Titolo originale: Vendetta dal futuro
Anno: 1986
Regia: Sergio Martino (Martin Dolmen)
Soggetto: Sergio Martino
Sceneggiatura: Elisa Briganti, Sergio Martino, Sauro Scavolini ed Ernesto Gastaldi
Direttore della fotografia: Giancarlo Ferrando
Montaggio: Eugenio Alabiso
Musica: Claudio Simonetti
Effetti speciali: Sergio Stivaletti, Robert e Paul Callmond
Produzione: Luciano Martino
Origine: Italia
Durata: 1h e 34’
CAST
Daniel Greene, Janet Agren, Claudio Cassinelli, George Eastman (Luigi Montefiori), Robert Ben, Pat Monti, Donald O’ Brien, Amy Wemba, John Saxon, Andrew Louis Coppola, Frank Waldem, Darwyn Swalve
TRAMA
Paco Querak è un cyborg che riceve l’ordine di uccidere un eminente esperto di ecologia. Al momento di entrare in azione però, Paco risente della sua natura umana e si rifiuta di procedere all’esecuzione. Da questo momento, dovrà darsi alla fuga per mettere in salvo la propria vita.
NOTE
Alla metà degli anni Ottanta nasce la moda dei cyborg con Terminator e Robocop. Terminator di James Cameron (1984) con Arnold Schwarzenegger e Linda Hamilton racconta le gesta di un cyborg inviato dal 2029 nella Los Angeles del 1984 per eliminare la donna che sta per partorire il salvatore dell’umanità. Il film si sviluppa seguendo la lotta tra Terminator e un altro uomo che arriva dal futuro per difendere la donna. Puro cinema cyberpunk che si caratterizza per tensione, ritmo, combattimenti all’ultimo sangue e per l’originalità di un personaggio metà uomo e metà macchina. Schwarzenegger è perfetto nel ruolo e gli effetti speciali che mostrano un corpo muscoloso pieno di congegni metallici sono eccellenti. Il successo popolare di Terminator produce un sequel interessante ancora una volta girato da Cameron nel 1991, e uno tardivo e di gran lunga inferiore realizzato da Jonathan Mostow nel 2003 sulla base di effetti speciali digitali. Schwarzenegger è sempre l’indiscusso protagonista. Non scordiamo poi le ultime gesta del mondo futuro comandato dalle macchine raccontate in Terminator Salvation, Terminator Genysis e nel serial televisivo Terminator: The Sarah Connor Chronicles.
Robocop di Paul Verhoeven (1987) prosegue la moda dei film sui cyborg inventandosi il personaggio originale di una macchina che conserva i sentimenti di un uomo morto. Gli effetti speciali sono alla base della pellicola, così come le scene di azione e di lotta che servono a dimostrare come un robot – poliziotto in parte umano può avere la meglio sugli altri robot. Robocop ha due sequel minori nel 1990 e nel 1992 diretti da Irvin Kershner e Fred Dekker e recentemente un remake opera di José Padilha.
I nostri artigiani sono condizionati dai due fenomeni d’oltreoceano e producono lavori interessanti come Vendetta dal futuro (Sergio Martino, 1986), Cyborg – Il guerriero d’acciaio (Giannetto Rossi, 1989) e Robowar (Vincent Dawn, alias Bruno Mattei, 1989), raccontando storie di automi e viaggi nel tempo.
In questa sede ci occupiamo di Vendetta dal futuro che Sergio Martino gira nel 1986 con lo pseudonimo di Martin Dolmen. I titoli di testa puntano a far passare la pellicola per statunitense perché risultano sceneggiatori Elisabeth Parker Jr., Martin Dolmen, Saul Saska e John Crowther. Si tratta di pseudonimi per Elisa Briganti (moglie di Dardano Sacchetti), Sergio Martino, Sauro Scavolini ed Ernesto Gastaldi. Dardano Sacchetti collabora dietro le quinte, ma la sceneggiatrice ufficiale è sua moglie. Lewis E. Cannelli è un collaboratore ai dialoghi per la versione statunitense. La fotografia è di Giancarlo Ferrando, che si firma John Mc Ferrand, gli effetti speciali sono di Robert e Paul Callmond e il trucco di Sergio Stivaletti. La musica sintetica di Claudio Simonetti accompagna le gesta epiche del robot dal cuore umano e sottolinea a dovere i momenti di maggior tensione. Produce Luciano Martino per Dania Film e distribuisce Medusa. Interpreti: Daniel Greene, Janet Agren, Claudio Cassinelli, George Eastman (Luigi Montefiori), Robert Ben, Pat Monti, Donald O’ Brien, Amy Wemba, John Saxon, Andrew Louis Coppola, Frank Waldem e Darwyn Swalve.
Vendetta dal futuro è un Terminator all’italiana non troppo povero perché viene girato con buoni mezzi negli Stati Uniti e la pellicola si fa apprezzare per numerosi esterni e ottimi effetti speciali. Il film ricalca abbastanza l’originale di Cameron, ma si ritaglia molti spazi di originalità e cerca di raccontare un’epica storia d’amore e combattimento. Negli Stati Uniti del futuro ci sono industrie altamente inquinanti che producono immissioni nocive e fanno ammalare le persone in modo irreversibile. Paco Querack (Daniel Greene) è un cyborg programmato per uccidere il capo di un movimento che lotta per salvare il mondo. Il killer non esegue il comando perché la sua parte umana gli impedisce di ammazzare un suo simile. A questo punto la pellicola si trasforma in puro cinema d’azione con l’inseguimento del cyborg da parte della polizia e anche dei suoi mandanti che temono di essere scoperti. Paco si rifugia nella locanda gestita da un’affascinante svedese di nome Linda (Janet Agren), lavora in cambio di ospitalità e finisce per innamorarsi della ragazza. Questa parte si fa ricordare per alcune sequenze di lotta contro il perfido Ryan (George Eastman) e un paio di scontri a braccio di ferro che vedono vincitore il cyborg. Paco sconfigge persino il campione Anatol Blanc durante un incontro all’ultimo sangue che dovrebbe far morire lo sconfitto sotto i morsi di un serpente a sonagli. Il cyborg vince ma salva la vita al rivale uccidendo il serpente con un colpo di karate. La trama della pellicola non ha grande importanza perché si regge soprattutto su ottime scene di azione e interessanti effetti speciali. Ricordiamo la donna bionica che tenta di uccidere Paco e una lotta feroce che termina con la testa divelta del robot femminile. Alcune scene sono molto violente e risultano mitigate dalla storia d’amore tra il cyborg con un cuore e la bella locandiera che scappano insieme tra i canyon dell’Arizona. Sono ben fatti i meccanismi dei cyborg che mostrano un corpo umano con parti robotiche, anche se il comportamento di Paco è tale da farlo sembrare un uomo. Il dramma vissuto dal personaggio è presente sino alla fine perché lui stesso non comprende cosa può essere diventato dopo aver subito l’operazione. Paco ricorda che l’hanno programmato per uccidere e non ha eseguito il comando solo per merito della parte umana che ha preso il sopravvento. Il film è rapido ed essenziale: un’ottima pellicola girata all’americana che alterna sentimento ad azione senza soluzione di continuità. La seconda parte della pellicola vede protagonista Francis Turner (John Saxon), il mandante del cyborg, che cerca di catturare il killer prima della polizia. Nella lotta senza esclusione di colpi ricordiamo sequenze di sparatorie, fughe, uccisioni efferate ed effetti speciali con robot che finiscono a pezzi. La fuga tra i canyon dell’Arizona è altamente spettacolare perché il regista fa inseguire Paco da Turner a bordo di un elicottero. Le sparatorie e le scene di azione ricordano i migliori poliziotteschi italiani, ma si tocca l’apice quando George Eastman alla guida di un camion schiaccia l’auto di Paco e Linda contro un macigno. Notevole la fine del cattivo che muore con la testa schiacciata tra le mani del cyborg. Il finale è ricco di effetti speciali di alto livello. Citiamo un camion che prende fuoco, l’elicottero che plana per sparare raffiche di mitra e numerose acrobazie del cyborg che uccide nemici a ripetizione. Paco diventa davvero feroce quando crede che la sua donna sia morta e comincia a massacrare chiunque si metta sulla sua strada. Il cyborg fa a pezzi occhi e cervello di un inseguitore e nello scontro finale uccide Saxon strappandogli il cuore dal petto. Una scena emblematica che sta a significare quanto il personaggio senta precaria la sua condizione di uomo – robot. Il finale è da cinema sentimentale con l’arrivo di Linda che cerca di convincere Paco alla resa. Lui si nega, fugge, non crede che si tratti davvero della sua donna, poi cede e le parla, ma è disperato perché ha capito che il suo corpo non è umano. Il cyborg mostra i fili e le parti in ferro che compongono l’articolazione del braccio e rivela che “forse Paco non è mai esistito”. Una triste realtà che è difficile accettare.
Vendetta dal futuro è puro cinema fantastico ambientato tra un panorama cadente di fabbriche inquinanti, una città in disfacimento e i deserti dell’Arizona. Non è cinema postatomico perché manca l’elemento della guerra nucleare che distrugge l’umanità, ma ci troviamo in un futuro non troppo lontano che sta preparando la fine del mondo. Fantascienza ecologica con un messaggio contro l’effetto serra, in difesa dell’ambiente minacciato dalle industrie inquinanti, a favore dei movimenti ecologisti che lottano per proteggere il mondo. In questo panorama si innesta la storia di un cyborg, in parte ricalcata sul modello statunitense di Terminator, che cerca di comprendere se stesso mentre difende la sua donna e scappa da chi lo vorrebbe uccidere. Un film di pura azione ben interpretato dal palestrato Daniel Greene, non molto espressivo ma che nel ruolo affidato se la cava a dovere. Ottima anche Janet Agren, affascinante come sempre e credibile come donna innamorata di un tragico eroe che scopre di avere un cuore. George Eastman (Luigi Montefiori) è molto bravo nella parte da cattivo, così come John Saxon dà il meglio di sé in un’interpretazione da manuale come capo dei mandanti del cyborg. Una piccola parte da killer viene affidata anche a Claudio Cassinelli che purtroppo muore durante le riprese del film e viene sostituito da una controfigura. Sul tragico episodio Dardano Sacchetti ricorda: “La morte di Cassinelli è stata terribile e non si potrebbe neanche parlarne per via della causa. Sergio pretese dal pilota un passaggio sotto il ponte, il pilota un reduce dal Vietnam mezzo fatto, disse che poteva farcela. Cassinelli non doveva essere sull’elicottero anche perché non era assolutamente visibile e (qui sta il punto) non si sa perché fosse a bordo”. Donald O’Brien, attore caro a Joe D’Amato, è il costruttore del cyborg e si vede per poche sequenze prima di essere ucciso dalla banda di Saxon. Non condivido la definizione di “Terminator dei poveri” che dà Marco Giusti. Vendetta dal futuro si ispira a Terminator ma si guadagna una dignità di pellicola girata con perizia e ottimi effetti speciali.
Abbiamo avvicinato Dardano Sacchetti, sceneggiatore insieme alla moglie Elisa Briganti, per sentire la sua interpretazione autentica.
“Era un copione di Gastaldi e Scavolini. Il titolo doveva essere Mani di pietra ed era la storia di un uomo con una gran forza nelle mani, una delle quali era artificiale. Era una sorta di killer perfetto, ma il copione d’ambientazione western – moderno era senza una storia, senza risvolti particolari. Sergio Martino mi chiamò per una revisione una ventina di giorni prima dell’inizio delle riprese. Ero condizionato da una serie di paletti già esistenti: l’ambientazione, gli attori già scelti, metà stranieri e metà italiani con pseudonimi inglesi, a parte Cassinelli. Insieme a mia moglie Elisa (che poi di fatto è la sceneggiatrice ufficiale) cercammo di mettere in piedi un plot che si basasse più sulla storia che sugli effetti speciali, perché c’erano pochi soldi. Puntammo sul recupero di umanità da parte del cyborg per un motivo d’amore, introducendo un movente di grande attualità: l’inquinamento e lo strapotere delle multinazionali. Non fu un lavoro facile, sia perché c’era poco tempo a disposizione, sia perché non è facile lavorare con Sergio, gran professionista, ma uomo freddo che non si entusiasma mai, sempre scettico sui risultati. Durante le riprese del film morì Cassinelli in maniera tragica e assurda: era su un elicottero che doveva passare sotto l’arcata di un ponte, ma il pilota sbagliò l’approccio e prese in pieno un pilone. Cassinelli fu ritrovato due giorni dopo trascinato via dalla corrente del fiume sottostante. Montefiori mi raccontava che l’attore americano, prima di ogni scena, faceva i manubri per venti minuti per pompare i bicipiti. A causa della morte di Cassinelli (ci fu una causa contro la produzione, che è stata condannata) il film si fece una brutta fama e non fu amato dai fratelli Martino che non lo sostennero. In realtà non era malvagio”. Ernesto Gastaldi non ha partecipato attivamente alla redazione della sceneggiatura, ricorda vagamente di aver scritto una storia simile ma non ha mai visto il film realizzato. “Non ho alcun ricordo di questo film che credo di non avere mai visto. Tra l’altro non sono sicuro che la pellicola sia davvero mia, perché tra i centocinquanta che ho scritto ne ho realizzati centoventi, spesso non controllavo il montato e nemmeno andavo alle anteprime, quindi potrebbe anche essere che l’ho scritto e non rammento. Ho letto la sinossi su internet e mi ricordo vagamente di un personaggio di un ecologista cieco che doveva essere ammazzato da un agente, ma forse il mio agente non era un mezzo robot…”. Niente di più facile che la storia originale di Ernesto Gastaldi sia stata modificata e adattata da Scavolini, Briganti e Sacchetti secondo le indicazioni di Sergio Martino. Il robot alla Terminator, in quel periodo storico, era una necessità commerciale troppo importante per un produttore accorto come Luciano Martino.
Sergio Martino conferma la mia ipotesi: “Gastaldi scrisse una versione di quel film ma nel frattempo uscì Terminator e dovemmo adattare la trama a un protagonista per metà robot”. In definitiva, la primitiva versione della storia è di Ernesto Gastaldi, ma risulta profondamente diversa da quella uscita nelle sale.