Gordiano Lupi
SCAMBIO DI TESTE
INTRODUZIONE
La santería cubana, qualcosa di più di una religione
Per apprezzare l’intera costruzione del romanzo è fondamentale avere presente qualche nozione di base sulla santería cubana. Ecco perché antepongo come introduzione questo breve articolo a carattere divulgativo. Ne raccomando la lettura perché un lettore non ben inserito nella mentalità cubana che si trova a scorrere le pagine della storia può trovare difficoltà a calarsi in una realtà dove santeros e paleros sono veri e propri deus ex machina che tirano le fila degli eventi.
Per capire a fondo la cultura cubana non è possibile prescindere dalla santería e dai suoi rituali. È forse uno dei misteri più affascinanti che unisce la variegata popolazione del Caribe, composta da un crogiolo di razze e culture amalgamate da tempo in un popolo capace di sentire con forza la propria unità nazionale. A Cuba non esiste razzismo: creoli, bianchi, mulatti e neri convivono da sempre senza problemi e la santería ha la sua parte di merito. È vero che l’intensità con la quale si pratica questa religione non è uniforme, infatti a Oriente (Santiago e Baracoa) la sua influenza è maggiore che a Occidente, così come nelle campagne la religiosità è più diffusa rispetto ai grandi centri urbani. Basta aggirarsi un po’ per i quartieri dell’Avana per rendersi conto che a Guanabacoa si praticano riti santéri in misura superiore rispetto ai quartieri centrali del Vedado e Miramar e che là dove la popolazione nera è in maggioranza la santería ha una percentuale di pratica e diffusione notevole. E questo è abbastanza ovvio se solo si pensa alle origini di queste credenze.
La santería nasce nella Nigeria sud occidentale, la patria degli Yoruba, che in pieno XVII secolo furono deportati nel Nuovo Mondo come schiavi. Fu così che gli africani trasferirono a Cuba la loro pittoresca e variopinta mitologia che prese nome di lucumí. Le divinità, chiamate orishas, ricordano molto da vicino gli dei dell’Olimpo greco perché sono un coacervo di vizi e difetti umani.
La stessa religione africana si diffuse nel resto dell’America centro – meridionale con diverse modificazioni. A puro titolo esemplificativo diremo che in Brasile dette vita al candomblé o macumba e ad Haiti al vudú. A Cuba il tratto fondamentale di quella che si chiamerà santería è dato da una commistione e identificazione della mitologia lucumí con la iconolatria cattolica dei dominatori spagnoli. Gli schiavi africani si preoccuparono di occultare le loro pratiche magiche e religiose agli occhi degli spagnoli, che non sono mai stati un esempio di tolleranza. Fu così che gli orishas presero i nomi dei santi cristiani e i riti magici yoruba andarono progressivamente a fondersi con le tradizioni della Chiesa cattolica. Ecco perché è appropriato parlare di sincretismo religioso a proposito della santería, che oggi subisce pesantemente l’influenza del cattolicesimo. Quei santi che servivano inizialmente solo a mascherare la realtà di un culto che veniva dall’Africa, adesso sono una cosa sola e inscindibile con i rispettivi orishas. Al giorno d’oggi non c’è santero che non si dica cattolico e che non sia battezzato. La necessità di un tempo si è trasformata in una religione nuova che non nasconde più niente a nessuno ma è diventata un cattolicesimo sui generis, costretto a fare i conti con i rituali venuti dall’Africa quattrocento anni fa. A Cuba la Chiesa non può che chiudere un occhio se vuole convertire e farsi accettare, perché qua non è possibile prescindere dalla tradizione. Ed è quello che sta facendo, come a suo tempo ha fatto il regime comunista, per impostazione culturale ostile a ogni culto religioso. La santería è una religione terrena, un sistema magico – religioso dove ogni orisha si identifica con un aspetto della natura e trova il suo corrispettivo nella tradizione cattolica. Changó è il re guerriero che governa il fuoco, il tuono e il fulmine, oltre a essere il simbolo del potere bruto, della passione e della virilità. Ama il colore rosso, è vendicativo e violento, oltre a essere un gran ballerino e un festaiolo. Lo si identifica con Santa Barbara, anche lei una guerriera del Medio Evo come Giovanna D’Arco che amava indossare abiti maschili per combattere. Santa Barbara viene raffigurata con un grande mantello rosso, una spada in mano e due lunghe trecce. Changó è un orisha molto forte e maschile che molti conosceranno per aver apprezzato la famosa canzone di Celina Rodriguez Qué viva Changó. Oshún viene raffigurata come Nostra Signora della Caridad del Cobre, la patrona di Cuba, e simboleggia le acque del fiume, oltre a essere riconosciuta come dea dell’amore, della fertilità e del matrimonio. Yemayá è associata a Nostra Signora di Regla, patrona dell’Avana e simbolicamente rappresenta il mare. A lei si rivolgono le donne in maternità per ricevere protezione. Oshún e Yemayà sono sorelle in continua lite tra loro perché la prima vuole rubare il marito (Changó) alla seconda, utilizzando artifici a base di miele e cannella. Vengono raffigurate come due belle mulatte dai lunghi capelli riccioli e larghi fianchi, sono due simboli della sensualità. Il niño Elegguá conosce passato, presente e futuro, staziona negli angoli e agli incroci e protegge l’abitazione dal pericolo. Alcuni santeros ripongono la sua immagine in un’edicola situata nel cortile, ma la maggioranza della popolazione la custodisce in casa presso la porta d’ingresso per tenere lontano il male. Ama vestirsi di rosso e nero e viene raffigurato come Sant’Antonio da Padova. Per la tradizione santera è il monello degli dei, imprevedibile e permaloso. I suoi poteri sono enormi: apre e chiude tutte le strade, governa il destino e rende possibile ogni impresa. Obatalá è Nostra Signora della Misericordia, infonde tranquillità, garantisce il controllo delle emozioni ed è venerato dalle partorienti. È l’orisha principale, dato che viene raffigurato come il creatore del genere umano. Oyá è Santa Teresa e simboleggia i venti e le tempeste, vigila su cimiteri e fulmini. In origine era la signora dei mari, poi Yemayá con l’inganno l’ha indotta a ritirarsi nei cimiteri. Il suo colore è rosso scuro ed è stata la prima moglie di Changó. Oggún è il patrono di tutti i metalli, proprio per questo protegge agricoltori, carpentieri, macellai, chirurghi, meccanici e poliziotti e tutti coloro che lavorano con metalli o armi metalliche. Garantisce il lavoro, allontana i criminali ma è anche il responsabile dei sinistri in cui avviene spargimento di sangue e dei delitti più efferati. Si identifica con San Pietro e, come per il Vulcano della mitologia greca, il disgusto nei confronti del genere umano lo ha indotto a rifugiarsi nei boschi. Babalú Ayé è una divinità che protegge dalle malattie e corrisponde a San Lazzaro, a lui è dedicata la famosa chiesa del Rincón a Santiago de Las Vegas, quartiere periferico dell’Avana famoso per aver dato i natali a Italo Calvino.
Sopra tutti gli orishas troviamo una trinità composta da Olofi, Oloddumare e Olorun, divinità astratte che non hanno contatti con gli uomini. Olofi e Oloddumare sono rispettivamente padre e madre di cielo e terra. Olofi viene rappresentato da un gallo metallico mentre Oloddumare non ha figurazioni simboliche. Olorun è il sole e lo si identifica con un arco di ferro che sta per scoccare una freccia e simboleggia la difesa dalle avversità.
Abbiamo citato solo le divinità maggiori, per andare oltre non basterebbe lo spazio di un capitolo, così come interessante sarebbe approfondire le leggende (patakí) che si narrano su ogni orisha.
La mitologia che si è sviluppata nei secoli attorno alle singole figure non ha niente da invidiare a quella classica di tradizione greco – romana. Gli orishas vengono propiziati con sacrifici, ma non sempre c’è bisogno di una vittima e di uno spargimento di sangue. Più frequentemente si offrono frutti, fiori, candele o i cibi preferiti dagli orishas. Si procede a offerte più importanti solo se si devono risolvere problemi molto delicati e soprattutto si ricorre al sacrifico di sangue solo quando è a rischio la vita di una persona.
Fissiamo un altro punto fermo dicendo che la santería non è un culto o una pratica magica, come molti nel passato hanno tentato di liquidarla. I santeros sono soltanto la voce terrena degli orishas, così come i babalaos sono oracoli ancora più potenti, una sorta di sommi sacerdoti della santería. Tutti parlano per bocca dei santi e degli dei e tra loro è solo una questione di gerarchia e di potere. Il santero rispetta il babalao e in caso di dubbio interpretativo chiede sempre a lui una spiegazione esauriente. L’elemento fondamentale di questa religione resta il culto dei santi, la vita di ognuno di noi è governata da un orisha, una sorta di angelo custode che accompagna ogni azione dalla culla alla tomba e l’interessato deve individuarlo prima possibile.
La santería si propaga e si diffonde per iniziazioni che a loro volta ne producono altre. Il neofita si dice che prende il santo e per un certo periodo (di solito un anno) va in giro vestito di bianco, deve sottostare a certe proibizioni alimentari e, se si tratta di una donna, deve portare anche i capelli tagliati molto corti.
Nel culto santero sono di fondamentale importanza gli spiriti dei morti, chiamati eggun, che vanno sempre onorati prima degli orishas.
I defunti hanno bisogno di essere nutriti e per questo motivo in casa di un santero troverete sempre, nel bagno o dietro le porte, bacinelle di acqua, tazzine di caffè, bocconi di cibo, mazzi di fiori e candele votive. Ogni cerimonia rituale, detta rogacion de cabeza, si apre con l’invocazione e l’offerta agli eggun e si svolge attorno alla boveda, un tavolino con sopra coppe per l’acqua e al centro una coppa più grande consacrata alla guida spirituale del santero. Sulla boveda i santeros depongono fiori, sigari, rum, alcol aromatico (acqua di Florida), dolci, cibo e caffè. A volte anche una rosa rossa e un crocifisso.
La messa spirituale è una seduta pubblica in cui i partecipanti siedono intorno a un tavolo spesso tenendosi per mano. Le cerimonie si svolgono dopo il tramonto e prima di iniziare ci si deve purificare con l’acqua di Florida. Il santero parla con una lingua a metà tra l’africano e lo spagnolo, incomprensibile per chi non è un iniziato. Invoca i morti con un bastone detto palo e prende le sembianze degli eggun che incontra nella stanza liberi di parlare e agire. La cerimonia è arricchita da preghiere identiche a quelle che si recitano in una comune chiesa cattolica e offerte propiziatrici. Se c’è bisogno di divinare il futuro o di dare risposta a domande poste dai fedeli si ricorre a noci di cocco e a conchiglie, che vengono lanciate in aria e il loro modo di disporsi al suolo viene interpretato come segno di una ben precisa volontà.
Concludiamo dicendo che non si può conoscere la santería e apprezzarla in tutto il suo apparato tradizionale se non ci si cala nella mentalità cubana. La santería non è solo una religione, ma uno stile di vita, un modo per conoscere il mondo circostante e al tempo stesso è composta dalle cose del mondo: mare, fuoco, vento, sole e fulmine.
Il santero è un personaggio al quale si ricorre frequentemente per dare una soluzione ai problemi del quotidiano. E’ un guaritore e un divinatore del futuro, un oracolo e un preparatore di amuleti. Si va da lui con la stessa facilità con cui ci si reca da un medico e spesso lo si consulta anche quando la medicina tradizionale non dà speranza. La santería è una religione piena di vita, così come piena di vita è la gente di Cuba, accompagna l’esistenza quotidiana senza obbligare i praticanti a rituali pesanti, inaccettabili per la mentalità locale. Non riusciamo a immaginare un cubano intento a recitare preghiere buddiste ogni giorno alle stesse ore e ci è difficile anche vederlo in una chiesa cattolica tradizionale a sgranare il rosario. La santería invece ben si attaglia alla mentalità del luogo, perché è una religione fatta di riti che danno un posto importante a tabacco e rum. E poi talvolta anche una sbronza memorabile o una frenetica danza in compagnia di una bella ragazza può far parte del rituale evocativo.
A Cuba possiamo assistere a spettacoli di danze affascinanti ispirate alla vita degli orishas, così come si ascoltano canzoni di autori come Willy Chirino e Tito Puente che si soffermano su queste divinità sorridenti e gioiose. Comodamente seduti a sorseggiare un cuba libre o un mojito ci lasceremo prendere da musiche tribali di origine africana che scandiscono a colpi di tamburo e maracas i rituali santeri. E proprio per questo diciamo che la santería è parte integrante della cultura cubana, così come lo sono il ballo e la musica. E non vi azzardate a dubitare con un cubano in merito ai poteri di Elegguá o Yemayá. Correreste il rischio di essere trascinati a una messa spirituale, dove il santero di turno vi caccerà via tutti gli spiriti maligni che infestano la vostra anima a colpi di rami di palma e spruzzi di rum e tabacco.
Se siete interessati ad approfondire l’argomento vi rimando al mio reportage narrativo Cuba magica edito da Mursia nel 2003.
BIOGRAFIE
Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Collabora con Futuro Europa, Inkroci, La Folla del XXI Secolo, La Linea dell’Occhio, L’indro e altre riviste. Dirige le Edizioni Il Foglio Letterario. Traduce gli scrittori cubani Alejandro Torreguitart Ruiz, Felix Luis Viera, Heberto Padilla e Guillermo Cabrera Infante. Tra i molti lavori ricordiamo: Nero Tropicale, Cuba Magica, Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana, Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura, Almeno il pane Fidel, Mi Cuba, Fellini – A cinema greatmaster, Velina o calciatore, altro che scrittore!, Fidel Castro – biografia non autorizzata, Fame – Una terribile eredità, Storia del cinema horror italiano in cinque volumi, Soprassediamo! – Franco & Ciccio Story. Ha tradotto La ninfa incostante di Guillermo Cabrera Infante (Sur, 2012). Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino, il suo ultimo romanzo, nel 2014 è stato presentato al Premio Strega. I suoi ultimi lavori sono il romanzo breve Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano e due testi di cinema: Gloria Guida, il sogno biondo di una generazione e Divina creatura – Il cinema di Laura Antonelli. Blog di cinema: La Cineteca di Caino (http://cinetecadicaino.blogspot.it/). Blog di cultura cubana e letteratura: Ser Cultos para ser libres (http://gordianol.blogspot.it/). Pagine web: www.infol.it/lupi. E-mail per contatti: lupi@infol.it
Oscar Celestini (copertina), nato a Viterbo, illustratore e colorista. Ha collaborato con case editrici di tutto il mondo, dall’America (DC Comics, Image, Zenescope) alla Francia (Soleil, Lelombard, Casterman) all’Austria (Helbling Languages) all’Italia dove attualmente lavora per la Sergio Bonelli Editore in qualità di colorista.
GLOSSARIO
Nel romanzo faccio ricorso a molte espressioni spagnole che ritengo utile tradurre. In alcuni casi si tratta di parole tipicamente cubane, in altri di frasi desunte dalla vita quotidiana e ormai connaturate al tessuto sociale dell’isola. Necessitano di una rapida spiegazione anche alcuni mezzi di comunicazione e tradizioni culturali e religiose che fanno parte delle abitudini cubane.
Jinetera: letteralmente vuol dire cavallerizza ed è la prostituta del giro turistico, che tiene compagnia allo straniero in cambio di regali costosi o dollari. Il corrispettivo maschile è il jinetero.
Lider Maximo: uno dei tanti appellativi di Fidel Castro.
Yanqui: corrisponde all’inglese yankee ed è un aggettivo riferito con disprezzo agli statunitensi.
Pelota: con questo termine di solito ci si riferisce alla palla da baseball. Da quando il calcio ha avuto un buon aumento di popolarità viene utilizzato anche per indicare il pallone di questo sport.
Piropos: sono le espressioni scherzose e spesso pesanti che i maschi cubani lanciano all’indirizzo delle belle ragazze.
Compañera o compañero: sta per compagna o compagno ma non necessariamente di partito, nella vita di tutti i giorni viene spesso usato per rivolgersi agli altri come intercalare.
Paladar: ristorante privato autorizzato con non più di dodici coperti gestito da una famiglia cubana.
Lycra: pantaloncino femminile aderente tagliato poco sopra il ginocchio.
Malanga: tubero che può essere piccante o salato.
Vianda: ogni tipo di farinaceo o tubero.
Guarapetiada: camicia multicolore molto di moda nel periodo speciale.
Periodo speciale: è il periodo delle restrizioni economiche che non ha ancora avuto fine e che può dirsi iniziato nel 1990, dopo la caduta del muro di Berlino.
Guayabera: camicia bianca tradizionale cubana adesso un po’ fuori moda.
Radio Reloje, Cubavision, Tele Rebelde, Granma: alcuni dei più importanti mezzi di informazione cubana. Radio Reloje è un’emittente radiofonica che trasmette notizie scandite da un ossessivo segnale orario. Cubavision è la principale stazione televisiva nazionale (la seconda è Tele Rebelde meno seguita). Il Granma è il principale quotidiano nazionali. Inutile dire che è tutto nelle mani del partito comunista cubano.
Novela: il teleromanzo sceneggiato che va in onda su Cubavision ogni sera dopo il discorso di Fidel. La trasmissione più seguita di tutta l’isola. Il termine è ormai in uso anche da noi, solo che lo completiamo in telenovela.
Sellon: la sedia a dondolo tradizionale, quasi sempre di legno o di ferro.
Puro cubano: il sigaro cubano per eccellenza.
Guapo: sta un po’ per ras del quartiere, tipo forte e rispettato.
Mamey, cirimoia, nipero: tre diversi tipi di frutta tropicale.
Prenda haitiana: casseruola con le ossa dei morti che i santéri si tramandano da generazioni.
Cementerio Viejo e Cementerio Colón: il primo è il cimitero di Guanabacoa, il secondo è quello monumentale dell’Avana.
Willy Chirino: cantante cubano esule a Miami molto popolare a Cuba. Ufficialmente proibito, i cubani lo ascoltano di nascosto. Autore di classici come: Cuba libre, La esquina habanera, La jinetera…
Chicharo: un cereale come il nostro cece, però più piccolo, viene utilizzato dai più poveri per mescolarlo con il caffè. Ottimo come ingrediente per minestre.
Machismo: filosofia tipica dell’America Latina che predica la superiorità dell’uomo sulla donna. A Cuba è ancora molto in voga.
Funeraria: azienda che si occupa del trasporto e della sepoltura dei cadaveri.
Ajiaco tradicional: minestrone di verdure e carne di maiale
Cucina criolla: è la cucina tipica cubana.
Guarrapo: energetico e dolciastro succo di canna da zucchero spremuta.
Balseros: i cubani che fuggono dall’isola a bordo di una zattera (balsa). Nel testo si cita Mariel, località nei pressi dell’Avana, dal cui porto salparono i primi balseros.
Machete: l’attrezzo utilizzato dai tagliatori della canna, viene usato anche per tagliare il maiale e per altre funzioni. E’ una specie di sciabola rudimentale molto affilata.
Macheteros: sono i tagliatori di canna da zucchero.
Duraljina: l’aspirina cubana, pasticca per il mal di testa.
Casa particular: la casa privata che spesso una famiglia cubana autorizzata affitta ai turisti.
Salsa, merengue e son: ritmi musicali e balli tradizionali cubani
Boniato e yuca: tuberi. Il boniato è piccolo e grosso (patata dolce), mentre la yuca è lunga e magra (manioca).
Puri cubani: sono i sigari cubani di alta qualità.
Libreta: la tessera del razionamento alimentare.
Gorriones: i nostri comuni passeracci
Mango, papaia: frutti e alberi tropicali
Casabe: pane fatto con farina di yuca
Bodega: il negozio per cubani con gli alimenti a tessera.
Cubita: il caffè migliore. Nel testo si fa riferimento alla caffunga che è il caffè passato un paio di volte (quando va bene) e al caffè con chicharo che è una miscela di cereali scadente.
Taxi particular: vale quanto detto per le case. E’ un auto privata che il proprietario utilizza per il trasporto (spesso illegale) di turisti.
Bicitaxi: bicicletta a due postia bordo della quale i cubani (spesso illegalmente) trasportano i turisti.
Pepegé (pronuncia: pepeghé): Letteralmente pastillas para gosar. Sono pasticche gialle che vengono utilizzate per curare il colesterolo ma che pare abbiano effetti prodigiosi come energetici sessuali. Fiorente il commercio illegale con gli stranieri.
Solar: casa povera di una stanza dalla quale se ne ricavano altre inserendo pareti interne in compensato o cemento. I solares sono fatti a schiera e hanno la corte in comune. Sembrano una serie di garage. Se ne trovano molte all’Avana Vecchia.
Albergo: è il posto dove il governo assegna i senza tetto, di solito quando la casa viene abbattuta da un tornado. Si tratta di appartamenti di legno o muratura molto essenziali costruiti all’interno di un recinto. I servizi (bagni e cucine) sono in comune.
José Martí: grande poeta nazionale cubano (1853 – 1895) che lottò per l’indipendenza dalla Spagna. Nel romanzo si citano alcune sue opere per bambini come Habia una vez, La Edad de Oro, La cucarachita Martina e El camaroncito duro.
Santería: impossibile definirla in due parole. Nel romanzo hanno un ruolo importante santeros, paleros, babalawos e orishas (i santi della tradizione). Si legga il capitolo introduttivo per averne un’idea generale. Ci limiteremo a dire che è il culto tradizionale cubano, costituito dalla commistione di culti africani e religione cattolica. Chi vuol approfondire può leggere Migene Gonzales “I segreti della santería ” – Sperling e Kupfer, 1998.
Jo puedo mas que tu, vencedor, palo bueno: nomi popolari date a particolari erbe e rami di piante che vengono utilizzate nella santería per infusi, decotti o semplicemente come amuleti propiziatori.
Ceiba e flamboyant: alberi tipici di Cuba. La ceiba è gigantesca e frondosa. Il flamboyant ha fiori rossi e gialli molto vivaci.
Arroz congris: piatto tipico cubano a base di riso e fagioli.
Crema de queso: crema di formaggio, un piatto tipico cubano che in realtà è comune passato di patate con formaggio grattato.
Guayaba con queso: altro piatto tipico, un dolce-frutta simile al nostro formaggio con le pere.
Carnet: tessera del partito, ma anche tessera di identità in senso generale.
Guardia pioneril: tradizionale riunione di tutti i bambini del quartiere che vengono addestrati a fare la ronda della zona fino alla mezzanotte.
Cerveza: la birra. A Cuba le più popolari sono la Cristal (più leggera) e la Bucanero (più forte)
Maní e manicero: le noccioline salate e il loro venditore.
Guagua: l’autobus.
El camello: l’autobus a due vetture con una strozzatura centrale che rende simile a un cammello.
Quimbombó: vegetale che si mangia bollito.
Peso: moneta nazionale cubana.
Guajiro: contadino in senso dispregiativo.