Nel 1613 il Plancius creò la Costellazione dell’Unicorno (Monoceros), là dove gli antichi Persiani raffiguravano un animale cornuto e fu presentato ufficialmente nel 1624 da Bartsch. Se avete visto “Legend” di Ridley Scott o quantomeno letto ‘un’avventura di Paperino disegnata da Carl Barks intitolata “Paperino e il sentiero dell’Unicorno” sapete già che questo animale mitico dotato di un lungo corno sulla fronte, barba caprina, coda di leone e zampe bovine, fu alla base di molte leggende medioevali e che fu citato quale simbolo di purezza e castità.
Storicamente parlando è interessante notare che la nascita di questa creatura fantastica è probabilmente dovuta a un’errata lettura di pitture murarie egizie; esse infatti rappresentavano la gazzella di profilo e quindi era disegnata con un solo corno, da qui nacque la leggenda, ma non solo questa storia spiegherebbe la sua leggenda.
Nel suo “Bestiario”, Guillaume le Clerc (XIII sec) c’informa che per calmare e catturare l’ Unicorno era necessaria la presenza di una vergine. L’unicorno è stato visto anche quale simbolo di Cristo, il suo corno rappresenterebbe la verità del Vangelo. L’animale, probabilmente un rinoceronte la cui descrizione è stata caricata di simbolismo, viene citato nella Bibbia, III secolo avanti Cristo, con la traduzione greca del Vecchio Testamento. Quando gli scribi dovettero tradurre la parola re’ em, coniarono il neologismo monoceros. Infatti sia Christian Ludwig Ideler che Heinrich Wilhelm Olbers suggerirono che la Costellazione fosse più antica, e che Plancius si fosse limitato a ricalcare una presenza individuata già nelle mappe del cielo persiane. Le origini dell’Unicorno sarebbero quindi da ricercare in oriente, più specificamente tra l’India e la Cina. Un’antica descrizione sull’Unicorno infatti si trova nel gran libro Li-Ki insieme a quelle della tartaruga, del Drago e della Fenice considerati creature benefiche. Trattandosi di molti secoli fa il Li-Ki ci descrive l’Unicorno in maniera molto diversa da come viene raffigurato ora: le sembianze sono quelle di un grande cervo con il dorso di cinque colori e il ventre giallo; ha gli zoccoli di un cavallo, la coda di un bue ed è munito di un grande corno sulla fronte. Una prima probabile rappresentazione dell’Unicorno si può riscontrare in un animale all’interno delle Grotte di Lascaux in Francia risalenti addirittura al Paleolitico superiore, in cui si individua un corno lunghissimo sulla testa e del pelo sotto il muso.
Nel nostro caso specifico si tratta di una Costellazione equatoriale che si trova nella Via Lattea e confinante con Orione e il Cane Maggiore e Minore.
La sua stella più brillante è la multipla Beta: tre stelle di colore bianco-azzurro distanti da noi 690 anni luce. Da notare anche l’Ammasso Stellare NGC 2244, circondato da un’altra nebulosa che prende il nome di Rosetta. Ma abbiamo altri corpi celesti che possono essere osservati:M50, un luminoso gruppo di stelle, almeno un centinaio e NGC 2264, una Galassia conosciuta anche con il suggestivo nome di Albero di Natale e che ha all’interno una zona più scura detta Nebulosa a Cono.
Due pianeti della Massa di Giove sono stati scoperti attorno a due stelle della Costellazione dell’Unicorno (HD 46375 e HD 52265). Nell’Unicorno è stato scoperto il primo pianeta transiente mai osservato: si tratta di COROT-1b, individuato nel maggio del 2007 in orbita ad una stella distante oltre 1500 anni luce; si tratta di un pianeta gioviano caldo con una massa di poco superiore a quella di Giove e con un periodo di rivoluzione di soli 1,5 giorni terrestri. Nella costellazione sono stati poi scoperti altri pianeti transienti, e in particolare è stato scoperto il sistema di COROT-7, che conta due pianeti confermati.
L’Unicorno è facilmente rintracciabile essendo posizionato ad Est di Orione e proprio a Nord del Cane Maggiore. Occupa, in pratica, la zona compresa tra Sirio, Betelgeuse e Procione.
Il passaggio in meridiano a mezzanotte avviene a gennaio ed essendo una Costellazione attraversata dall’equatore celeste è visibile in tutto il mondo. Anche se a occhio nudo non fornisce grande effetto mentre al telescopio è una costellazione molto interessante dal momento che è attraversata completamente dalla Via Lattea.
Eccoci quindi alla Poppa, Costellazione citata parlando della Carena e della Nave di Argo. Fu promossa al rango di singola Costellazione tra il XVIII e il XIX secolo da Lacaille.
Mitologicamente parlando è quindi ovvio che si tratti della poppa della nave Argo usata da Giasone per andarsene in Colchide alla ricerca del Vello d’Oro.
La sua stella più luminosa è Zeta che è una supergigante azzurra ventimila volte più luminosa del Sole e distante da noi 1400 anni luce.
Abbiamo poi delle interessanti stelle binarie come Kappa e un ammasso denominato M46 e il più piccolo ma più luminoso M47, osservandola con uno strumento amatoriale si possono distinguere altri ammassi di stelle.
Attorno ad alcune stelle della Costellazione della Poppa sono stati scoperti dei pianeti extrasolari; fra questi: il 1º luglio 2003 fu trovato un pianeta orbitante attorno alla stella HD 70642; la sua orbita ricorda come ampiezza quella del pianeta Giove, ma con un’orbita circolare; il 18 aprile 2006, si è scoperto che HD 69830 (la stella più vicina osservabile in questa costellazione) possiede tre pianeti dalla massa simile a quella di Nettuno, diventando così il primo sistema planetario noto che non possiede pianeti gioviani; la stella ospita inoltre una cintura di asteroidi che separe i due pianeti interni da quello esterno. il 4 luglio 2007 fu scoperto un pianeta orbitante attorno alla gigante rossa NGC 2423-3, una stella appartenente all’ammasso aperto NGC 2423. Il pianeta possiede 10,6 volte la massa di Giove e orbita a una distanza di 2,1 UA dalla sua stella.
La Costellazione si trova interamente nell’emisfero australe ma è visibile bassa sui nostri orizzonti durante la stagione invernale, sotto Sirio del Cane Maggiore.E’ possibile vedere tutta la costellazione da latitudini inferiori ai 39°, mentre da latitudini superiori si riesce ad avere soltanto una visibilità parziale. Nel 1942 la Poppa ha ospitato una nova.
L’introduzione della Costellazione della Bussola è ancora una volta di Lacaille e si trova proprio vicino alla Poppa.
Ancora una volta l’Abate e astronomo francese volle far omaggio ad un importante strumento dell’epoca e diede con la fantasia la possibilità alla nave Argo di non perdere la sua rotta celeste.
La sua stella più luminosa è Alfa, una gigante azzurra duemila volte più luminosa del Sole dal quale è lontana 845 anni luce. Anche qui, con una strumentazione abbastanza potente è possibile osservare NGC 2627, un Ammasso aperto composto da una settantina di stelle.
Fra le stelle con sistemi planetari confermati della Costellazione vi è una nana rossa posta a soli 29 anni luce dal Sole, Gliese 317; questa stella possiede un pianeta confermato con una massa maggiore di quella di Giove in orbita a una distanza simile a quella che intercorre fra la Terra e il Sole. più un secondo pianeta non confermato posto a una distanza superiore.
Data la debolezza delle stelle della Bussola non è affatto semplice ritrovarla nel cielo notturno. Un indizio può essere dato dalla Cintura di Orione, la quale può essere proseguita verso Sud Est superando il Cane Maggiore e la Poppa. L’opposizione si ha intorno a febbraio, anche se la Bussola è ai limiti dell’osservabilità data la bassa declinazione.
Nel 1643 il frate cappuccino Antonín Maria Šírek de Rheita (Schyrleus) diede all’odierno Sestante il nome di “Sudarium Veronicae”, ma Hevelius, circa vent’anni dopo la chiamò “Sextans Uraniae”, dedicando ad un altro importante strumento astronomico una porzione di cielo poiché era lo strumento che usava per rilevare la posizione degli astri. Visto che il suo osservatorio era andato distrutto in un incendio, trovò giusto ricordarlo in questo modo.
Il Sestante è una Costellazione molto piccola posta tra il Leone e l’Idra e la sua stella più brillante, ovviamente un Alfa, è una gigante bianca cento volte più luminosa del nostro buon vecchio Sole e distante 300 anni luce.
L’oggetto più interessante è probabilmente la Galassia NGC 3115 che, per la sua forma, prende anche il nome di Fuso.
Attorno alla stella HD 92788 è stato, ancora una volta, scoperto un pianeta di dimensioni gioviane che ruota attorno all’astro in 388 giorni. Nel Sestante sono note due stelle con un sistema planetario; in entrambi i casi il pianeta noto è solo uno, e in entrambi i casi si tratta di un gigante gassoso. HD 86081 b in particolare è un pianeta gioviano caldo, trovandosi a brevissima distanza dalla sua stella madre.
La Costellazione è primaverile, e passa in meridiano Sud tra fine Febbraio e inizio Marzo. E’ rintracciabile bassa sull’orizzonte, sotto Leone e Idra Femmina anche se è difficilmente visibile dal momento che appare quasi completamente ‘spenta’. E’ attraversata dall’equatore celeste e contiene il polo dell’eclittica.
Una delle Costellazioni più note é, senza alcun dubbio, la circumpolare boreale Orsa Maggiore, famoso gruppo di stelle citato da Tolomeo nella sua opera, ma che numerosi oggetti del periodo neolitico riportano.
E’ citata anche da Omero (che chiama le sue sette stelle le più famose, le più luminose) come Arktos (Orso), parola che ha dato origine al termine “artico” riferendosi al Polo Nord.
Questo gruppo di stelle è noto fin dai tempi più remoti, e le storie che ad esso si legano sono le più svariate, e percorrono non solo il tempo, ma anche gli spazi. Fra le prime citazioni, quella nel Libro di Giobbe, l’Antico Testamento del V secolo Avanti Cristo dove la costellazione è menzionata come “Mez’-a-rim”, il “Nord”.
Anticamente solo due stelle erano considerate buoi perché il resto delle stelle della Costellazione, cioè le altre cinque, erano elette come facenti parte del Carro.
Per gli Arabi le quattro stelle del Carro erano “la bara“, mentre le tre del timone erano il corteo funebre. Nelle sue sette stelle sono stati visti i carri di vari eroi leggendari, di divinità, oggetti… A partire dai Babilonesi, ciò che rappresentavano le sette stelle era un semplice “carro lungo“, ma per i Gallesi, ed i Sassoni nel Medioevo, si trattava, ad esempio, del carro di Re Artù, per i Vichinghi, del carro di Odino, mentre nelle popolazioni germaniche era il carro del dio Thor; i Celti ed i Galli la rappresentarono sulle loro monete come un cinghiale. Per i giapponesi era “sensha kotei” il “cocchio dell’ Imperatore“, per i cinesi le sette stelle rappresentavano il Governo, i sette governanti astronomici, coloro che presiedevano agli influssi astronomici, guardiani delle sette porte e dei sette accessi del cielo, ma fra i contadini erano note come “Bei Dou” o “Pé Teou” (il “carro agricolo”).
Dal momento che abbiamo toccato l’Oriente, l’ etnia Ainu della penisola di Hokkaido (Giappone), compiva antichi rituali sacrificali in onore al dio Kim-Un-Kamui, il dio dei monti. La vittima, un orso, veniva uccisa per liberarne l’anima dal corpo, che così sarebbe tornata in cielo ricongiungendosi al grande spirito/ dio che lo abitava, il patto tra gli Ainu e quest’ultimo veniva così rinnovato, e l’anima dell’orso diventava nella sua ascesa messaggera delle preghiere e delle volontà espresse nel corso del cerimoniale.Se per gli Inglesi si tratta di un aratro, come in molte popolazioni euro-asiatiche, per gli americani odierni il gruppo di stelle è un grosso mestolo, che recupera in parte il fascino nella mitologia propria delle tribù indiane, che generalmente vedono nelle quattro stelle del Carro la testa di un orso sacro decapitato, inseguita dal resto del corpo (timone) che vuole ricongiungersi, l’ inseguimento procede dalle origini dell’ uomo, e quando si ricongiungeranno, potrà vendicarsi sugli uomini e giungerà la fine dei tempi. Sono note varianti, come quella che vede le stelle del Carro come due orsi, quattro lupi ed un cane da caccia (Alcor). Lupi e cane sono intenti nella caccia dei due orsi in fuga. Per i Navahos, l’Orsa Maggiore rappresentava il “freddo uomo del Nord”, il Primo Uomo, che con la Prima Donna (Cassiopea) si scaldavano l’uno di fronte all’altro attorno ad un focolare, rappresentato nella Stella Polare. Salendo verso il Nord America, le popolazioni Irochesi vedono nelle quattro stelle del rettangolo (Merak, Dubhe, Phecda e Megrez) un grande orso in fuga da tre coraggiosi cacciatori (le stelle del timone, Alkaid, Mizar ed Alioth) che lo inseguono. Nell’ordine, Alkaid sarebbe il cacciatore che raccoglie la legna per il fuoco, Mizar recherebbe con sé la pentola (Alcor) ed infine, il più prossimo alla bestia, Alioth, sarebbe l’arciere.
Una variante su questa visione vede nelle tre stelle tra giovani che si apprestano a superare la prova di passaggio all’età adulta, il che prevede l’uccisione dell’orso. La storia segue il ciclo di rotazione delle stelle durante l’anno: a fine estate i tre cacciatori si appostano alla base della montagna, l’arciere prende la mira ferendo l’orso; il suo sangue finisce sulle foglie degli alberi tingendole di rosso, arriva l’autunno. Segue, il freddo inverno e le sette stelle sono basse sull’orizzonte. Al termine dell’inverno con l’arrivo della primavera, la ferita dell’orso si è ormai rimarginata e i tre cacciatori ripartono per la caccia e riprendono a inseguire l’orso.
Gli Shoshoni, popolazione indiana stanziata nel Wyoming, tramandavano una leggenda, il cui protagonista era un orso grizzly. Questo grande orso un giorno salì un’alta montagna innevata per andare a caccia nel cielo. Mentre ascendeva la vetta, la neve ed il ghiaccio si attaccarono al pelo delle zampe e quando cominciò ad attraversare la volta celeste, i cristalli si staccarono poco alla volta dando origine alla Via Lattea.
Più a Sud, troviamo il mito proprio del popolo Atzeco. Le stelle della Costellazione dell’ Orsa Maggiore erano associate al dio protettore dei guerrieri e custode del cielo notturno, Tezcaltlipioca, mutilo di un piede, divoratogli da un mostro celeste, dal momento che osservata alle latitudini del Messico, la Costellazione, nel suo moto perpetuo attorno alla Polare, perde l’ultima stella che scompare dietro l’orizzonte.
Spostiamoci in Grecia. Racconta il mito che ogni anno Crono (Saturno) inghiottiva i figli appena partoriti dalla moglie Rea. Sul punto di dare alla luce Zeus ella però si nascose, ed al padre snaturato presentò un fagotto con dentro una pietra, che egli ingurgitò senza guardare. Zeus fu quindi nascosto e allevato dalle ninfe Elice e Cinosura, che in segno di riconoscenza pose tra le stelle: le sue nutrici infatti vengono identificate come l’ Orsa Maggiore (Elice) e l’Orsa Minore (Cinosura).
Un altro mito narra come la bellissima ninfa (in altre versioni una principessa) Callisto, ancella della cacciatrice Artemide, fosse rapita e sedotta da Zeus, il quale assunse le sembianze della dea cacciatrice, e infine si manifestò con le sue vere sembianze, e nonostante Callisto si opponesse con tutte le sue forze, Zeus la possedette. In punizione per la castità perduta, Artemide l’allontanò. Dall’unione col padre degli dei, Callisto partorì Arcade, ma Era, moglie di Zeus, pazza di gelosia, la trasformò in un’ orsa, ed in questa forma ella fuggì nella foresta. Arcade crebbe e divenne un cacciatore; passati quindici anni, un giorno, mentre era a caccia, Callisto udì la sua voce e fu desiderosa di vederlo. Arcade era sul punto di ucciderla quando Zeus impietosito intervenne appena prima potesse commettere il matricidio, fece alzare improvvisamente un forte vento, che deviò la freccia scagliata contro l’orsa, e trasportò entrambi in cielo, come Orsa Maggiore e Arcade nella Costellazione di Artofilace (Boote). A questo nuovo affronto Era perse il controllo, rabbiosa chiese agli dei del mare Oceano e Teti che per l’eternità all’ Orsa fosse impedito di toccare le acque del mare, ed in effetti, a causa del moto di processione degli equinozi, in tempi antichi, questa Costellazione era circumpolare anche alle latitudini della Grecia, ma attualmente non più.
Per i romani le sette stelle principali della costellazione erano sette buoi, i septem triones (Cicerone lo riporta nei suoi scritti) termine dal quale trae origine la parola settentrione, a indicazione del Nord. Osservare il moto delle sette stelle attorno alla stella polare, ricordava loro l’immagine dei buoi che arano un campo girando in tondo. Inoltre anche l’etimologià di “artico” legata al nostro “polo artico” deriverebbe dalla parola greca per “orso”, “arktos”. Per gli Egizi, le sette stelle erano l’effige del dio Seth che si stagliava in cielo per essere sempre venerato, o l’ippopotamo, animale sacro ad Horus. Nel Settecento in Europa la Chiesa cercò di operare una riforma, stravolgendo le denominazioni fino ad allora conosciute per le Costellazioni, richiamando episodi e personaggi, come anche oggetti, propri della tradizione cristiana (ne è prova la costellazione del Cigno, ancora oggi indicata anche come Croce del Nord). Nel caso dell’ Orsa, questa doveva diventare la “barca di Pietro”. Già le sette arabo-cristiane denominarono il quadrilatero del carro Naash Nazaar, “la lettiga di Lazzaro”, al cui seguito vi sarebbero Marta, Maria e Maddalena piangenti, coerentemente con la storia che si tramanda nel Golfo Persico di Al- Naash (dove Naash significa “lettiga mortuaria”) e dei suoi figli. Il protagonista era stato ucciso da Al Jadi (la Stella Polare) e ogni notte i suoi figli, dietro il feretro, giuravano vendetta. Fra loro Mizar, la figlia di Naash, con in braccio un bambino (Alcor).
Si tratta di una Costellazione sempre presente nel nostro cielo e per questo estremamente nota e le sette stelle principali hanno ognuna un nome, anzi più di uno.
Dubhe (Schiena) distante 124 anni luce, una stella gigante gialla doppia: la sua compagna le ruota attorno in 44 anni. Merak o Mirak (Fianco), una stella bianca distante 79 anni luce, Phecda (Coscia), una stella bianca a 84 anni luce da noi, Migrez (inizio della coda), un’altra stella bianca distante 81 anni luce, Alioth (Coda), una stella bianca variabile a 81 anni luce, Mizar (Pancia), stella multipla la cui compagna fu scoperta dall’astronomo italiano Giovanni Riccioli nel 1650 e che si trova a 78 anni luce e, infine Benetnasch o Alkaid (Guardiano), stella bianco-azzurra distante da noi 101 anni luce.
La compagna di Mizar, stella compagna ottica si chiama Alcor, sono i due corpi celesti più noti, ma vi sono anche numerose galassie nei paraggi e sono anche facilmente rilevabili: M81 e M82 e la grande galassia a spirale M101 distante da noi 23 milioni di anni luce.
Vari pianeti, della massa di Giove sono stati scoperti agli astri, HD 89744 e Lalande 21185 (Joseph Lalande era un astronomo francese del settecento). Abbiamo altre segnalazioni a riguardo perché L’Orsa Maggiore contiene un gran numero di stelle con un sistema planetario accertato; il più conosciuto di questi, nonché uno dei primi in assoluto ad essere scoperti, è quello di 47 Ursae Majoris: sono noti due pianeti di tipo gioviano con un’orbita che si viene a posizionare, come distanza dalla stella madre, fra quelle di Marte e Giove (rapportandole al nostro sistema solare). Un secondo sistema con due pianeti conosciuti è quello di HD 68988; essa possiede un pianeta con una massa pari a quasi due masse gioviane estremamente vicino alla sua stella madre, più un secondo pianeta posto a 5 UA con una massa di oltre 5 volte superiore a quella di Giove. Fra i sistemi con un solo pianeta conosciuto, spicca GSC 03466-00819, una nana arancione con un pianeta che possiede 75 volte la massa terrestre. Di grande interesse scientifico anche il pianeta HD 8606 b, che nel gennaio del 2010 ha registrato uno strano aumento della sua temperatura superficiale di ben 700° in appena sei ore.
Facilissima da trovare anche perché è una delle più note al grande pubblico, che la riconosce come il ‘Grande Carro’ (facendo riferimento soltanto a sette delle sue stelle, le più riconoscibili) oppure, come dicono in Inghilterra, il ‘Grande Mestolo’. Con i suoi 1280 gradi quadrati, l’Orsa Maggiore occupa gran parte della zona circumpolare, risultando sempre visibile verso Nord. Il termine settentrione deriva proprio da ‘septem triones’, che vuol dire ‘sette buoi’ che indicano le sette stelle della costellazione in esame. La relativa vicinanza delle stelle più brillanti del Carro indicano che la forma della costellazione stessa può cambiare nel giro di centomila anni, quindi gli uomini di Neanderthal non vedevano il Carro come lo vediamo ora e tra centomila anni la sua forma sarà ancora cambiata.
Il periodo migliore per l’osservazione, nonostante sia sempre visibile, è la primavera, quando la costellazione passa allo zenit alle nostre latitudini. Di fronte all’Orsa Maggiore, dalla parte diametralmente opposta rispetto alla Stella Polare, è sempre rintracciabile la costellazione di Cassiopea, dalla caratteristica forma a W. Ne segue che, trovandosi l’una di fronte all’altra con al centro la Stella Polare quando una costellazione è bassa l’altra è alta. Se vedete Cassiopea in alto, quindi, lasciate stare l’osservazione dell’Orsa Maggiore.
Ci avviamo verso la conclusione con le già citate Vele, appartenenti alla mitica nave Argo. Divenne anch’essa Costellazione singola tra il XVIII e il XIX secolo dopo il frazionamento ad opera di Lacalle.
Come abbiamo detto, sempre mitologicamente parlando, si tratta delle vele della nave Argo, una barca a cinquanta remi che attraversò audacemente le rupi Simplegadi, le quali erano dette anche Cinee a causa del loro colore blu profondo: erano come dei cancelli posti all’ingresso di quello che era una volta il Ponto Eusino e che noi oggi conosciamo come Mar Nero.
Le suddette rupi avevano il brutto vizio di aprirsi e chiudersi ritmicamente facendo polpette delle navi e dei naviganti, ma grazie all’aiuto di Atena e di una colomba, il prode Giasone e il suo natante Argo, superarono anche questa terribile prova.
La Costellazione Australe si trova in una zona della Via Lattea che possiede una luminosità nota con il nome di Nebulosa di Gum, dal nome dell’astronomo australiano Colin S.Gum che, nel 1952, la fece notare agli altri osservatori. Probabilmente la Nebulosa di Gum è ciò che resta di una esplosione di più Supernovae, l’ultima delle quali sarebbe avvenuta 6000 anni fa.
La sua stella principale si chiama Gamma, una multipla con altre due stelle bianco-azzurre e la più brillante di queste, che possiede anche altre due compagne, è una Wolf-Rayet, appartenente cioè ad una rara classe di stelle dotate di una superficie molto calda e che sembrano espellere gas.
La stella Lambda è una gigante arancione 3400 volte più brillante del Sole e che dista da esso 575 anni luce.
L’Ammasso NGC 2547 e l’NGC 3201, di tipo globulare, sono visibili con strumenti a basso ingrandimento.
Anche qui, attorno alle stelle HD 75279 e HD 83243 sono stati scoperti pianeti di tipo gioviano che ruotano attorno alla propria stella in pochi giorni.
Fra le stelle con un sistema planetario ve n’è una con due pianeti confermati, la nana gialla HD 73526; il più interno si trova a 0,66 UA dalla sua stella madre e possiede una massa di almeno due masse gioviane, mentre il più esterno ha dimensioni forse poco maggiori e si trova a una distanza media di 1 UA dalla sua stella. Gliese 370, una nana arancione conosciuta anche come HD 85512, ha un pianeta all’interno della zona abitabile, a una distanza dalla propria stella di 0,26 UA.
Posta ad occidente del Centauro guardando verso Sud, la Vela è visibile dall’Italia soltanto parzialmente. Per una visione completa bisogna scendere a latitudini inferiori ai 33° Nord. L’opposizione al Sole si ha intorno alla metà di febbraio, quando transita in meridiano a mezzanotte
Concludiamo con il Pesce Volante, creatura dell’astronomo e navigatore Pieter Dirkzoom Keyser che la pescò (è il caso di dirlo) dal firmamento nel 1595 e che ebbe poi la conferma di Frederick de Houtmann. Fu raffigurata per la prima volta nel 1598 da Plancius e poi da Bayer nel 1603.
Si tratta di una Costellazione Circumpolare Australe che rappresenta il pesce volante, una creatura delle acque tropicali che possiede la caratteristica di saltare fuori dall’acqua muovendo le pinne come se fossero ali e percorrere in questo modo anche alcuni metri sopra la superficie. Si tratta di un pesce molto noto ai marinai e questo perché la sua presenza indica che la zona è ricca di pesci.
Si trova a Sud della Carena della nave Argo e non possiede stelle molto brillanti e quella che lo è di più si chiama Gamma, una stella doppia formata da una gigante giallo-arancione e da un astro bianco che un piccolo telescopio riesce a vedere bene.
Gamma dista da noi 130 anni luce. Molto più lontana è Delta (2400 anni luce) mentre altri oggetti interessanti sono M84 e M86, dotate di un nucleo più brillante e poi M87, una galassia gigantesca conosciuta anche come Virgo ed è una sorgente di raggi x. Gli astronomi hanno potuto constatare che esiste un getto di materia che emerge dalla Galassia, come se vi fosse stata un’esplosione immane e poi abbiamo Sombrero e cioè la Galassia M104 per la sua caratteristica forma come appare nelle fotografie a lunga esposizione prese dagli osservatori.
HD 76700 è una stella simile al Sole con un pianeta simile a Nettuno, posto però su un’orbita estremamente vicina alla stella, ad appena 0,05 UA.
L’osservazione di questa costellazione, già impossibile dall’Italia a causa della declinazione molto bassa, è difficile anche per l’emisfero australe data la debolezza delle stelle presenti.
Questo è in linea di massima il Cielo Invernale che circonda la Terra sopra le nostre teste e sotto i nostri piedi, ma vedo che state gelando per cui rientrate pure in casa, mettetevi in simbiosi con il termosifone e preparatevi una bella tazza di caffè bollente, un cotechino o quello che vi pare.
Ci rivedremo quando ci sarà un clima più mite, primaverile, oserei dire…
(12 – continua)