Titolo originale: Malocchio – Eroticofollia
Anno: 1975
Regia: Mario Siciliano
Soggetto: Federico De Urrutia e Julio Busca (Busch)
Sceneggiatura: Federico De Urrutia. Julio Busca e Mario Siciliano
Direttore della fotografia: Vincente Minaya
Montaggio: Otello Colangeli
Musica: Stelvio Cipriani
Effetti speciali: Paolo Ricci
Produzione: Mario Siciliano
Origine: Italia / Spagna
Durata: 1h e 35’
CAST
Anthony Steffen (Antonio De Teffé), Richard Conte, Pilar Velasquez, Jorge Rivero, Eduardo Fajardo, Pia Giancaro, Luis La Torre, Eva Vanicek, Alan Collins (Luciano Pigozzi), Lane Fleming, Floria Marrone, Terele Pavez, Daniela Giordano (Elizabeth Stevens)
TRAMA
Una telefonata dell’amica Tanya (Giancaro) sveglia Peter Crane (il culturista messicano Rivero) da un incubo satanico che lo tormenta dopo una notte di bagordi. La sua casa è piena di gente che ha partecipato al festino. Peter, scosso dall’incubo, incarica il maggiordomo di svegliare gli ospiti e di mandarli a casa. Un giorno incontra la misteriosa Yvonne (Fleming), che gli rivela di aver avuto un incubo dove il marito defunto le diceva che un uomo di nome Peter Crane l’avrebbe uccisa. Peter pensa a uno scherzo di pessimo gusto e continua a frequentare Yvonne, ma durante una nuova visione – con possessione satanica – strangola la donna. La trama si sviluppa attorno a una spirale di omicidi su cui indaga un commissario che teme il malocchio, ma presenta un tocco di originalità nella commistione di generi e in un clima di morboso erotismo. Le sequenze finali sono la cosa più strana e incomprensibile di tutto il film, introdotte da un crescendo onirico – demoniaco. L’ispettore di polizia viene fermato da forze occulte, accadono strane morti violente, infine un’auto con a bordo il protagonista e la sua amante precipita da una scogliera.
NOTE
Eroticofollia, noto anche come Malocchio, è l’unica opera di Mario Siciliano di taglio horror, sottogenere demoniaco – esorcistico, ma di impianto originale, ai limiti dello sperimentale. Il film è una coproduzione italo – spagnola, scritta da Federico De Urrutia e Julio Buchs (Busca), che lo sceneggiano insieme al regista. Musiche suadenti di Stelvio Cipriani, fotografia – che varia dai toni scuri al rosso delle parti oniriche – di Vincente Minaya, montaggio non molto serrato di Otello Colangeli. Produce lo stesso Siciliano per la Metheus Film, associandosi alla madrilena Emaus Films.
Il cast è internazionale: Anthony Steffen (Antonio De Teffé) è un gelido ispettore che teme il malocchio, Pilar Velasquez una dottoressa innamorata, Richard Conte un medico ambiguo, Daniela Giordano regala una partecipazione speciale nei panni di un’inglese maliarda, Jorge Rivero è il protagonista, Pia Giancaro una delle sue numerose donne (Tanya), Eduardo Fajardo un inquietante maggiordomo, Eva Vanicek un’altra conquista del protagonista (Sonya) e Alan Collins (Luciano Pigozzi), il marito inglese della Giordano. La pellicola è un ibrido tra erotico e horror difficilmente inquadrabile, come lo sono alcuni film di Joe D’Amato. In Spagna esce come Mal de ojo, in Germania s’intitola Blutige Magie, in Messico si ricorda come Más allá del exorcismo, negli USA con il calzante Evil Eye.
La pellicola parte come un giallo soprannaturale esoterico, ma sconfina nell’horror demoniaco; il regista pare interessato a stupire con effetti speciali esorcistici, più che a far capire il senso della storia, basata su una sceneggiatura piena zeppa di buchi.
I personaggi hanno tutti nomi inglesi ma è chiaro dai pochi interni girati fuori dalla Elios che ci troviamo a Roma. Le parti oniriche la fanno da padrone, tra messe nere, incubi che ricordano una cerimonia d’iniziazione, fantasmi della memoria. Alcune scene memorabili: le rane che escono dalla bocca del maggiordomo, i tavoli che lievitano, i cristalli che si spaccano, un fucile che spara da solo cadendo dall’alto e uccidendo la vittima designata, donne misteriose che appaiono e scompaiono, cadaveri ritrovati in case di campagna, bambole e carillon in primo piano (alla Dario Argento) e molti omicidi cruenti.
L’erotismo è ai minimi termini, il titolo italiano promette molto più di quel che mantiene, a meno che non esista una versione addizionata di scene piccanti per il mercato estero. La recitazione è da fotoromanzo.
Il protagonista è un buon attore messicano come Jorge Rivero, ma in questo film non dà il meglio di sé, impegnato in ridicole possessioni demoniache che lo fanno prima uscire di senno e poi uccidere. Eduardo Fajardo è un infido maggiordomo, Anthony Steffen il poliziotto che indaga, Richard Conte (lo ricordiamo ne Il padrino di Coppola) è uno psichiatra piuttosto ingessato, Pia Giancaro è Tanya, la donna principale del protagonista. Daniela Giordano, invece, recita un breve ruolo da maliarda seduttrice indossando una parrucca rossa che la rende poco riconoscibile. Moglie inglese di Luciano Pigozzi che vive in una fattoria nel bosco e viene uccisa insieme al marito dal protagonista indemoniato. Si fa appena in tempo ad ammirarla fasciata da un bel vestito da sera e la visione delle lunghe gambe non prelude a un rapporto erotico ma a un omicidio.
Mario Siciliano mette la firma su un’opera anomala e curiosa che non si può definire horror gotico, ma neppure esorcistico e neanche erotico in senso stretto. Il film è un bizzarro ibrido di generi, che sconfina nel dramma psicologico, una folle calata negli inferi delle perversioni demoniache.
La critica stronca all’unanimità. Marco Giusti fa un po’ di confusione su Stracult, equivoca su quasi tutti i ruoli, tanto per dire vede Anthony Steffen nel ruolo dell’assassino, mentre è il poliziotto. Per non parlare del resto, a suo parere la Giordano è Tanya… Fornisce persino una spiegazione razionale a una pellicola che tutto pare fuorché logica. Avrà ragione lui, forse ha visto una versione più completa. A suo parere “il killer indemoniato era manovrato dallo psichiatra Richard Conte, vecchio amico di famiglia, con una specie di diavoleria, per eliminare dei manigoldi che avevano eluso la giustizia”. Beneficio d’inventario, ma riportiamo la tesi come risulta dal testo del Giusti. Pino Farinotti cita il film come Malocchio, concede due stelle, avallando la tesi del dottore come mandante occulto dei delitti. In realtà fa propendere per tale spiegazione un dialogo tra poliziotto e psichiatra, quando il primo afferma: “Noi due sappiamo chi è il colpevole”. L’espressione che compare sul volto del medico tradisce la sua responsabilità di mandante. Mereghetti e Morandini non citano neppure la pellicola, non ritenendola meritevole di attenzione, come altre di Mario Siciliano. Rudy Salvagnini (Dizionario dei film horror), concede due stelle ed è il critico italiano che meglio inquadra la pellicola: “Film stranissimo che si sviluppa su un’esile trama nella quale si accumulano fatti misteriosi, più bizzarri che inquietanti. Torpido e onirico, erotico e morboso, il film ha un andamento quasi sperimentale, non interessato alla logica dei fatti. Tra possessioni demoniache, letti che si muovono da soli, visioni e feste in piscina che si trasformano in orge, rane che escono dalla bocca di moribondi e torme di gente nuda e ululante che si aggira carponi. Mario Siciliano confeziona un’anomalia curiosa, stravagante e scombiccherata, più strana che riuscita ed efficace. Finale delirante e sottofinale circolare”.
Un film indefinibile, che si guarda solo per interessi storici, girato con tecnica di regia rozza e approssimativa, a base di zoom e primissimi piani. Ottimi gli effetti speciali e la colonna sonora di Stelvio Cipriani. Troppo poco per consigliarlo ancora.