Titolo originale: Shark – Rosso nell’oceano
Anno: 1984
Regia: Lamberto Bava (John Old jr.)
Soggetto: Lewis Coates (Luigi Cozzi), Dean Lewis (Luciano Martino) e Martin Dolman (Sergio Martino)
Sceneggiatura: Gianfranco Clerici, Frank Walker (Vincenzo Mannino), Dardano Sacchetti e Hervé Piccini
Direttore della fotografia: John Mc Ferrand (Giancarlo Ferrando)
Montaggio: Bob Wheeler (Roberto Sterbini)
Musica: Anthony Barrymore (Fabio Frizzi)
Effetti speciali: Germano Natali e Ovidio Taito
Produzione: Mino Loy
Origine: Italia / Francia
Durata: 1h e 36’
CAST
Valentine Monnier, Iris Peynado, Dagmar Lassander, Cinzia De Ponti (Cinthia Stewart), Michael Sopkiw, Gianni (John) Garko, William Berger, Paul Branco
TRAMA
In Florida, a causa del ritrovamento di cadaveri dilaniati emersi dalle acque e barche senza conducenti, lo sceriffo Gordon incarica Stella e Bob, due ittiologi, di fare delle ricerche per capire quale animale possa compiere queste stragi: li aiutano Peter, un elettronico, che mette a punto delle apparecchiature speciali per localizzare l’animale; la sua fidanzata di colore e un biologo, tutti desiderosi di catturare l’animale vivo. Il gruppo di scienziati parte in concorrenza con la guardia costiera decisa ad arrivare prima al mostro e ucciderlo senza troppi complimenti. Ma la barca di Bob viene assalita ed egli muore, mentre Janet, una paleontologa unitasi al gruppetto, riesce a mala pena a salvarsi e con un fortunato colpo di accetta recupera un pezzo di tentacolo. A questo punto un istituto per le ricerche marine viene incaricato di studiare il reperto. Intanto a terra un brutale killer uccide varie donne su ordine di un misterioso personaggio legato in qualche modo a un altrettanto oscuro centro di ricerche che prende parte alla caccia al presunto squalo avvalendosi di un computer dalle straordinarie qualità. West, che dirige l’istituto e che è interessato alla scoperta, si batte con il suo assistente Davis, il cattivo di turno: si scopre infatti che è stato lui a creare in laboratorio la terribile creatura e che spera di usarla per piani pazzeschi. West, scoperta la macchinazione si rende però conto che l’animale ha la eccezionale capacità di riprodursi da solo: in questo modo qualsiasi arma possa colpirlo o mutilarlo, non farebbe che provocarne una terrificante proliferazione. Si tratta di un mostro marino preistorico, antenato dello squalo ed ibrido fra un Dunkleosteus e un polpo, capace di rigenerarsi dalle sue cellule. Il mostro è stato creato dal dottor Davis per conto di un progetto top secret di una multinazionale. La stessa multinazionale paga un sinistro uomo per uccidere chi si interessa al progetto e a sabotarne gli sforzi. In seguito appare chiaro che il mostro marino non è uno squalo ma un suo lontanissimo antenato ancora più terribile, fossilizzato e misteriosamente richiamato in vita, che qualcuno dal centro di ricerche vuole proteggere ad ogni costo. Dotato di cellule autorigenerantl, la creatura se fatta esplodere con una mina si riprodurrebbe invadendo tutti gli oceani in pochi giorni. Dopo che il dottor Davis viene arrestato e il sinistro uomo ucciso dal mostro, si scopre che solo il fuoco può eliminarlo. Così scienziati e polizia, finalmente d’accordo, attirano il mostro con uno stratagemma su un fondale (l’elettronico predispone uno speciale marchingegno, trainando in mare un apparecchio con voce da mostro-femmina, registrata): dopo di che gli agenti circondano l’animale, versano ettolitri di benzina in acqua e gli danno fuoco, riuscendo ad uccidere la creatura. Davis e la sua complice amica dovranno pagare però il fio delle loro trame.
NOTE
Shark – Rosso nell’oceano (1984) è un curioso ibrido di horror, fantascienza e thriller, caratteristica di Lamberto Bava che riscontriamo in molte produzioni televisive. L’elemento gotico è costituito dal mad doctor creatore di un mostro marino per infestare le acque che circondano un’isola tropicale. Bava è abile nel conferire credibilità alla presenza del mostro e a creare la tensione sufficiente per sostenere una trama poco originale. Si va a nozze con lo splatter, vero marchio di fabbrica di Lamberto, anche se non si raggiungono gli eccessi della serie Dèmoni. Il mostro marino dilania corpi, sbrana persone, distrugge membra, mentre abbondanti flussi di sangue colorano l’oceano.
Luigi Cozzi scrive Shark – Rosso nell’oceano ispirandosi ai kolossal statunitensi che dal 1975 in poi imperversano sugli schermi di mezzo mondo. Lo squalo è il modello di riferimento classico ma l’idea viene sviluppata con un pizzico di originalità e per questo avrebbe meritato miglior realizzazione tecnica. Luigi Cozzi scrive il film per girarlo lui stesso, la sua idea è completamente diversa da quella realizzata da Bava, forse condizionato anche da un budget irrisorio. Abbiamo chiesto a Dardano Sacchetti (uno degli sceneggiatori) cosa ricorda di questa pellicola. Ecco la sua risposta: “Non conosco i retroscena di Shark, so solo che un giorno mi chiamarono i produttori Loy e Martino e mi dissero che dovevano fare questo film con Bava. Cozzi aveva abbandonato il progetto, credo perché in partenza fosse più importante, più costoso e soprattutto con una marcata impronta di fantascienza. Quando sono entrato io, come accadeva spesso con Martino, mancavano un paio di settimane all’inizio del film, non so neppure dove sia stato girato, so che il produttore andava a Miami. A quel che dice Cozzi avrebbe dovuto esserci una sorta di esperimento impazzito da cui prendeva il via tutta la trama, e poi gli effetti speciali dovevano essere più curati. Credo, ma è solo una mia supposizione, che i produttori dopo aver tergiversato un anno con Cozzi abbiano affidato il film a Bava che ha dovuto fare tutto in poco tempo. Bava doveva fare un film meno costoso e in fondo più simile a Lo squalo, ma in realtà non c’erano soldi per realizzare nessun tipo di progetto. Basti pensare che l’unica scena in cui il mostro azzanna un uomo venne girata in un cortile con una mascella di legno azionata da me in un acquario e un po’ di trippa sopra una camicia azzurra. La sceneggiatura originale venne massacrata per tirarci fuori un film che costasse il meno possibile e per fare le solite nozze con i fichi secchi. Ho fatto quattordici film con Bava e lo conosco dal 1970, siamo come due fratellastri che vanno avanti tra alti e bassi, complicità e sgarbi, ma su questo film non c’è stato molto scambio perché tutto è avvenuto in fretta”.
La produzione di Shark è italo-francese, il cast è in gran parte italiano ma nascosto sotto nomi anglofoni. Il soggetto è di Lewis Coates (Luigi Cozzi), Dean Lewis (Luciano Martino) e Martin Dolman (Sergio Martino). La sceneggiatura di Gianfranco Clerici, Frank Walker (Vincenzo Mannino), Dardano Sacchetti e Hervé Piccini. Musiche di Anthony Barrymore (Fabio Frizzi), scenografie e costumi di Antony (Antonello) Geleng. Ottima la fotografia caraibica e subacquea di John Mc Ferrand (Giancarlo Ferrando), mentre lascia a desiderare il montaggio di Bob Wheeler (Roberto Sterbini). La cosa peggiore sono i risibili effetti speciali di Germano Natali e il mostro marino ideato da Ovidio Taito. Lamberto Bava firma la regia come John Old jr., in onore del padre Mario che usava lo pseudonimo di John Old. Le attrici principali sono le attraenti Valentine Monnier e Iris Peynado, ma in ruoli minori non vanno dimenticate Dagmar Lassander (mai vista recitare così male) e Cinzia De Ponti (Cinthia Stewart). Gli attori protagonisti sono Michael Sopkiw, Gianni (John) Garko, William Berger e Paul Branco. La pellicola è girata in Florida e nel Parco Nazionale delle Everglades, per la precisione nell’arcipelago delle Florida Keys, nelle città di Keys West e Marathon.
Prima di tutto contestiamo la definizione di “squalo all’italiana” fornita da Marco Giusti su Stracult, perché il film non parla di uno squalo ma di un mostro marino creato in laboratorio da un folle scienziato che con il suo aiuto pensa di dominare il mondo. Il mostro fa parte del progetto “Sea killer” ed è aggressivo come uno squalo bianco, ha la forza e i tentacoli di una gigantesca piovra, l’intelligenza di un delfino e la mostruosità di un animale preistorico. Per realizzare tutto questo serviva un vero mostro marino da dare in pasto alla fantasia degli spettatori, mentre nel film di Bava vediamo solo tentacoli e denti. Non ci sono abbastanza soldi per creare un gigantesco fantoccio di dodici metri di lunghezza, per questo si sceglie la via più breve: inquadrare soltanto fauci e tentacoli del bestione. I primissimi piani dell’animale si sprecano e i denti che si abbattono sui malcapitati lasciano la loro brava scia di sangue, ma non è abbastanza. Lamberto Bava tenta di salvarsi giocando la carta dello splatter con qualche testa mozzata, gambe segate da denti famelici, moncherini di braccia e un po’ di sangue sparso nell’oceano. Lo spettatore resta deluso perché non vede mai il mostro di cui si parla e la vana attesa lo indispone.
Protagonisti sono un’allevatrice di delfini (Valentine Monnier) e il suo geniale amante (Michael Sopkiw) che alla fine liberano il mondo dalla terribile minaccia. Gianni Garko è il compagno dell’allevatrice, Iris Peynado è la donna di Sopkiw, mentre Dagmar Lassander interpreta la malefica amante dello scienziato pazzo. Il film è lento, per entrare nel vivo della narrazione si deve penare parecchio, la trama risulta farraginosa perché il regista fatica a imbastire la suspense. Alcuni delitti legati alla comparsa del mostro dovrebbero far capire il collegamento tra creazione in laboratorio e persone eliminate perché conoscono il segreto. La cosa migliore del film sono la fotografia subacquea e gli scenari caraibici. L’ambientazione è curata, ma spesso la regia insiste su particolari da film sentimentale (tramonti e abbracci romantici), quasi dimenticando che si tratta di un film avventuroso. La musica è suadente, le mangrovie spettacolari, le spiagge bianche suggestive, tutto vero, ma il mostro marino non si vede mai. E in un film che dovrebbe avere protagonista una presenza che viene dagli abissi è imperdonabile. Il mistero del mostro sta tutto nel laboratorio di genetica di una grande azienda, dove l’assistente Davis e la moglie del responsabile sono i responsabili della folle macchinazione. Il film è appesantito da dialoghi assurdi tipo: “Come mai sta accadendo tutto questo?” “Non lo so. So solo che qualcuno ci vuol tenere lontani dal mostro”. Degno di nota il fumettistico: “Non riuscirete mai a distruggere la mia creatura”, recitato in punto di morte dallo scienziato pazzo. Il montaggio è lentissimo, ricco di sequenze interminabili che andavano tagliate se si voleva conferire un ritmo da thriller fantastico. La regia risulta diligente e metodica, non certo non geniale, mentre un pizzico d’inventiva non avrebbe guastato. Ci sono brevi sprazzi di erotismo spesso fuori luogo, soprattutto mal interpretati da Iris Peynado e Valentine Monnier. La recitazione è un altro punto debole di una pellicola deludente che vive di stereotipi fumettistici. Abbiamo lo scienziato pazzo, l’amante perfida, il poliziotto ottuso, il geniale inventore, la bella intrepida e la ragazza sensuale che si lascia sedurre. Tutto questo sarebbe anche perdonabile se il film presentasse ottimi effetti speciali e mettesse in primo piano il mostro marino. Qualche sequenza è da salvare, soprattutto quando il bestione attacca e uccide catturando con i suoi orribili tentacoli, masticando i malcapitati con i denti aguzzi. Cozzi vorrebbe scrivere un film fantascientifico mascherato da pellicola sui mostri marini, per questo inventa la storia dello scienziato che crea in laboratorio una minaccia surreale. Il mostro è un pesce di razza sconosciuta, una specie di fossile dei mari, un protosqualo velocissimo e fantastico, lungo dodici metri, dotato di una bocca larga un metro e mezzo. Se lo avesse girato Cozzi, con il budget promesso dal produttore, gli effetti speciali non solo non sarebbero mancati ma sarebbero stati la colonna portante del film. Una volta ridotta la storia a una sorta di thriller mal riuscito, il copione originale perde tutte le sue potenzialità.
Una trovata interessante da un punto di vista narrativo è la scoperta che il mostro si riproduce da solo e che da un brandello si possono generare centinaia di esseri identici. Il pericolo viene scongiurato attirando il mostro sul bagnasciuga e incendiando la zona circostante. Assistiamo a una spettacolare carneficina di uomini maciullati da denti famelici, un vero trionfo di splatter, come piace a Lamberto Bava. La sceneggiatura delle sequenze finali è opera di Dardano Sacchetti: la minaccia viene scongiurata grazie a fiamme che divorano denti e tentacoli. L’ultima scena è forse la cosa peggiore del film. I protagonisti progettano una vacanza in montagna dopo aver passato tanti pericoli per colpa del mare. La risata dei protagonisti chiude un pessimo spettacolo che Paolo Mereghetti definisce “un modesto horror artigianale travestito da produzione straniera”.
Shark si aggiudica il poco invidiabile primato di aver ottenuto solo stroncature da parte della critica specializzata, ma anche le peggiori valutazioni da parte degli utenti del sito Internet Movie Database. Nel 2007 entra nella Bottom 100, occupando la posizione numero ottantatre, quindi esce di classifica.
Facciamo un po’ di storia del film, anche se è difficile separare realtà da leggenda.
L’idea viene a Sergio e Luciano Martino che contattano Luigi Cozzi, chiedendogli un soggetto ispirato a Lo squalo ambientato niente meno che a Venezia. Il primo trattamento è intitolato Fauci divoratori e sarebbe divertente leggerlo, ma non è stato mai tradotto in pellicola a causa di problemi economici. Cozzi viene invitato a scrivere una storia più fattibile, visti i soldi a disposizione, e lui si ispira al romanzo Urania L’incubo sul fondo di Murray Leinster, con integrazioni finali a cura di Dardano Sacchetti. Mino Loy produce questo soggetto, affidato a Lamberto Bava che attinge sia da Spielberg che da Sergio Martino (L’isola degli uomini pesce). Pettegolezzi narrano di Martino come regista aggiunto, ma fonti autorevoli confermano che il solo direttore del film è Lamberto Bava. Riportiamo una sua dichiarazione reperita in rete: “La sceneggiatura non era poi male ma troppo pretenziosa da realizzare coi nostri mezzi, così mi venne l’idea di salvare capra e cavoli aggiungendoci un po’ di mistero e intreccio giallo invece che puntare sugli effetti speciali, che poi non erano così speciali. Il mostro era ingovernabile. Feci costruire due piccoli mostri, che vennero usati maggiormente, mentre il mostro grande venne utilizzato pochissimo. Cercai di far vedere il mostro il meno possibile, come se fosse l’assassino in un film giallo”. Bava deve lavorare con un cast composto da persone che parlavano tre lingue diverse e con una troupe italo-americana. Inoltre le condizioni in cui venne girato il film erano proibitive, sia per il clima che per l’ambiente con cui si doveva fare i conti.
Shark non è certo un capolavoro (tutt’altro!), ma dopo il debutto italiano del 7 settembre 1984, esce anche in Francia (Apocalypse dans l’ocean rouge, 1985), Stati Uniti (Devil Fish, 1986) e Filippine (Dayao, Monster Shark, 2000). Visto censura 80045, concesso il 5 settembre 1984, come film per tutti. In Australia e Stati Uniti è una pellicola contrassegnata da una R (violenza, gore e linguaggio scurrile), mentre quando esce in Germania Ovest è vietato ai minori di anni 18, in Spagna e nelle Filippine ai minori di 13, in Norvegia ai minori di 16.
La critica stronca sin dall’anteprima torinese al cinema Nazionale (10 settembre 1984), con un pezzo uscito su La Stampa: “Fare un film del filone squalo e accontentarsi di effetti speciali scadentissimi equivale a candidarsi al sicuro insuccesso di pubblico”. In realtà il pubblico italiano decreta un successo inatteso per la pellicola con un incasso di 418 milioni di lire, ma gli introiti sono buoni anche nel resto del mondo, pur non rientrando nei cento migliori stagionali.
Shark viene distribuito in VHS per il mercato italiano nel 1984. Negli Stati Uniti esce come Devil Fish. Il primo paese a distribuire il DVD è il Giappone (2000), come Jaws Attack 2, presentato come sequel de La notte degli squali (1988) di Tonino Ricci, uscito come Jaws Attack. Il DVD è reperibile anche in Germania, come Monster Shark e Der Monster-Hai.
Registriamo persino un remake apocrifo del film di Bava e Cozzi, prodotto circa vent’anni dopo da Roger Corman, girato in Messico da Declan O’Brien con il titolo di Sharktopus e identica trama. Interpretato da Eric Roberts, Kerem Bursin, Sara Malakul Lane; non esce al cinema ma solo nei circuiti televisivi (Syfy, 25 settembre 2010) e Home Video. Inedito in Italia. Non contento, Corman produce pure Sharktopus 2, poi modificato in Sharktopus vs Pteracuda (2011), prodotti dedicati alla televisione di genere. Previsto anche Sharktopus vs Mermantula. Siamo ai limiti della follia, tra ibridi formati da squali e polpi, tarantole e tritoni, barracuda e pteranodonti.
Gordiano Lupi
(tratto dal libro “Mare blu, morte bianca – Guida ragionata al cinema degli squali” a cura di Nico Parente, Edizioni Il Foglio Letterario)