Ambrose Gwinett Bierce è stato uno scrittore e giornalista americano, tra i più caustici e particolari della San Francisco a cavallo tra il 1850 e i primi anni del XX secolo.
Nacque a Horse Cave Creek, in una sperduta fattoria dell’Ohio, il 24 giugno del 1842 da una numerosa famiglia (lui era il decimo figlio) e condusse una vita spesso ai limiti, ma non per i vizi, bensì per il suo sarcasmo che col tempo gli valse il nomignolo di bitter, l’amaro.
A quindici anni, stanco della povertà della famiglia, se ne andò di casa cominciando a girare per gli Stati Uniti e vivendo di espedienti fino a quando uno zio, Lucius, fratello minore del padre, lo prese sotto la sua ala protettrice. Lucius Bierce aveva fatto fortuna divenendo un discreto avvocato e sindaco della cittadina di Akron. Lo zio gli fece frequentare il Kentucky Military Institute, dove imparò, tra le altre cose, la cartografia, il che gli permise di arruolarsi nel 1861 come volontario nell’esercito con mansioni di topografo.
Erano gli anni della guerra di secessione, che Bierce visse in prima persona e da cui nacque la raccolta “Tales of soldiers and civilians”, ovvero “Racconti di soldati e civili”, un campionario degli orrori della guerra in cui la visione spietata e sprezzante degli uomini, nessuno escluso, dà il senso della misura di Bierce. Qui emerse un altro aspetto dell’opera dello scrittore: la casualità degli eventi e l’esistenza del soprannaturale e del fantastico, che si cala nella realtà quotidiana. Da ciò nacquero anche ottimi racconti macabri e dell’orrore, sempre permeati di cinismo.
A 24 anni Bierce, stanco di quella vita, abbandonò l’esercito e approdò a San Francisco, dove iniziò la carriera di giornalista e scrittore. Vivendo inizialmente di piccoli lavori, cominciò a scrivere e a essere quotato per i suoi attacchi a politici, uomini di malaffare, imprenditori, tanto che secondo le cronache di allora, usava portare una pistola con sé quando andava in giro.
Nel 1871 sposò una bella e ricca ragazza e, grazie al suocero, fece un lungo viaggio di nozze a Londra, dove cercò di pubblicare, purtroppo con scarso successo, le sue opere.
Nel 1904 divorziò dalla moglie che gli aveva dato nel frattempo tre figli, due dei quali morti tragicamente.
Ma è la morte dello scrittore a essere uno dei più grandi enigmi della letteratura americana: nel 1913 infatti a 71 anni suonati, partì come reporter per il Messico dilaniato dalla guerra civile di Pancho Villa ed Emilano Zapata e scomparve misteriosamente durante la battaglia di Ojinaga, l’11 gennaio 1914.
Bierce deve la sua fortuna di scrittore principalmente al suo “Dizionario del diavolo”, ma in realtà la sua opera va ben oltre, a cominciare proprio da quella di giornalista che vide la sua consacrazione nell’Examiner, uno dei giornali che fecero la fortuna di William Randolph Hearst, il magnate dell’editoria.
I suoi racconti brevi sono considerati tra i migliori del XIX secolo, soprattutto quelli di guerra: venne considerato un maestro di stile e di linguaggio dai suoi contemporanei in tutti i generi in cui si cimentò, dai racconti di guerra a quelli dedicati ai fantasmi fino alle poesie. Soprattutto i suoi racconti fantastici anticiparono lo stile del grottesco che sarebbe diventato un vero e proprio genere letterario nel XX secolo.
I dodici volumi dell’opera completa di Bierce, di cui il settimo volume era interamente costituito dal “Dizionario del diavolo”, vennero pubblicati interamente solo nel 1909.
Oltre a essere un grande scrittore all’epoca in cui visse, Bierce riuscì anche a influenzare, sia con il suo stile sia con le sue tematiche, molti autori negli anni seguenti.
Robert W. Chambers ad esempio si ispirò a lui per numerosi luoghi e termini nel suo “The King in Yellow”, tra cui Carcosa e Hastur. Successivamente, Howard Phillips Lovecraft prese spunto a sua volta da Chambers per il suo “Necronomicon” e per molti altri elementi del suo “Ciclo di Cthulhu”. Anche Robert Bloch fece riferimento a Bierce nel suo racconto breve “I Like Blondes” (pubblicato nel 1956), incentrato intorno alla tematica grottesca di alcuni alieni che setacciano la terra alla ricerca di corpi: uno degli alieni abitava ninte meno che nel corpo di un certo Ambrose Beers, raccolto in Messico qualche tempo prima. Lo scrittore appare come personaggio nel romanzo “Lost Legacy” di Robert A. Heinlein, in cui egli fa parte di una setta che ha imparato a usare alcune parti sconosciute del cervello e possiede quindi una straordinaria intelligenza. Bierce appare inoltre in “The Oxoxoco Bottle” di Gerald Kersh, redatto come se fosse un suo manoscritto risalente al suo ultimo viaggio. Infine, lo scrittore Carlos Fuentes ha scritto il libro “Gringo Viejo” (“Il vecchio gringo”), in cui narra una versione romanzata della scomparsa di Bierce.
Nella serie di romanzi di Oakley Hall invece, tra cui “Ambrose Bierce and the Queen of Spades” e “Ambrose Bierce and the Death of Kings”, lo scrittore è un investigatore del mistero.
Stesso discorso vale per il cinema: Ambrose Bierce è stato più volte utilizzato sia come personaggio/protagonista sia come fonte di ispirazione per le trame. Dal racconto “An Occurrence at Owl Creek Bridge” sono stati tratti addirittura tre film e un episodio di “Ai confini della realtà”, mentre dal romanzo di Fuentes è stato tratto il film “Old Gringo”, con Gregory Peck nel ruolo di Bierce, mentre il personaggio dello scrittore lo troviamo anche nel film “Dal tramonto all’alba: la figlia del boia” (2003) ambientato nel 1913 in forma di prequel a “Dal tramonto all’alba”: durante il suo viaggio per unirsi a Pancho Villa, Bierce è attaccato dai banditi e poi intrappolato in un locale pieno di vampiri intenti a uccidere i clienti umani. Il personaggio di Bierce, dipinto qui come un alcolista, era affidato a Michael Parks.