FANTASCIENZA STORY 69

IL “DEBUTTO” DI ALFRED HITCHCOCK E STANLEY KUBRICK (1963) – PARTE 03

Nel 1960 la cinematografia inglese produsse e girò uno dei migliori films di fantascienza in assoluto. Si chiamava Il Villaggio dei Dannati ed era tratto da un famoso romanzo di John Wyndham pubblicato dalla Mondadori con il titolo I Figli dell’Invasione. Ne fu regista Wolf Rilla (1920 – 2005), figlio dell’attore tedesco Walter Rilla il quale lavorò spesso in Inghilterra interpretando dei ruoli in film su Fu-Manchu e il Dottor Mabuse. Wolf Rilla, invece, pur avendo girato altri film, ancora oggi, stando alle sue dichiarazioni, è ossessionato nelle interviste da quell’unica pellicola, come se non ne avesse girate altre e, in effetti, nessuno dei film precedenti o seguenti fu mai all’altezza di quell’opera che lui girò, in un solido bianco e nero, ormai tanti anni fa. Il soggetto doveva poi conoscere un remake nel 1995 il quale, pur essendo girato da un regista di solida esperienza quale è John Carpenter, è lontano anni luce dalla forza e dall’impatto dell’originale. Dato il grande successo del film di Rilla in tutto il mondo non era affatto illogico se, commercialmente parlando, si pensasse a un seguito ma, più astuti dei cugini americani, gli inglesi pensarono di non realizzare un sequel ma di prenderne spunto per realizzare una storia diversa che poco avesse in comune con l’originale. Fu un’ottima idea e nacque così, nel 1963, La Stirpe dei Dannati per la regia di Anton M. Leader (1913 – 1988): quindi, sia chiaro una volta per tutte, non di un sequel o di un remake si tratta, ma di una vicenda la quale, anche per ragioni commerciali, prende spunto dalla storia di Wyndham per dipanarsi lungo binari diversi e non è di conseguenza confrontabile con il primo proprio per lo stesso motivo.

LA STIRPE DEI DANNATI  (Children of the Damned)

In una scuola di Londra il Professor Tom Lewellin (Ian Hendry, 1931 – 1984), psicologo dell’Università, e il Dottor David Neville (Alan Badelm, 1923 – 1982), libero docente di genetica, stanno compiendo dei test intellettivi su quattro ragazzi i quali devono costruire un puzzle tridimensionale: un grande cubo composto di pezzi con vari tipi d’incastro. La prova è appena iniziata e Tom la sta cronometrando. Paul Looran (Clive Powell) sta inserendo i pezzi con efficienza e rapidità sotto lo sguardo seccato dell’insegnante che ritiene questi esami lesivi per la tranquillità e l’equilibrio degli esaminandi.

Paul ha terminato e Tom passa il cronometro a David affinché veda il tempo impiegato per la prova. La crisi di nervi di uno dei tre ragazzi, che scaraventa per terra i pezzi, segna il termine dell’esperimento e i giovani vengono congedati.

Tom: “Allora?”

David: “Sorprendente.”

Tom: “Tempo impiegato nelle otto prove: sei minuti e tre secondi. Tu hai messo due ore e tre minuti    superandole.”

David: “L’ho visto. È sorprendente.”

I due chiedono informazioni all’insegnante sui genitori di Paul. La donna sa solamente che il bambino vive con la madre ma non l’ha mai vista, così Tom e David decidono di andare a casa sua. Una donna trasandata, in vestaglia e una casa sporca e in disordine accolgono i due. Tom cerca di spiegare a Diana Looran (Shella Allen, 1932 – 2011) lo scopo della loro visita.

Tom: “Sto eseguendo delle prove intellettive, Signora Looran. Ho esaminato bambini di tutta l’Inghilterra per incarico delle Nazioni Unite… ehm… le stesse identiche prove d’esame, per la prima volta, sono state assegnate ai bambini di tutto il mondo, ne sono scaturiti alcuni fatti anormali, perciò siamo qui a parlare di Paul. La sua intelligenza ha dell’incredibile.”

Diana: “Oh, davvero?”

David: “Vorremmo indagare sui suoi ascendenti. Su lei, Signora Looran e anche suo padre, s’intende.”

La donna non vuole sentire ragioni e caccia via Tom e David poi rientra in casa cercando, in mezzo alla confusione, una sigaretta, trova un mozzicone e l’accende mentre Paul è entrato nella stanza e, dalla finestra, osserva i due che si stanno allontanando.

Diana: “Li hai alle costole e non te la caverai. Sono più forti di me… Ti odio, e voglio che tu soffra come hai fatto soffrire me! Dovevo soffocarti la prima volta che ti ho stretto in petto! Li avrai addosso e con l’aiuto mio. Tutto il mio aiuto gli darò, hai capito?”

Paul ha capito benissimo e sta guardando intensamente sua madre…

La donna è ora fuori per strada. È ancora in vestaglia, lo sguardo fisso e assente, attraversa le strade senza far caso al traffico.

Entra in un tunnel buio da dove escono continuamente dei veicoli. Uno stridio di freni, un clacson, un urto.

Diana è in ospedale, le braccia rotte. Accanto a lei ci sono Tom e David che ascoltano quello che sembra essere un deliquio.

Diana: “Lui non è mio… L’ho solo messo al mondo… però non è mio… Non potevo avere figli… non sono stata amata mai… lo volete capire? Lui non ce l’ha un padre… non è di questo mondo… Nessuno mi ha mai amato, non ho avuto mai contatti! È  vero, lo giuro, credetemi, lasciatemi in pace! Vi avverto… lui vi può far fare lo stesso… vi avviso… Voi siete dei pazzi…”

Così, mentre un’infermiera cerca di calmare la donna, Tom e David vanno a casa di Paul con l’intenzione di prenderlo con loro ma lì vi trovano Susan Eliot (Barbara Ferris), sorella di Diana. La ragazza, che vive con la madre, ha avuto un presentimento e si è precipitata a casa della sorella arrivando giusto in tempo per ricevere la chiamata dall’ospedale. Poiché la loro presenza non è più necessaria i due se ne vanno invitando però Paul e Barbara all’Università in quanto il Dottor Harib (Harold Goldblatt, 1899 – 1982) sta per arrivare da Parigi allo scopo di conoscere Paul. La ragazza accetta ed essi vengono anche a sapere che Paul è nato prima che Diana si sposasse. Il giorno dopo il gruppo è all’Università davanti a una gabbietta contenente dei topolini bianchi. Uno di essi è di dimensioni doppie rispetto a quelle degli altri.

David: “Hanno gli stessi genitori, hanno la stessa età.”

Harib: “Non è disfunzione?”

David: “Oh, no. È normale sotto tutti gli aspetti ma non solo è molto più grosso, è anche molto più furbo. Si mangerebbe tutto lui.”

Harib: “La sua prole sarà simile?”

David: “Identica. Come ho detto è perfettamente normale. In libertà la sua razza prevarrebbe. Ricordate Darwin e la sopravvivenza del più forte?”

Tom: “Oh, questo non è un esempio del Professor Darwin.”

David: “Oh, no. È un’improvvisa, inesplicabile modifica dei geni e, onestamente, nessuno sa come e  perché ciò avvenga, perciò li chiamiamo “scherzi biologici”. Succede con tutto in natura. Ecco, venite a vedere…”

David porta Tom e Harib dietro la grande vetrata e mostra loro una pianta gigantesca vicino a un’altra più piccola mentre Susan apre la gabbietta e Paul prende in mano il topo gigante, accarezzandolo.

David: “Ecco, guardate, per cinquanta generazioni questo e d’un tratto salta fuori questa giungla stravagante…  Beh, ecco qua: piante, animali… e non si può escludere che non capiti nell’uomo.”

Harib: “E per lei questo spiegherebbe Paul?”

David: “Se dovessi dare una spiegazione non ne avrei altre.”

Harib: “Ogni quanto si verifica?”

David: “Non è certo prevedibile ma…  direi una volta in diversi miliardi di anni.”

Harib: “Ma se le dicessi, Dottor Neville, che ci sono sei Paul nel mondo, stessa età e stessa intelligenza?”

David: “Da un punto di vista genetico è impossibile.”

Harib: “Abbiamo ora i risultati di ogni nazione del mondo: cinque bambini hanno dato risultati identici a quelli di Paul.”

Tom: “Identici?”

Harib: “Sì, identici.”

Tom: “Ma come è possibile? Voglio dire come…”

Harib: “Ah, non ne ho idea ma mi piacerebbe scoprirlo…”

Tom: “Piacerebbe anche a me.”

Harib: “Un ragazzo di Calcutta è ora alloggiato nell’ambasciata indiana, dato che lui e Paul Looran sono già qui ho provveduto che anche gli altri quattro siano portati a Londra alle loro ambasciate. Lei dovrebbe riesaminarli tutti… Intanto, signori miei, vorrei che trattaste ciò come una ricerca dell’UNESCO e niente di più.”

Così i due vanno all’ambasciata russa e il segretario riferisce loro che la bambina, Nina (Roberta Rex), è ritornata in patria, questo perché il governo sovietico non vuole creare precedenti di collaborazione con l’UNESCO. In quello stesso momento una bambina si affaccia lungo le scale e il segretario, imbarazzatissimo, dice che si tratta di sua figlia Sonia. I due non gli credono ma si avviano verso la porta mentre l’uomo ascolta attonito la loro conversazione.

Tom: “Senta, cos’è questa storia?”

David: “Ah, quale psicologo Thomas poni la tua personalità per l’individuo che studi… ma noialtri viviamo in un complesso mondo sociale. Einstein mise massa e energia insieme, ora abbiamo l’atomica. Se tu fossi un uomo politico russo con una figlia dal cervello dieci volte più efficiente di quello di Einstein, la consegneresti forse a due scienziati inglesi qualunque dall’aspetto primordiale?”

Tom: “Neanche per sogno!”

David: “Addio.”

Tom: “Addio”

Il sempre più allibito segretario chiude la porta…

All’ambasciata tedesca incontrano Mark (Frank Summerscale) e sua nonna.

Anche in questo caso i due non riescono a sapere molto del padre di Mark e, per quanto riguarda la madre, la donna non ne ha una stima molto profonda, anzi… i suoi commenti irritano il cane di Mark o, forse, è il ragazzo stesso che spinge il cane a ribellarsi.

Il ragazzo indiano, Rashid (Mahdu Mathen), si trova nelle cucine dell’ambasciata, assieme alla madre, e questa fugge via spaventata quando David le chiede se Rashid le faccia fare quello che non desidera. È sera e Tom e David sono tornati nel loro appartamento, Tom sta apparecchiando la tavola e David sta preparando la cena. Qualche critico ha voluto vedere in questa convivenza i sintomi di un rapporto omosessuale, come sempre accade in questi casi si è trattato di dare etichette senza che vi sia il minimo indizio di una cosa del genere ma, anche se fosse, non vediamo l’importanza che questo possa avere ai fini della storia…

Suonano alla porta e Tom si trova davanti a un uomo il quale s’identifica come Colin Webster (Alfred Burke, 1918 – 2011). Sta cercando David.

Una volta entrato Colin si toglie il cappotto e lo passa a Tom poi prende in mano lo scatolone con dentro i pezzi del puzzle e li appoggia sulla tavola sedendosi tranquillamente mentre parla con David.

David: “Credevo che passassi il tempo a inseguire belle donne a Bucarest e Istambul… o è Hong Kong e Berlino, attualmente?”

Colin: “A volte è molto più eccitante inseguire bambini qui a Londra.”

David: “Vedi, Tom? Il mondo è piccolo. Così il Leone Britannico ha lanciato il suo allarme, eh?”

Colin: “Non è detto, ancora… Ma non vi è alcun motivo di ignorare in quali acque si naviga… Posso?”

Colin ha indicato la scatola e Tom gli fa una specie di cenno d’assenso, al che l’uomo rovescia sul tavolo i pezzetti e cerca d’incastrarli tra loro.

David: “Ci hai pedinati tutto il giorno?

Colin: “No, troppo faticoso. Non trovate terraferma, voi due. Dottor Lewelling, cosa ne pensa lei come psicologo?”

Tom: “Lo trovo molto sconcertante.”

Colin: “E tu come esperto di genetica?”

David: “Come tale sono sempre sconcertato Cole, il tuo sviluppo, ad esempio, è certo straordinario. Ma i Governi cosa ne pensano?”

Colin: “Oh, sai, i governanti ci vanno sempre cauti… Tu saprai certo dei cosiddetti scherzi biologici.”

David: “Solo nel senso più scolastico.”

Colin: “Sei scherzi puoi ammetterli?”

David: “Con identiche mutazioni? Beh, io sono sempre un’ottimista… ma  è come vincere al totocalcio sei volte di fila con la stessa identica schedina.”

Tom: “David, ti sembrerò ridicolo ma non potrebbero aver avuto lo stesso padre?”

Colin: “Ci ho pensato anch’io.”

David: “Ah, una vita interessante avrebbe fatto questo… padre. Ma ammesso stesso padre e madre,  conoscete sei fratelli e sorelle che abbiano lo stesso grado d’intelligenza?”

Colin: “La partenogenesi?”

David: “Già… Riproduzione senza il concorso dell’opposto sesso, dice il dizionario, “Non ho mai amato”, dice la Signora Looran… Beh, Tom, sei tu lo psicologo, come giudichi la sua affermazione di aver partorito Paul senza il consenso dell’opposto sesso?”

Tom: “È una palese isterica, allucinazioni, megalomanie… Il fatto interessante è che in ogni singolo caso c’è una madre neurotica senza traccia di un padre.”

Colin: “Mi risulta che la partenogenesi può essere provocata artificialmente. Da radioattività o da reazioni chimiche.”

David: “Sicuro, ma in forme di vita molto semplici: alghe, una o due altre piante elementari, ma certo non nell’uomo.”

Colin: “Quindi, che spiegazione dai?”

Vedendolo in difficoltà David gli porge un pezzo del puzzle.

David: “Beh, non credo ve ne siano, perlomeno che siano comprensibili a noi, però siamo circondati da fatti che trascendono il nostro intelletto, Sherry?”

Ton: “La Signora Brown (probabilmente la governante) vi ha attinto.”

David: “Ah, beh, purché si tenga lontana dal mio Gin.”

Colin: “E questo lo hanno fatto in trentasette secondi?”

David: “Trentasette e mezzo. La tua fonte d’informazioni lascia a desiderare.”

È notte. Una macchina è ferma davanti alla casa di Paul. Arriva una seconda macchina dalla quale scende Colin. La mente di Paul che intanto sta guardando la scena dalla finestra, guida Susan al telefono che squilla nell’appartamento di Tom e David: è il primo che va a rispondere, mentre l’altro arriva subito dopo (e da un’altra camera, per la precisione).

Tom: “Pronto?!”

La voce della ragazza è priva d’inflessione.

Susan: “Dottor Lewellin, Dottor Neville. Dovete venire qui.”

Tom: “Qui è il Dottor Lewellin che parla.”

Susan: “Dottor Lewellin…”

Tom: “Pronto, chi è che parla?”

Susan: “Venite subito, sono Susan Eliot…”

Tom: “Cosa succede Miss Eliot?”

Susan: “Ho bisogno d’aiuto… Dovete venire subito…”

Tom: “Senta, Miss…”

Susan: “Sono Susan Eliot… dovete venire…”

Tom: “Ascolti, si calmi ora, cos’è successo? Mi dica cos’è successo.”

Susan: “Ho bisogno d’aiuto…”

Susan riattacca e torna, sempre in uno stato semicatatonico, in camera propria mentre Paul continua a osservare dalla finestra. Da una terza macchina scende uno degli uomini di Colin con un documento che l’uomo intasca per poi dirigersi verso la casa. Susan sente bussare, esce dalla camera e scorge la sagoma di Paul, ancora sveglio. Apre la porta e vede Colin. L’uomo si dichiara amico di Tom e David e le chiede di preparare una valigia per poi essere portata, assieme a Paul, in un posto più consono e più sicuro. In quel momento David e Tom arrivano alla casa di Paul. Due uomini cercano di fermarli ma David dice loro che Colin li sta aspettando di sopra. Ed è proprio lui ad aprire loro la porta.

Tom: “Cosa succede, Miss Eliot? Ha telefonato…”

Susan: “Lui vuole che… Telefonato? Io mai!”

David: “Ha chiamato poco fa invitandoci a venire.”

Susan: “Ma io non ho chiamato…”

La porta della camera di Paul si apre e il ragazzo appare completamente vestito e con il cappotto addosso.

Susan: “Ma… non capisco… Cosa volete?”

Colin: “Miss Eliot,  perché non si prepara? Chiariremo tutto domattina.”

Susan: “Vuole portarci in un posto più sicuro.”

David: “Beh, senti Colin, queste cose falle a Istanbul!”

Colin: “Non siamo i soli a credere che voi avete individuato qualcosa che richiede la nostra attenzione. Tre ambasciate che avete visitato ieri inviano aerei speciali per riportare in patria i loro bimbi prodigi. Se si rendono conto del potenziale nelle loro mani, possono presto tentare di sottrarci il nostro.”

Susan: “Ma ha detto che è un vostro amico, lo sapevate?”

David: “Colin, dov’è la tua lealtà?”

Tom: “Non è tenuta ad andare se non vuole, Miss Eliot.”

Colin: “Un momento.”

Tom: “Cosa c’è?”

Colin: “Vogliamo che Miss Eliot accompagni Paul, s’intende, ma il suo consenso è pura formalità (prende dalla tasca interna il  foglio che il suo collaboratore gli ha portato poco prima). È un’autorizzazione firmata dalla madre che mi consente di prendere Paul in custodia.”

Scendono in strada e Colin ordina al suo collaboratore di prendere la macchina. L’uomo sale ma lo sguardo di Paul è fisso su di lui e così il veicolo va a urtare quello davanti. L’uomo è stordito e crede di essere svenuto. Quando si voltano per cercare Paul questi è scomparso.

Il ragazzo si sta allontanando per le strade semideserte di un’alba livida. Si avvicina all’ambasciata indiana e, tramite il contatto mentale, chiama fuori Rashid, poi i due si recano all’ambasciata russa, quindi a quella cinese, nigeriana e tedesca. Poi, tutti quanti insieme, con in più il cane di Mark, si allontanano.

A casa di Paul, Susan ha preparato del tea (lo abbiamo chiamato “tea”, invece di “the” in onore del fatto che siamo in Inghilterra…) mentre le ricerche continuano. All’improvviso Susan sparisce: la porta sul retro è aperta e manca cappotto e borsetta. Colin, Tom e David scendono in strada e cominciano a cercarla. Susan sta camminando per le strade. Qualcuno la sta chiamando e l’obbliga ad andare verso un posto ben preciso. Tom continua a cercarla e un taxista, che ha notato la ragazza, gli indica la direzione che ha preso. In distanza l’uomo la vede ma quando sta per raggiungerla la ragazza sembra scomparsa. In realtà Susan è entrata in una vecchia chiesa. Un calcinaccio che cade sembra svegliarla dal suo stato d’ipnosi. Sente come una presenza nell’atmosfera ammuffita e cadente del vecchio edificio. Si volta e vede davanti a sè Paul con altri cinque ragazzi. Oltre a quelli che noi conosciamo già, ci sono la piccola cinesina Mi Ling (Lee Yoke Moon) e il nigeriano Ago (Gerald DelSol). Paul la prende per mano e la conduce nel sotterraneo della chiesa dove, su un tavolo, inspiegabilmente, ci sono delle coperte della Marina e una stanza con delle brande. Intanto Tom è tornato sui suoi passi ed entra nella chiesa attraverso due assi sconnesse. Il cane di Mark gli va incontro ringhiando. Lo psicologo chiama Susan ad alta voce ma la ragazza non può rispondere perché Paul e gli altri glielo impediscono. Tom esce. Susan sta preparando i letti quando, inavvertitamente, si taglia. Mentalmente Ago chiama Paul che riceve da Mark un fazzoletto che il ragazzo porge poi a Susan la quale si rende conto del significato di quanto ha visto. I sei si sono messi a letto.

Paul: “Come sapevi che mi ero tagliata, Paul, come lo sapevi?”

Paul non le risponde e allora Susan si avvicina a Mi Ling.

Susan: “Ad un compleanno di Paul la torta con le candeline cadde e…”

Mi Ling: “…Paul si bruciò.”

Gli uomini di Colin, con Tom e David sono davanti alla chiesa. L’uomo li manda all’interno per controllare. I due entrano e si dirigono uno al piano di sopra mentre l’altro resta di sotto e sta per essere assalito dal cane quando due colpi precisi del suo compagno uccidono la bestia. Questo scatena l’ira dei ragazzi i cui occhi si accendono e l’agente è di nuovo costretto a sparare, ma al suo collega per poi buttarsi di sotto contro degli spuntoni acuminati di una cancellata.

Susan ha assistito alla scena impotente, così anche come Tom, David e Colin, entrati successivamente. Tom è furioso e sta per andare verso i sei ragazzi allineati sotto il grande organo quando David lo ferma.

David: “Non fare pazzie, Tom… Paul!”

Paul avanza e loro si avvicinano.

David: “Tu vuoi… vuoi restare qui, Paul?”

Il ragazzo annuisce.

David: “Tutti voi? E volete che Susan resti con voi? C’è niente che vi serve, Susan?”

La ragazza fa cenno di no con la testa ma poi è la mente di Paul che la fa rispondere.

Susan: “Ci serve del cibo… (David guarda Colin che annuisce).”

David: “D’accordo.”

Susan: “Lo poserete fuori della chiesa davanti la porta…”

I bambini tornano con Susan al piano di sotto. Tempo dopo una Jeep militare scarica una cesta di cibo che due soldati depositano davanti alla porta. Mi Ling e Susan escono per prenderla e, a quel punto, Colin fa circondare la chiesa da delle truppe. All’interno i ragazzi hanno preso dei vetri, dei pezzi da una vecchia radio e stanno assemblando qualcosa…

Colin è sempre davanti alla chiesa e, oltre a Tom e David, c’è anche Harib con loro.

Harib: “Beh, almeno le ambasciate sapranno che cercate di proteggerli.”

Colin: “Non si fideranno di sentinelle e barricate. Nessuna nazione può consentire che delle simili menti

cadano in mano altrui.”

David: “Ma se questi ragazzi fossero solo dei poeti, oppure dei play boy in erba, sono esistiti dei Shakespeare e dei Casanova.”

Colin: “Possono essere impiegati per una causa gli Shakespeare e persino i Casanova.”

Tom: “Quei ragazzi dovrebbero essere sotto la guida di un Consiglio Internazionale di pedagoghi.”

Colin: “Ma dove le pesca certe idee?”

Tom: “Troppo civile per i suoi gusti. Lei cosa consiglierebbe?”

Colin: “Semplice. Eliminarli.”

Mentre Mi Ling e Susan svuotano il cesto con le provviste, gli altri stanno ancora armeggiando attorno alla

strana macchina che trae energia dai raggi solari. Susan chiede a Mi Ling cosa cercano e perché vogliono essere nemici. Nel frattempo Mark, dall’alto del campanile, vede arrivare i funzionari delle ambasciate e avvisa mentalmente i suoi amici.

Tom: “Speriamo che non sia uno sbaglio.”

Colin: “Penso di no. Chieda al Signor Harib. Se si pensasse che vogliamo rapirli scoppierebbe un inferno diplomatico.”

David: “Ci sono altri tipi d’inferno.”

Harib: “Questa faccenda è nelle sue mani. Io intercederò solo se me lo chiede.”

Colin: “Grazie.”

Colin va incontro agli ambasciatori. Mark lancia un altro segnale mentale e tutti si radunano davanti all’organo. Anche Mi Ling lascia Susan.

Susan: “Dove vai?”

Mi Ling: “Siamo più forti uniti.”

Mentre lo strano macchinario pulsa di luci misteriose apparentemente accumulando energia solare, una decina di persone entra nella chiesa.

Nessuno sembra voler cominciare a parlare così Colin si fa largo tra i presenti.

Colin: “Paul… con permesso… Paul, assicuriamo te e tutti voi che comprendiamo il vostro desiderio di stare insieme. I signori presenti sono amici, vogliono riportarvi in patria perché ogni nazione si sente fiera del suo ragazzo prodigio e vuole imparare da voi per aiutare il proprio popolo. Date le circostanze siamo pronti a sorvolare su quanto è successo stamani purché veniate con noi.”

Susan entra in quel momento dal sotterraneo. Non pare che, questa volta, la ragazza sia sotto influsso ipnotico ma sembra esprimersi liberamente.

Susan: “Rifiutano di essere divisi.”

Il segretario sovietico parla in russo con la sua protetta.

Susan: “Nina resterà qui.”

Segretario Sovietico: “Prego non s’intrometta!”

Continua a parlare in russo a Nina.

Susan: “Se lei spera di sfruttare la sua mente l’avverto che tutto ciò che le dice sarà all’istante captato anche dagli altri.”

Segretario Sovietico: “Sciocchezze!”

David: “Sfuggiranno al nostro controllo!”

Tom: “Sì.”

David: “Paul, scusatemi prego… (Si fa avanti) Paul, ti dispiace di avvicinarti a me? (Paul si avvicina) Paul… Paul… non voglio che tu mi risponda, intesi? (gli sussurra qualcosa all’orecchio). Rashid!”

Rashid: “Calcutta giace alla foce del fiume Gange.”

Prende in mano il proprio orologio da polso e mostra a Paul e agli altri ciò che c’è scritto sulla cassa.

David: “Mi Ling!”

Mi Ling: “Dottor David Neville, premio speciale per la Reale Società, Millenovecentosessantuno.”

Ambasciatore Tedesco: “Ciò che uno di loro vede, sente o legge, lo sanno tutti?”

Susan: “Qualunque cosa in ogni istante. Volete ancora condurli alle loro ambasciate?”

La domanda cade nel silenzio ma, alle ambasciate, succede il caos in quanto ogni paese teme che l’altro voglia impossessarsi dei bambini a discapito dei rimanenti.

È notte. Dall’alto della torre della chiesa Rashid vede quattro persone armate avvicinarsi nel buio e penetrare dall’interno di un lucernario. Poi sente due ubriachi che si stanno avvicinando al posto di blocco e capisce subito che si tratta di una manovra diversiva. Un comando mentale arriva immediatamente nel dormitorio svegliando i ragazzi e Paul si mette subito in contatto mentale con Tom e David a casa, allarmandoli a tal punto che i due capiscono che sta per accadere qualcosa ed escono per dirigersi subito verso la chiesa.

Anche Susan si è accorta che qualcosa non va ed esce dalla sua stanza e, in questo modo e per la prima volta, sentiamo Paul parlare: la cosa suscitò nel pubblico in sala una sorta di sospiro di sollievo.

Susan: “Cosa succede?”

Paul: “Non muoverti dalla camera.”

I ragazzi raggiungono il grande organo e si apprestano ad attendere i quattro che stanno cautamente entrando in chiesa approfittando sempre del fatto che i due finti ubriachi stanno tenendo occupati i soldati di guardia. In quel momento giungono anche Tom e David che interpellano subito Colin il quale sta osservando svogliatamente la scena.

David: “Che è successo?”

Colin: “Niente, un paio di ubriachi.”

Tom: “Sì, ma che succede in chiesa?”

Colin: “Non lo sapete?”

Il gruppo armato viene travolto da dei suoni emessi dall’organo collegato alla strana apparecchiatura. Sono ultrasuoni che colpiscono il cervello e lo distruggono. Il rumore attira subito Tom e David che si precipitano all’interno dell’edificio, Colin li segue prendendo un fucile. È impossibile entrare: un soldato che ci prova cade a terra e, mentre Tom e David lo portano fuori, Colin si lega la sciarpa attorno alle orecchie ed entra in chiesa da una porta accanto al pulpito. All’interno Rashid, che sta manovrando l’organo, ha ormai debellato l’attacco dei quattro che giacciono al suolo, lo sguardo sbarrato che ormai nulla può vedere. Colin prende faticosamente la mira e colpisce l’apparecchiatura e Rashid che le stava dietro. Il bambino cade sulla tastiera dell’organo sul quale si formano alcune gocce di sangue. È morto. Il rumore cessa. David e Tom possono così entrare a loro volta nella chiesa. Il pedagogo si mette ad esaminare i corpi e, sottovoce, David dice a Colin, nascosto dietro un muretto che recinta l’organo, di buttare il fucile così come dice al soldato che stava entrando di allontanarsi subito perché è armato.

David: “(Parlando di uno degli assalitori) È morto?”

Tom: “(Guardandone lo sguardo allucinato e inerte) No, ma meglio per lui se lo fosse.”

David: “Un’idea tua, eh?”

Colin: “Io l’avrei attuata meglio.”

I ragazzi portano via il corpo di Rashid.

Laboratorio di David all’Università. L’uomo sta prelevando una goccia di sangue da Colin alla presenza di Harib e del Professor Gruber (Martin Miller, 1899 – 1969).

Colin: “Cosa ti proponi con questo?”

David: “Voglio fugare ogni ultimo e minimo dubbio dalle vostre menti.”

David pone il sangue su un vetrino.

David: “Il tuo sangue.”

In quel momento entra anche Tom.

David: “Ah, Tom!”

Tom: “Scusa il ritardo.”

David: “C’è niente di nuovo?”

Tom: “No, vengo da là ora.”

David: “Susan?”

Tom: “Nessun segno.”

David: “Già… Non so se conosci il Professor Gruber…”

Tom: “No, molto lieto. David mi ha detto della sua opera, piacere di conoscerla.”

David spegne la luce e introduce il vetrino nel proiettore. Con perfetta e fantascientifica precisione, l’immagine che ci viene mostrata è quella di una singola cellula.

David: “Di Colin… Una cellula di sangue, la materia base di tutta la vita. Ciò che siamo comincia da qui… Questa è del sangue di Rashid… (Pone un altro vetrino nel proiettore e ancora una volta, perfettamente inquadrata, è una cellula con però un nucleo abnorme) Ora le mescolo insieme…( La perfezione raggiunge il suo culmine: le due cellule sono una accanto all’altra e la più grande assorbe la più piccola).”

Spegne il proiettore e riaccende la luce.

Colin: “Credi che abbiano prelevato una cellula vivente di una donna?”

David: “Forse non avremo mai una risposta ma l’importante è che non sono umani, sono un’altra specie.”

Colin: “Professore?”

Gruber: “Eh?… Non lo so, non lo so… Devo pensarci, signori… Posso? (Chiede il vetrino).”

David: “Certamente… Le nazioni, invece di stare ad accapigliarsi, dovrebbero unire i loro sforzi per eliminarli.”

Tom: “Dave, sei impazzito?”

David: “Potremmo sterilizzarli, ma l’esito è sempre incerto. E ce lo consentirebbero?”

Tom: “Ma chi ci obbliga ad agire?”

David: “La vita è una lotta per la sopravvivenza. Non sono umani. Sono una specie superiore, ci superano ogni volta.”

Colin: “Signor Harib, è della stessa opinione?”

Harib: “Con simili prove…”

Tom: “Ma siete impazziti? Quei ragazzi ci hanno attaccato per difendersi dal nostro attacco!”

David: “Oh, Tom, calmati. Dare in ismanie non è d’aiuto a nessuno!”

Colin: “Sa quanti bambini sono morti in incidenti stradali l’altr’anno?”

Tom: “Che c’entra con l’uccisione di cinque di loro a sangue freddo? D’accordo allora: è una diversa specie, e con ciò? Noi ci riteniamo una specie superiore eppure… eppure milioni di… di forme di vita inferiori coesistono sulla Terra, non… non le uccidiamo perché sono diverse!”

David: “Ma con loro, noi, come vivremmo, eh? Se dissenti da loro subito ti dominano, come il cane, come Susan… E se si sposano e procreano quale stirpe possederà la Terra, la nostra o la loro?”

Harib: “Le farò sapere quello che avrò risolto…”

Tom: “Signor, Harib, da lei non me l’aspettavo. Quei ragazzini, li chiami come vuole, possono essere il nostro più gran dono!”

Harib: “E che ne faremmo di loro? Una nazione ha già tentato di prelevarli e altre tenteranno… Io sto pensando non solo a quei cinque bambini ma all’umanità.”

Tom torna verso la chiesa. I soldati lo lasciano passare ed egli entra nell’interno del vecchio edificio. Mark, che da sopra lo ha visto entrare, avvisa gli altri nel solito modo. I ragazzi sono tutti attorno al cadavere di Rashid, appoggiato su un tavolo con quattro grossi ceri attorno. Sembrano quasi raccolti in preghiera. Susan implora Paul affinché egli si decida a lasciarlo seppellire ma lui non le risponde e si avvia al piano superiore dove incontra Tom.

Tom: “Paul… Vorrei parlare con te… con tutti voi. Permetti?”

Scostandosi dalla porta Paul gli fa capire che può scendere. Lo precede al piano sottostante dove gli altri non si sono mossi.

Tom: “Paul… perché siete qui?”

Susan: “Perché hanno ucciso Rashid?”

Tom: “Lo chiede lei o loro? Paul, voi spaventate tutti!”

Susan: “Loro, sono spaventati. Li avete braccati come se fossero dei lebbrosi!”

Tom: “Molti pensano che non siete umani. Non so se sia vero… ma voi non dovete uccidere!”

Paul: “Loro uccidono.”

Tom: “Lo so! So che uccidono, ma è male! Voi siete diversi. Per il vostro bene, non uccidete!”

Susan: “Hanno tentato di non farlo.”

Tom: “Ne sono convinto, sinceramente… ma quella macchina, Paul… è energia atomica… captata al Sole? Il pensiero di quella macchina, come arma, ha suscitato terrore in metà delle nazioni del mondo. Noi costruiamo macchine, orrende macchine… Vi uccideranno!”

Susan: “Oh, no…”

Tom: “La sua morte ha rivelato che siete vulnerabili. Ora dovete dimostrare che non pensate a fare del male, vi aiuterò, se posso. Non diffidate di tutti. Tornate alle ambasciate… Lasciate almeno che lei venga con me, eh?”

Lo sguardo di Paul lo sconsiglia di insistere. Tom si volta e risale la scala, poi si gira nuovamente verso i ragazzi.

Tom: “Perché siete qui, cosa volete?”

Paul: “Non lo sappiamo.”

Tom e David sono tornati a casa. Suonano alla porta e Tom va ad aprire e si trova davanti a Susan, tutta agitata: i ragazzi sono scomparsi all’improvviso e lei non sa nemmeno come ha fatto a passare il posto di blocco. David sta per uscire ma Tom si mette davanti alla porta spingendolo di lato.

David: “Togliti dalla porta!”

Tom: “Devi dargli una speranza!”

David: “Sì?! Di far cosa?… Va bene, fa’ pure a modo tuo!”

Si dirige verso il telefono ma nuovamente Tom lo blocca. David lo sposta colpendolo con il ricevitore ma Tom torna alla carica mollandogli un pugno che lo manda disteso sul tappeto. David lo guarda rabbioso.

David: “Hai visto cosa hanno fatto a quegli uomini nella chiesa?”

Tom: “Devi dar loro una speranza, almeno una!”

Le parole di Tom ai ragazzi non sono cadute nel vuoto. Essi stanno tornando alle rispettive ambasciate. Paul viene immediatamente ricevuto dal Ministro della Difesa (Ralph Michael, 1907 – 1994), dal Generale in Capo e da Colin.

Ministro: “Paul, noi non vogliamo nuocervi, né a te né agli altri, ma la macchina, Paul, devi dirci come si può costruirla…”

Generale: “Non che la useremmo, nessuno la userebbe…”

Ministro: “Ma per essere certi che non sia usata non deve finire nelle mani di una sola potenza.”

Generale: “Ci serve la tua abilità, Paul, e non solo per questa macchina. Paul, siamo convinti che ogni arma ha il suo tempo. Gli altri faranno progressi, e senza tanti limiti. Senza il tuo aiuto saremmo in grave inferiorità.”

Colin: “Paul, sono certo che la lettura del pensiero possa essere controllata. Vedi, se un nemico conosce le nostre forze ci troviamo inevitabilmente esposti a un attacco di sorpresa perché il nemico può essere tentato a muoversi per primo…”

Ministro: “Certo, nessuno pensa a costringerti. Abbiamo a cuore i tuoi interessi, Paul.”

Generale: “Vogliamo che tu ti senta libero, del tutto libero di seguire le tue convinzioni.”

Colin: “Accetteremo qualunque cosa tu faccia, vogliamo che tu sia contento di venire in nostro aiuto…”

Durante tutte queste melliflue chiacchiere gli occhi di Paul si sono posati, alternativamente, sui tre uomini. Ad un tratto, nella stanza, risuona la voce di David, parole che i tre conoscono benissimo e che sono i loro stessi pensieri…

David: “<Sono una specie superiore a noi, ci superano ogni volta… Non sono umani ma una specie superiore… ci superano ogni volta… non sono umani ma…>”

Tutto l’odio nascosto esplode: Colin afferra un fermacarte, il Ministro della Difesa un pesante calice portamatite e il Generale un cordone di una tenda, quindi vanno verso Paul mentre, implacabili, le parole di David continuano a risuonare…

David: “<…sono una specie superiore, ci superano ogni volta… non sono umani, sono una specie superiore, ci superano ogni volta… non sono umani…>”

Gli occhi di Paul si accendono e i tre si colpiscono e si uccidono a vicenda.

Casa di Tom e David.

David: “In questo momento potrebbero controllare l’equipaggio di un bombardiere e costringerlo a sganciare le bombe e sarebbe la  fine!”

Tom: “Non posso crederci!”

David: “Tu non puoi crederci? E chi ti dà il divino diritto di prendere una decisione che può  distruggere il mondo! Non fare tanto l’emotivo e il sentimentale perché hai compassione di quei ragazzi. Non sono ragazzi! Li hai mai veduti ridere, correre, giocare? No, per Diana, li hai visti uccidere, con violenza e con ferocia! A questo ci hai pensato? Psicologo!”

David esce mentre i ragazzi si radunano nuovamente nella chiesa.

Tom e Susan stanno per uscire a loro volta quando, sulla porta di casa, si trovano davanti il Professor Gruber.

Gruber: “Oh… ehm, mi scuso… stavo cercando il Dottor Neville…”

Tom: “Mi dispiace, non è qui, Professore…”

Gruber: “Oh, speravo veramente…”

Tom: “Posso fare qualcosa per lei?”

Gruber: “Quelle cellule viste l’altro giorno…”

Tom: “Sì… e cosa sono?”

Gruber: “Eh, certo, non ne sono sicuro…”

Tom: “Sì?”

Gruber: “È solo un’ipotesi…”

Tom: “Sì?”

Gruber: “Ma, data la natura delle cellule, l’ampiezza, la conformazione e altri fattori, credo siano cellule umane progredite, forse, di milioni di anni!”

L’assedio dei militari davanti alla chiesa s’ingrossa con l’arrivo di altre pattuglie, di mitragliatrici, carri armati e riflettori che illuminano a giorno la facciata della chiesa. Il posto di comando è stato messo in un appartamento di fronte. Le operazioni sono dirette da David e da un ufficiale (Patrick Wymark, 1920 – 1970). Tom e Gruber chiedono di parlare con David e vengono fatti entrare nel Centro di Controllo mentre i soldati stanno minando le fondamenta della vecchia struttura.

Tutti i nuclei operativi hanno terminato il loro lavoro tranne il gruppo “N” che sta ponendo della dinamite sotto le fognature che passano nel sottosuolo dove si erge la chiesa.

David: “Il Ministro della Difesa, il Generale in Capo e Colin… sono stati tutti assassinati, sappiamo di omicidi in quattro ambasciate. Adesso sarai soddisfatto!”

Tom: “E sono tornati dopo aver ucciso?”

David: “È uno sbaglio che speriamo pagheranno!”

Tom: “Ma tutto questo non ha senso!”

David: “Non c’è più tempo per le argomentazioni!”

Il comandante ordina di compiere l’ultimo collegamento.

Tom: “Non pensi che Colin e gli altri possono aver fatto lo stesso sbaglio che fate voi ora affrontandoli per eliminarli?”

David: “Questo, Colin, non può più confermarlo!”

Tom: “Così la tua risposta è obbligarli a reagire alla nostra furia senza offrire loro un’alternativa! Sei tu che mi hai rammentato ciò che è successo là dentro… E se ora costringessimo quegli uomini a volgere le armi uno contro l’altro sarebbe un vero massacro, capisci?”

David: “Un rischio che sono pronto a correre!”

Tom: “Oh, tu…”

David: “Che tutti, qui, siamo pronti a correre!”

Tom: “Senti, dammi ascolto, ti prego: è importante. Perché il Prof… Professor Gruber!.. Il Professor Gruber ritiene che quelle cellule siano cellule umane, progredite, forse, di milioni di anni.”

David: “Possibile?!… Sì, è possibile. Ma noi siamo scimmie progredite in millenni e dobbiamo proteggerci da uomini progrediti in milioni di anni… O noi li controlliamo o saremo controllati! È legge di natura, Tom. Chiedilo alle scimmie!”

Il Nucleo “N” non è ancora pronto per collegare le cariche.

Tom: “Il Signor Harib è al corrente?”

David: “Il Signor Harib è già di sotto in un’auto e con lui c’è un volontario di ciascuna ambasciata. Non solo hanno accettato questa azione ma hanno anche convenuto che vale la pena mettere a repentaglio le loro vite e le nostre!”

Tom esce con Susan mentre David consiglia al Comandante di farlo tener d’occhio. Mentre fervono gli ultimi preparativi dei militari, Tom si precipita in strada e va verso la macchina di Harib.

Tom: “Non so cosa è successo alle ambasciate ma almeno ascolti la loro versione… Sono io che li ho mandati alle loro ambasciate!”

L’ultimo collegamento con le cariche di esplosivo è ormai pronto ma Tom insiste ancora.

Tom: “Non può farlo senza sapere a cosa mirano, nessuno sa che cosa cercano o vogliono!”

Anche il Nucleo “N” ha terminato il suo lavoro e, in questo modo, tutti i nuclei sono pronti. Mancano trenta secondi prima che il fuoco sia aperto. Tom corre verso la chiesa ma viene fermato da due soldati.

Finalmente Harib si decide a scendere dalla macchina, chiede il megafono a un ufficiale stupefatto e si avvicina alla chiesa. Mentre mancano dieci secondi al fuoco David vede Harib che si avvicina. Il Comandante sospende il conteggio. Harib è ora di fianco a Tom, sempre trattenuto dai soldati.

Harib: “Mi sentite voi là dentro? Datemi un segno che mi sentite.”

Le due assi sconnesse si aprono ed esce Paul con Nina e Mi Ling. Le armi si puntano sui tre fanciulli.

Harib: “Diteci che cosa volete. Cosa vi aspettate da noi?”

Il Comandante è pronto a dare il segnale senza il conteggio ma gli altri uomini delle ambasciate si avvicinano ad Harib il quale si rivolge a Tom.

Harib: “Va bene, Dottor Lewellin, siamo pronti ad ascoltarli.”

Ora sono tutti a pochi passi dai tre, sui gradini che portano alla chiesa.

Harib: “Capite perché’ abbiamo fatto questo?”

Paul: “Sì. Siete qui per annientarci.”

Harib: “Paul, a cosa mirate, perché siete qui?

Paul: “Per essere annientati… Noi non sapevamo di avere uno scopo. Vi abbiamo osservati e studiato le vostre azioni, come fanno i bambini. Se volevate uccidere abbiamo ucciso, se volevate distruggere le nostre menti, noi abbiamo distrutto le vostre… E ora, stasera, stringete un cerchio di morte. Noi potremmo restituirvi una morte ancor più terribile ma ora noi non vi seguiamo più. Abbiamo visto dove voi andate e sappiamo ora che vi è un’altra strada.”

Mark e Ago escono a loro volta dalla chiesa portando Rashid. Ora sono tutti davanti a Harib e agli uomini delle ambasciate.

David guarda la scena dalla finestra più stupito che mai alla vista del ragazzo indiano, così come sono rimasti esterrefatti Susan e Tom.

Comandante: “Cosa c’è?”

David: “Il ragazzo indiano era morto!”

Paul ha ormai finito quello che aveva da dire.

Paul: “Perché siamo qui? Ci siamo come voi ci siete: per creare, per edificare o distruggere. Come avete scelto voi, ora abbiamo scelto noi.”

I ragazzi si prendono per mano. In quel momento, al Comando, un cacciavite cade facendo contatto e i militari lo scambiano per il segnale di fuoco. Si scatena l’inferno mentre Tom, Susan, Harib e anche il Comandante e David cercano di fermare il massacro. Cadono i bambini, cadono gli uomini dell’ambasciata e, forse, anche Harib.

Poi un boato scuote tutta la chiesa, le cariche sono state innestate.

Sotto i giganteschi massi si vedono le mani dei bambini, ancora intrecciate. Tutti guardano sgomenti la scena, tutti capiscono di aver commesso un inutile massacro, pochi capiscono di aver perso una grande occasione e nessuno saprà mai se quel cacciavite è caduto accidentalmente oppure no…

Inizialmente il film doveva chiamarsi The Children Return, cambiato poi, durante la lavorazione, molto più semplicemente in The Children. Come è tipico della filmografia inglese, pochissimi effetti e molta atmosfera. Il regista Anton M. Leader ha girato anche degli episodi dei serial TV Ai Confini della Realtà (1959), Lost in Space (1965) e Star Trek serie classica (1966), negli ultimi due casi usando il nome di Tony Leader. È morto il primo luglio 1988.

Anche Ian Hendry, Alan Badel e Patrick Wymark ci hanno lasciati.

Il primo era nato il 13 gennaio 1931 a Ipswitch, in Inghilterra. Lo ricordiamo nel ruolo di Kerro nel film Kronos (1973) e nella Maledizione di Damien del 1978 ma, soprattutto, nel ruolo dello scienziato astronauta John Kayne in Doppia Immagine nello Spazio (1969). È morto il 24 dicembre del 1984. Anche Patrick Wymark ha partecipato al film Doppia Immagine nello Spazio, anzi fu senza alcun dubbio, il suo ruolo più impegnativo. Ed egli rese benissimo la parte del Direttore della base di lancio Eurosec, Jason Webb. Era nato l’11 luglio 1926 a Cleethorpes, nel Lincolnshire. È morto il 20 ottobre del 1970 a Melbourne, in Australia, dopo aver girato Satan’s Skin, uscito postumo nel 1971. Alan Badel, invece era nato a Rusholme, in Inghilterra, l’11 settembre 1923, ha rivestito il ruolo del Colonnello Malchenko in Telefon del 1977 e quello di Bannister in Il Tocco della Medusa del 1978. E’ deceduto nel 1982. Ancora vivente è Barbara Ferris, nata il 1943 a Londra, e ricordiamo anche Alfred Burke il quale, nato il 28 febbraio del 1918 a Londra, ha partecipato anche a Madra, il Terrore di Londra nella parte del Detective Hartley.

(3 – continua)

Giovanni Mongini