Mirco Spadaro, giovane, anzi giovanissimo autore di Rivoli, alle porte di Torino, ha pubblicato presso Echoes Edizioni il romanzo Asia… sei ancora lì?, una storia di angeli in dimensioni fantastiche con toni suggestivi e insoliti. Ecco cosa ha da raccontarci su questo nuovo tassello di immaginario in tema.
PERCHÉ HA SCELTO DI CIMENTARSI CON UN ROMANZO DI GENERE FANTASTICO?
Non ho mai deciso di scrivere un romanzo di “genere” fantasy: il mio obiettivo, attraverso la scrittura, è quello di raccontare una storia. Indipendentemente dal genere cui essa possa aderire.
Noah e Asia non sono creati per rappresentare il buio o la luce, la paura o il coraggio, ma per trasportare in sé l’umanità che, nella mia ignoranza, ritengo gli uomini rappresentino. Il popolo della Brughiera, a dispetto del luogo in cui vive, è qualcosa di completamente reale e palpabile: l’umanità, privata di ogni vestito e sinceramente nuda ai suoi istinti, che non sono né completamente positivi, né totalmente negativi.
Quindi, in brevi parole, ho scritto “Asia… sei ancora lì?”, ignorando completamente ogni possibile genere, cui essa potesse aderire: ho scritto una storia per intrattenere il lettore, ma anche per porgli implicitamente una domanda che, soprattutto oggi, merita almeno due minuti di riflessione
Che cosa vuol dire “essere umani”?
COSA PENSA DEL BOOM DI QUESTO GENERE IN ITALIA? QUALI SONO I SUOI MAESTRI, FANTASY E NON?
Sinceramente, non sono un esperto della cultura fantasy in Italia, quindi i miei giudizi su questa sono puramente personali. Ritengo, ad ogni modo, che “maestro”, almeno nell’ambito letterario, sia un termine molto importante, utilizzabile soltanto nei confronti di chi, nel bene o nel male, abbia imposto un cambiamento di grandi dimensioni al genere stesso. Il fantasy nasce dal mito, che ne è, in sostanza, il concetto dominante alla base: in tal senso, questo genere letterario potrebbe considerarsi fondato su opere quali l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, l’epopea di Gilgamesh, il Beowulf e innumerevoli altre. Storie trasmesse a voce, create per essere raccontate nelle coorti, magari accompagnate dallo scrosciare della musica o direttamente all’aperto, vicino a fonti dove rinfrescarsi o fuochi dove riscaldarsi. Il fantasy moderno, tra l’Ottocento e il Novecento dello scorso millennio, è un’altra storia: tanti autori sperimentano nuove modalità di narrazione. Nasce il fantasy per i lettori più piccoli, di cui ne sono un esempio gli scritti di Lewis Carroll (Alice nel paese delle meraviglie) o dell’italiano Carlo Collodi (Le avventure di Pinocchio), mentre Oscar Wilde si pronuncia, attraverso Il ritratto di Dorian Gray, in una prima rappresentazione del genere decisamente più intima e leggermente critica nei confronti della società del tempo.
Edgar Allan Poe e infine J.R.R Tolkien, professore di Oxford e massimo esponente, nonché fondatore, dell’high fantasy. Il fantasy, nella sua forma prettamente letteraria, nasce grazie a questi importantissimi nomi e a tutti quegli autori, contemporanei o meno, che ne hanno seguito la scia, ampliandola con la nostra contemporanea cultura e visione del mondo.
Il fantasy è tanto. Tanto nel senso quantitativo del termine. Ritengo, senza presunzione, che il termine possa correttamente esprimersi per molte delle espressioni d’arte attualmente esistenti. Dove, sempre in mia personale opinione, arte esprime ogni forma di attività umana creativa ed estetica, finalizzata all’intrattenimento come alla semplice riflessione, basata su capacità tecniche o “libere”, acquisite attraverso lo studio o semplicemente innate. Un videogioco può essere fantasy. Un film può essere fantasy. Il soggetto di un dipinto può essere fantasy. Se quindi, per forza, dovessimo cercare i maestri di questo genere, dovremmo ricercali in ogni sua rappresentazione, fisica o astratta, perché tutte le sue forme interagiscono tra loro e, sinceramente, ritengo la base di questa interazione l’esistenza stessa del genere
Altri progetti? Beh, qualcosa è sicuramente in lavorazione, ma potrebbe essere decisamente diverso da quanto ho fatto fino ad ora.
QUALI SONO LE COSE CHE L’HANNO SODDISFATTA DI PIÙ NELLA SCRITTURA?
Nello scrivere “Asia… sei ancora lì?“, penso di aver imparato tante cose. Alcune, semplicemente sulla scrittura: ci sono cose che voglio perfezionare e altre che mi hanno positivamente colpito. La creazione di Asia, Noah e Luna è stato il migliore momento di questo progetto. Ho cercato di renderli diversamente umani: qualcosa che desse da riflettere, ma che potesse essere anche gustabile nei tempi e nei modi che le persone possono concedere alla lettura del libro. Non so se ci sia riuscito, ma spero di sì: in fondo, l’averci tentato mi ha aperto nuove strade, nuovi modi di pensare.
Ho tolto i capitoli e ho inserito i frammenti.
Ho tolto fisicità ai personaggi e li ho resi fantasmi di ricordi e pensieri.
Ho tolto il male e ho inserito la necessità, eliminando il bene e sostituendolo all’egoismo e all’opinione.
Certo, questa è, prima di ogni altra cosa, una storia, un piccolo libro: voglio che chi lo legge, mentre ne sfoglia le pagine, rimanga incantato dai suoi personaggi, ma desidero che, per un minuto soltanto, chiuso il testo, qualcosa sia rimasto. Forse c’è una leggera presunzione in ciò, in fondo, è solo un piccolo romanzo scritto da un giovane appena diciassettenne. Eppure, questa risposta la si potrà dare solamente dopo averlo letto.