“Saranno di certo perseguitati anche loro, i sogni, un giorno o l’altro.
E’ una dittatura che ci è dovuta.”
(L. F. Céline, “Omaggio a Zola”)
“Gli Egizi, tanto devoti,
ritenevano di soddisfare la giustizia divina
sacrificandole dei porcelli in effigie e dipinti;
invenzione ardita, il voler pagare in pittura e apparenza Dio,
sostanza così essenziale.”
(Montaigne, Saggi, II, XI)
–Sì, è vero: il mio assistito è colpevole. Con questa arringa finale non ho affatto intenzione di difenderlo ad ogni costo, andando così contro le evidenze emerse nel corso del dibattimento. Le schiaccianti prove a suo carico vi sono ben note; per di più il mio patrocinato, come tutti, è reo confesso: le timide giustificazioni che adduceva all’inizio del processo sono state spazzate via dall’accusa come un castello di carte; e in effetti, per amore di obiettività, obiettività alla quale in ogni caso non vorrei né potrei sottrarmi, riconosco che non reggevano. In altre parole, non si possono negare circostanze così chiare come lui ha tentato di fare, in maniera ottusa e infantile insieme.
E per di più qui, di fronte a questa corte.
Dunque non è mia intenzione ingarbugliare una matassa i cui fili si presentano così distinti l’uno dall’altro. Direi semmai che ci troviamo di fronte a un caso del tutto esemplare quanto a limpidezza di prove. Prove, ripeto, e non semplici indizi.
In altri tempi, in altri luoghi avrei chiesto quantomeno le attenuanti generiche a favore del mio assistito, fino a ieri onesto e operoso cittadino. In altri tempi, in altri luoghi avrei invocato quantomeno una perizia psichiatrica, per cercare così in qualche modo di addolcire non solo la sua pena, ma anche l’orribile crimine che egli commise, al fine di dare a tale delitto cittadinanza soltanto nel circoscritto mondo della follia.
Ma non ora, non qui.
La nostra comunità è sgomenta di fronte a tanta dimostrazione di crudeltà, a tanta efferata ferocia: inoltre, la premeditazione del misfatto non può che farci inorridire ancor più, se è possibile. Proprio per questo abbiamo dei precisi doveri di assoluta equità: in particolare, è compito imprescindibile di questa corte verificare fino in fondo quali furono i moventi che spinsero l’imputato a trasformarsi in uno sterminatore paragonabile soltanto a quel Jack decano dei macellai ancora tristemente presente alla nostra memoria. Certo non vi sorprenderà che un avvocato difensore si esprima in questi termini poiché (chi lo sa meglio di voi?) i sofismi, di qualsiasi tipo essi siano, sono inevitabilmente destinati a cadere ogni volta che ci si ponga al servizio della vera giustizia. Dicevo che è necessario operare col sottile bisturi della legge laddove l’imputato ha usato delle rozze forbici per trafiggere le sue diciannove vittime. Su una di esse, inoltre, infierì addirittura col fuoco, “per togliermela da davanti agli occhi ”, a voler citare le testuali parole della sua confessione. Ecco, per comprendere fino in fondo il motivo della strage, secondo me è indispensabile riflettere insieme proprio sulla signorina Sarah Forth, meglio nota come Sally, l’ex ausiliaria delle forze USA sulla quale il mio assistito si accanì con furia così selvaggia, andando ancora oltre lo squartamento, che già lo avrebbe bollato come essere del tutto insensibile ai più elementari e universali valori umani.
Consideriamo, dunque, l’avvenenza assai provocante della bionda signorina Forth… No, e con ciò prevengo le vostre possibili obiezioni, non si tratta di cattivo gusto gratuito, o peggio macabro, da parte mia: qui, ora, ci preme di assodare la verità, e se questa è sempre gioia luminosa, a volte i metodi che vi conducono possono apparire invece brutali e crudeli: se parlo della Forth, in sostanza, è perché ritengo che senza la sua presenza l’imputato non avrebbe ucciso nessuno: per illuminare il caso che stiamo discutendo, è necessario quindi riassumere la storia di Sally.
La signorina era una totale svampita, come sapete bene; mi permetto comunque di ricordarvi il numero di volte in cui pronunciò il suo “Oh!” mentre il mio assistito la seguiva passo passo: sono ben 32. La Forth emetteva il suo stupito e stupido “Oh!” in ogni occasione, anche se in realtà si trattava sempre della medesima circostanza che si ripeteva, ovvero di un coito con uomini ogni volta diversi. Questo fu un primo fatto che colpì l’imputato: la sua eccessiva libertà di costumi. Prima di venir definitivamente congedata dall’esercito, soggiacque alle voglie del maggiore medico Assburn durante la rituale visita di controllo: ciò non perché venisse in qualche modo costretta, ma per il semplice motivo che lui le toccò la clitoride: in tali occasioni, per Sally era impossibile sottrarsi a chi volesse accoppiarsi con lei. A dirla tutta, quasi a stuzzicar le voglie di Assburn, si recò dal medico già nuda come Eva, e ciò solo perché doveva passare la visita “immediatamente” (e lei, per caso?, era spogliata): un semplice avverbio di tempo, insomma, le fu più che sufficiente per giustificare la sua tenuta scandalosa, che preludeva a un ancor più scandaloso comportamento. Il maggiore dovette interrompere la “visita”, chiamiamola così, soltanto per il fortuito intervento del generale. Ormai eccitata, pochi minuti dopo il congedo la Forth cadde nelle braccia d’un vecchio compagno d’armi, il suo futuro protettore William Yonder. Essa tuttavia, giova sottolinearlo, poteva tranquillamente venir posseduta da uno qualsiasi dei tanti occhiuti ed eccitati passanti che divoravano la sua seducente silhouette indovinandone l’assoluta disponibilità… ma che dico, passanti!, forse l’avrebbe concupita persino lo stesso cane che la sentì tutta in calore, se per caso fosse arrivato prima dello Yonder. Questo fu un altro fatto che scandalizzò il mio assistito. Con ciò non sto cercando di trovar giustificazioni per i crimini dell’imputato: essi sono e restano gravissimi. No, quel che m’importa stabilire adesso è come si produsse in questa occasione particolare la condicio sine qua non di ogni assassinio, ovvero la degradazione da Sally Forth a sally forth. Rammentiamoci allora il numero di coiti a cui assisté il mio patrocinato: furono addirittura 10, e per di più in un ridottissimo spazio di tempo; d’altro canto la signorina aveva intrapreso con la sua ben nota innocenza la carriera di prostituta: allo Yonder bastò trasformare la parola “prostituta” in “sostituta” e, in seguito, dopo il primo rapporto a domicilio, far passare il meretricio come servizio reso alla scienza, per aver la piena collaborazione della Forth, in quel momento senza lavoro, senza fissa dimora e priva di qualsiasi prospettiva per il suo futuro. Ebbene sì, era sufficiente pronunciare il termine ‘scienza’ perché Sally cedesse ai suoi estimatori aderendo con entusiasmo alle loro richieste: ricorderete di certo che anche il maggiore affermò di agire “in nome della scienza”, e tanto gli bastò per ottenerne i favori… Forse, dato che è impossibile ipotizzare una comprensione del nesso fra scienza e pornografia da parte della candida ex ausiliaria, aveva sempre bisogno di un inconsapevole alibi morale che le consentisse di lasciarsi andare ai propri eccessi sessuali senza sentirsi in colpa… in ogni caso, restò sempre al di qua dell’ironia.
La Forth comincia a sospettare della sua professione, bontà sua, solo dopo 4 amplessi in 4 diversi letti e giusto perché vede un cliente pagare lo Yonder. Tuttavia, a quest’ultimo basta replicare che si tratta di denaro per la sua fondazione scientifica e che pensare non è certo il forte della ex soldatessa perché lei dimentichi i suoi sospetti e continui a prostituirsi come se nulla fosse; lo zuccherino di un ennesimo amplesso con il protettore rimette definitivamente le cose a posto. Ecco il terzo fatto che stavolta rese furente il reo: tutta quell’esibizione di ingenuità poteva forse non essere finta, ipocrita – e dunque colpevole – almeno ai suoi occhi allucinati? Ma lo ripeto: nessuna “colpevolezza” può suscitare la reazione che invece scatenò nella mente dell’imputato.
E veniamo ora all’ultimo episodio, la goccia che fece traboccare il vaso della cieca violenza: lo Yonder dice alla Forth di aver ricevuto ben 12 prenotazioni per l’indomani; sarà quindi necessario che soddisfi “perlomeno” 4 clienti alla volta. Lei non ha neppure terminato di schermirsi, affermando di non aver mai fatto una cosa del genere, che subito dopo, voltando pagina, la si vede alle prese con quattro robusti personaggi, mentre è intenta a riceverli in tutte le possibili maniere che il disegno le consente, sia pure sfidando le leggi dell’anatomia. Terminata l’orgia, dopo che lo Yonder ha definito con cinico umorismo “poveri sfortunati” i clienti, la Forth dice che non vede l’ora di cominciare ad aiutarli davvero, paroletta sincera che le salva l’anima ma le fa perdere la vita. Il mio patrocinato infatti rimugina sui fatti ai quali ha assistito mentre numerosi lampi folgorano la sua mente ormai sconvolta: il primo riluttante coito di Sally in veste di inconsapevole prostituta; l’averla vista completamente nuda, anche per strada, 53 volte sulle 59 vignette nelle quali compariva; e ancora, l’averla sorpresa in posizione orizzontale, a gambe all’aria, ben 34 volte… Ed ecco il cortocircuito: la strage gli sembra la soluzione più appropriata per uscire dal suo stato di profonda angoscia. Afferrato un paio di forbici, colpisce con tutta la violenza di cui è capace la Forth, i suoi amanti e i suoi estimatori, dal maggiore al generale, dai passanti allo Yonder fino ai clienti… non risparmia neppure il cane! La punizione che le ha inflitto, tuttavia, gli appare ancora lieve, e così infierisce sui resti mutilati della signorina.
Col fuoco, tragica parodia di una purificazione.
Quel fuoco che, a causa d’una distrazione troppo banale per non esprimere anche la ricerca confusa di una espiazione disperata, lo uccide prima dell’arrivo dell’agente Aselli.
Un altro fuoco, gremito d’anime, impaziente e infinito, lo attende ora per avvolgerlo in una bufera perpetua.
W. Wood, ‘Sally Forth’, in “Adult Comix”, trad. E. Austin, Firenze, Glittering Images, 1988, pagg. 9 – 23.