Con l’ultimo romanzo dello scrittore e giornalista Mimmo Sammartino “Il paese dei segreti addii” (Hacca Edizioni, 2016 – 177 pagine, 15 euro), già candidato al “Premio Strega” quest’anno, proseguiamo dopo le recenti interviste a Giuseppe Lupo, Raffaele Nigro e Giovanni Caserta, il viaggio nella letteratura lucana con risvolti fantastici.
Il testo di Sammartino, ha titolato Il Corriere della Sera del 31 luglio scorso, è “Una Macondo anche sull’Appennino”, palese richiamo al realismo magico di Gabriel Garcìa Màrquez. La storia si svolge in piccolo paese dell’Appennino, microcosmo dove tutto può accadere, dal singolare nome di Pietrafiorita, immaginario luogo di emigrazione nel quale albergano eccentrici personaggi dai nomi a dir poco singolari. Nel paese l’atmosfera è irreale, quasi fiabesca tra leggende e profezie annunciate da un usignolo.
Mimmo Sammartino, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Basilicata e responsabile della redazione de “La Gazzetta del Mezzogiorno” di Potenza, autore di testi teatrali, ha all’attivo una serie di romanzi tra cui ricordiamo i più noti “Vito ballava con le streghe” (Sellerio – 2004), premio speciale della Giuria al “Premio Letterario Basilicata”, e “Un canto clandestino saliva dall’abisso” (Sellerio – 2006).
Recentemente l’autore lucano ha presentato il suo romanzo a Montemurro, in provincia di Potenza. Il paesello di circa 1000 anime, aggrappato sulle montagne, affetto dallo spopolamento, è ben tenuto. Posto nel cuore della Basilicata montana per la sua collocazione geografica è distante dai centri più grandi della regione ossia Potenza e Matera (circa un’ora e un quarto di auto dalla prima e un’ora e quaranta dalla seconda), per cui vive in un magnifico isolamento che, se vogliamo, potrebbe essere accostato a quello del piccolo centro narrato nel romanzo, Pietrafiorita. Ma, soprattutto, Montemurro è il paese natio di Leonardo Sinisgalli (1908 – 1981) e in ogni angolo delle sue stradine scoscese si avverte la presenza del grande poeta e intellettuale.
Nel corso della serata, oltre all’autore sono intervenuti Giuditta Casale, docente e blogger, e Biagio Russo, vicepresidente e direttore della “Fondazione Sinisgalli”.
Secondo la Casale, il libro di Sammartino ha un linguaggio musicale piacevole che rende lirica la narrazione. Nel testo, Pietrafiorita diviene un luogo dell’anima nel quale il Sud è in ogni posto e in ciascun personaggio. La storia non è a sfondo descrittivo ma evocativo e l’intento dell’autore, al di là del mito, è quello di parlare di sentimenti e del destino di un mondo offeso. Per Russo invece il romanzo di Sammartino, nel quale alberga un senso di fatalità, trova i suoi riferimenti in grandi scrittori come Pascoli, Verga e Anna Maria Ortese, ma anche nelle storie cantate da Fabrizio De André. Inoltre, contrariamente ad altri autori lucani di spessore come Giuseppe Lupo e Mariolina Venezia che scrivono della Basilicata vivendo tra il Centro e Nord Italia, ma anche di Raffaele Nigro capostipite della letteratura lucana vicina al realismo magico, che ha raccontato la Basilicata vivendo in Puglia, Mimmo Sammartino è un lucano che vive e lavora a Potenza, e per questo ha “digerito” nel bene e nel male la sua terra narrandola dall’interno.
“Il mio – ha asserito nel suo intervento l’autore – è un romanzo corale di antieroi, che credono nell’utopia, nel quale narro le vicende in un paese d’Appennino che si spopola per l’emigrazione. Ma in tutti poi vi è la speranza nel ritorno”. Relativamente alla sua idea di scrittura, Sammartino ha fatto presente che ama scrivere di situazioni vicine al reale ma che restano sospese e aperte a ogni possibile sviluppo. “Non decido – ha aggiunto – di scrivere di cose fantastiche, probabilmente le mie storie trovano terreno fertile in questa dimensione perché il mio rapporto con la narrazione, prima ancora che con la scrittura, nasce dal fatto che da bambino ero affascinato dai racconti di mia nonna, una narratrice popolare. In seguito questo l’ho recuperato, anche come valore culturale, approfondendolo con gli studi antropologici”. L’autore ha quindi evidenziato che quando scrive, a volte la storia è elaborata in modo consapevole e a volte diviene una sorta di trance. Per preparare e finire quest’ultimo romanzo ci sono voluti tre anni nei quali c’è stato anche tanto lavoro di cesello poiché l’autore tiene molto al linguaggio. Con il suo vocabolario denso e metaforico, ricco di aneddoti e di invenzione fantastica di tipo surrealistico, il Nostro è riuscito ancora una volta a realizzare e rendere lieve una storia dai profondi significati antropologici. E a conferma dell’interesse che il romanzo di Mimmo Sammartino sta suscitando, segnaliamo che mercoledì 14 settembre “Il paese dei segreti addii” è stato presentato anche a Firenze nello splendido scenario di Palazzo Medici.