutto viene restituito all’uomo, tranne il peso… Per effetto della mancanza di forza di gravità l’uomo si muove leggero, trattenuto al suolo da speciali stivaletti magnetici… Egli è ormai uno Space Man, un uomo dello spazio.”
Agli albori dell’era spaziale, tra i pericoli e le preoccupazioni che facevano parte degli studi degli scienziati della NASA, l’ente americano preposto allo spazio, c’era anche il problema della partenza dei missili con uomini a bordo. Abbiamo visto e letto tante volte come queste improvvise accelerazioni potessero sconvolgere l’organismo umano. Nel film Uomini sulla Luna o La Conquista dello Spazio per citarne solo due, ma sarebbero a decine, compreso questo, i lineamenti degli astronauti si deformavano sotto la spinta di partenza del missile: la realtà ha molto ridimensionato tutto questo ed anche l’allenamento alla centrifuga alla quale venivano poi sottoposti gli astronauti, ha reso questo pericolo quasi inesistente. Ma, all’epoca, una delle soluzioni che il regista ha poi applicato nel suo film, era quello di addormentare, se non ibernare gli astronauti, in modo da far sopportare loro senza traumi le fasi della partenza dalla madre Terra.
Un veterano dello spazio, un uomo di colore la cui sigla vistosamente applicata sulla schiena è K-15 , ma che risponde al nome di Al (Archie Savage, 1914 – 2003), esce dal suo sonno e prende contatto con la loro destinazione: la stazione spaziale ZX-34 e li avvisa che sta per spedire loro una parte del carico costituita da un novellino spaziale, il giornalista Ray Peterson (Rik Von Nutter, 1929 – 2005).
Mentre il co-pilota, svegliatosi dal suo sonno artificiale, riprende a sua volta la sua postazione, Al sveglia Ray, gli mette in mano la sua cinepresa e, dopo averlo definito “un pidocchio” nel senso di parassita spaziale, lo spedisce, dalla camera di decompressione, verso la stazione spaziale. Il viaggio nello spazio del giovane astronauta, si svolge in un alone verdastro che circonda ogni cosa attorno. Il regista era convinto che, nello spazio, i colori non si vedessero, per cui girò tutte le scene, cosiddette spaziali, in bianco e nero, salvo poi accorgersi della topica madornale e virare quindi tutto in verde. Le sequenze sono decorose, ma “impacciate”, non hanno cioè la scioltezza di effetti alla quale, anche all’epoca, eravamo abituati.
La stazione si avvicina rapidamente: un grande cilindro il cui interno gira su se stesso. Anche in questo caso la struttura di partenza è costituita da un modellino della “Revell” su un progetto d’epoca di stazione spaziale.
“Entrato nel satellite artificiale Ray Peterson riacquista a poco a poco, passando nella camera di decompressione, il senso del proprio peso. I due settori estremi della stazione spaziale, ruotando intorno ad un asse centrale, creano infatti, per forza centrifuga, un campo gravitazionale. Le condizioni ambientali tipiche della Terra, sono ora perfettamente riprodotte. Ray Peterson torna a sentirsi a suo agio…”
Beh, non proprio a suo agio, visto come lo accoglie George (David Montresor, 1916 – 1980), il comandante della stazione spaziale: un emerito seccatore della cui venuta lui si era opposto. L’uomo sembra privo di sentimenti e felice di essere al servizio delle macchine o di avere potere su di loro. I suoi stessi sottoposti, tranne rari casi, sono dei numeri cuciti sulla schiena, non degli esseri umani. Di fronte a tanta stolida disciplina Ray decide di agire per conto suo e, senza chiedere il permesso a George, esce nello spazio assieme alla squadra di rifornimento carburante e comincia a fare delle riprese.
Un meteorite entra nella zona dei lavori e George spinge via dalla traiettoria uno degli astronauti che va a urtare il lungo condotto di rifornimento collegato tra la stazione spaziale e il razzo con il quale lo stesso George deve poi raggiungere la base 12 su Marte. Il prezioso carburante si disperde nello spazio e il cazziatone del Comandante è inevitabile…
Ray trova assurde le parole di George, il quale gli dice che cinquecento galloni di Hidrazina dispersi nello spazio sono più importanti della vita di un uomo, anzi di una sigla di cui lui non ha nemmeno visto il volto: Y-13. Il Comandante gli risponde seccamente che d’ora e in avanti egli chiederà il permesso per ogni cosa che deve fare non a lui, ma al comandante in seconda, Sullivan e questo perché egli deve partire con urgenza. La sua espressione cupa e preoccupata lascia Ray perplesso. Il giornalista va a trovare Y-13 e scopre che si tratta di una ragazza, Lucy (Gaby Farinon, qui, fortunatamente per noi, alla sua unica esperienza cinematografica. Diventerà poi una conosciuta presentatrice RAI con il suo nome per intero: Gabriella Farinon). La donna è ufficiale di rotta e amica particolare del Comandante che lei chiama familiarmente “George”.
Pur di toglierselo dai piedi, mentre fervono i preparativi per la partenza, il Comandante spedisce il giornalista fuori, con lo Space Taxi, una sorta di slittino a due posti dove gli astronauti stanno con la tuta spaziale addosso, non essendoci una cabina pressurizzata ed è anche questo un modellino tratto da un progetto di Von Braun del quale una versione più veritiera è apparsa nel film La Conquista dello Spazio di Byron Haskin. Dopo una gita in mezzo a degli asteroidi che se ne svolazzano tranquilli poco distanti dalla stazione spaziale e dalla Terra, i due rientrano perché Al deve partire alla volta della base marziana. Tramite le sue conoscenze e con gran rabbia di George, Ray riesce ad aggregarsi alla spedizione a sua volta. Il comandante cerca allora di tenere a terra Lucy, ma la ragazza non ne vuole sapere.
La BZ-88 si sgancia dall’orbita della stazione spaziale e s’inoltra nello spazio in direzione Marte. A bordo la presenza di Ray è faticosamente tollerata, ma, durante il viaggio e giunti in prossimità del pianeta, ricevono dei messaggi di soccorso da parte di un Moon Ship che è incappato in una tempesta fotonica di origini misteriose e che ha danneggiato i motori.
George ordina loro di porsi in orbita attorno a Marte ma, all’improvviso, (e incredibilmente, aggiungiamo noi) uno dei due satelliti di Marte, taglia la strada all’astronave la quale sta per precipitare sulla superficie.
Uno dei due astronauti superstiti si getta dalla nave spaziale e precipita come uno scemo dentro una pozza di melma ribollente in mezzo a dei vapori, l’altro si schianta sulla superficie del pianeta, anzi del satellite con la sua Moon Ship, altro modellino in commercio dapprima sotto il marchio “Strombecker” e poi rimesso sul mercato e ancora reperibile dalla “Glencoe Models”.
Al e Ray scendono sulla superficie dopo che la BZ-88 ha fatto un fin troppo faticoso atterraggio sul piccolo mondo. Non è infatti attendibile che una manovra di atterraggio sia così poderosa e faticosa da far soffrire gli astronauti in quel modo, specie su un corpo di piccole dimensioni come potrebbe essere un satellite di Marte o anche Marte stesso.
I due recuperano il corpo dell’astronauta, che è ancora vivo e lo portano a bordo. La BZ-88, malgrado un’inclinazione di nove gradi dovuta a un assestamento del terreno, riesce a ripartire.
A bordo segue poi un’ennesima discussione tra Ray e George quando il primo viene a sapere che l’astronave ha cambiato rotta e si sta dirigendo, come se si trattasse dell’isolato a fianco, verso Venere.
Ray sa che il ferito non resisterà a lungo, ma il Comandante gli risponde che ha ricevuto degli ordini e viene, ancora una volta, accusato di essere inumano, freddo e calcolatore. Al interviene nella discussione e, rivolto verso George, gli consiglia di dire tutto a Ray, di rivelargli il vero scopo della missione.
L’astronauta ferito, Lewis, interpretato dallo Stuntman Freddy Unger (1933 – 2009), muore lasciando un messaggio su un vecchio e obsoleto registratore a nastro alla propria moglie.
Il Comandante si decide a dare la spiegazione del suo comportamento.
George: “E’ venuto il momento per tutti che conoscano la verità. Alpha 2, l’astronave spinta da energia fotonica, non ha più pilota. Essa vaga nello spazio guidata solo dal cervello elettronico. Il calore fotonico che il nostro radar ha captato è il calore della distruzione e della morte. Alpha 2 è tornata nel sistema solare, al prossimo giro di rivoluzione entrerà in orbita attorno alla Terra e la distruggerà tutta bruciando e cancellando per sempre ogni segno di vita.”
Ray: “Non c’è speranza di fermarla?”
George: “Per questo andiamo su Venere. E’ il punto più vicino all’iter galattico dell’astronave, ma c’è una possibilità su un milione…”
Tutti tacciono e Ray si rende conto di essere stato forse troppo duro con il Comandante e Al si offre di fargli le scuse per lui. Il corpo di Lewis viene mandato nello spazio e Ray si dirige al posto di pilotaggio dove c’è Lucy. Il giornalista nota con stupore che si stanno avvicinando alla Terra ma Lucy gli risponde che sfruttano il passaggio con il nostro pianeta per acquistare velocità e dirigersi verso Venere e la cosa è esatta perché, per esempio, le sonde Voyager hanno usato proprio questo principio per dirigersi di pianeta in pianeta aumentando così la velocità e facendo diminuire considerevolmente il tempo della missione spaziale.
Quando il giovane le chiede che giorno sia sulla Terra Lucy gli risponde, aridamente, che è il trecentocinquantanovesimo giorno della rotazione terrestre e lui le risponde molto semplicemente che è Natale sul loro pianeta.
Una mano si posa sulla spalla della ragazza: è Al che prende il suo posto per effettuare la manovra, guarda anche lui sul visore la Terra ed esclama:
Al: “La vecchia Terra con le sue favole si allontana e lentamente sparisce… Può essere vecchia quanto vuoi, ma non puoi mai rassegnarti che venga per lei il giorno della fine, proprio come non vuoi mai pensare alla morte di tua madre… Addio Terra.”
“L’astronave BZ-88, attratta dal campo gravitazionale di Venere, oppone alla forza di attrazione la spinta dei suoi getti per frenare la discesa sul pianeta. Dalle basi venusiane gli astronauti cercheranno di intercettare e distruggere Alpha 2 per mezzo di potenti missili teleguidati…”
Il pianeta Venere che ci viene presentato in questo film è ben diverso dalla realtà che ci descrive un mondo dalle temperature altissime e dalle piogge di acido solforico, il tutto sottoposto a una pressione elevatissima: sono tutte condizioni che non permettono nemmeno l’atterraggio umano sul pianeta, figurarsi una base spaziale sotto una cupola di cristallo, come ci viene presentata nel film dove, si dice, si può stare senza la tuta spaziale perché l’atmosfera di Venere “contiene troppo idrogeno”.
I missili che vengono lanciati contro Alpha 2 sono altri modellini marchiati “Revell” e si riferiscono al Thor, un vecchio missile terra- terra. Da esso fu ricavato, per la ricerca spaziale, il Thor-Able, il quale fu usato per lanciare le sonde Pioneer, le prime che superarono la distanza Terra-Luna e si persero poi nello spazio profondo passando vicino a Giove e fotografando Saturno.
Il comandante della base, con i nostri astronauti sta seguendo l’avvicinarsi di uno dei razzi alla nave spaziale fotonica Alpha 2, ma l’ordigno esplode a cinquemila metri dall’obbiettivo.
Il Comandante della base illustra il problema a George e agli altri usando un disegno.
Comandante Base: “Avremmo la possibilità di colpirla solo se il cervello elettronico che la governa avesse una grave avaria. Vedete? I due generatori a fotoni qui indicati che si muovono alle estremità con moto giroscopico costante, creano attorno ad Alpha 2 un’invisibile sfera di calore incalcolabile con un raggio di cinquemila miglia. Ne abbiamo avuto una prova adesso…”
George: “E’ indistruttibile.”
Al: “E così un sogno dell’uomo si è fatto vero: un indistruttibile distruttore…”
Comandante Base: “Salvo imprevisti, alla prossima rivoluzione nel Sistema Solare, Alpha 2 entrerà in orbita attorno alla Terra a sole 3.500 miglia.”
George: “Sotto il limite di sicurezza di 1.500 miglia. In pochi giorni, forse in poche ore, la Terra diventerà una massa di creta bollente come al tempo della sua formazione…”
Per seguire i lanci George manda i suoi uomini nei vari punti di osservazione tenendo volutamente fuori Ray il quale viene invitato da Lucy ad andare con lei. A denti stretti George dà l’approvazione.
Il pianeta Venere di Antonio Margheriti possiede anche una spiaggia e un mare e, in riva ad esso, sorge uno degli osservatori dove entrano Lucy e Ray i quali, dopo alcuni infantili sproloqui sull’essere e sul divenire, sulla scienza e i sentimenti, finalmente si baciano.
Il successivo lancio di un missile verso Alpha 2 ottiene un risultato sbalorditivo: l’ordigno viene distrutto a 2.200 metri dall’obbiettivo.
George: “Non capisco perché…”
Al: “Col vostro permesso avrei una spiegazione.”
George: “Quale?”
Al: “Credo di aver capito…”
Lucy: “Parlate.”
Al: “Sono certo che l’astronave, per qualche difetto tecnico di costruzione, è vulnerabile. I due deflettori a fotoni alle estremità di Alpha 2, nella loro rotazione creano…”
Comandante Base: “Una sfera d’invulnerabilità…”
Al: “Ma no, no! Due semisfere distinte e separate da uno stretto corridoio…”
Ray: “Come un’arancia tagliata a metà.”
Al: “Immagine perfetta, figliolo.”
George: “Perciò quel missile che è passato, secondo voi, è l’unico che è stato lanciato proprio nel mezzo del corridoio!”
Comandante Base: “Ma perché si è disintegrato a 2.200 miglia?”
Al: “Per qualche impercettibile deviazione…”
George: “…O forse solo perché attratto da uno dei due campi fotonici… se la vostra tesi è giusta, Al, c’è ancora un mezzo…”
Comandante Base: “Quale?”
George: “Effettuare lanci in linea retta da un’altra astronave che viaggi affiancata ad Alpha 2 alla stessa velocità.”
Al vuole tentare usando una vecchia astronave atomica. George e gli altri viaggeranno accanto a lui.
I due lanci avvengono simultaneamente. La nave spaziale di Al è un altro modellino della “Lindberg”.
“Quella che Al ha definito “La vecchia astronave atomica”, uscita dall’atmosfera di Venere, si dispone ad affiancarsi a BZ-88. Le astronavi spengono i motori. La spinta inerziale ormai acquistata consente nel vuoto dello spazio velocità fantastiche, comunque sufficienti a raggiungere Alpha 2…”
Dalla stazione spaziale giunge un messaggio angosciante: giunta nella zona degli asteroidi Alpha 2 ha modificato la sua rotta e il suo arrivo sulla Terra avverrà prima del previsto, ma lungo la sua rotta c’è proprio la stazione spaziale. Il comandante in seconda, Sullivan, comunica a George che per loro non c’è nulla da fare e di recuperare due astronauti all’esterno. Tutto l’equipaggio è al suo posto, la nave fotonica, un ottimo e credibile modellino, la disintegra. L’avvenimento stravolge la freddezza di George che recupera i due superstiti e li manda poi a riposarsi chiamandoli per nome e non per sigla.
Intanto Al si è avvicinato al suo obiettivo. Il primo lancio vede il razzo disintegrarsi a tremilacinquecento metri, ma il secondo arriva a soli duecento metri dall’obiettivo. Al decide di tentare manovrando la nave fino ad arrivare a poca distanza da Alpha 2, ma una fiammata distrugge il suo eroico tentativo che è comunque servito ad individuare quasi esattamente il corridoio.
Sullo schermo un piccolo punto indica lo Space Taxi in orbita attorno alla nave spaziale.
George: “I sentimenti umani sono molto, molto più inesplorati e sconosciuti di quanto non sia l’universo stesso… ma a questo punto è tardi. Che cosa abbiamo fatto in tutte queste migliaia di anni? Ci siamo follemente illusi di poter andare avanti sempre più in fretta e invece, in realtà, ci siamo soltanto allontanati maggiormente da noi stessi…”
George vede che Ray si è messo la tuta e vorrebbe tentare a sua volta. Il Comandante cerca di impedirglielo per amore di Lucy ma il reporter lo colpisce con un pugno sotto lo sguardo sempre più inespressivo della ragazza poi esce e prende lo Space Taxi dirigendosi verso la nave a fotoni.
Novello Teseo egli lancia nello spazio degli oggetti metallici in modo che la loro disintegrazione gli permetta di individuare l’esatto percorso, ma, proprio quando è quasi arrivato, finisce il materiale e allora ricorre al manometro di regolazione dell’ossigeno.
Arrivato su Alpha 2 vi entra e toglie faticosamente i contatti del computer, ma la nave sta per entrare nell’atmosfera terrestre. Ignorando gli ordini da Terra, George va a salvare il suo rivale facendolo uscire dalla nave spaziale, malgrado il portello di uscita bloccato e usando una fiamma ossidrica perfettamente funzionante anche nel gelo dello spazio, cosa possibile certo, ma non con il modello che gli attori usano in questa sequenza.
Ray è salvo, la Terra pure, George sconfitto ma è diventato più umano, l’amore trionfa ed è questo il concetto, seppur ingenuo del film, trionfa sulla arida scienza del futuro che ridurrà l’uomo a una macchina priva di sentimenti, ma essi in realtà sono tutto. Come lo erano nel passato, lo saranno o lo dovranno essere nel futuro tra le stelle e i pianeti, unica fonte di calore nel freddo dello spazio….
Il film non si avvale certamente di interpreti di prestigio, anzi la recitazione deve ritenersi quantomeno approssimativa e il muoversi lento degli astronauti per simulare l’assenza di gravità può anche sembrare ridicolo oggi, ma è degno comunque di essere apprezzato.
Dicevamo degli interpreti e cominciamo da Rick Von Nutter e cioè Ray Peterson, il giornalista, conosciuto anche come Rick Van Nutter o Clyde Rogers: di lui possiamo dire che il suo ruolo più famoso è quello dell’agente americano Felix Leiter in 007: Thunderball con Sean Connery, ma tanto per restare tra i nostri generi preferiti, lo troviamo anche in Tempi duri per i Vampiri accanto aChristopher Lee e Renato Rascel. Invece il granitico George, chiamato Gino nella versione americana, è David Montresor: lo troviamo nel serial TV Wild Wild West, trasmesso da noi come Quel Selvaggio West interpretato da Robert Conrad e Ross Martin, un serial western di cui furono girati ben 104 episodi di quasi un’ora ciascuno, Non solo, ma ne è stato fatto un lungometraggio spettacolare nel 1999 per la regia di Barry Sonnenfeld intitolato appunto Wild Wild West e dove il ruolo dei due protagonisti era stato preso da Will Smith e Kenneth Branagh. Tornando al serial non ne mancavano le storie fantascientifiche e, in una di queste, troviamo appunto il nostro David, così come lo troviamo nello spettacolare Barabba.
Il buon Al e cioè Archie Savage era tra gli interpreti di un altro film di Antonio Margheriti: La Morte viene dal Pianeta Aytin, conosciuto anche come I Diavoli dello Spazio, alle prese con degli Yeti che altro non erano che invasori di un pianeta di ghiaccio e che avrebbero voluto cambiare il clima terrestre per adeguarlo alle loro esigenze… gelide, ma la cosa gli va male.
Il vero interprete “cult” del film è Freddy Unger, stuntman e attore nonché tuttofare, apparso in molti altri film sia di fantascienza che dell’orrore. Oltre al suo breve ruolo in Space-Men, non possiamo non ricordarlo in I Criminali della Galassia e I Diafanoidi vengono da Marte. Freddy ha lavorato con Mario Bava, con Riccardo Freda, con Jack Arnold in Intrigo in Svizzera e persino con Ray Harryhausen in Il Settimo viaggio di Simbad, per il quale fece “lo scheletro”, o meglio l’attore dal quale veniva ricavato lo scheletro che doveva poi essere sovrapposto alla sua figura nel duello alla sciabola con il protagonista che era invece un attore in carne ed ossa. La sua figura, i suoi movimenti, le sue mosse, sono state poi cancellate per essere sostituire dal pupazzo animato di Harryhausen che le ripeteva fotogramma dopo fotogramma. Ha fatto infine da aiuto regista a Luigi Cozzi in Scontri Stellari Oltre la Terza Dimensione, film italiano ma di produzione americana che il regista firmò come Lewis Coates.
(7 – continua)