FANTASCIENZA STORY 59

CREATURE DALLO SPAZIO E DAL TEMPO (1960) – PARTE 01

Gli anni Sessanta inaugurano un cinema diverso, almeno per quanto riguarda la fantascienza, forse meno interessante e con poche idee originali, questo almeno per alcuni anni, ma se si pensa che la cinematografia di questo tempo abbia voluto in parte rifarsi al cinema degli anni Cinquanta, bisognerebbe vedere quella degli anni ’80 e ’90 e anche oltre che a forza di sequel e di remake, si è spesso adagiata in un’orgia di effetti speciali.

L’uomo della strada sta cambiando: cerca una logica e una realtà per il suo destino, per il destino dell’individuo e dei suoi simili, cerca un futuro, un futuro che sia di speranze e non di paure e vuole viverlo in prima persona, ragionando e capendo perché certe cose accadono e in che modo accadono. Per il cinema di fantascienza è ancora troppo presto: casi sporadici certi film interessanti perché la cinematografia di SF è sempre rimasta indietro di qualche passo rispetto alla letteratura. La ragione è semplice: non si rivolge o non si dovrebbe rivolgere a un ristretto gruppo, ma deve, o dovrebbe, essere alla portata di tutti, o quasi. Da qui il successo commerciale, unica ragione di vita di molti film.

Il 1960 è l’anno di George Pal, al suo debutto nella regia cinematografica per quanto riguarda i lungometraggi e con ottimi risultati. Delizioso è questo suo L’Uomo che Visse nel Futuro, tratto dal romanzo di Herbert George Wells La Macchina del Tempo, mentre la cinematografia inglese porta sullo schermo un romanzo di John Wyndham I Figli dell’Invasione chiamandolo, qui da noi, Il Villaggio dei Dannati, diretto con mano felice da Wolf Rilla, che purtroppo non ripeterà con altri film l’ottimo exploit, ma si permetterà di rendere insuperata la sua versione anche davanti a un remake dallo stesso titolo firmato John Carpenter.

L’UOMO CHE VISSE NEL FUTURO (The Time Machine)

Questa pellicola rappresenta la migliore realizzazione di George Pal, sia come regista, sia come supervisore agli effetti speciali, oltre, naturalmente al suo ruolo di produttore, se si esclude La Guerra dei Mondi che fu però diretta dal suo abituale collaboratore Byron Haskin.

Il film, come abbiamo detto, è tratto da un romanzo di Herbert George Wells e il suo titolo è quello stesso del film in versione originale, ma, in questo caso, dobbiamo dare onore e merito ai distributori nostrani per averci dato un titolo ancora più suggestivo. In Italia, specialmente a quell’epoca e per parecchio tempo ancora, si aveva l’abitudine di cambiare i titoli dei film non solo però con la traduzione fedele del titolo stesso, ma con altri che suonassero più da richiamo. Per tutti può valere il caso del titolo demenziale italiano di The Incredible Shrinking Man tradotto con Radiazioni BX: Distruzione Uomo, titolaccio che poteva essere adatto solo a chi si sentiva attratto dal sensazionale e che invece non solo è ridicolo, ma svisa completamente non solo la denominazione originale, ma la storia stessa.

Simili idiozie furono perpetrate in parecchi altri casi (Gog, tradotto come Attacco alla Base Spaziale United States), ma questa volta possiamo dire di trovarci di fronte a un caso rarissimo e diametralmente opposto: una mano singolarmente felice ha ispirato chi ha creato il titolo italiano dove un verbo al passato (visse) si sposa con singolare finezza con la parola futuro.

Titolo a parte, anche perché il film merita di essere ricordato come uno dei migliori della sua epoca,  è giusto dire che la trama originale è stata quasi fedelmente rispettata, altro fatto singolare e non certo abituale nel campo del cinema.

La storia ricorda che qualche anno dopo fu presentato alla televisione italiana in un programma pomeridiano per ragazzi. Era orrendamente tagliato e commentato da scipiti fraseggi pseudoscientifici dovuti a un presentatore dal dialetto incomprensibile.

E’ il 5 gennaio del 1900, sono le otto di sera e, nella casa di George (Rod Taylor, 1930 – 2015) , quattro illustri personaggi stanno aspettando l’arrivo del padrone di casa che li ha invitati a cena. L’attesa si prolunga e la fedele domestica di George, la Signora Watchett (Doris Llyod, 1896 – 1968) serve la cena e i quattro, pur seccati da questo inspiegabile ritardo, iniziano a mangiare. La cena è interrotta dall’ingresso improvviso di George, sudato, sporco e scarmigliato che narra loro un’incredibile avventura iniziata la sera del 31 gennaio 1899…

George è nella sua casa, ancora con i suoi quattro amici: David Filby (Alan Young), il Dottor Philip Hillyer (Sebastian Cabot, 1918 – 1977), Anthony Bridewell (Tom Helmore, 1904 – 1995) e Walter Kemp (Whit Bissell, 1909 – 1996) e sta mostrando loro un modello in miniatura di ciò che egli stesso dichiara essere “La Macchina del Tempo”.

George: “E’ solo un modello sperimentale, s’intende, se deve portare un uomo ne serve uno grande…

Hillyer: “Portare un uomo?! E dove?

George: “Nel passato o nel futuro: è la macchina del tempo.

Hillyer: “Oh, va bene, ora che si è divertito ci dica a cosa serve veramente questo trabiccolo…

George: “Ma gliel’ho detto, Dottore: il modello più grande può portare un passeggero in un viaggio nel tempo, non nello spazio, badi, ma nel tempo!

Bridewell: “Senta, George, se si mette ad armeggiare col futuro non teme di sconvolgere un po’ la vita di tutti?

Hillyer: “Il futuro è già qui ed è irrevocabile ed immutabile!

George: “Chi può dirlo? E’ il quesito più importante a cui vorrei dare una risposta… Può un uomo dominare il destino?… Le cose a venire può cambiarle?

Hillyer: “Oh, senta, se le ha dato di volta il cervello io la scuso, ma se ci ha fatto perdere questo tempo per ascoltare teorie impossibili…

George: “No, no, no, no, no… siete qui come testimoni: per vedere non per ascoltare…

Hillyer: “Vedere… cosa?

George: “L’esperimento che sto per compiere, ma prima vi dirò come funziona: qui, in questo scomparto, c’è il sedile dove siederà il viaggiatore del tempo e di fronte a lui ci sono i comandi… No, facciamolo per bene: lei può sciupare un sigaro, Dottore?

George prende dal taschino di Hillyer un sigaro, lo piega e lo mette “seduto” sull’apposito sedile del modellino.

George: “Ecco: ora immaginiamo che questo sigaro sia il viaggiatore… qui, davanti a lui c’è la leva che controlla il movimento: spinta in avanti manda la macchina nel futuro, tirata indietro, nel passato… e più viene spostata, più la macchina viaggia veloce. Certo, l’esperimento si può eseguire una volta sola… se riesce perdo il mio modello per sempre, perciò voglio testimoni…

Kemp: “Avanti, George.

George: “Signori, siete pronti?

Adoperando la mano del Dottore, George fa spostare la piccola leva in avanti. Dopo una leggera vibrazione la macchina sembra assumere dei contorni sfuocati e poi scompare sotto gli occhi attoniti dei presenti… e non solo da quelli perché, terminate le riprese, George Pal si porterà a casa il modellino il quale verrà poi distrutto in un incendio.

Hillyer: “Che mi prenda un colpo…

George: “E’ riuscito!

Hillyer: “Ma… dove è andato?

George: “Dove? Materialmente si trova ancora qui, ma… non è più nel presente… lo capite? Sta viaggiando nel tempo, nel futuro, di preciso!

Hillyer: “E noi dovremmo credere a queste favole?

George: “Ma se avete… Certamente!

Hillyer: “Ma se lei stesso ha detto che non si è spostato!

George: “Sì, è così!

Hillyer: “E perché non lo vediamo?

George: “Perché siamo in questa camera il 31 dicembre 1899, ma il modello si trova, può darsi, cento anni avanti a noi. Questa stanza, questa casa, possono essere scomparse tra un secolo, ma la macchina occupa lo stesso, identico spazio in cui stava un momento prima di iniziare il suo viaggio.

Hillyer: “Beh, se occupa lo stesso spazio dovrei poterla afferrare!

George: “Eh, già, ma lei dimentica che lo spazio in cui pone la sua mano è quello di oggi: lei non può mettere la sua mano nello spazio di domani!

Hillyer: “Oh, lo spazio è spazio e non cambia! Lo stesso spazio che c’è adesso qui ci sarà tra cento e tra mille anni, anche!

George: “No, Dottore, il tempo cambia lo spazio!

Hillyer: “No…

George: “La terra su cui poggiamo i piedi potrebbe essere stata negli abissi del mare, un milione di anni fa, e fra un milione di anni può essere… l’interno di un’enorme montagna.

Kemp: “Sì, d’accordo, supponiamo che sia così… noi che ce ne facciamo di quella trappola?

George: “Trappola?! Per conto mio intendo fare un viaggio nel futuro… o forse è il Dottore che si offre volontario?

Bridewell: “Mi dica, George, supponga che, giunto nel Cinquantesimo Secolo, per cause ignote non possa fare ritorno…

George: “E ‘ un rischio che bisogna correre.

Dopo avergli chiesto quali possibilità di sfruttamento potrebbe avere una macchina del genere e a quale prezzo si potrebbe venderla sul mercato, e non avendo ottenuto una risposta soddisfacente, i quattro se ne vanno augurandogli felice anno e felice secolo. George si attarda ancora qualche minuto con il suo migliore amico, David, il quale, conoscendo le capacità di George, è preoccupato per lui, ma lo scienziato lo rassicura e lo congeda augurandogli il buon anno e declinando il suo gentile invito a trascorrerlo con la sua famiglia, visto che è tanto tempo che non vede il piccolo James. George ha deciso di festeggiare il nuovo secolo a modo suo.

Comunica alla Signora Watchett di aver invitato i suoi amici a cena per la sera del cinque di gennaio e si ritira nel suo laboratorio chiudendo la porta dietro di sé.

All’interno torreggia un modello, in grandezza naturale, della sua Macchina del Tempo. Senza un minimo di esitazione George ci si siede sopra e la sua mano accarezza la leva di funzionamento. Il quadrante che segna gli anni trascorsi è, in quel momento, sullo zero poi una rapida inquadratura permette allo spettatore di notare una delle tante finezze di cui George Pal ha costellato il film: una targa apposta sulla macchina e sulla quale c’è scritto Manufactured by Herbert George Wells. Nel film non è mai detto chiaramente, ma il protagonista è probabilmente lo stesso scrittore, cosa che invece è palese in L’Uomo venuto dall’Impossibile (Time after Time) di Nicholas Meyer (1977).

George: “<Dapprima spinsi la leva in avanti solo di poco… e il laboratorio cominciò a dissolversi… la fermai… tutto uguale, tutto esattamente come lo avevo lasciato… ma no: l’orologio! Prima segnava le sei e trentuno e adesso erano le otto e nove… e la candela assai più corta, ma per il mio orologio con me sulla macchina erano trascorsi pochi secondi…>

A questo punto è bene aprire una parentesi: nell’avanzare attraverso il tempo George vedrà ogni cosa muoversi o cambiare con una velocità proporzionale a quella della sua macchina. Ecco che quindi una candela si consuma con sorprendente rapidità, una lumaca corre velocissima davanti ai suoi occhi, il manichino di una vetrina cambia continuamente d’abito, il giorno e la notte si alternano con un rapido batter di ciglia. Per ottenere quest’ultimo effetto, ad esempio, è stato necessario porre davanti alla macchina da presa una ruota alla quale sono stati adattati dei filtri che simulavano “il colore della notte”: l’azzurro, il blu scuro fino al nero e che impressionavano, a seconda della velocità di George in apparenza, ma in realtà secondo la velocità cui venivano fatti ruotare, uno o più fotogrammi che si vedevano quindi passare in proiezione più o meno velocemente. Per quanto riguarda invece per esempio “il manichino che cambia d’abito”, “la lumaca che corre veloce” (realizzata in gomma) o “la candela che si consuma rapidamente” o anche “i grattacieli che nascono dal nulla”, essi sono stati ottenuti con la tecnica della stop motion di cui George Pal è uno dei maestri riconosciuti. Si fotografa cioè la scena un fotogramma alla volta, spostando di pochi millimetri lo scenario, poi si scatta un altro fotogramma e si ricomincia da capo: l’insieme dei fotogrammi proiettati a velocità normale dà l’effetto voluto.

George: “<Era sconcertante vedere il Sole sorgere e tramontare in un minuto, vedere una lumaca correre, i miei fiori aprirsi repentini per abbracciare un nuovo giorno e le ore volare sul volto della mia meridiana e i fiori chiudere gli occhi per la notte. Era meraviglioso: mutamenti che richiedevano ore avvenivano in pochi istanti… la cara Signora Watchett, sempre pronta a dirmi quale cravatta da mettermi, ma mai propensa a indossare qualcosa di più moderno degli abiti che aveva portato tutti questi anni… Eppure stavo viaggiando lentamente… e se fossi andato più veloce?… Mi prese quasi un mania… spinsi la leva per aumentare la velocità… man mano che procedevo acquistavo padronanza della macchina e scoprii che potevo fermarmi per un giorno, un’ora, un minuto e guardarmi intorno… quindi superare un altro anno o due. Potevo così vedere i cambiamenti del mondo in rapida successione… (George osserva l’abito sul manichino). Santo cielo, quello è un vestito? Ero incuriosito… Mi chiedevo fino a che punto sarebbero arrivate le donne… cominciai ad affezionarmi a quel manichino, forse perché, come me, non invecchiava… Erano passati tredici anni… quattordici… quindici… sedici… ma, ad un tratto, andò via la luce, cosa era successo?  Nell’anno 1917 mi fermai…>”

Porta e finestre della sua casa sono state chiuse con delle assi e un’alta palizzata la circonda. E’ in evidente stato d’abbandono da molto tempo. Attraverso un’asse sconnessa George esce e si trova in strada e assiste a fenomeni per lui nuovi o inusuali come un automobile guidata da colui che crede essere il suo amico Filby.

George: “Filby, ma cosa fai? Vai a un ballo mascherato? (ride) Sei davvero buffo senza i baffi, vecchio mio…

Filby: “Sta parlando a me, Signore?

George: “Filby, sono George… ah, confesso che mi aspettavo un’accoglienza più calorosa…

Filby: “Credo che lei mi confonda con mio padre, Signore… Sì, gli ero molto somigliante. Sono James Filby.

George: “Era?

Filby: “Forse era un suo amico?

George: “Sì… torno da un viaggio…

Filby: “E’ stato ucciso in guerra un anno fa.

George: “Oh, mi dispiace…

Crediamo che dispiaccia molto di più a Filby padre il quale il 5 gennaio del 1900 viene a sapere che nel 1916 morirà, speriamo che George abbia saltato questo macabro particolare nel suo resoconto… e visto che è stato girato un piccolo “corto” nel 1992 nel quale George torna con la macchina del tempo nel passato per cercare di salvare il suo amico, siamo ora sicuri che così ha fatto… Poi egli si rivolge nuovamente a James Filby (Alan Young) e alludendo a sé stesso, gli chiede:

George: “E quel signore che abitava di fronte?

Filby: “Chi?!… Ah, lui… quell’inventore… scomparve verso l’inizio del secolo… Ma, senta, se le interessa quella casa temo non possa comprarla, non può neanche entrarvi.

George: “E perché no?

Filby: “Beh, mio padre fu il suo esecutore testamentario e lui rifiutò sempre di liquidarla… lo prendevo in giro per questo, ma era sicuro che il proprietario sarebbe tornato. Per molti è una casa stregata… Ma lei chi è, signore?

George: “Uno che un tempo conosceva suo padre.

Filby: “Lei è stato al fronte?

George: “Fronte?! Quale fronte?

Filby: “Ma… ma la guerra, s’intende!

George: “Quale guerra?

Filby: “Oh, Santo cielo! Lei non sa che siamo in guerra con la Germania dal 1914? Credevo fosse tornato dalla Francia, non so, oppure dalla… penso che una tazza di tè le farebbe bene…

Naturalmente George rifiuta e si allontana introducendosi furtivamente in quella che una volta era la sua casa. Risale sulla macchina e riparte. Adesso sa, o meglio, crede di sapere, che non è tornato da quel viaggio, James Filby glielo ha detto chiaramente, ma lui va avanti lo stesso perché se il destino è immutabile, George non può fare altro.

George: “<D’un tratto, nel 1940, mi sentii sbatacchiato da ogni parte: pensai subito che la macchina avesse un difetto meccanico o un’avaria. L’altra volta mi ero fermato nel 1917, 23 anni fa, e la guerra con la Germania continuava ora anche in cielo con le macchine volanti… Poi mi resi conto della realtà: questa era una nuova guerra. Decisi di inoltrarmi nel tempo per vederne la conclusione… Poi la mia casa fu colpita, avvolta dalle fiamme e distrutta in un secondo e mi trovai all’aria aperta… Gli anni si susseguivano… più nulla di familiare… escluso il… sorriso della mia perennemente giovane amica (il manichino). Ma cosa succedeva? Strani suoni attorno a me, chi poteva essere? La curiosità mi costrinse a fermarmi…>”

L’anno è il 1966 e George, come la volta precedente quando si era fermato nel 1940, viene quasi assordato dal suono delle sirene e così, come accadeva nel 1940, la gente corre ai rifugi perché un pericolo li sta sovrastando. I poliziotti, o i soldati che guidano la gente nei rifugi indossano la divisa che gli astronauti portavano ne Il Pianeta Proibito.

George: “<Dapprima pensai che la macchina ed io eravamo la causa del panico, ma presto mi accorsi che non era così…>

Dopo aver constatato di trovarsi ora in un parco donato alla città da James Filby dove una targa ricorda l’amicizia che c’era tra George e David, il viaggiatore resta praticamente solo nella città deserta: solo un altro individuo, un signore anziano con indosso una tuta antiradiazioni, lo sollecita a venire con lui. George lo riconosce.

George: “Filby?

Filby: “Io sono il signor Filby… non… non l’ha sentita la sirena?

George: “Vuole dire quel terribile suono acuto?

Filby: “Non è stata concepita per trasmettere dolci melodie, ma per avvertire i pazzi come lei di andare nel rifugio! E ora si sbrighi, si sbrighi!

George: “Ma io mi trovo perfettamente a mio agio qui… io… io devo parlare con qualcuno… è così fantastico… e il suo negozio (quello da cui James Filby è uscito) è magnifico… Ah, che stupende conquiste…i passi giganteschi che ha fatto l’umanità sono…

Filby: “Si sbrighi, giovanotto, mi segua, farà meglio a correre o vedrà spuntare il fungo…

George: “Che fungo?

Filby: “Ma io la conosco… non ci siamo incontrati prima?

George: “Certamente Signor Filby, proprio lì, molti anni fa…

Filby: “Uhm… ne sono sicuro… ma in che epoca, non mi ricordo…

George: “Fu due guerre fa, nel ’17…

Filby: “Adesso ricordo! Il tipo che chiedeva di mio padre e… e… della casa che… che stava lì dall’altro lato… Oh, ma no… no… questo non è possibile… non è cambiato… non è invecchiato affatto… e… i suoi abiti…

George: “Ma no, non si spaventi, Filby, lei non è… ci vorrà un po’ di tempo per spiegarle ma… ecco, vede…

Nuovamente risuona nell’aria la sirena.

Filby: “Questo è l’ultimo allarme, svelto: corra!

George: “Ma no, ascolti un momento… Stia a sentirmi, Filby!

Filby: “Guardi: un satellite atomico che si avvicina, presto, fugga… Si sbrighi!

George: “Ma io devo dirle…

Filby: “Avanti… avanti!

George: “Aspetti, Filby… aspetti! Mi ascolti… Filby… Filby!

Filby: “Presto, al rifugio fino al cessato allarme!

George: “Filby… le devo parlare…

George resta solo lungo la via e, dal cielo, qualcosa si avvicina e colpisce la città. Un immenso mare di lava si alza dalle profondità della terra e sommerge ogni cosa. La scena è sufficientemente ben fatta, ma le macchine ingoiate dalla lava sono dei fin troppo evidenti modellini.

George raggiunge di corsa la sua macchina e l’avvia appena in tempo. La lava non può raggiungerlo perché egli occupa frazioni di spazio in un tempo infinitesimale.

George: “<Fatiche di secoli demolite in un istante… Poi Madre Terra, sfidata dalla furia dell’uomo, rispose con la sua furia vulcanica… solo la mia corsa nel tempo mi salvò dal finire arrostito, incassato per sempre nella pietra… la roccia fusa gelò… Io pregai chiedendomi quanti secoli, quale eternità dovesse trascorrere prima che pioggia e vento corrodessero la montagna che mi rinchiudeva… Oscurità… buio… per secoli… Mi chiedevo se c’era ancora una guerra in corso sulla Terra sopra di me… se l’uomo fosse ancora vissuto nel mondo… quando avrei rivisto il Sole… i secoli si susseguivano… Mi affidai al… Ero di nuovo libero! Centinaia di secoli erano trascorsi ma la Terra era rimasta verde… non c‘era né inverno, né guerre… L’uomo aveva finalmente imparato a controllare gli elementi e se stesso? … Dovevo fermarmi e scoprirlo… ma frenai troppo bruscamente…>”

La macchina gira vorticosamente su se stessa e si ribalta. George perde i sensi per un attimo. Sul quadrante brilla la pazzesca cifra del 23 novembre 802.701!

Il viaggiatore si rialza faticosamente: accanto a lui c’è un imponente portale sormontato da una statua, una specie di sfinge. George bussa ai battenti metallici senza ottenere risposta. Svita allora dalla macchina la leva di comando con il pomolo di cristallo in modo che nessuno possa usarla anche involontariamente e si avvia verso una gigantesca cupola che scorge in distanza in fondo a una vallata. Il suo cammino lo porta attraverso meravigliosi giardini naturali.

George: “<Meravigliosi fiori… fiori stupendi ovunque… una rigogliosità senza paragoni… a perdita d’occhio era un vasto paradiso senza ombre di piante nocive… alberi… e rampicanti carichi di frutta di strane forme e colori… La natura completamente domata e ubertosa come mai avevo visto… Avevo trovato un paradiso… ma non sarebbe stato un paradiso se fosse appartenuto a me solo…>”

Raggiunge finalmente la cupola e ne sale i gradini coperti di sabbia.

George: “<In rovina da secoli… e forse disabitato per altrettanto tempo…>”

I suoi passi rimbombano all’interno della cupola. Scorge delle tavole imbandite, apparecchiate con stoviglie composte di una strana sostanza e anche di forme e colori inusuali. Sopra ogni tavolo vi sono grandi ceste di frutta. Chiama, ma solo l’eco delle sue parole gli risponde, ritorna sui suoi passi, vaga correndo nei dintorni, quasi in preda al panico… preoccupato e con il timore di essere disperatamente solo. Ad un tratto ode delle voci festanti e scorge, tra gli alberi, la piccola insenatura di un fiume dove, sulle rive, giocano e si rincorrono ridendo felici delle giovani figure vestite quasi tutte di tuniche bianche.

George: “<Così questo è il futuro dell’uomo: crogiolarsi al Sole, tuffarsi nei ruscelli, mangiare i frutti della Terra, dimentico di ogni conoscenza di fatica e di lavoro… Beh, perché no?>

Il dramma inizia davanti ai suoi occhi in quel momento: una giovane donna rischia di annegare travolta dalla corrente del fiume, mentre, con un’espressione assolutamente indifferente, i suoi compagni l’osservano come se la cosa non li riguardasse affatto e nessuno di loro muove un dito per soccorrerla

George esce di corsa dal sottobosco gridando loro di aiutarla, ma nessuno si muove, anzi osservano questo nuovo venuto piombato all’improvviso in mezzo a loro e così diverso, con la più assoluta indifferenza.

George allora si toglie la giacca e si getta nel fiume riuscendo a portare a riva la ragazza. Una volta raggiunta la sponda anche lei, però, diventa apatica e indifferente come gli altri, risponde a malapena alle domande di George e nemmeno si mostra curiosa di sapere chi egli sia e da dove venga.

Seduti sui gradini di pietra che portano dentro la cupola semidistrutta George apprende che il popolo al quale la ragazza appartiene si chiama Eloi e lei risponde al nome di Weena (Yvette Mimieux).

Il sole si sta avviando verso il tramonto e la ragazza dimostra di avere una fretta spasmodica per rientrare nella cupola. George la segue a un tavolo dove sono seduti e stanno mangiando altri giovani. Ogni tentativo di fare conversazione cade nel vuoto e nessuno sembra rispondere alle sue domande. Con fatica viene a sapere che nessuno li comanda e li guida.

Il giovane inventore apprende, inoltre, che non vi sono anziani senza però capire se ciò sia dovuto a una cura contro la vecchiaia o ad altre cause.

I libri che gli mostrano, dietro sua richiesta, sono consunti dal tempo e gli si sbriciolano tra le dita. Sintomatica è la frase che egli rivolge a uno degli Eloi (Bob Barran) mentre osserva con rabbia le pagine polverizzate:

George: “Sì… dicono tutto di voi…

E per George questa è la goccia che fa traboccare l’altrettanto classico vaso e si rivolge con parole aspre a questi impigriti ed abulici eredi di un mondo futuro.

George: “Che avete fatto? Migliaia di anni d’immense fatiche costruttive, di geniali invenzioni fatte marcire nella polvere! Un milione di anni, di gente morta per i suoi sogni e per che cosa? Perché voi nuotiate e vi trastulliate e balliate! Voi, tutti voi: me ne ritorno ai miei tempi… Non dirò loro della vana lotta per un futuro senza nessuna speranza, ma almeno morirò fra uomini! Voi siete… ah!

Con un gesto di disgusto George abbandona la sala ora silenziosa, ritorna verso la sua macchina, ma essa è scomparsa. Qualcosa o qualcuno l’ha presa e trascinata  dietro i portali d’acciaio della strana costruzione: le tracce sul terreno lo confermano. George batte con una pietra sul portale, ma gli risponde solo il silenzio e il rimbombo dei suoi colpi… eppure, intorno, nelle tenebre ormai fitte, George coglie degli strani movimenti leggeri e veloci, ma non riesce a distinguere da dove provengano e chi ne sia l’autore o gli autori… poi, d’un tratto, dal buio emerge la sagoma di Weena. George le chiede come sia possibile aprire il pannello della strana costruzione e lei gli risponde che solo i Morlock possono farlo… Alla ovvia domanda di George, la giovane risponde:

Weena: “Ci danno il cibo che mangiamo e questi vestiti, dobbiamo obbedirli in tutto…

George non riesce a saperne di più. La ragazza, con il calare delle tenebre, è sempre più impaurita, il viaggiatore del tempo la convince a restare con lui, accanto a un fuoco che lui stesso accende. Weena è stupita e non sa cosa siano quelle fiamme, non ha mai visto un fuoco prima d’ora. La ragazza comincia a svegliarsi dalla sua apatia e inizia a provare una certa forma di curiosità per quest’uomo così strano, così diverso e George, con parole semplici, le spiega la sua provenienza, poi, mentre le sta esternando tutta la sua delusione per aver trovato, non degli esseri umani, ma dei vegetali, un Morlock lo attacca all’improvviso, ma il viaggiatore riesce a metterlo in fuga. Dopo aver calmato Weena, sempre più terrorizzata, i due attendono l’alba.

George: “<I miei sforzi, il giorno dopo, per aprire il pannello furono infruttuosi… Dovevo recuperare la mia macchina in un altro modo…>”

Weena conduce George dove si trovano “gli anelli che parlano”, un residuo della vecchia civiltà. Una sorta di dischi registratori appunto ad anello che fatti girare su sé stessi con un movimento delle dita e sopra un pannello luminoso, liberano la voce o le voci di coloro che li hanno registrati. Questa scena non è presente nel romanzo ma è dovuta alla sceneggiatura di David Duncan e, in verità, l’uso di questi anelli ci è sembrato molto poco pratico perché, una volta terminata la spinta, essi si fermano. Probabilmente c’era un meccanismo a energia che li manteneva ruotanti, un sistema ormai non più funzionante.

La guerra tra l’Est e l’Ovest che durava da 326 anni, è finalmente terminata. Non è rimasto nulla con cui combattere e siamo in pochi per proseguirla. L’atmosfera è diventata così satura di germi mortali che non può essere più depurata… Non c’è più luogo su questo pianeta che ne sia immune. L’ultima fabbrica rimasta per la produzione di ossigeno è stata distrutta… Le scorte diminuiscono rapidamente e, quando saranno finite, moriremo…

George prende in mano un altro anello e lo fa girare, ne scaturisce una seconda voce:

Il mio nome… non ha alcuna importanza. La cosa importante che dovete sapere è che io sono l’ultimo a ricordare l’esistenza delle forme sociali. L’uomo e la donna hanno ormai deciso: alcuni hanno deciso di rifugiarsi nella grande caverna e trovare una nuova forma di vita sotto la superficie terrestre… il resto di noi ha deciso di affrontare il destino alla luce del sole, per quanto tenue possa essere la nostra speranza…

Questa seconda registrazione spiega l’esistenza dei due popoli: è evidente che i Morlock sono i discendenti, abbrutiti, di coloro che si rifugiarono nel sottosuolo mentre gli Eloi sono i superstiti di coloro che sono rimasti in superficie. Un particolare però sfugge ancora a George: perché i Morlock riforniscono di cibo e di abiti gli Eloi e poi li rapiscono? Per farne cosa? Sia per risolvere questo mistero, sia, soprattutto, per recuperare la sua macchina, il viaggiatore del tempo scende, attraverso uno dei pozzi che si aprono sul tetto della grande sfinge e che immettono in una capace caverna. Appena inizia la discesa accade qualcosa di inaspettato: un suono parte dalla sfinge, un suono identico a quello degli allarmi aerei che George aveva udito durante il suo viaggio attraverso le epoche, ma, nel suo caso, solo due volte e per pochi istanti. Un condizionamento millenario ha fatto in modo che gli Eloi, una volta udito il suono, si dirigano come tanti automi incoscienti, verso il “rifugio” costituito dai portali finalmente aperti della sfinge. Risalito in fretta George cerca di seguire Weena, ma arriva troppo tardi perché la ragazza e molti altri Eloi sono spariti dentro le grandi porte, ora rinchiuse, della grande scultura. Il viaggiatore si sgola con i superstiti per cercare di convincerli che non esistono più allarmi, non c’è più la guerra né macchine aeree o terrestri che possano minacciarli,  ma è tutto inutile perché nulla sembra risvegliare gli apatici Eloi.

A George non resta che calarsi nuovamente lungo lo stretto condotto quindi i suoi piedi si posano sul terreno e, aiutato dalla poca luce che piove dall’alto e da dei fiammiferi che aveva con sé, s’inoltra nelle profonde gallerie. Dopo aver vagato nel buio arriva a una caverna più grande dove, per terra e su rozzi tavoli, ci sono dei resti umani.

George: “<Così questo era il destino degli Eloi: nutriti ma soggiogati dai Morlock che erano degenerati nella più bassa forma di vita umana: il cannibalismo.>”

Finalmente George raggiunge un’altra ampia caverna dove vede un Morlock che costringe ad avanzare con la frusta gli Eloi appena catturati e fra di loro egli scorge Weena. Dopo aver cercato invano di esortarli a reagire, George si lancia contro i cavernicoli abbattendoli. Accortosi poi che non sopportano la luce, accende una torcia improvvisata e la usa come una mazza. La sequenza, vista dalla parte dei mostri, con i loro occhi cioè, è molto efficace: quando George accende un fiammifero sembra, per i deboli occhi dei Morlock, che una luce intensissima illumini la caverna per poi scemare mano a mano che il fiammifero si consuma. La lotta volgerebbe al peggio per George se, finalmente, uno degli Eloi (James Skelly, 1936 – 1969) non prendesse l’iniziativa di abbattere un Morlock con un pugno. Così, con un popolo deciso a conquistarsi la propria indipendenza e dopo aver danneggiato i macchinari Morlock, George guadagna l’uscita mentre il mondo sotterraneo è in preda alle fiamme.

Malgrado tutto, però, egli non è ancora riuscito a trovare la sua preziosa macchina: ordina allora agli Eloi di gettare dei fasci di legna secca  dentro ai condotti per alimentare il fuoco che divampa all’interno e, poco dopo, il portale si spalanca e, al suo interno, George scorge la sua preziosa macchina del tempo: seguito da Weena si precipita all’interno ma, prima che la ragazza possa entrarvi a sua volta, il portale le si richiude davanti e George si trova da solo a lottare con dei Morlock. Riesce ad abbatterli e sale sulla macchina inserendovi la leva che aveva appresso. La spinge in avanti e di nuovo gli anni riprendono a scorrere e il cadavere del Morlock appena abbattuto da George si decompone rapidamente con una credibile stop motion.

George: <Andavo in senso inverso: indietro, indietro, dovevo andare indietro…>“

Poiché la posizione della macchina è mutata rispetto alla partenza, George si trova all’aperto, in giardino e davanti alla porta a vetri del suo laboratorio che egli sfonda per poter entrare. Il suo racconto termina qui  davanti agli sguardi attoniti e increduli dei presenti.

Tranne l’amico David nessuno crede alla veridicità del suo racconto e, dopo aver esternato i soliti sciocchi e vacui commenti, tutti se ne vanno. David, però, fatti pochi passi torna indietro e bussa nuovamente alla porta di George. La signora Watchett gli apre e lui si dirige in fretta verso il laboratorio ma la porta è chiusa e, dietro di essa, si sente uno strano rumore che noi sappiamo messere prodotto dalla macchina del tempo. Quando David riesce a sfondare la porta dentro non c’è più nessuno: per terra il piancito è tutto rigato e raschiato, mentre una traccia parte dall’esterno fino al pavimento smussato, come se qualcosa di pesante fosse stato trascinato dentro. Di questa manovra David ci dà un efficace spiegazione:

David: “Capisco ciò che ha fatto: vede le impronte? Qui (il pavimento) è dove la macchina del tempo stava all’inizio, i Morlock la spostarono, la trasportarono sul prato fin dentro la sfinge che era lì (il giardino, da dove partono le tracce). Weena si trovava qui (all’interno del laboratorio) quando lui la lasciò. Proprio qui: lo stesso spazio in un diverso tempo. Così ha trascinato la macchina qui dentro, raschiando il piancito, per poter comparire fuori della sfinge e aiutare gli Eloi a edificare un mondo… un mondo nuovo anche per lui…

Tre libri sono scomparsi: George li ha portati con sé, quali basi per la nuova civiltà, ma di quali libri si tratti ognuno è libero di pensare quel che crede anche se la versione ufficiale dice: La Bibbia e il Nuovo e il Vecchio Testamento. Noi siamo contrari perché non sarebbero cose pratiche per gli Eloi che avrebbero invece più bisogno di un corso di sopravvivenza. Il film si chiude con la segreta speranza di un suo ritorno e con la buona signora Watchett che spegne le luci della casa del viaggiatore del tempo, partito per un’epoca che non è la sua e con il suo bagaglio di conoscenze passate per il futuro di un mondo futuro…

Interprete di questo film è Rod Taylor, scomparso nel 2015. Nel campo della fantascienza aveva esordito nel 1956 con Mondo Senza Fine (World Without End) di Edward Bernds e nel 1963 interpreta il suo film più famoso per il grosso pubblico Gli Uccelli (The Birds) di Alfred Hitchcock. Lo abbiamo accennato ma giova ripeterlo che nella edizione in DVD, anche italiana, del film di George Pal c’è un delizioso documentario condotto dallo stesso Taylor sui piccoli segreti della pellicola e un cortometraggio nel quale, dopo parecchi anni, George torna alla sua epoca per cercare di salvare il suo amico Filby.

Per quanto riguarda la protagonista femminile Yvette Mimieux la possiamo ricordare anche in Avventura nella Fantasia (The Dancing Princess) del 1962 diretto da Henry Levin e da George Pal, quindi, nel 1973 è tra i protagonisti de L’Odissea del Neptune nell’Impero Sommerso (The Neptune Factor) di Daniel Petrie; infine, nel 1978, dopo aver interpretato Il Cane Infernale (Devil Dog: The Hound of Hell) per la regia di Curtis Harrington, la troviamo, nel 1979, tra gli interpreti dello spettacolare Il Buco Nero (The Black Hole) di Gary Nelson.

Non è la prima volta che una versione cinematografica del romanzo di Herbert George Wells viene portata sullo schermo e non sarà nemmeno l’ultima. Nel 1949 abbiamo o, meglio avremmo avuto, The Time Machine di Robert Barr, uno sceneggiato inglese di sessanta minuti. Abbiamo usato il verbo al condizionale perché lo sceneggiato risulta perduto. E’ stato prodotto, scritto e diretto dall’ex corrispondente di guerra Robert Barr ed è considerato uno dei primi sceneggiati realizzati in presa diretta dall’emittente televisiva inglese BBC. Non fu registrata e sono rimaste solo delle fotografie. Le prove si sono svolte al 31 Beaumont Mews dall’11 al 22 gennaio. Il 25 gennaio 1949 alle 20.30 La macchina del tempo è stata trasmessa in diretta da Studio A ad Alexandra Palace. Una produzione “rivista” è stata trasmessa il 21 febbraio 1949 alle 21.15. La trasmissione sarebbe stata disturbata dai rumori della telecamera e la sceneggiatura era stata strutturata come una scena continua il che la rendeva simile a una produzione teatrale. A causa della natura dal vivo dello sceneggiato dove solo gli effetti sonori erano registrati, anche i pensieri del viaggiatore del tempo, quando consentito, erano registrati. Questo era in parte influenzato dal fatto che, con la ripresa delle trasmissioni televisive dopo la Seconda Guerra Mondiale, la maggior parte delle produzioni erano fatte da personale esperto in teatro o radio. Gli effetti speciali utilizzati per trasmettere i viaggi nel tempo erano una semplice retroproiezione con inserti pre – filmati. Senza la tecnologia per poter registrare la trasmissione, questo sceneggiato è stato perso per sempre. Per quanto ci è dato sapere il film segue molto da vicino il romanzo di Herbert George Wells nel quale il viaggiatore del tempo (Russell Napier, 1910 – 1974) capita nell’anno 802.701 e incontra il popolo degli Eloi e in particolare Weena (Mary Donn). Dopo aver tentato invano di salvarla contro i brutali Morlock si reca allora in avanti nel tempo in cui il sole è diventato una supernova e distrugge il pianeta. Dopo aver visto questo va indietro nel tempo per la data in cui egli stava parlando ai suoi amici della sua invenzione. Essi sono convinti che il viaggiatore sia matto del tutto fino a che questi non tira fuori dal taschino uno strano fiore datogli da Weena.

Poi, nel 1978 e per la regia di Henning Schellerup abbiamo il fortunatamente inedito The Time Machine e qui ci incontriamo con Neil Perry, uno scienziato che vuole stringere i tempi per perfezionare il suo prototipo di macchina del tempo, ma lo staff dirigenziale è solamente interessato al ritorno economico. Perry decide così di fare da cavia nell’esperimento e si trova sbalzato nel futuro dove la guerra e un pessimo uso della scienza hanno praticamente distrutto la specie umana. Sulla superficie vivono i pacifici Eloi, costantemente terrorizzati dal feroce popolo sotterraneo dei mutanti Morlock. I Morlock sottraggono a Perry la macchina del tempo e attaccano gli Eloi, ma lo scienziato usa il fuoco delle torce per scacciare i mostri sensibili alla luce. Poi lo scienziato guida gli Eloi e la dolce Weena all’attacco dei Morlock usando le torce allo scopo di liberare gli altri prigionieri, ritrova la macchina del tempo nascosta in un tunnel dai Morlock e rientra nel presente. Dopo il rapporto di Perry non solo la corporazione non abbandona la ricerca sulle armi, ma vuole usare la macchina del tempo per rubare futuristici arnesi di morte. Disgustato Perry torna dagli Eloi e da Weena dedicando il suo ingegno solo per il bene dell’umanità. Abbiamo detto “fortunatamente inedito” perché si tratta di un filmetto realizzato in economia e di mediocre fattura.

Ben diverso è il discorso affrontato dal regista Simon Wells, nipote dello scrittore, che realizza nel 2002 The Time Machine, facendo interpretare ad Alan Young (il Filby della pellicola di Pal) un breve cameo nel ruolo di un fioraio: siamo nel 1899 e un giovane professore universitario sta per incontrare la propria fidanzata per offrirle un anello e chiederle di sposarla, ma, durante una colluttazione con un rapinatore, la ragazza resta uccisa. Dopo quattro anni di lavoro solitario il nostro professore ha costruito la macchina del tempo con la quale vuole salvare la sua ragazza dal suo triste destino, ma il tempo è beffardo e la giovane muore investita da una carrozza. L’uomo riprende il suo viaggio, dapprima nel 2030, poi un centinaio d’anni dopo quando la Luna, a causa delle continue trivellazioni dei coloni, sta per spezzarsi e i frammenti stanno per cadere sulla Terra. Ritorna alla sua macchina e parte di volata, svenendo. Si ritrova circa ottocentomila anni dopo in mezzo a degli strani esseri umani che vivono in uno stato semiprimitivo, un mondo che nasconde un altro pericolo per lui e per il futuro della razza umana… Film discontinuo e comunque spettacolare: vale la pena di vederlo pur non reggendo il confronto con la pellicola di Pal.

In ultimo, uscendo dagli schemi, dovete sapere che i Morlock hanno interpretato per conto loro un film inedito da noi, tralasciando altri film solo vagamente ispirati al romanzo. L’opera in questione s’intitola Morlocks, conosciuto anche come Time Machine: Rise of the Morlocks, di Matt Codd, in realtà un film di bassa levatura dove una macchina del tempo sperimentale apre una finestra verso il futuro e i mostri mutanti (i Morlocks) la usano per arrivare nel presente e scatenare la loro furia omicida.

(1 – continua)

Giovanni Mongini