LA NOTTE HA MILLE OCCHI: LE COSTELLAZIONI 07

Adesso ci rechiamo alla Montagna della Mensa, detta anche della Tavola, una Costellazione che fu l’ultima tra quelle registrate da Lacalle il quale volle dedicare una piccola fetta di cielo vicino al Polo Sud celeste al monte solitario dal quale era solito compiere le sue osservazioni. Durante questa spedizione, l’abate misurò anche l’altezza della Table Mountain (Mons Mensae), la montagna che domina il Capo di Buona Speranza in Sud Africa.

Costellazione Montagna della Mensa

E’ una Costellazione molto piccola le cui stelle sono al massimo di quarta o quinta grandezza che si trova poco più a Sud della Grande Nube di Magellano. La sua stella principale che ovviamente si chiama Alfa è del tipo Sole e ne dista 33 anni luce mentre Beta, meno brillante, è in realtà una gigante gialla 230 volte più luminosa del Sole e ne dista 600 anni luce e poi abbiamo anche Eta, una gigante arancione.

Si tratta di una Costellazione circumpolare australe, del tutto invisibile dall’Italia, formata da deboli stelline che sfuggono quasi all’occhio nudo. Per rintracciarla si può partire dalla Costellazione del Dorado, con la quale condivide la Grande Nube di Magellano.

Il sistema planetario di π Mensae è composto da un pianeta confermato, con una massa minima superiore alle 10 masse gioviane e situato du un’orbita distante 3,29 UA dalla sua stella madre.

Si tratta di una Costellazione circumpolare australe, del tutto invisibile dall’Italia, formata da deboli stelline che sfuggono quasi all’occhio nudo. Per rintracciarla si può partire dalla Costellazione del Dorado, con la quale condivide la Grande Nube di Magellano.

Ben diverso è il discorso sulla peraltro già citata Orione, altra Costellazione di provenienza tolemaica che risale con ogni probabilità al III millennio Avanti Cristo e fu creata in Mesopotamia dai Sumeri o, al massimo, dai loro successori: gli Accadi, dato che il nome Orione deriva proprio dall’accado “Uru-Anna” che vuol dire “Luce del Cielo”. Nel secolo VIII Avanti Cristo anche il Poeta omero ne era a conoscenza mentre per i Greci antichi era “Oarion” e poi “Orion”. Per i Latini fu “Arion” e anche “Orion” (Guerriero), ma venne anche definita “Lugula” (La Gola). Gli Arabi usarono vari nomi per la sua identificazione “Al Jauzah” che divenne poi “Al Jabbar”.

Costellazione di Orione

La mitologia parla di Orione come di un grande eroe. Egli fu un esperto cacciatore e un valente guerriero. Per i Greci era il figlio del dio del mare Poseidone e di Euriale, figlia di Minosse, re di Creta, ma fu da essa respinto e anche accecato per aver cercato di sedurla. Fu un oracolo che ordinò a Orione di recarsi verso Est, nel punto dove sorge il Sole in modo che potesse riacquistare la vista. Orione approdò poi nell’ isola di Creta per dilettarsi alla caccia di animali di cui sentì parlare e che abitavano solo nell’isola. Imbattutosi in Artemide, che ben conosceva la fama di quel cacciatore, ella non rimase indifferente al suo fascino e dal momento che condividevano la medesima passione, lo invitò ad andare a caccia insieme. Apollo, fratello della dea, mostrò di esserne geloso, e volle tutelarla, temendo per la sua virtù e giudicandolo un approfittatore. Riferì alla madre di Artemide, Gea, che Orione si vantava delle sue abilità di cacciatore, e di come avesse affermato essere in grado di sterminare tutte le belve che vivevano sulla terra. Infuriata, Gea fece uscire dalla terra un gigantesco e mostruoso scorpione a cui ordinò di uccidere col suo veleno il cacciatore. Si giunse allo scontro. Orione provò a uccidere la bestia, scoccando frecce, ma queste non scalfirono lo scorpione. Impugnò allora la sua spada, ma fu vano, e messo alle strette, si buttò in mare per sfuggirgli e raggiungere a quel punto l’isola di Delo. Ma avvistato in lontananza da Apollo, questi convinse Artemide che fosse un furfante, e fece credere alla sorella si trattasse di un certo Candaone che aveva sedotto una delle sue sacerdotesse, Opide, e subito la invitò a punirlo, trafiggendolo con una delle frecce della sua faretra. La dea, senza sapere che in realtà Candaone era il nomignolo con il quale veniva chiamato in Beozia (sua terra natìa) Orione, prese la mira e lo trafisse. Ma accortasi dell’errore, si buttò in mare, raggiunse il corpo e lo trascinò a riva. Disperata supplicò l’intervento di medico Esculapio, esprimendo il desiderio che questi lo riportasse in vita grazie alle sue note arti mediche. Ma mentre si apprestava ad esaudire la volontà di Artemide, Zeus fulminò il guaritore a morte. Per Orione non ci fu nulla da fare. Rassegnata Artemide decise di trasportare l’immagine del cacciatore fra le stelle.

Questo tema della morte e della rinascita richiamerebbe una più antica concezione. Cinque piramidi della quarta dinastia nella Piana di Giza in Egitto sembrano disposte in modo da rappresentare una parte della Costellazione dell’Orione, col fiume Nilo come Via Lattea. Il condotto d’aria meridionale della grande piramide è allineato alle stelle della cintura di Orione, in particolare a zeta Ori, nella posizione del 2700- 2600 a.C. A quel tempo la Costellazione rappresentava il dio egizio della morte e primo faraone d’Egitto, Osiride. Si narra che dopo la morte il faraone abbia misticamente inseminato queste stelle affinché, attraverso Osiride, il dio- Sole Horus potesse rinascere come suo successore.

Ai margini della Via Lattea, all’altezza dell’equatore, abbiamo questa grande e luminosa Costellazione visibile da qualsiasi punto del nostro pianeta. La sua stella più luminosa è Betelgeuse, conosciuta anche come “l’ascella di Jauzah”. Si tratta di una gigante rossa pulsante le cui dimensioni sono proprio per questo variabili e si aggirano tra i 500 e gli 800 diametri stellari. Brilla più della nostra stella di ben diecimila volte, ma la sua luminosità è variabile divntando a volte minore di quella di Rigel che gli Arabi chiamarono “la gamba sinistra di Jusah”, una stupenda supergigante blu e inoltre una stella doppia ben 40.000 volte più luminosa del nostro Sole dal quale dista 775 anni luce. Altre stelle notevoli sono: Alnilam, brillante 30.000 volte il Sole e distante 1300 anni luce, Alnik, altra doppia di colore blu come la sua compagna. Nella Costellazione si trovano anche le nubi M42 e M43 che sono conosciute come Grande nebulosa di Orione, osservabili anche a occhio nudo, ma che il telescopio, o anche un buon binocolo, riveleranno essere una splendente nube di gas con del gas stellare in formazione. Un’altra Nebulosa famosa è la B33 meglio conosciuta come “Testa di Cavallo” per la sua forma e, nascosta dietro di essa, si può intravedere la nube di gas IC 434, difficile da scorgere per via della forte luminosità di Almitak.

Data la schermatura offerta da queste nubi altri oggetti sono visibili solo all’infrarosso o con fotografie a lunga esposizione.

Estesa 594 gradi quadrati e con 120 stelle più brillanti della sesta magnitudine, rintracciare la Costellazione di Orione è tra i compiti più semplici grazie a tre stelle perfettamente allineate che formano la ‘cintura’ del guerriero, nota proprio come “Cintura d’Orione”. Si trova tra Toro e Gemelli e domina il cielo invernale, passando in meridiano a mezzanotte pochi giorni prima di Natale.
Proprio da Orione è possibile orientarsi per trovare tante altre gemme celesti e questo è dovuto alla sua forma inconfondibile ed alla disposizione delle sue stelle maggiori.
E’ una Costellazione attraversata dall’equatore celeste, proprio nei pressi della terza stella della cintura, Mintaka. Si tratta forse della costellazione più bella di tutta la volta celeste, visibilissima dai due emisferi proprio perché costellazione equatoriale: per gli osservatori europei Orione è alta a sud dopo il tramonto, per quelli australiani è alta verso nord.
La sua forma prevede spalle, piedi e una famosa cintura, formata da tre stelle in diagonale. Attaccata alla cintura c’è la spada del cacciatore, rappresentata da una famosa nebulosa.

In Orione sono noti alcuni sistemi planetari; il più complesso è quello di HD 38529, che possiede un pianeta gioviano caldo con una massa pari a otto decimi di quella di Giove su un’orbita inferiore a 1 UA di distanza dalla sua stella madre, più un secondo corpo dalla massa oltre 37 volte superiore a quella di Giove, probabilmente una nana bruna, posto a oltre 3 UA di distanza.

La Costellazione di Perseo è un altro gruppo tolemaico conosciuto dai Greci e dai Latini come “Perseus”, mentre gli Arabi le davano un nome inquietante “Hamil ra’s al Ghul” che significa “Portatore di Testa di Demone”.

La leggenda narra il mito di Perseo che, come abbiamo già rilevato, è strettamente legato a quello di Andromeda, Cassiopea, Cefeo, Cetus e Pegaso. Il nostro era figlio di Zeus e di Danae che era a sua volta figlia del re Acrisio di Argo. Egli portò al re Polipodette di Serifo la testa della Gorgone Medusa, storia narrata nel già citato “Scontro di Titani” e fu il salvatore nonché futuro marito di Andromeda, figlia del re Cefeo.

La stella più luminosa si chiama Nirfak o Algenib che si trova in un ammasso di stelle azzurre, ma che invece è una stella gialla 5000 volte più luminosa del Sole e distante 590 anni luce. Altra stella, ma altro nome inquietante è Algol, detto “il Demone” , una doppia la cui luminosità diminuisce ogni tre giorni a causa del moto vorticoso della sua oscura compagna che le ruota attorno. Interessante è la supergigante azzurra Zeta che è 5300 volte più luminosa del Sole e dista da noi quasi mille anni luce. Abbiamo anche una nebulosa siglata NGC 1499, ma più familiarmente conosciuta come California. La Costellazione è nota anche per gli ammassi stellari dai quali è circondata e che si trovano vicino a stelle come Mirfak e Algol.

Costellazione di Perseo

Costellazione prettamente invernale, passa in meridiano a mezzanotte a metà novembre. E’ estesa per 615 gradi quadrati e possiede 90 stelle di magnitudine superiore alla sesta. 136 stelle sono visibili in condizioni perfette a occhio nudo, raggruppate più o meno in tre gruppi di stelle dei quali il più famoso è quello capeggiato dalla stella alfa Mirfak. Famosa per le Perseidi, (le Lacrime di San Lorenzo). Può essere rintracciata prolungando l’allineamento creato da Alpha, Beta e Gamma Andromedae che porta direttamente ad Algenib (o Mirfak), la stella alpha di Perseo. Ancora più facile è il compito se si pensa che la costellazione si trova proprio tra Alpheratz di Andromeda e Capella dell’Auriga, parzialmente sovrapposta allo sfondo della Via Lattea. La forma della costellazione somiglia alla lettera greca lambda.

Celebre è Nova Persei, avvistata dal dilettante Anderson di Edimburgo il 21 febbraio del 1901 e catalogata come stella di magnitudine 2. La stella esplosa raggiunse anche magnitudine 0,2 due giorni dopo, brillando come 200 mila Soli, prima di scomparire all’occhio nudo in quattro mesi alternando però sbalzi di una magnitudine ogni quattro giorni. Ciò che resta è ora di magnitudine 14 ed è circondato da una nebulosa irregolare in espansione a 1200 chilometri al secondo.

I sistemi planetari noti nella Costellazione di Perseo sono tutti costituiti da un solo pianeta conosciuto; in particolare si tratta in tutti i casi di giganti gassosi, grandi da 4 a 7 MJ, e situati in orbite interne, comprese fra 1 e 2 UA.

Risorgiamo dalle ceneri con la Fenice, Costellazione creata da Keyser e Houtmann nel 1595 circa. Molti ne conoscono già la leggenda e se ne parla anche in “2010 l’anno del Contatto” il tanto depauperato sequel di “2001: Odissea nello Spazio” quando lo scienziato programmatore chiama il progetto per far risorgere Hal, Fenice.

Costellazione della Fenice

Torniamo alla leggenda: Per gli Arabi queste stelle formavano una nave, ma si narra che la Fenice sia un uccello mitologico sacro al popolo egiziano, di aspetto simile a quello di un aquila, ma dotato di penne multicolori. Nelle Metamorfosi di Ovidio si racconta che dopo aver vissuto 500 anni e ormai prossimo alla sua morte, il mitico volatile si costruì un nido usando piccoli rami di cannella e dell’incenso tra le fronde di una palma. Dopo essersi preparato un così comodo giaciglio vi si coricò e lo diede alle fiamme e, dalle sue ceneri, nacque un’altra Fenice. La leggenda parla quindi dell’immortalità, l’unica raggiungibile dall’uomo che vive in eterno solo attraverso i suoi discendenti.

La nostra Costellazione australe si trova a Nord-Est di Achernar e ad Est della Gru. La gigante arancione più luminosa e dall’ovvio nome di Alfa, si trova a 235 anni luce da noi e brilla circa duecento volte più del Sole: è una stella variabile con un periodo molto breve di soli cento giorni, ma altre stelle della Fenice possono essere classificate a loro volta come delle variabili e una di esse, la cui sigla è SX esprime la sua variabilità in un tempo da primato: solo 79 minuti!

Interessante è Zeta Phoenicis, un sistema multiplo con la principale azzurra che brilla a magnitudine 4. Vicina alla principale, una compagna di magnitudine 7,2 e, staccata di 7”, una terza stella di magnitudine 8. La principale è anch’essa una binaria a eclisse, con il risultato che Zeta Phoenicis risulta formata da quattro stelline. Dal punto di vista non stellare, invece, si segnala soltanto NGC 625, una galassia di magnitudine 12 classificata come spirale barrata, distante 12,7 mila anni luce e membro del Gruppo dello Scultore.

Per rintracciare la Costellazione è possibile spostarsi 25° a Sud rispetto a Deneb Kaitos, la stella più brillante della Balena. Il passaggio in meridiano a mezzanotte avviene tra settembre ed ottobre, ma dall’Italia è sempre una impresa riuscire a vedere qualcosa data la bassa declinazione della Costellazione. Soltanto da latitudini inferiori a 33° sarà possibile vederla tutta.

Nella Fenice sono noti alcuni sistemi planetari, in cui è noto, in tutti i casi, solo un pianeta. WASP 4 e WASP 5 sono due stelle simili al Sole che ospitano entrambe un pianeta gioviano caldo dalla massa di poco superiore a quella di Giove; altre stelle della costellazione ospitano un sistema con altri pianeti gioviani.

            Il Cavalletto del Pittore è una piccola Costellazione dell’emisfero australe e fu creata da Lacaille sempre nel periodo che va dal 1751 al 1752. Inizialmente era conosciuta come “Equuleus Pictoris” e fu poi abbreviato in “Pictor” . Per la precisione, per Lacalle la denominazione giusta era le “Chevalet du Peintre”, latinizzato in  ‘Equuleus Pictoris‘ e poi semplificato, e se vogliamo, mutilato, in Pictor, non più l’oggetto quindi, ma colui che lo usa, contrariamente alla sua effettiva dedicazione. Una curiosità: nelle rappresentazioni sovrapposte all’asterismo, al cavalletto si accompagna la tavolozza del pittore.

Non esiste nemmeno in questo caso una mitologia in quanto Lacaille prese in considerazione uno strumento di grande uso e importanza per l’epoca.

Costellazione Cavalletto del Pittore

Il Cavalletto del Pittore si trova a Ovest di Canopus e uno dei corpi più importanti può essere identificato con Delta, una gigante blu 2900 volte più luminosa del nostro Sole dal quale dista 1600 anni luce: si tratta di una variabile a piccola ampiezza. Il suo periodo di luminosità varia, infatti, in solo 40 ore Eta 1 e Eta 2 sembrano un sistema doppio, ma si tratta solamente di un effetto ottico infatti, mentre Eta 2 è una gigante rossa 170 volte più luminosa del Sole dal quale dista 475 anni luce, Eta 1 è una stella gialla quasi quattro volte più luminosa della nostra stella e ne dista a sua volta solo 85 anni luce.

Le stelle non sono molto brillanti: la più luminosa è Alfa con magnitudine 3,3 ad una distanza di 99 anni luce. Beta ha magnitudine 3,9 e una luce bianca, dalla distanza di 63 anni luce che è salita alla ribalta per il fatto che potrebbe ospitare un sistema planetario simile al Sistema Solare.
La Stella di Kapteyn dista 12,76 anni luce. dal sistema solare ed è la ventiquattresima stella più vicina alla Terra. È una subnana rossa troppo debole per essere visibile ad occhio nudo, in quanto la sua magnitudine apparente è +8,85. Nel 2014 è stata annunciata la scoperta di due pianeti extrasolari orbitanti attorno ad essa, uno dei quali è situato nella zona abitabile della stella.

La stella di Kapteyn apparteneva un tempo a una delle più antiche galassie che si siano formate nell’universo, la galassia nana di Omega Centauri. Dopo diversi miliardi di anni, Omega Centauri ha incontrato sulla propria strada la più giovane e molto più massiccia Via Lattea, che l’ha assorbita e smembrata. In questo processo molte delle sue stelle sono andate alla deriva e fra esse Kapteyn, che alla fine è arrivata in prossimità del nostro sistema solare: a soli 12,76 anni luce di distanza.

Per quanto riguarda i due pianeti entriamo meglio nei dettagli: Dai dati raccolti grazie agli spettrometri ad alta precisione HIRES del Keck Observatory a Mauna Kea, nelle Hawaii, e del PFS dell’osservatorio Magellan/Las Campanas, in Cile, i ricercatori hanno stabilito che il pianeta Kapetyn b è almeno cinque volte più massiccio della Terra e compie una rotazione completa intorno alla stella ogni 48 giorni, lungo un’orbita che si trova nella cosiddetta zona abitabile, ossia a una distanza dalla stella che permette la presenza di acqua allo stato liquido, condizione indispensabile per lo sviluppo di forme di vita. Il secondo pianeta, Kapteyn c, che è sette volte più più massiccio della Terra, ha invece un periodo di rotazione di 121 giorni e riceve dalla sua stella appena il dieci per cento della radiazione che il nostro pianeta riceve dal Sole: appare quindi troppo freddo per conservare acqua allo stato liquido. L’ipotesi che Kapetyn b possa ospitare o aver ospitato forme di vita è considerata particolarmente plausibile dai ricercatori sulla base della storia di Kapteyn e dell’età dei pianeti, circa 2,5 volte quella delle Terra.

L’età dei pianeti che possono ruotare intorno a queste antiche stelle, e a Kapteyn in particolare, è stimata intorno agli 11,5 miliardi di anni, appena due miliardi dopo il big bang e questo ci fa interrogare su quale tipo di vita potrebbe essersi evoluta su quei pianeti in un arco di tempo così lungo.

La Costellazione transita in meridiano a mezzanotte nella stagione fredda, all’inizio dell’inverno. Dall’Italia è visibile tuttavia soltanto per latitudini inferiori ai 25°, tra la Tavola ed il Dorado.

(7 – continua)

Giovanni Mongini