Personaggi
- Giorgia Ferrarin, Erika Ferrari & Alessia Leblis, delle adolescenti del luogo.
- Padre Arles, uno strano prete morto da anni.
- Ermanno Burgio, unico abitante rimasto a Saletta, un tossicodipendente.
- Nina Balzaretti, la bibliotecaria di Asigliano.
- Germano Vittone, un proprietario terriero.
- Bruna Bertinetti, la donna coi cani.
- Daniele Pavia, docente di scuola media.
- la pitonessa, sacerdotessa d’una setta di ragazzini che si riunivano al tabernacolo nel 1979.
- la dama bianca, una figura trasparente che si muove lungo i campi, armata di rasoio.
- la bambina bianca, forse una fantasma della mente?
2 – I remember (Walter Rizzati)
Passarono i giorni, e la visita al tabernacolo rimase impressa nelle menti delle tre amiche. Giorgia, più di tutte, non riusciva a levarsi dalla mente l’articolo della Sesia. Quando tornava a casa dallo Scientifico, sbrigava veloce le faccende di casa e i compiti (era sola fin verso sera; sua madre era una general manager di un sito web che si occupava di compravendite di oggetti usati su internet; dopo aver lavorato in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, e aver divorziato dal padre di Giorgia, la signora Clara Sambonet era rientrata in Italia per curare una piattaforma da nove milioni di inserzionisti lungo lo stivale; i soldi in casa non mancavano certo, tuttavia Clara era quasi un fantasma nella vita di sua figlia…), si preparava qualcosa di veloce e sfizioso da mangiare e poi smanettava su internet col cellulare. Un po’ di Facebook, un po’ di SMS, infine a cercare notizie su Saletta e le sue leggende urbane. Lesse di tutto. Dai resti di uomini giganteschi ritrovati da un canonico nel 1622, al fantasma di una bambina morta dopo aver visitato il tempietto. Si parlava anche di un bambino rimasto infilzato da un cancello mentre giocava vicino al sito maledetto. Qualcuno, in certe mattine d’inverno, giurava d’aver visto una figura femminile velata di bianco aggirarsi nei pressi della chiesa sconsacrata. Ciò che la prendeva maggiormente erano gli accenni sulla setta di ragazzini e la “pitonessa”. Chissà chi era? Com’era adesso? Chissà se aveva dimenticato quegli eventi lontani 36 anni? Forse era una madre, presa dal tran tran della quotidianità, dai piccoli grandi problemi della vita? Questo immaginava Giorgia, senza riuscire a liberarsi da quella che stava diventando un’ossessione. Per qualche strana ragione, sentiva istintivamente che quella vicenda la riguardava da vicino, che aveva a che fare con lei. Facendo un paio di calcoli, la loggia del 1979 era composta da adolescenti di 15, 16 anni, tutta gente ormai sopra i 50. Gente del posto, magari di Asigliano o di Costanzana. Gente che aveva incrociato chissà quante volte dal fornaio, o alla posta. Forse tra i suoi parenti? Giorgia immaginò sua madre, la supermanager, nei panni della sacerdotessa del tabernacolo; purtroppo Clara era troppo giovane e i conti non tornavano. Mentre il pomeriggio sfumava in una sera magica, lei continuava ad aprire siti, inserire parole chiave nei motori di ricerca per carpire il segreto che spingeva quel corteo di adolescenti ad attraversare i nebbioni della bassa, immergersi nel boschetto e scendere nella cripta del santo. Giorgia provò a immaginare le loro emozioni. Lei per cosa si sarebbe spinta laggiù, tra i massi in putredine? Per fermare il tempo che scorre, pensò subito. Per non dover conoscere la nevrosi degli adulti. Il loro senso di colpa, la loro inadeguatezza, l’ansia di non riuscire a pensare che a loro stessi, a guardare oltre i buchi neri delle loro anime. Come sua madre…
…Il prete la chiamò a sé per insegnarle la legge.
Parole cadute, dimenticate dai rosari dei contadini.
Archeologie dell’anima astrale.
Geometrie dell’aldilà pre-industriale.
Modi per non trasformarsi in polvere.
Ogni uomo è un condannato, le disse.
Un criminale punito dal Dio biblico con la morte.
La putrefazione ammorbante delle carni.
Tutte le religioni hanno mentito, promettendo la salvezza.
Tutte hanno fallito.
Lei, la ragazza coi lunghi capelli rossi, la tentatrice, lo sapeva bene. Tutti le avevano mentito, l’avevano ingannata. I suoi genitori, persi dentro illusioni politiche di lotte e rivoluzioni mai avvenute. I suoi coetanei, esaltati dalle fantasie del ’77 e poi spenti dalla morfina di Stato, dai fiumi di eroina che circolavano nell’India mentale della provincia. Tutti si erano persi, si erano succhiati il cervello. Il problema è quando si cambia, quando il corpo decade, si dissolve nei meandri di un riflusso fisiologico.
Il prete lo sapeva.
Lui sapeva tutto.
Era stato lui a cercarla.
A indicarle la via.
A dirle che bisognava cercare altrove.
Dentro di sé, la scintilla dell’Essere Divino.
Devi controllare la tua mente.
Liberarti dalla tirannia del tempo.
L’universo è un castello di carte che ti circonda.
Ti impedisce di guardare.
La magia è la più alta forma di filosofia naturale.
E’ l’unica via di fuga per arginare la fine.
Cerca le analogie tra le cose del mondo.
Cerca le leggi immutabili.
La magia è analogia.
L’analogia è poesia.
La poesia è linguaggio.
Il linguaggio è un rito.
Una metamorfosi, un travestimento.
Un gesto violento di fuga per scoprire il segreto della vita.
E vincere la morte.
La pitonessa lo ascoltava mentre le impartiva i nomi delle legioni e le raffigurava coi gesti della bocca le corone splendenti, i panni di porpora, i monili preziosi e le membra d’animale, insetto e donna dei geni sovrumani. Dei demoni.
Tutto questo mentre nel resto del paese i cortei, gli slogan, i passamontagna cedevano alle derive di un Portobello, d’un Grand’Italia, d’un Bontà Loro. Ultimi gracidii analogici di comunicati BR scagliati contro i comizi fascisti del multimperialismo…
(2 – continua)