FANTASCIENZA STORY 98

QUANDO LE ARANCE DIVENTANO MECCANICHE (1971) – PARTE 01

La seconda fatica fantascientifica dello scomparso Stanley Kubrick appare in un anno ricco di pellicole curiose e interessanti, che riflettono (o addirittura creano) le tematiche di questi inquieti anni Settanta: Arancia meccanica tuttavia è forse la meno fantascientifica di tutte, in quanto Kubrick si serve di un mondo di poco proiettato nel futuro per esporci problemi dei nostri giorni e criticarli.

E’ anche l’anno di 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra che, a differenza del ricordato Arancia meccanica, sviluppa un solo problema, assai sfruttato nella fantascienza letteraria e cinematografica: le disastrose conseguenze di una guerra atomica.

Andromeda di Robert Wise, pur così freddo nel suo svolgersi, ci pone davanti il problema del “contagio tecnologico” alla rovescia, cioè dei pericoli che possono derivare dalle sonde che l’uomo lancia nel cosmo per i suoi esperimenti scientifici.

Sulle ali del successo della più famosa pellicola di Kubrick, il suo collaboratore Douglas Trumbull realizza 2002: la seconda odissea che, solo dopo molte vicissitudini, approda sul mercato italiano. Stupisce invece che vi sia arrivato subito un film come Mattatoio 5 dal soggetto difficile e non certo leggero.

Abbiamo avuto modo di trattare in altre occasioni il mondo cinematografico di Stanley Kubrick il quale, senza negarlo e senza remore, si è avvicinato al cinema di fantascienza e lo ha trattato in modo assolutamente originale e unico senza peraltro disconoscerlo come ha fatto e fece più volte la critica soprattutto nostrana. Una dimostrazione rapida, breve ma efficace di ciò che andiamo dicendo ce la offre, per esempio, Pino Farinotti nel suo mirabile Dizionario di Tutti i Film dove alla voce Il Dottor Stranamore viene dato, come genere cinematografico, “Commedia”, ad Arancia Meccanica un “Drammatico” e a 2001: Odissea nello Spazio, a Dio piacendo, un “Fantascienza”.

Eppure, nel 1968, quando questo film uscì, la definizione di “Fantascienza” stava, almeno secondo la critica, molto stretta, questo perché, almeno fino ad allora, il genere era relegato a una sorta di ghetto limitato solo dai paraocchi con cui la critica lo guardava. Non era quindi possibile che a un genere così poco “impegnato”, così poco “evoluto” appartenesse questo capolavoro sociologico che era ed è: 2001: Odissea nello Spazio. Fu ammesso al genere solo quando ci si rese conto definitivamente che il film di Kubrick aveva spianato la strada a quella che diverrà l’orgia tecnologica in cui la fantascienza vivrà nel successivo trentennio, quando altri registi e altri attori, i quali in altri tempi non avrebbero mai accettato di girare o apparire in un film di fantascienza e quando invece il genere divenne di richiamo commerciale grazie poi al successo di Guerre Stellari, entrarono e con remunerativo desiderio, a far parte del cast di un film di fantascienza. Se qualcuno ha dei dubbi possiamo citare interpreti che divennero famosi solo successivamente ma che debuttarono agli inizi della loro carriera proprio in pellicole di fantascienza: Steve McQueen con Fluido Mortale o Clint Eastwood con La Vendetta del Mostro o Tarantola. L’attore-regista disdegnò poi il genere rifiutandosi di interpretare La Cosa di John Carpenter, girando e interpretando invece Firefox – Volpe di Fuoco (peraltro definito “Avventura” dal sempre sullodato Farinotti) e dedicarsi quindi, volutamente, a un film prettamente spaziale. Cary Grant rifiutò il ruolo da protagonista in Prigionieri dell’Antartide e gli esempi potrebbero andare avanti all’infinito. Altri casi di registi che si dedicarono al genere ci possono essere dati da Jean Luc Godard con Agente Lemmy Caution – Missione Alphaville… e che dire di Metropolis o Una Donna sulla Luna di Fritz Lang?

La critica deve rendersi conto, una volta per tutte, che dichiarare di “Fantascienza” una pellicola definita d’autore, così come è stato fatto per le pellicole di Lang e di Godard, non è affatto limitativo, che non esistono generi minori o maggiori, ma solo “generi” dentro ai quali convivono e in perfetta armonia, pellicole maggiori o minori, per quanto anche questo termine possa essere quanto mai soggettivo.

Ecco, quindi, che Stanley Kubrick, ha portato sugli schermi di tutto il mondo un “altro” film di “Fantascienza”, così come fece con 2001: Odissea nello Spazio e , che vi vada o che non vi vada, anche con Il Dottor Stranamore, un magnifico esempio di satira fantapolitica, casomai non fosse evidente o non volesse essere capito da chi ha fatto dello “sproloquio involuto” la sua incomprensibile arma.

Il romanzo uscì in Inghilterra nel 1962, era intitolato A Clockwork Orange e ne fu autore Anthony Burgess. In Italia fu pubblicato con il titolo Un’Arancia a Orologeria. Lo sceneggiatore Terry Southern parlò del libro di Burgess al regista Stanley Kubrick fin dai tempi in cui i due lavorarono assieme al Dottor Stranamore, ma solo nel 1969 il regista telefonò a Southern per interessarsene fattivamente e per farne un soggetto per il suo prossimo film. Kubrick era reduce dal successo commerciale di 2001 Odissea nello Spazio per cui era nella possibilità, in pratica, di avere sovvenzioni per qualunque film avesse in animo di girare, ma i tempi lunghissimi di gestazione non gli consentirono di portare sullo schermo un soggetto che accarezzava da tempo: un film su Napoleone, un gigantesco kolossal che doveva essere interpretato da Jack Nicholson. La sua meticolosità e pignoleria divennero leggendarie: era informatissimo sulle uscite, sugli incassi di tutti i suoi film, persino delle proiezioni tenute nelle zone più lontane del pianeta e arrivava al punto di contestare una proiezione se le apparecchiature, gli schermi, il sonoro, non erano adatti per rendere in sala ciò che lui aveva così faticosamente impresso sulla pellicola. Il lavoro di montaggio era un’altra sua attività molto sofferta e, a volte, pur con molte esitazioni, era costretto a far cadere sul tavolo della moviola delle scene che gli erano costate tempo e fatica, sia a lui come regista, sia agli attori che l’avevano eseguita esattamente come lui voleva dopo vari tentativi. Tolse ben diciannove minuti a 2001: sequenze sul Discovery, nella Stazione Spaziale e sulla Luna o, come accadde anche in Shining, in cui fu tagliata la sequenza finale nella quale il direttore dell’hotel andava a trovare la protagonista, Wendy, in ospedale. Dopo altre due settimane Kubrick tolse anche la scena in cui una dottoressa visitava Danny e l’incontro di Halloran con un garagista, sequenza che fu poi inserita nella versione di Stephen King dove il benzinaio era interpretato dal regista Sam Raimi. Un’arancia a orologeria, traduzione letterale che fu anche, come detto, il titolo italiano della prima edizione del romanzo di Burgess, è un termine “cockney” che si riferisce a un individuo bizzarro in modo tale che può correre il rischio di essere assimilato a una macchina o a diventare un ingranaggio della stessa. Il riferimento al suo protagonista, Alex, un formidabile Malcolm McDowell, è evidente.

ARANCIA MECCANICA (A Clockwork Orange)

Londra, in un futuro molto vicino.

Il giovane Alex De Large (Malcolm McDowell) è tranquillamente seduto al Korova Milk Bar, uno dei pochi ambienti che fu totalmente costruito per il film, con delle figure in vetroresina di donne nude che fanno da tavolini, una scenografia creata dallo scomparso John Barry il quale, per creare i suddetti tavolini, fotografò una modella in tutte le pose possibili e immaginabili, soprattutto in quelle più adatte per servire da tavolino…

Alex indossa una bombetta e ha un bastone da passeggio, ma l’aristocratico tocco fa da contraltare a una camicia bianca con jeans dello stesso colore, bretelle e stivali. Delle ciglia finte a un occhio completano il look.

È lo stesso Alex in prima persona a raccontarci la storia.

Alex: “<Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre “Drughi”, cioè Pete,Georgie e Dim ed eravamo seduti nel Korova Milk Bar arrovellandoci il “Gulliver” per sapere cosa fare della serata. Il Korova Milk Bar vende “Latte Più” cioè, diciamo, latte rinforzato con qualche droguccia mescalina che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza.>”

I quattro escono  e trovano, in una sorta di sottoponte, un ubriaco (Paul Farrell) che sta canticchiando con voce impastata.

Alex: “<Una cosa che non mi era mai piaciuta era la vista di un vecchio sporco, sbronzo che abbaia canzonacce care ai suoi padri e  procede di rutto in rutto come se avesse tutta una lurida orchestra nelle sue putride budella. Non li ho mai potuti sopportare, di qualunque età fossero ma meno che mai quelli stagionati come era questo.>”

Alex, Georgie (James Marcus), Pete (Michael Tarn) e Dim (Warren Clark) applaudono ironicamente al canto dell’uomo il quale chiede loro degli spiccioli. In risposta Alex gli pianta il bastone nello stomaco.

Ubriaco: “Avanti, fatemi fuori, sporchi vigliacchi! Io, tanto, non voglio vivere, non in uno schifo di mondo come questo…”

Alex: “Ooooh! E che ha di tanto schifoso questo mondo?”

Ubriaco: “È uno schifoso mondo perché non c’è giustizia, non ce n’è più! È uno schifoso mondo perché adesso i giovani maltrattano i vecchi come fate voi… Oooh… Oooh, per i vecchi non è più aria, eh? E allora che razza di mondo è questo? Uomini sulla Luna, uomini a spasso intorno alla Terra e non c’è nessuno che rispetta la legge, nessuno che tiene l’ordine, nessuno più….”

Le sue parole si perdono in un deliquio vocale e i bastoni dei quattro calano sul poveretto assieme a violenti calci.

Il giro di Alex e i suoi amici continua nei pressi di un teatro in rovina dove un’altra banda, capeggiata da Billy Boy (Richard Connaught), sta per stuprare una ragazza (Cheryl Grunwald).

Alex: “<Fu nei paraggi del Teatro Abbandonato che c’imbattemmo in Billy Boy e i suoi quattro Drughi.

Si apprestavano a somministrare una lieve dose del dolce su e giù ad una piangente giovane “devocka” catturata a questo scopo.>”

I cinque trasportano la ragazza ormai senza forze su un vecchio materasso quando Alex e i suoi intervengono. La battaglia si accende e la ragazza riesce a fuggire. La banda di Billy Boy è sconfitta ma i vincitori fuggono di corsa per l’arrivo della Polizia.

Alex si mette alla guida della macchina e la lancia a folle velocità e contromano, verso la campagna che circonda la città.

Alex: “<La “Durango 95″ filava molto “karasciò” con piacevoli vibrazioni trasmesse al basso intestino. Ben presto alberi e buio, fratelli, vero buio di campagna…>”

La folle corsa li porta a passare sotto un camion posto di traverso alla corsia, mentre una macchina, una moto e un furgone escono di strada per evitare uno scontro frontale. I quattro urlano di gioia per le loro bravate, ma non è finita.

Alex: “<Folleggiammo alquanto con altri viaggiatori della notte da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di eseguire il numero “visita a sorpresa”. Un po’ di vita, qualche risata e una scorpacciata di Ultraviolenza…>”

I quattro si fermano davanti a una bella casa e, furtivamente, si avvicinano all’ingresso. All’interno ci sono due persone: Alexander (Patrick Magee), scrittore, e sua moglie (Adrienne Corri).

Quando suona il campanello della porta la donna va a vedere di chi possa trattarsi, senza però aprire e parlando attraverso l’uscio. Dall’altra parte le risponde Alex dicendole che si è verificato un terribile incidente e c’è una persona gravemente ferita, per questo motivo egli chiede di poter telefonare (in questo futuro non sono stati previsti i telefoni cellulari). Dopo qualche esitazione e anche su consenso del marito, la signora Alexander si decide ad aprire. Debitamente mascherati Alex e i suoi amici entrano nella casa, immobilizzano la donna e suo marito ponendo loro in bocca una palla fermandola con del nastro adesivo. Dopo aver rovesciato la scrivania e scaraventato per terra una libreria, canticchiando un vecchio motivo, Alex si appresta a stuprare la donna. L’aria che Alex canticchia è “Singing in the Rain” e cioè “Cantando sotto la pioggia”. Questa fu un’idea dello stesso Malcolm McDowell dopo giorni e giorni di tentativi infruttuosi di girare la scena. Kubrick la trovava priva del necessario mordente e allora l’attore cominciò a ballare e a canticchiare il refrain della canzone. L’entusiasmo del regista lo spinse a prendersi Malcolm e a portarselo in giro in macchina in una folla corsa con le portiere aperte e cantando entrambi il motivo. Come dichiara lo stesso attore, da quel momento in poi, la scena divenne la “Singing in the rain”. Alex comincia a tagliare il “Jump-suit”, una tuta da casa di colore rosso che la donna indossa. La taglia dapprima all’altezza dei seni poi per il lungo sul davanti. Pur tenuta ferma con le mani immobilizzate dietro la schiena da Dim, la donna alza un piede per un attimo, affinché la tuta le venga tolta più comodamente, così come continua a tenere la mano dietro la schiena anche se, per un istante, Dim la lascia libera. Il tutto, ovviamente, per poter girare la scena più facilmente ma, data la pignoleria di Kubrick, la cosa è alquanto incredibile per un uomo del quale si conosce anche un curiosissimo aneddoto che la dice ancora più lunga sulla sua precisione: quando il film stava per uscire sulla piazza di New York, il regista scoprì che il cinema predestinato alla proiezione aveva il soffitto e le pareti dipinti con dello smalto bianco il quale, almeno secondo lui, creava dei riflessi fastidiosi. Stanley voleva far ridipingere tutto ma il proprietario del locale diceva che era impossibile trovare un’impresa che potesse fare tutto nei pochi giorni restanti prima della proiezione del film. Allora, da Londra, Stanley fece arrivare un elenco di tutte le imprese in grado di effettuare il lavoro nei tempi richiesti. Purtroppo non era finita qui perché quando il regista seppe che era stata usata della pittura nero lucida la quale creava gli stessi problemi di prima, volle far rifare il tutto in nero opaco. Torniamo alla “Singing in the rain” e alla povera tuta di maglia rossa, anzi alle tute, perché tante ne furono sacrificate nei molti “ciak” che occorsero per girare la sequenza.

Immobilizzato a terra lo scrittore è costretto ad assistere alla feroce scena di Alex il quale, sempre canticchiando, si toglie calzoni e mutande… I quattro tornano al Korova Milk Bar.

Alex: “<Ci sentivamo, dunque, leggermente strapazzati e infiacchiti per via del fatto di aver usato alquanta energia vitale, o fratellini, perciò, receduta l’avventura, ci fermammo al Korova per rinfreschi.>”

Dim prende un bicchiere di “Latte più” da una delle mammelle delle sintetiche ragazze che fungono anche da distributori del prezioso liquido.

Ora sono tutti e quattro seduti e osservano il tavolo vicino.

Alex: “<C’era qualche sofisto della Tv che ha gli studi lì vicino, a ridere e gavottare fra loro. La devocka  sorrideva del tutto incurante dei grandi guai del mondo e poi il disco dello stereo smiagolò nel nulla e, nel breve silenzio prima del disco seguente, eccola lanciarsi in un’esibizione di bel canto e, per un momento, o fratelli, un usignolo era entrato nel Milk Bar e tutti i più “malenki” peli del mio intero “plotto” si drizzarono dall’emozione e brividi, su e giù  come malenke lucertoline… su e giù.. .perché l’aria io la sapevo: era un pezzo della gran Nona del “Ludovico Van”…>”

Mentre la donna sta intonando l’aria, Dim si lascia andare a un commento non molto ortodosso e riceve in cambio una bastonata da Alex.

Dim: “Ma perché fai così?”

Alex: “Perché sei un bastardo maleducato, senza un tocco di un’idea di come ci si comporta pubblicamente, fratellino mio.”

Dim: “Non mi va per niente che tu hai fatto quello che hai fatto. Da adesso non sono più il tuo fratellino e non voglio esserlo più.”

Alex: “Stai attento, stai bene attento, o Dim, se della vita la continuazione a cuor ti sta.”

La discussione termina quando Alex propone una sfida mortale con i coltelli. Pur a malincuore Dim e gli altri si azzittiscono. Sta spuntando l’alba quando Alex si dirige verso casa in mezzo a blocchi tronchi di cemento, erbacce e rifiuti sparsi per ogni dove. L’edificio scelto per le riprese si trovava in una zona vicina allo studio a Borehamwood, una scelta effettuata, ovviamente, dopo parecchie ricerche.

Alex: “<Dove abitavo, col mio pa e la mia ma, era nel casamento municipale 18a Zona Nord.”

L’ingresso all’ascensore esterno è stato forzato quindi Alex sale le scale scavalcando le erbe e i rifiuti. Entrato in casa Alex si dirige in bagno e poi, davanti allo specchio, si toglie le finte ciglia e depone un fascio di banconote in un cassetto colmo di soldi e di orologi, frutto evidente delle sue scorribande notturne. Da un altro cassetto sotto il letto, il giovane toglie il suo amico serpente.

Alex: “<Era stata una magnifica serata e, per un finale perfetto, quel che ci voleva era un tocco del gran Ludovico Van…>”

Alex inserisce un nastro nello stereo (nemmeno il CD è previsto in questo futuro). Le note si diffondono nell’aria.

Alex: “<Oh, deliziosa delizia e incanto. Era piacere impiacentito e divenuto carne come piume di un raro metallo spumato o come vino d’argento versato in nave spaziale. Addio forza di gravità… mentre sgusciavo… quali visioni incantevoli…>”

Le “visioni incantevoli” sono scene di esplosioni, una donna in abito da sposa che viene impiccata, Alex con i denti da vampiro sporchi di sangue e persino una sequenza tratta di peso dal film Un milione di anni fa. Alle otto di mattina, come ogni mattina, la madre di Alex (Sheila Raynour), vestita in maniera sgargiante, cerca di svegliare il figlio per mandarlo a scuola ma, ancora una volta, egli adduce delle scuse per non andarci e poter continuare a dormire. La donna va in cucina dove il marito (Philip Stone) sta finendo la colazione. I due sono perplessi e non capiscono quale tipo di lavoro faccia il figlio di sera. A sentir lui si tratta di attività varie, dove capita. È chiaro quindi che ignorano del tutto quale sia il vero “lavoro” di Alex.

Nella tarda mattinata la serratura a combinazione della camera da letto di Alex si apre e il ragazzo, a torso nudo e mutande, percorre il corridoio che lo porta al salotto, poi si arresta perplesso perché, con la coda dell’occhio dentro la camera da letto dei genitori, ha visto qualcuno seduto sul letto. E qualcuno c’è: l’Ispettore Giudiziario Minorile Deltoid (Aubrey Morris).

Alex: “Ciao, ciao, ciao signor Deltoid. Strana sorpresa trovarla qui.”

Deltoid: “E allora, Alex bello, finalmente sveglio, sì? Imbattuto in tua madre che andava al lavoro, sì? Datami la chiave (gliela mostra e poi l’ appoggia sul comodino). Dettomi che avevi male da qualche parte e quindi niente scuola, sì?”

Alex: “Atroce dolore terribile alla testa, Compagno Sir, penso sarà svanito nel pomeriggio.”

Deltoid: (annuisce) “Certo, prima di stasera, sì? La sera è l’ora ideale, vero Alex bello, eh?”

Alex: “Tazza di cheiffer?”

Deltoid: “Non c’è tempo, non c’è tempo, no… Siedi, siedi, siedi…”

Gli indica il letto, il posto accanto a lui. Alex si siede.

Alex: “A che devo l’enorme piacere, Sir? Qualcosa che non va, Sir?”

Deltoid: “Cosa?! Perché devi pensare che c’è qualcosa che non va? Commesso qualche peccatuccio, sì?”

Alex: “Solo un modo di esprimersi, Sir.”

Deltoid:“Sì, ma è anche un modo di esprimersi del tuo Ispettore Giudiziario Minorile che dice di stare molto attento perché la prossima volta non sarà più correzionale, Alex bello, è il Sole a scacchi la prossima volta, e tutto il mio lavoro che va in fumo. Se non hai un immeritato rispetto per te stesso, almeno abbilo per me che ho faticato tanto per te. È  una brutta macchia per noi ogni delinquente che non riusciamo a redimere, l’ammissione di un fiasco per ogni tizio come te cui fanno indossare il completo a striscioni…”

Alex: “Ma io non ho fatto nulla di riprovevole! I Miliziani non hanno niente su di me, fratello… Sir, volevo dire…”

Deltoid prende Alex dopo avergli posato una mano sulla spalla e lo sdraia con lui sul letto.

Deltoid: “Non fare lo spiritoso sui Celeri Omniscienti. Se non ti hanno arrestato di recente non vuol dire,

lo sai benissimo, che tu non ne hai combinata qualcuna! Qualcosa di brutto è successo la notte scorsa, sì? Qualcosa di molto brutto, sì? Alcuni amici di Billy Boy sono rientrati in ambulanza, sì? È stato fatto il tuo nome, mi è stato riferito dalle solite fonti e sono stati fatti i nomi di altri tuoi amici…Oh, no, non ci sono prove su nessuno, come sempre. Ma ti avverto, caro Alexino, da buon amico come sempre, l’unico tuo vero amico in questa società marcia e malata, ti avverto per il tuo bene e lo dico solo per te…”

Una poderosa manata colpisce la mano  di Alex che è posta sui genitali, il ragazzo si alza sbuffando come un mantice e si appoggia allo stipite della porta della stanza mentre Deltoid prende un bicchiere che sta sul comodino e beve.

Deltoid: “Che vi prende a tutti voi… Noi studiamo il problema, è un secolo che studiamo il problema, vero? Ma gli studi non portano mai a niente. Tu hai una buona casa, qui. Genitori che ti amano, un cervello da non buttare via! Cos’è che c’avete dentro voi, un diavoletto?”

Alex: “Non vi è un solo indizio a mio carico, Compagno Sir, sono stato alla larga dai Miliziani da lungo tempo, ormai.”

Deltoid: “È questo che mi preoccupa. Più a lungo di quanto di solito avvenga. Ti dovrebbe toccare, dai miei calcoli, per questo ti avverto, Alexino, tieni la tua giovane e bella proboscide lontana dal fango, mi sono spiegato chiaro?”

Alex: “Come un lago senza fango, Sir. Così limpido come un cielo d’estate sempre blu. Fidati di me, Compagno Sir.”

Deltoid vuota il bicchiere e finalmente si accorge che sta bevendo l’acqua dove è immersa una dentiera…

In un negozio di dischi Alex incontra due teenager, Sonietta e Marty (Gilian Hills e Barbara Scott), e dopo un brevissimo approccio se le porta a casa per un orgia divertente e spettacolare ripresa a due fotogrammi al minuto e sottolineata dalla musica della “Ouverture del Guglielmo Tell”.

È tardo pomeriggio quando Alex scende le scale della propria abitazione e, nell’androne, trova ad attenderlo i suoi Drughi.

Il ragazzo capisce subito che spira un’aria di ribellione, Georgie ha addirittura pensato a un grosso colpo da farsi sotto la sua guida e invita piuttosto perentoriamente Alex a non trattare più male Dim.

Il giovane finge di essere contento e invita i suoi amici a parlarne davanti a un bicchiere di “Latte più” ma, durante la strada…

Alex: “<Mentre camminavamo lungo la baia del Cemento Abitato, ero calmo di fuori ma dentro pensavo:

allora adesso chi comanda è Georgie… decidere cosa si deve fare, cosa non fare e Dim è il suo tonto e digrignante bulldog e d’un tratto capii che pensare è per gli stupidi mentre i cervelluti si affidano all’ispirazione e a quello che il buon “bog” manda loro. La musica mi venne in aiuto. C’era una finestra aperta con uno stereo e seppi subito che cosa fare…>”

Alex colpisce con il bastone e scaraventa in acqua Georgie e poi evita Dim che gli si sta lanciando contro brandendo una catena, anche il grosso Drugo finisce in acqua mentre Pete si discosta dalla zuffa. Poi Alex sfila dal bastone un lungo pugnale e mentre Dim arranca verso la riva, gli fa un taglio sul dorso della mano. Dim ricade all’indietro.

Ora sono tutti di nuovo in un bar.

Alex: “<Non avevo tagliato cavi o tubature principali e così, con l’aiuto di un “tastuko” pulito il flotto rosso del Drughi fu fermato. Non ci volle molto a ricoverare i due feriti nel seno del Duca di New York. Ora sapevamo chi era il signore e padrone. Pecore, pensavo, ma un vero leader sa quando concedere e dimostrarsi generoso agli inferiori.>”

Alex: “Allora. Abbiamo ristabilito le posizioni. Tutto come prima e  pietra sopra? Right, right, right?”

Pete: “Right.”

Dim: “Right.”

Georgie: “Right.”

Alex: “Allora, Georgie Boy, l’idea che avevi per stasera. Dicci tutto quanto, allora.”

Georgie: “No questa sera. No esta noche.”

Alex: “Andiamo, andiamo, andiamo Georgie Boy. Tu sei un “magiko” grande e grosso, come tutti noi. Non siamo ragazzini, vero Georgie Boy? Quale lazzo avevi concepito mai? Allora?”

Mentre Georgie spiega noi vediamo l’ambiente che descrive.

Georgie: “La clinica per dimagrire, fuori città, isolata. Proprietà di una molto ricca “peticka” che ci abita con i suoi gatti. Il posto è chiuso per otto giorni e lei è tutta sola e la casa è piena d’oro, argento e gioie varie…”

Alex: “Bene, bene, Georgie Boy, dimmi ancora…”

La clinica in questione è di proprietà della Signora Weber (Miriam Karlin) una donna di mezza età ma che ama mantenersi in perfetta forma. Infatti, quando bussano alla porta, la donna sta facendo ginnastica e non si fa incantare dalle voce di Alex che, ancora una volta, parla di un grave incidente anzi, non solo non apre ma, addirittura, telefona alla polizia avvisandoli dell’accaduto e ricordando inoltre che le parole usate da Alex sono quasi le stesse dell’individuo che si è introdotto, con dei complici, in casa dello scrittore e sua moglie la sera precedente. I poliziotti verranno subito per un controllo mentre Alex, con l’aiuto dei suoi amici, è entrato da un alta finestra e si è già introdotto in casa. Come la donna depone il ricevitore se lo trova davanti.

Alex si avvede subito della particolarità dei quadri (opera di Christiane Kubrick, moglie del regista) e dei soprammobili e soprattutto osserva una pesante scultura bianca a forma di fallo e la usa per tenere lontana la donna che, per nulla spaventata, si è avventata contro di lui brandendo un piccolo busto di Beethoven. Una volta per terra la donna si vede arrivare addosso il pesante soprammobile, Alex esce di corsa dalla casa ma viene tramortito dai suoi amici che gli rompono in testa una bottiglia di latte. Al posto di Polizia Alex viene interrogato senza mezze misure e quando Deltoid arriva gli comunica, con sadico piacere, che la Signora Weber è deceduta in ospedale. Ora Alex è un assassino e gli sputa addosso.

Alex: “<Questo è l’inizio della parte lacrimogena e direi tragica della storia, o compagni e rari amici.

Dopo un processo con giudici e giurati, severi giudizi espressi sul vostro affezionatissimo, egli si trovò condannato a quattordici anni nella “Stalla” 84F, fra checche puzzanti e psicopatici professionali e lo shock indusse mio padre a picchiare i suoi rutti dolenti e sanguinanti contro l’ingiustizia dei “bobbies” in cielo e la madre a “ueueare” nel sano dolore materno per l’unico figlio frutto del suo seno che delude il mondo proprio karasciò.>”

Al centro di accoglimento della prigione lo riceve il capoguardia (Michael Bates), una figura dall’aspetto e dal modo di fare quasi perfettamente simili ad Adolf Hitler. Alex assume il numero sei, cinque, cinque, tre, due, uno. Svuota le tasche dal contenuto che viene debitamente registrato e poi deve recarsi davanti a un altro tavolo dove deve spogliarsi e anche lì gli abiti vengono inventariati e il tutto posto dentro ad una scatola con della naftalina. Il capoguardia gli controlla, con una pila, il retto e poi il nostro eroe viene spedito a fare un bagno.

Sono passati quasi due anni e Alex sta facendo la funzione di assistente durante la Messa del Cappellano che sta sproloquiando sulle pene che spettano ai malvagi. Il tutto contornato da sguardi e lazzi indiscreti rivolti ad Alex e a pernacchie dedicate al Prete da parte degli altri detenuti. Il Cappellano rinuncia al sermone e induce i galeotti a cantare le lodi del Signore mentre un detenuto continua a mandare sguardi lascivi ad Alex.

Alex: “<Non era stato certo edificante, proprio niente, star chiusi in questo buco d’inferno e zoo umano ormai da due anni, picchiato e torchiato da guardie brutali e in compagnia di criminali e pervertiti pronti a sbavare di fronte a un appetitoso “mujick” quale il vostro affezionatissimo…”>

Nella biblioteca del carcere Alex sta leggendo la Bibbia con sguardo ispirato.

Alex: “<Corvè di turno, servir la Messa alla cornacchia di prigione per la Santa Domenica. Era un gran fottuto ma gli piacevo molto, essendo io giovane e ora anche interessato ai Testi sacri…>”

Con lo sguardo ispirato, volto al chiarore della finestra, la fantasia di Alex lo immagina dapprima come il fustigatore di Cristo sulla Via Crucis per poi trovarsi mollemente sdraiato assieme a tre schiave.

Alex: “<Avevo letto tutto sul supplizio e la corona di spine e mi vedevo a prendere parte e magari al comando della flagellazione e della crocefissione, tutto vestito all’ultima moda romana…>”

Il suo sogno a occhi aperti continua.

Alex: “<Non mi era piaciuta l’ultima parte della Bibbia perché è quasi tutta predica e non c’è vera lotta e non c’è più tanto su e giù. A me piacciono le parti in cui quei vecchi ebrei si picchiano di santa ragione e poi scorrono alcune bottiglie di “sereiano” e s’infilano a letto con le damigelle delle mogli. Io ci campavo su quel discorso…>”

La mano del Cappellano (Geoffrey Quigley) si poggia sulla sua spalla.

Prete: “…Perciò evitate l’esempio dei cattivi…”

Prete e Alex: “…Evitate la loro compagnia perché le loro menti son corrotte dalle male azioni e le loro labbra traggono in inganno…”

Alex: “…A colui che perde ogni speranza nel giorno della delusione la  forza sfuggirà tutta dalle vene…”

Prete: “Bravo figliolo, bravo, bravo…”

Alex: “Padre… Io ci provo, non è vero?”

Prete: “Tu ci provi, sì.”

Alex: “Ce la metto tutta, Padre.”

Prete: “Certo…”

Alex: “Non mi sono reso colpevole d’infrazioni al regolamento, non è vero, Padre?”

Prete: “Certamente no, sei, cinque, cinque, tre, due, uno. Sei molto volenteroso e hai mostrato autentici segni di pentimento.”

Alex: “Padre, posso farle una domanda in privato?”

Prete: “Certo, figliolo, certo… C’è qualcosa che ti turba, figliolo?  Non avere alcun timore, parla pure. Tieni presente: io so, io capisco i desideri che turbano i giovani privati della… compagnia femminile.”

Alex: “No, Padre. Non si tratta di questo, Padre. È questa nuova cosa di cui tutti parlano, Padre, questo nuovo trattamento che fa uscire di prigione immediatamente e garantisce che mai più ci si torna.”

Prete: “Chi mette in giro queste voci? Tu dov’è che ne hai sentito parlare?”

Alex: “Le notizie si sanno, Padre. Due guardiani che parlano, per esempio, e per caso qualcuno sente quello che dicono. Un altro poi prende su un pezzo di giornale mentre è in laboratorio e magari capita che il giornale ne parli. Lei non mi potrebbe proporre per questo trattamento, Padre?”

Prete: “Ritengo che tu voglia alludere alla cura “Ludovico”.

Alex: “Non so come si chiama, Padre, so solo che ti fa uscire in fretta e garantisce che non ci si torna di nuovo.”

Prete: “Non è provato sei, cinque, cinque, tre, due, uno, anzi, è solo allo stadio sperimentale, per il momento.”

Alex: “Sì, ma è già stata usata, vero Padre?”

Prete: “Non è ancora stata usata in questa prigione, anzi il Direttore ha dei seri dubbi e io ho sentito dire che è anche assai pericolosa.”

Alex: “Non m’importa niente dei pericoli, Padre, io voglio essere buono, voglio essere, per il resto della mia vita, solamente un atto di bontà.”

Prete: “La questione è se questa nuova tecnica renda veramente buoni o no. La bontà viene da dentro, la bontà è una scelta. Quando un uomo non ha scelta cessa d’essere uomo.”

Alex: “Io non voglio sapere il perché o il percome, Padre, so soltanto che voglio essere buono.”

Prete: “Uhm… abbi pazienza, figliolo, abbi fede nel Signore.”

Alex: “Istruisci il tuo figliolo ed egli ti darà sollievo e sarà la delizia dell’anima tua.”

Prete: “Amen.”

Si fanno entrambi il segno della croce.

È l’ora d’aria per i carcerati che percorrono in circolo il perimetro circondato da alte mura. Il Ministro degli Interni (Anthony Sharp) sta visitando la prigione per scegliere un detenuto da sottoporre alla nuova cura. Berciando ad alta voce, come al solito, il Capoguardia li mette su due file mentre il Ministro li passa in rivista in compagnia del Direttore (Michael Glover).

Ministro: “Quanti per ogni cella?”

Direttore: “In questo blocco, quattro, Sir.”

Ministro: “Ammucchiate i criminali e cosa avete? Criminalità concentrata, delitto nel bel mezzo del castigo.”

Direttore: “D’accordo, Sir, abbiamo bisogno di prigioni più grandi e di…”

Ministro: (lo interrompe ridendo) “Non ci pensi neppure, caro lei, il Governo non può più permettersi di avvallare teorie punitive superate e poi presto potremmo aver bisogno di tutte le prigioni per i reati politici. Criminali comuni come questi bisogna trattarli puramente su base curativa. Eliminare l’istinto criminale, nient’altro. Arriveremo a porre tutto in atto entro un anno. La  punizione non significa nulla per questi, lo si vede. A loro piace la loro cosiddetta punizione.”

Alex: “Giustissimo. Ben detto, Sir.”

Capoguardia: “CHIUDI QUELLA MALEDETTA FOGNA!”

Ministro: “Chi è stato?”

Alex: “Io, Sir.”

Ministro: “Che reato hai commesso?”

Alex: “Uccisione involontaria di una persona, Sir.”

Capoguardia: “BRUTALE ASSASSINIO DI DONNA NEL CORSO DI UNA RAPINA..QUATTORDICI ANNI, SIR!”

Ministro: “Perfetto. Intraprendente, aggressivo, estroverso, giovane,  fiero, feroce… Questo va!”

Direttore: “Bene, allora… potremmo vedere gli altri bracci.”

Ministro: “No, no, no, no, per me basta. È perfetto. Voglio il fascicolo al più presto. Questo temibile individuo verrà trasformato da non riconoscerlo.”

Alex: “Grazie per l’occasione offertami, Sir.”

Ministro: “Speriamo che tu ne approfitti, giovanotto.”

Direttore: “Andiamo nel mio ufficio?”

Ministro: “Volentieri.”

Nel pomeriggio il Direttore riceve Alex che entra accompagnato, come sempre, dal Capo guardiano.

Direttore: “Non hai idea di chi fosse quel signore stamane, vero?” Quel signore era nientemeno che il Ministro degli Interni, il nuovo Ministro degli Interni, quello che si chiama una scopa nuova… Allora, queste nuove, ridicole idee sono accettate, ormai. Gli ordini sono ordini, ma ti posso dire, in confidenza, che io non approvo affatto. Occhio per occhio, dico io. Uno ti colpisce, tu gli rispondi, no? Perché allora lo Stato, ferocemente colpito da voi delinquenti, non può restituire il colpo? La nuova teoria è che non può, la nuova teoria è che i cattivi noi li rendiamo buoni, il che, francamente, a me sembra anche ingiusto…”

Alex: “Io…”

Capoguardia: “CHIUDI QUELLA MALEDETTA FOGNA,TEPPA!”

Direttore: “Tu verrai trasformato. Domani andrai da questo medico, Brodsky. Lasci questo carcere per essere trasferito al Laboratorio Medico Ludovico. Si presume che potrai essere rimesso in libertà fra una quindicina di giorni, l’idea ti fa piacere, immagino.”

Capoguardia: “RISPONDI ALLE DOMANDE DEL SIGNOR DIRETTORE!”

Alex: “Sì, Sir. Grazie mille, Sir. Ho fatto del mio meglio qui, veramente, Sir. Sono molto grato a tutti quanti, Sir.”

Direttore: (allungandogli un foglio sulla scrivania) “Firma questo, qui in basso.”

Capoguardia: “NON LEGGERE, FIRMA!”

Direttore: “È una formalità d’obbligo. Dice che scegli spontaneamente di avere la condanna commutata con l’accettazione del trattamento Ludovico… Anche questa… e un’altra copia…”

Alex: “<Il giorno dopo fui portato al Centro Medico Ludovico, fuori città e mi sentivo un “mujick” triste a dar l’addio alla vecchia stalla, come sempre quando si lascia un posto al quale ci si è abituati>”

È il Capoguardia che consegna Alex all’Istituto e non perde l’occasione per raccomandarsi di tener d’occhio il ragazzo ed è molto irritato quando lo vede portar via con modi cortesi dalla guardia.

Il mattino successivo la Dottoressa Branom (Madge Ryan) assistente di Brodsky, si reca nella stanza di Alex per praticargli, dice, un’iniezione di vitamine.

Alex: “Ma in cosa consiste, esattamente, questo trattamento?”

Branom: “Oh, è molto semplice in realtà. Le facciamo vedere qualche  film…”

Alex: “Film? Come andare al cinema?”

Branom: “Qualcosa del genere.”

Alex: “Bene, allora. Mi diverte vedere i vecchi film, ogni tanto.”

Alex viene portato in una saletta di proiezione. In questo futuro le care vecchie pellicole vivono imperterrite e nessun CD, DVD e tanto meno chiavette hanno osato soppiantarle.

Alex: “<E me li sono visti, eccome! Dove mi hanno portato, compagni, non era affatto un cine. Mai visto niente di simile. Mi hanno messo una camicia di forza e la mia Gulliver era legata a un poggiatesta con tanti fili elettrici che ne uscivano. Poi mi hanno piazzato dei fissa palpebre in modo che non potessi chiudere gli occhi in nessun modo. Mi sembrava un po’ strano ma io li ho lasciati fare tutto quello che volevano fare. Se mi davano la libertà entro due settimane ero disposto a lasciarli fare tutto quello che volevano, cari fratelli… Il primo film era ottimo, competente, un vero cine come lo fanno a Hollywood, il sonoro era proprio “karasciò”. Ti “slusciavi” tutti gli urli e i gemiti. Molto realistico tanto che sentivi perfino il respiro pesante e l’ansimare dei carciofi “majick”. E poi… chi si vede: il nostro vecchio amico il succo di pomodoro, lo stesso che adoperano in tutti gli studi di Hollywood, comincia a scorrere a flotti, magnifico…  È buffo come i colori del vero mondo diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo. Ora, mentre io guardavo tutto questo, cominciavo ad avere l’impressione di non sentirmi affatto benissimo ma lo attribuivo al mangiare abbondante e alle vitamine e cercavo di non pensarci per concentrarmi sul prossimo film che “zompava” subito su una giovane “devocka” che si beccava l’amato su e giù, prima da uno dei “macjik”, poi da un altro, poi da un altro e quando si arrivava al sesto o al settimo “macjik” che ghigna e ride e poi lo infila, io… comincio ad avere nausea ma non posso chiudere gli occhi e, anche se cerco di girare le palle visive, non riesco ad evitare di vedere lo schermo…>”

Alex: “Ho il vomito… Devo vomitare… Datemi un catino per vomitare!”

Mentre Alex continua a lamentarsi, il Dottor Brodsky (Carl Duering) è seduto nell’ultima fila accanto alla Dottoressa Branom e agli altri membri della equipe medica.

Brodsky: “Fra non molto il farmaco darà al soggetto la sensazione di una paralisi quasi mortale accompagnata dal senso di terrore e di disperazione. Uno dei soggetti sperimentali l’ha descritta come: “una morte da soffocamento o da annegamento” ed è in questa parte che noi riteniamo che il soggetto compia una proficua intensificazione tra la sua catastrofica esperienza ambientale e la violenza cui assiste.”

Finita la prima seduta la Dottoressa Branom si reca ancora da Alex.

Branom: “Il Dottor Brodsky è molto soddisfatto. Lei ha reagito molto positivamente. Domani faremo due sedute di cura, mattino e pomeriggio.”

Alex: “Come dire che mi devo sorbire due film in un giorno.”

Branom: “Può darsi che lei si sentirà un po’ stanco alla fine della giornata ma dobbiamo essere severi. Lei deve guarire.”

Alex: “È stato orribile.”

Branom: “Si capisce che è orribile! La violenza è una cosa orribile, sa? E lei lo sta imparando, lo impara così.”

Alex: “Ma quello che non riesco a capire è il senso di nausea che mi viene. Io non ho mai avuto nausea prima, anzi, era proprio l’opposto! Sia a farla che a guardarla io mi sentivo molto karasciò.”

Branom: “Lei si è sentito male perché adesso comincia a stare meglio, vede? Quando si è sani si risponde a spettacoli di orrore e violenza con paure e con nausea. Lei comincia ad essere sano. Vedrà che domani sarà più sano ancora.”

Il giorno dopo Alex, sempre immobilizzato e con accanto un assistente che gli inumidisce gli occhi con un liquido salino, è costretto a guardare un filmato su delle parate naziste.

Alex: “<E fu il giorno dopo, fratelli. Avevo fatto del mio meglio mattina e sera per far loro piacere e star lì a guardare la karasciò “macijkoperante” nella sua sedia di tortura mentre quelli mi facevano scintillare atroci bocconi di ultraviolenza sullo schermo. Non c’era dialogo in quel film, soltanto musica, però, nel mio dolore e nausea, la riconobbi quella musica che vibrava ed echeggiava. Era il Ludovico Van, la Nona, Quarto movimento…>”

Alex: (urlando) “No, no, stop! Basta, vi prego, vi supplico! È un delitto, è un delitto, è un delitto!… Delitto… delitto… delitto!”

Brodsky: “Delitto?! Che cosa sarebbe, delitto?”

Alex: “Quello! Usare Ludovico Van così. Non ha mai fatto male a nessuno! Beethoven ha solo scritto musica!”

Branom: “Sta per caso alludendo alla musica di fondo?”

Alex: “Sì!”

Brodsky: “Conosceva Beethoven, prima?”

Alex: “Siii!”

Branom: “Lei si diletta di musica?”

Alex: “Siiii!”

Brodsky: “Niente da fare. È l’elemento punitivo, immagino. Chissà quanti saranno contenti. (Poi, ad alta  voce) Mi spiace, Alex, è per il suo bene, dovrà avere un po’ di pazienza.”

Alex: “Non è giusto! Non è giusto che io abbia nausea quando sento il dolce, dolce Ludovico Van!”

Brodsky: “Niente da fare, colpa sua! La scelta l’ha fatta lei!”

Alex: “Non c’è bisogno di continuare, Sir, ho capito finalmente che tutte queste ultraviolenze… uccidere è sbagliato, sbagliato, terribilmente sbagliato! La lezione è servita, Sir. Ora capisco quello che non avevo mai capito, sono guarito, porco cane!”

Brodsky: “Non ancora guarito, giovanotto.”

Alex: “Ma, Sir, la prego… Ora so che è sbagliato. Sbagliato perché è una cosa antisociale, Sir! Sbagliato perché ogni uomo ha il diritto di vivere felice senza venire “torchionato” e accoltellato!”

Brodsky: “No, no, buono! Deve lasciar fare a noi. Ma si faccia coraggio, tra quindici giorni lei sarà in libertà.

Il tempo è trascorso e il Ministro degli Interni è pronto a esibire davanti a stampa e autorità il risultato della cura Ludovico.

La scena si svolge in una sala attrezzata a teatro. Tra i presenti c’è il Cappellano, il Capoguardia e il Direttore delle carceri.

Alex entra accompagnato da un assistente e si pone al centro della scena. Il Ministro degli Interni prende la parola.

Ministro: “Signore e Signori. A questo punto vi presentiamo il soggetto in persona. Sta, come vedete, bene e ben nutrito, dopo aver fatto una buona dormita e un buon breakfast. Ne è sotto droga, ne è sotto ipnosi. Vi annuncio che domani lo rimandiamo fiducioso di nuovo nel mondo. Un giovanotto per bene che potrà essere utile alla società. Quale trasformazione, Signore e Signori! Dal miserabile mascalzone condannato dallo stato due anni fa ad una punizione improduttiva, identico dopo due anni… Identico?! Cosa dico? Niente affatto: in prigione imparò il sorriso falso, la stretta di mano dell’ipocrisia, il ghigno untuoso e ossequioso. La prigione gli aveva insegnato nuovi vizi, oltre a confermarlo in quelli che aveva praticato già  prima. Il nostro partito ha promesso la legalità e l’ordine e strade sicure per gli ordinari, pacifici cittadini. Stiamo ora adempiendo le nostre promesse elettorali. Signore e Signori questo è uno storico momento: il problema della violenza criminale sta per essere risolto ormai. Ma basta con le parole, lasciamo che siano i fatti a parlare. Veniamo ai fatti. Osservate da voi.”

Il Ministro si siede in prima fila e il suo segretario gli sussurra a voce bassa:

Segretario: “Il rischio che corriamo è grosso, Signor Ministro.”

Ministro: “Io ho la massima fiducia in Brodsky. Se la prova riesce noi vinciamo le elezioni.”

La prova consiste in un attore appositamente reclutato che insulta, schiaffeggia e poi costringe Alex a leccargli le suole delle scarpe.

Alex: “<E lo credereste, cari fratelli? Il vostro fedele e maltrattato affezionatissimo tirò fuori un metro e mezzo di “iasik” per leccare quella sporca, lurida suola. La nausea e il disgusto avevano trionfato e trasformata quella che era la gioia della lotta in una sensazione di morte.>”

Il Ministro dà lo stop alla scena, ma non è finita, dopo gli applausi all’attore ecco entrare una giovane e bella ragazza con indosso solo un paio di mutande (Virginia Vetherell). In silenzio avanza maestosa verso Alex che la guarda attonito. Così come attoniti sono il Cappellano e il Capoguardia che seguono la scena in religioso silenzio.

Alex: “<Mi venne incontro radiosa come fosse la luce della Grazia Divina e la prima cosa che mi è  passata per il Gulliver è stata di farmela lì sul posto, in terra, con un bel po’ di su e giù, ma robusto…>”

La donna incombe su Alex che allunga le mani per sfiorarle i seni.

Alex: “<Ma in un lampo mi arriva la nausea come una guardia che ti tiene d’occhio da dietro l’angolo e avanza per arrestarti…>”

Alex si accascia in preda ai conati di vomito e il Ministro congeda la ragazza che si allontana tra applausi e inchini. Il Capoguardia applaude estasiato mentre Alex si siede ancora stordito sulla pedana del palco.

Ministro: “Non ti senti più male adesso, vero?”

Alex: “(dopo aver ruttato) No, Sir. Sto benissimo, Sir.”

Ministro: “Bravo.”

Alex: “Andava bene, Sir? È andata bene, Sir?”

Ministro: “Bene, ragazzo mio, tutto perfetto. Vedete, Signore e Signori? Il nostro soggetto, paradossalmente, viene spinto verso il bene dalla spinta del male. Ogni impulso di usare violenza si accompagna ad un forte senso di malessere fisico. Per liberarsene il soggetto è costretto ad assumere atteggiamenti diametralmente opposti. Qualche domanda?”

Il Cappellano si alza e si mette di fianco ad Alex appoggiandogli una mano sulla spalla.

Prete: “La scelta! Il ragazzo non ha una vera scelta, chiaro? L’autodifesa, la paura del dolore fisico l’han ridotto a quel… quel grottesco gesto di bassa umiliazione, certo, ma si vedeva chiaramente che  non era sincero. Egli cessa di fare il male ma cessa anche di esercitare il libero arbitrio.

Anche il Ministro poggia la sua mano sulla spalla di Alex.

Ministro: “Padre, questi sono sofismi. A noi non interessano i motivi o le sottigliezze dell’etica, a noi interessa soltanto ridurre la delinquenza (applausi) e ridurre l’atroce affollamento delle nostre prigioni. Questo adesso è un vero Cristiano, pronto ad offrire l’altra guancia, disposto ad essere crocefisso anziché crocifiggere, nauseato al solo pensiero di uccidere una mosca! Recupero, gioia per gli angeli del Signore! L’importante è che la cura funziona! (Applausi).

Alex: “<E, il giorno dopo, il vostro umile e affezionatissimo fu rimesso in libertà…>”

Alex torna a casa dai suoi genitori ma trova la sua camera occupata da un altro giovane, Joe (Clive Francis). I titoli sui giornali che i tre stanno leggendo nel salotto, parlano tutti di Alex.

“L’ASSASSINO DELLA SIGNORA DEI GATTI IN LIBERTÀ”

“CURA SCIENTIFICA PER LA FORZA D’ORDINE E LA LEGALITÀ”

“ASSASSINO SCARCERATO. L’HAN CURATO SCIENTIFICAMENTE”

I suoi genitori sono molto imbarazzati all’arrivo di Alex, Joe è ormai diventato uno di famiglia, non solo uno che ha affittato la camera di Alex. Tutta la sua roba è stata sequestrata dalla polizia e il suo serpente è morto. In più Joe si scaglia contro Alex e contro la sua crudeltà e si dichiara molto più figlio lui di quanto lo sia stato Alex stesso il quale ora piange ma le sue lacrime ottengono l’effetto contrario, almeno agli occhi di Joe. Il ragazzo tenta di reagire ma gli effetti della cura Ludovico si fanno sentire immediatamente. Alex decide di andarsene.

Alex: “Bene, io adesso me ne vado via! Non mi rivedrete mai più qua. Me la cavo da solo. Vi ringrazio molto e vi pesi sempre sulla coscienza!”

Si allontana lungo una strada che costeggia il Tamigi, guarda i mulinelli d’acqua con aria affranta. Forse medita il suicidio. Un barbone, lo stesso che aveva incontrato e picchiato due anni prima, gli chiede l’elemosina e quindi lo riconosce. Lo porta in mezzo agli altri vagabondi accusandolo di averlo picchiato  e tutti quanti assieme cominciano a prenderlo a botte.

Alex: “<Fui come sommerso da un’ondata di sporchi e puzzosi vecchiacci che cercavano di afferrare il vostro affezionatissimo con le loro deboli “rucche” e artigli callosi. La vecchiaia che cerca di vendicarsi della gioventù e io non ci potevo proprio fare niente, fratelli, perché era meglio prendere le loro botte che sentire la mia nausea e quell’orribile dolore di stomaco.>”

L’arrivo di due poliziotti fa disperdere i vagabondi ma i due, in realtà, non sono altro che Dim e Georgie. Questi caricano Alex sul cellulare e lo portano in campagna dove lo pestano con i manganelli e gli ficcano la testa dentro a un abbeveratoio. Un violento temporale sorprende Alex che girovaga in stato di semi incoscienza.

Alex: “<Dove volete che andassi? Senza una casa, senza un soldo. Mi facevo pietà. Casa, casa, casa… era a casa che volevo andare e a una casa arrivai, fratelli, senza neppure accorgermi, nello stato in cui ero, che c’ero già stato una volta in quella casa…>”

E in effetti, con una coincidenza fin troppo incredibile, Alex arriva nella casa dello scrittore Frank Alexander il quale, come allora, è seduto alla sua scrivania a scrivere a macchina ma al suo fianco non c’è più la moglie bensì il forzuto e muscoloso Julian (David Prowse, oggi meglio conosciuto per aver impersonato il celeberrimo Lord Vader o Lord Fener che dir si voglia, quando portava la maschera). È questi che va ad aprire trovandosi dietro la porta un semisvenuto Alex. Lo prende in braccio, pesto e sanguinante e lo porta all’interno davanti allo scrittore che è seduto su una carrozzella.

Alex: “<E ci credereste fratelli e soli amici? Fu allora che il vostro affezionatissimo, tenuto in braccio come un infante, si accorse di dove era e come mai aveva avuto la sensazione di esserci già stato. Ma mi sentivo al sicuro, non poteva riconoscermi perché ai bei tempi spensierati, io e i cosiddetti Drughi, portavamo maschere che ci anonimizzavano molto karasciò.>”

Non esistevano giornali o telegiornali in questo strano futuro? La sua immagine, il vero volto nascosto dalla maschera non è mai apparso durante il processo e  nemmeno dopo la condanna definitiva? Al nostro scrittore non è mai interessato vedere da qualche parte il volto di chi gli ha rovinato la vita? Abbiamo molto da imparare su questo esempio di privacy totale.

All’inizio Alex, dopo che ha raccontato a Frank ciò che gli è successo, viene considerato dallo scrittore come una vittima dell’attuale Governo anche perché questi ha riconosciuto in Alex, il detenuto scarcerato dopo essere stato sottoposto alla cura Ludovico. (e non si era scritto o detto da nessuna parte dei suoi trascorsi? Ma questi sofismi alla critica impegnatoide non interessa: è di Kubrick, è un capolavoro e basta. In più quello che sembra strano è che, poiché il metodo con cui la banda è entrata da Miss Weber, è lo stesso usato per penetrare nella casa degli Alexander come peraltro aveva dichiarato telefonicamente la stessa donna chiamando la polizia, nessuno si è peritato di esaminare tutte le impronte digitali che Alex e i suoi devono aver sparso per la casa dei coniugi e che quindi lo stupro sia rimasto totalmente impunito e non accostato ad Alex e alla sua banda. Non permettiamoci di andare oltre). In ogni caso Julian prepara un bagno caldo per il ragazzo mentre lo scrittore telefona a dei suoi amici.

Frank: “Questa può essere la più forte arma nelle nostre mani per garantire che il Governo non venga rieletto le prossime elezioni. Il Governo si vanta molto, come lei sa, di come ha diminuito la delinquenza in questi ultimi mesi arruolando le più gran canaglie nella Polizia, applicando tecniche di condizionamento che sopprimono la volontà… Oh, l’abbiamo già visto in molte altre nazioni… Siii, i sintomi sono quelli. Senza accorgersene ci troveremo con tutto l’apparato della dittatura…Questo giovane è la prova, è la prova vivente di questi diabolici sviluppi politici. Il pubblico, la gente comune, deve vedere, deve sapere… Esistono tradizioni di libertà da difendere e, in un paese, la libertà è tutto. La gente è disposta a lasciar correre, si sa, a vendere la libertà in cambio del quieto vivere, per questo bisogna dirigerli, guidarli, spingerli…”

Dopo aver preso accordi per la venuta dei suoi amici, Frank depone il ricevitore e allora si rende conto del canto che proviene dal bagno.

È Alex, che sta canticchiando, in una tonalità inconfondibile, “Singin in the rain” e quindi lo scrittore riconosce finalmente in lui il suo aggressore. Da questo momento in poi il comportamento dello scrittore sarà assolutamente nevrotico, reso in verità, in maniera eccessiva e quasi ridicola dall’attore. Alex è uscito dal bagno e si trova davanti a un piatto di spaghetti e a una bottiglia di vino appoggiati sul tavolo. Mentre il ragazzo sta mangiando avidamente, Julian entra portando tra le braccia lo scrittore e la sua carrozzella.

I due si mettono al suo fianco imbarazzando molto Alex, il quale accetta il vino che lo scrittore gli versa decantandone, nell’opprimente silenzio, la marca, il colore, l’odore e il sapore.

Frank gliene versa ancora.

Frank: “Mia moglie faceva tutto lei perché io potessi scrivere, LO SA?”

Alex: “Sua moglie è via?”

Frank: “NO! È morta!”

Alex: “Mi dispiace moltissimo, Sir.”

Frank: “Fu sottoposta a violenza, CAPISCI?  Fummo aggrediti da una banda di crudeli delinquenti giovanili qui in casa, anzi, proprio qui dove siamo ora. Io sono rimasto un povero storpio ma per lei lo strazio è stato troppo forte! I dottori dissero che era polmonite perché mancò qualche mese dopo nell’epidemia d’influenza… I dottori mi hanno detto che era polmonite ma io lo so perché è morta, vittima dell’era moderna, POVERA, POVERA LEI!… Adesso lei, un’altra vittima dell’era moderna… ma lei può essere aiutato. Ho telefonato a degli amici mentre lei faceva il bagno…”

Alex: “Amici, Sir?”

Frank: “Sì, vogliono aiutarla…”

Alex: “Aiutare me, Sir?”

Frank: “Certamente!”

Alex: “Chi sono, Sir?”

Frank: “Si tratta di gente influentissima, capisci? Che s’interessa al caso suo… (suonano alla porta) Julian, vedrai che sono loro…”

Alex vorrebbe andarsene ma l’uomo insiste e gli versa ancora da bere.

I due amici di Frank entrano. Sono un uomo e una donna (John Savident e Margaret Tyzack).

Uomo: “Chiedo molte scuse se la disturbo a questa tarda ora ma ho sentito da Frank che lei aveva dei problemi e siamo venuti a chiederle se possiamo esserle utili.”

Alex: “Molto gentile, Sir. La ringrazio molto.”

Uomo: “Pare che lei abbia avuto un alquanto sgradevole incontro con la polizia, stasera.”

Alex: “Sì, in un certo senso, Sir.”

Uomo: “Eh, eh… E ora come si sente?”

Alex: “Molto meglio, grazie Sir.”

Uomo: “Si sente di parlare, rispondere a domande?”

Alex: “Certo, Sir, certo.”

Uomo: “Bene, come dicevo, ho sentito la storia e il suo caso ci interessa. Vogliamo aiutarla.”

Alex: “Grazie mille, Sir.”

Uomo: “Bene. Vogliamo… venire al dunque?”

Alex: “Bene. Bene, Sir.”

La donna estrae un notes dalla borsetta, lo appoggia sul tavolo e si accinge a prendere appunti.

Donna: “Ehm… i giornali dicevano che oltre ad essere stato condizionato contro atti di… violenze sessuali, lei, per errore, è stato condizionato anche contro la musica.”

Alex: “Beh, veramente, io non credo che l’hanno fatto apposta… Vede Signora, io ho una passione per la musica, specialmente Beethoven, Ludovico Van Beethoven… Bi… e…”

Donna: “(scrivendo) Sì, lo so, grazie.”

Alex: “…E per combinazione, mentre mi stavano facendo vedere un pessimo film su di un campo di concentramento, il commento musicale era proprio un pezzo di Beethoven…”

Donna: “E così lei, adesso, ha la stessa ripugnanza per la musica che ha per il sesso e la violenza?”

Alex: “No, no, Signora. Vede, non tutta la musica, soltanto la Nona.”

Donna: “Vuol dire la Nona Sinfonia di Beethoven?”

Alex: “Esatto… Io, la Nona, non la posso più sentire. Quando sento la Nona ho strani dolori che… mi fanno soffrire e poi, beh… non posso pensare ad altro che cercare di renderla…”

Donna: “Cosa ha detto?”

Alex: “Renderla, Sir… Ehm, rendere l’anima a Dio, Signora. Voglio solamente morire senza dolore, in   pace… sì…”

Uomo: “Si sente così anche adesso?”

Alex: “Ehm… Oh, no, no, Sir. Non adesso. Mi sento però ancora molto depresso, molto giù di spirito.”

Donna: “Ancora con istinti suicidi?”

Alex: “Ehm… Beh, piuttosto direi che mi sento giù parecchio, non riesco a vedere un futuro e ho l’impressione che ad ogni istante può capitarmi qualcosa di terribile.”

E qualcosa in effetti capita. La testa di Alex crolla letteralmente sul piatto di spaghetti. Effetto della droga che Frank gli ha messo nel vino. Lo scrittore afferra il ragazzo per i capelli e gli alza il viso tutto impastato di sugo poi lo lascia ricadere con odio.

Uomo: “Bel colpo, Frank…  Julian, tira fuori la macchina.”

Alex si risveglia in una mansarda e sente una musica a pieno volume provenire dal pavimento.

Alex: “<Mi svegliai. Nausea e dolori dappertutto, come un animale. Poi ho capito cos’era. La musica che saliva dal pavimento era il nostro vecchio Ludovico Van e la temuta Nona.>”

La porta della stanza è chiusa. Alex pesta sul pavimento gridando di far cessare quella musica. Al piano di sotto lo sguardo pazzo di soddisfazione di Frank fissa il soffitto. Davanti a lui un registratore e due casse poste sul tavolo da biliardo e rivolte verso l’alto. Al suo fianco, come in attesa degli eventi, ci sono Julian e la donna mentre l’uomo sta giocando distrattamente infilando in buca le palle.

Alex urla disperatamente di spegnere.

Alex: “<D’un tratto capii cosa dovevo fare, quel che volevo fare. Farmi fuori, renderla, orbitarmi per sempre fuori da questo mondo sporco e crudele… Un momento di dolore, magari, ma poi il sonno per sempre, per sempre, per sempre…>”

Alex apre la finestra della mansarda e si butta di sotto.

Alex: “<Io saltai, o compagni, e picchiai sodo. Ma non la resi. Se l’avessi resa non sarei qui a raccontarvela. Tornai in vita dopo un lungo, nero intervallo… pressappoco un milione di anni.>”

Alex è disteso su un letto con braccia e gambe ingessate. Anche la testa è sotto una pesante fasciatura. Ai suoi lamenti, nella stanza semibuia, si contrappongono dei gemiti provenienti da dietro una tenda posta sempre nella stanza. I lamenti di Alex proseguono e, finalmente, la tenda si discosta ed esce un’infermiera seminuda seguita da un medico che si sta tirando su i pantaloni. Alex si è svegliato.

I giornali parlano nuovamente di lui.

“IL GOVERNO ACCUSATO DI METODI INUMANI

NELLA RIFORMA PENALE.”

“MINISTRO RESPONSABILE DI METODI DI CURA INUMANI.”

“MINISTRO ASSASSINO. ALEX MIGLIORA”

“SCANDALO: I DOTTORI AFFERMANO

CHE LA PERSONALITÀ DI ALEX È STATA CAMBIATA.”

“IL SUICIDIO DI ALEX SAREBBE DOVUTO ALLE CURE RICEVUTE”

I genitori sono andati a trovare Alex, sempre immobilizzato a letto.

Il ragazzo però dice loro chiaramente che la visita non è gradita. La madre di Alex, vestita con un rutilante impermeabile rosso con relativo cappellino, si mette a piangere.

Padre Alex: “Su, su mamma, sta calma, non lo fa apposta… I giornali parlano di nuovo di te. Dicono che ti sono stati fatti dei gravi torti, dicono che è stato il Governo a portarti al suicidio con quei sistemi e, a pensarci bene, figlio, potrebbe essere stata anche colpa nostra. Comunque… casa tua è casa tua, in fondo, in fondo, figlio…”

Passa del tempo e la Dottoressa Taylor (Pauline Taylor) va dal nostro paziente che è in via di guarigione.

Taylor: “Io sono la psichiatra.”

Alex: “Psichiatra! Ne ho bisogno?”

Taylor: “Fa parte del sistema di cura.”

Alex: “Cosa facciamo? Parliamo della mia vita sessuale?”

Taylor: “Oh, no. Adesso le mostro delle diapositive e lei deve dirmi quello che le viene in mente, d’accordo?”

Alex: “Certo. D’accordo. Lei interpreta i sogni?”

Taylor: “Un poco, sì.”

Alex: “Sa che vogliono dire?”

Taylor: “Forse. C’è qualcosa che la preoccupa?”

Alex: “No, no, non è questo però, ecco… faccio sempre questi sogni orribili, disgustosi… È   come… beh… quando ero tutto a pezzi, mi spiego? Mezzo sveglio e inconscio, quasi, facevo quel sogno sempre: tutti questi dottori che pasticciavano pensosi con il mio Gulliver dentro il cervello, mi capisce lei? Ero sempre lì con questo stesso sogno. Lei dice che vuol dire qualcosa?”

Taylor: “(ride) I pazienti che hanno avuto gravi lesioni come lei fanno spesso di questi sogni. Fa parte del processo di guarigione.”

Alex: “Ah!”

Taylor: “Allora, adesso vedrà: in ogni diapositiva c’è sempre una battuta che manca. Lei deve dirmi cosa direbbe la persona interessata, d’accordo?”

Alex: “Bene, d’accordo.”

La prima immagine mostra due uomini che guardano un pavone, la psichiatra legge la battuta del primo dei due.

Taylor: “Queste piume non sono bellissime?”

Alex: “Dico cosa direbbe quello là?”

Taylor: “Sì.”

Alex: “(a bassa voce) Queste piume non sono bellissime…”

Taylor: “Sì, ma non ci pensi su tanto. Dica la prima cosa che le passa per la mente.”

Alex: “Cavolo, deretano… non ha il becco!”

Taylor: “Bene.”

Alex ridacchia felice mentre la donna gli mostra una seconda diapositiva che rappresenta due uomini e una donna. La donna dice:

Taylor: “Quello con cui litigavi sempre è a letto ed è grave.”

Alex: “Pensare non mi va. Ma io… io ti spacco la faccia a voi e alle vostre ierballe! (ride felice)”

Taylor: “(sorridente) Bravo!”

La terza diapositiva mostra un uomo in cima a una scala e affacciato a una finestra che dà in una camera da letto nel quale c’è una ragazza nuda.

Taylor: “Che cosa desidera?”

Alex: “Ehm… Non ho tempo per fare su e giù, amore, devo leggere il contatore.”

Il sorriso della dottoressa si allarga sempre di più.

Taylor: “Giusto.”

La diapositiva successiva mostra un cliente dentro al negozio di un orologiaio.

Taylor: “Lei mi ha venduto un orologio che non funziona e io voglio indietro i miei soldi.”

Alex: “Sa che può fare del suo orologio? Se lo infili nel culo!”

Alex ride felice.

Taylor: “Bravo.”

Nell’immagine seguente una donna mostra a un uomo un nido con delle uova.

Taylor: “Con questi può fare tutto quello che vuole.”

Alex: “Con gli ovetti? Io li vorrei spiaccicare bene, prenderli su e poi… Ohi!… Cazzo!”

Nell’agitarsi Alex si è fatto male alla mano ingessata.

Taylor: “Bene, allora questo è sufficiente. Tutto bene?”

Alex: “Sì, spero. Finito, allora eh?”

Taylor: “Sì.”

Alex: “Mi ci stavo divertendo.”

Taylor: “(ride) Mi fa piacere!”

Alex: “E quante ne ho indovinate?”

Taylor: “Questo non era un telequiz ma secondo me lei certo guarirà completamente.”

Alex: “E quando me ne posso andar via, allora?”

Taylor: “Oh, non ci vorrà molto, ormai.”

Il tempo passa. Alex sta progressivamente guarendo ma è ancora ingessato per cui l’infermiera lo deve imboccare.

Alex: “<Così, ho aspettato e, o fratelli, come sono migliorato! A forza di ovetti e “lonticchi” tostati e squisite “bisbistecche”… e poi un bel giorno, mi hanno annunciato una visita specialissima…>”

Il Ministro degli Interni entra nella corsia di Alex accompagnato dal Primario, poi le infermiere e il medico si allontanano lasciando i due da soli.

Ministro: “Bene, a quanto pare hai una corsia tutta per te.”

Alex: “Certo, Sir, e mi ci sento anche molto solo, Sir, quando mi sveglio con i miei dolori in piena notte.”

Ministro: “Eh, sì… Beh, sono contento che cominci a star meglio. Sono sempre stato in contatto con l’ospedale, naturalmente, e adesso sono venuto di persona a vedere come stai.”

Alex prende la forchetta con la mano ingessata e cerca di avvicinare il boccone alla bocca.

Alex: “Ho sofferto i tormenti dell’inferno, Sir, i tormenti dell’inferno…”

Ministro: “Ah, certo. Mi rendo conto che hai avuto una terribile…”

Ad Alex cade il boccone dalla forchetta.

Ministro: “Oh, guarda… Aspetta, aspetta che ti aiuto, eh? Permetti?.”

Alex: “Oh, grazie, Sir, grazie!”

Ministro: “Ti posso dire in tutta sincerità che io e il Governo di cui faccio parte siamo molto spiacenti, carissimo, spiacentissimi… (Mentre parla lo imbocca). Purtroppo abbiamo seguito pareri scientifici che sono risultati inesatti, ma un’inchiesta accerterà le responsabilità dovunque siano. Tu però devi considerarci tuoi amici. Ti abbiamo rimesso a posto con le migliori cure  possibili. Non ti abbiamo mai voluto male ma c’è chi te ne ha voluto e te ne vuole. Penso che tu sappia di chi parlo. C’è della gente che voleva usarti a… a scopi politici e ti avrebbero anche lasciato morire pur di poter cercare di dare la colpa al Governo. Alludo a un certo individuo, un tale che scrive roba sovversiva il quale chiede a gran voce la tua pelle. Ti pianterebbe un coltello nella schiena, sai? Ma tu, ora, sei al sicuro da lui, l’abbiamo tolto di mezzo. Ha scoperto che tu gli avevi fatto un torto… almeno lui crede che gli hai fatto un torto. Si è messo in testa l’idea che tu… ehm… tu sia stato responsabile della morte di qualcuno che  gli era caro e vicino… Un tipo pericoloso. L’abbiamo tolto di mezzo per il suo bene e anche per il tuo…”

Alex: “E adesso dov’è, Sir?”

Ministro: “L’abbiamo messo in un posto dove non ti può fare alcun danno… (continua a imboccarlo)  perché, vedi, noi li curiamo i tuoi interessi. Noi ci occupiamo di te e uscendo di qui non avrai pensieri, pensiamo noi a tutto. Buon impiego e buona paga.”

Alex: “Quale impiego e quanta paga?”

Ministro: “Dovrai avere un lavoro interessante e un salario che tu consideri adeguato, non solo per il lavoro che svolgerai e come risarcimento per quel che forse hai sofferto, ma anche per tutto l’aiuto che ci dai.”

Alex: “Io aiuto voi, Sir?”

Ministro: “Tra amici ci si aiuta.”

Alex apre la bocca quasi a ordinare al Ministro di continuare a imboccarlo.

Ministro: “Non è un segreto che il Governo ha perduto molta popolarità per causa tua, figliolo. C’è chi dice che alle prossime elezioni saremo battuti. La stampa ci ha criticato molto severamente per quel che abbiamo cercato di fare. Ma l’opinione pubblica cambia facilmente e tu Alex, se posso chiamarti Alex…”

Alex: “Oh, certo, Sir. A te come ti chiamano a casa?”

Ministro: “Ehm… Io mi chiamo Frederick… Come ti dicevo, Alex, tu puoi contribuire molto a cambiare l’opinione pubblica, capisci Alex? Mi sono spiegato chiaro?”

Alex: “Come un lago senza fango, Sir, così limpido come un cielo d’estate sempre blu. Fidati di me, Fred.”

Ministro: “Bravo, sei un amico… Ah, già, mi hanno detto che ti piace la musica. Ho una piccola sorpresa per te.”

Alex: “Sorpresa?”

Ministro: “Spero che ti piacerà. Come… come, diciamo così, come simbolo della nostra nuova intesa. Una nuova intesa fra due vecchi amici…”

Uno stereo con due gigantesche casse fa il suo ingresso spandendo per l’aria le note de “L’Inno alla gioia”, fiori e fotografi i quali cominciano a far lampeggiare i flash sui due che si abbracciano e si danno la mano come due veri e vecchi amici. Lo sguardo di Alex si perde nel pensiero della sua vita futura: soldi e soprattutto donne. Alex si vede con una bella ragazza al centro di un immaginario palcoscenico, attorniato da due file di spettatori in abito vittoriano i quali applaudono la sua orgiastica esibizione.

Alex: “<Ero guarito… Eccome!>”

Il film fu premiato alla retrospettiva del “Festival di Fantascienza Città di Ferrara” e la cosa scatenò il malumore del pubblico che non capiva cosa avesse a che fare questa pellicola con la cinematografia di science-fiction. Molti critici, naturalmente, così come avevano fatto per Il Dottor Stranamore prima e con 2001: Odissea nello spazio, dopo, non vollero ascrivere le tre pellicole al genere fantascientifico perché all’epoca era impossibile e dequalificante per un attore, o peggio ancora per un regista, firmare un’opera che appartenesse a questo genere. Ricordiamo che lo stesso Howard Hawks non volle mettere il suo nome alla regia de La Cosa da un altro Mondo la quale fu invece firmata dall’abituale montatore di Hawks, quel Christian Nyby il quale non lascerà più segni particolari nelle future regie. Era un vezzo sbagliato, una forma di razzismo cinematografico che ancora oggi sussiste e che solo il “Dio incasso” ha permesso in parte di superare.

Oggi le tre opere fanno parte, e a ben diritto, della cinematografia fantascientifica, ovviamente come opere superiori e d’impegno, ben distanti da quei “dozzinali filmetti” che appartengono più propriamente al genere e ci si dimentica volutamente di tanti altri registi, onesti artigiani che tanto hanno dato e continuano a dare al cinema di ogni genere. Nessuno si sognerebbe mai di denigrare l’opera di Stanley Kubrick la cui genialità è purtroppo scomparsa con lui ma certo è che il regista, con l’apertura intellettuale che gli era propria, non si vergognava affatto di aver fatto “tre film di fantascienza” e, mentre il mondo degli appassionati gli è grato per ciò che ha saputo creare e dare alla fantascienza, quello dei critici sembra non rassegnarsi del tutto ma, per fortuna, non sono loro a decidere…

Dopo qualche anno il regista decise di ritirare la pellicola dalla circolazione, in Inghilterra, questo perché vi fu una serie di tentativi di imitazione da parte di bande di giovinastri, persino in Italia una di queste bande assunse il nome di “Arancia Meccanica” dalla quale derivò pure il film di Claudio Caligari L’Odore della Notte.

Quasi tutta la pellicola fu girata in ambienti reali se si esclude quattro scenografie che vennero realizzate in una piccola fabbrica presa in affitto dalla produzione. Fu costruito il Korova Milk Bar, la sala di accesso alla prigione, il bagno dello scrittore e l’anticamera della sua casa. Per quest’ultima fu costruito un set nel giardino della villa dove furono girati gli interni, dentro una grande tenda. Il film costò “solamente” quindici milioni di dollari, una produzione abbastanza piccola rispetto ai più di venticinque di quanto costò 2001: Odissea nello Spazio.

Il protagonista, Malcolm McDowell era quasi alle prime armi e collaborò strettamente con Kubrick, cosa molto rara, suggerendo alcune scene e cambiamenti che il regista accettò con gioia. Seppe entrare profondamente nella parte, tanto è vero che s’incrinò una costola in una scena dove veniva picchiato e rischiò un malore per aver trattenuto troppo a lungo il respiro nella scena in cui i suoi ex compagni gli trattengono la testa nell’abbeveratoio che, in realtà e per simulare la sporcizia, era colmo di brodo di carne. Inoltre ebbe anche una lesione alle cornee usando il divaricatore durante la “cura Ludovico”. L’attore tornerà al genere in molti altri film senza mai ripetere questa entusiasmante performance.

Abbiamo parlato anche di David Prowse, nato il 1 luglio 1935 a Bristol, in Inghilterra. È diventato famoso per aver indossato la maschera di Lord Vader ma è anche apparso nel ruolo del mostro di Frankenstein in Gli Orrori di Frankenstein (1970) e in Frankenstein e i mostri dell’Inferno (1974), ma ha partecipato anche al film La Regina dei vampiri che egli interpretò assieme ad Adrienne Corri. Poi, nel 1977, appare in Gli Uomini della Terra dimenticata dal Tempo e quindi nella saga di George Lucas (Guerre Stellari - L’Impero Colpisce AncoraIl Ritorno dello Jedi ). Una piccola apparizione, anche se non accreditata nel cast, egli l’ha fatta pure in Superman (1978) nel ruolo di un allenatore. In televisione ha interpretato il “Minotauro” nell’episodio The Time Monster della serie TV il Dottor WHO del 1972, tre anni dopo si è calato di nuovo nel ruolo di un altro mostro nell’episodio di Spazio 1999 intitolato Beta Cloud.

Adrienne Corri, e cioè la Signora Alexander, è nata il 13 novembre del 1933 a Glasgow, in Scozia. Il suo vero nome è Adrienne Riccoboni. Ha interpretato Doris in Devil Girls from Mars (1954), Elisabeth  Murphy in Luna Zero Due e, come abbiamo detto, il ruolo di una zingara in La Regina dei vampiri (1972). In televisione, nel 1958, ha interpretato il ruolo di Yolanda nella serie L’Uomo Invisibile, nel 1970 quello di Liz Newton nell’episodio Square Triangle del serial UFO e quindi Mena nell’episodio Leisure Hive del Dottor WHO (1980).

Il Ministro degli Interni è il risultato della mirabile interpretazione di Anthony Sharp, consacrato spesso a questi ruoli forse subdoli ma eleganti. Sharp nacque il 16 luglio 1915 a Highgate, un sobborgo di Londra. Lo ricordiamo nel ruolo di Sir Charles Brenner nel film 2000: la fine dell’uomo. Ci ha lasciati il 23 luglio del 1984.

L’isterico, istrionico e anche buffo Capoguardia, è una delle ultime interpretazioni di Michael Barnes, specializzato in queste parti un po’ fuori dalle righe. Era nato il 4 dicembre 1920 a Jhansi, in India e un male incurabile lo ha ucciso l’11 dicembre 1978 a Cambridge nel Cambridgeshire.

Ultimo, ma non certo ultimo, è Patrick Magee, attore il cui volto caratteristico si prestava spesso in ruoli da cattivo. Magee era nato il 31 marzo 1922 ad Armagh, nell’Irlanda del Nord. Ha incontrato spesso il cinema dell’orrore interpretando il Dottor Henderson in La Morte dall’occhio di Cristallo (1965), George Carter in Racconti dalla Tomba (1972), quindi, ancora nel 1972 , interpreta la parte di Falkenberg in Rose Rosse per il Demonio, il Generale Stelsky in Telefon (1977), il custode in Monster Club (1980), il Professor Robert Miles in Il Gatto Nero (1980), ancora un Generale in Docteur Jeckill et les Femmes (Blood of Doctor Jeckill – 1981). È apparso due volte nella serie televisiva Agente Speciale (The Avengers) ma, all’atto della sua morte, avvenuta il 14 agosto 1982, con la solita ignoranza italiana, la stampa e la critica scambiarono la sua biografia proprio con quella del protagonista della serie Agente Speciale, Patrick Macnee, cioè il John Steed di The Avengers.

(1 – continua)

Giovanni Mongini