Vi dicono nulla le parole “Szomorú vasárnap“?
No? Buon per voi che non conoscete neppure una parola della complicata lingua ungherese! E ora vedrete il perché…
Tradotta nella lingua inglese, l’espressione “Szomorú vasárnap” divenne “Gloomy Sunday”, ovvero il titolo di una strana, tragica, canzone composta e cantata nel 1933 dal musicista ungherese Rezső Seress insieme al connazionale László Jávor.
Letteralmente il titolo della canzone significa “Triste Domenica” o, se vogliamo, anche “Tenebrosa Domenica”. E tenebrosi sono proprio gli eventi che – al di là di ogni ragionevole dubbio sulle ‘leggende metropolitane – hanno costellato da sempre la vita – e la “morte”… – di questo brano musicale.
Fatti i debiti scongiuri, incrociate le dita e pronunciate le apotropaiche parole che in questi casi male non fanno, vediamo come si svolsero i fatti a partire da quei primissimi anni Trenta.
“Ė una notte buia e tempestosa…”, no, mi correggo, è solo un tristissimo pomeriggio domenicale in una Parigi del 1933.
Il musicista Rezső Seress (1899 – 1968) ha fatto la sua ennesima lite con la fidanzata di turno a causa dei suoi continui fallimenti nel complicatissimo mondo musicale.
Così, in preda a cupi pensieri, forse covando in animo suo qualche idea di abbandonare per sempre questa valle di lacrime, il trentaquattrenne Rezső dà vita – o… “morte”? – ad una canzone che di lì a poco tempo seminerà lutti e disperazione.
Quasi in ossequio ad una “demoniaca” Legge del Contrappasso in cui l’intenso, disperato desiderio di emergere da parte del musicista sfocia in un altrettanto disperato desiderio di scomparire da parte degli innumerevoli sventurati che ebbero modo di ascoltare la sua canzone in cui egli parla del suicidio come unico mezzo per esternare l’amore profondo per la sua amata…
La calunnia è un venticello?
“Parlarne bene, parlarne male…”
Budapest, primi mesi del 1936.
Joseph Keller, umile calzolaio forse afflitto da una cupa depressione, da un “male oscuro” dovuto ad una probabile condizione di indigenza, sceglie la via più breve per risolvere ogni suo problema e passa volontariamente a miglior vita lasciando un biglietto di addio in cui riporta alcune strofe di “Gloomy Sunday”. Ė il primo triste episodio di una lunga catena di suicidi legati – in un modo o nell’altro – alla canzone di Rezső Seress.
Ne seguiranno, infatti, molti, troppi, altri…
Soprattutto in Ungheria, in particolar modo mediante annegamento nel Danubio.
Tutti i suicidi furono trovati con una copia del testo della canzone apportatrice di sventure, tanto che le autorità ungheresi proibirono la diffusione di “Gloomy Sunday” via radio e nei locali pubblici…
Non osiamo riportarlo tutto…
Ma se volete canticchiarla, eccovi accontentati nella traduzione inglese (è meglio che sia così!)…
Gloomy Sunday
Sunday is gloomy,
My hours are slumberless
Dearest the shadows
I live with are numberless
Little white flowers
Will never awaken you
Not where the black coaches
Sorrow has taken you
Angels have no thoughts
Of ever returning you
Wouldn’t they be angry
If I thought of joining you?
Gloomy sunday
Gloomy is sunday,
With shadows I spend it all
My heart and I
Have decided to end it all
Soon there’ll be candles
And prayers that are said I know
But let them not weep
Let them know that I’m glad to go
Death is no dream
For in death I’m caressin’ you
With the last breath of my soul
I’ll be blessin’ you
Gloomy sunday
“Parlarne bene o parlarne male, l’importante è parlarne”, affermerebbe senza tema di essere smentito qualsiasi pubblicitario dei nostri giorni.
Così, ben presto si diffonde la sinistra fama di “Triste Domenica”, mentre la canzone, i suoi testi, la sua musica incuriosisce moltissimi appassionati melomani – forse quelli più scettici verso la dimensione “occulta” dell’esistenza – e Seress diventa ben presto un musicista di successo. Ė quel che Seress voleva!
Spinto da tali favorevoli circostanze, fiero di essere finalmente diventato “qualcuno”, egli riprende i contatti con la ex fidanzata nel disperato tentativo di una possibile riconciliazione.
Neppure la “Maledizione di Tuthankamen” avrebbe potuto sortire effetti così nefasti, poiché pochi giorni dopo il colloquio con Rezső Seress, ella si suicida con il veleno, lasciando accanto al suo corpo senza vita alcune parole tratte dalle strofe di “Gloomy Sunday“!
Superati i confini della terra d’Ungheria, l’aura maledetta della canzone si diffonde in gran parte d’Europa…
Così, a Berlino, un giovane appassionatosi alla vicenda della strana canzone, ne richiede l’esecuzione durante un concerto di una band locale. Viene accontentato, ma l’effetto della musica e delle parole è per lui letale poiché nella sua mente – forse condizionata anche dalle leggende fiorite attorno al tristissimo brano – sorge l’idea che egli debba distruggere la canzone che ormai “gli è entrata nella testa”. Non trova soluzione migliore che “farla uscire”… sparandosi un colpo di pistola alla tempia.
Leggende metropolitane o meno, la fama “sulfurea” di “Gloomy Sunday” colpisce ancora, poiché, ancora a Berlino, una ragazza si impicca e nella sua stanza è ben visibile una copia del testo della canzone.
A Londra, viene chiamata la polizia dai vicini di una donna che ascolta a tutto volume “Gloomy Sunday”. Ma la donna, da qualche ora, non ascolta più nulla poiché ha ingerito una massiccia dose di psicofarmaci e ormai è in un lontanissimo “Altrove”…
Anche il nostro solare “Bel Paese” viene colpito da quella che ormai viene definita “la canzone ungherese del suicidio”.
Norma Bruni, semplice colf bolognese al servizio di un funzionario dell’EIAR, ovvero l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche – così si chiamava la RAI all’epoca – viene notata, nei primi Anni Trenta, mentre si dedica al suo lavoro cantando qualche canzone in voga a quei tempi.
Invitata ad esibirsi in una sala da ballo di Bologna, la nota anche il maestro Sergio Ala che le dà lezioni di canto, certo di un futuro successo della giovane.
Nel 1939, a Torino, si svolge un concorso bandito dall’EIAR per reclutare voci nuove da lanciare nel mondo della musica. Norma Bruni arriva in finale, viene apprezzata dal maestro Pippo Barzizza e finalmente incide le sue prime canzoni di successo.
Molto probabilmente i lettori di questo libro un po’ più… attempati ricorderanno un celebre brano intitolato “Silenzioso slow”, più conosciuto con “Abbassa la tua radio per favor…”, da una delle ricorrenti strofe della canzone.
Ebbene, è stata proprio Norma Bruni a portare al successo tale melodia, ma non è per questa notissima canzone che la ricordiamo in queste pagine.
No, la Bruni – pur avendo incise oltre quaranta canzoni in soli tre anni, pur avendo partecipato con l’orchestra del notissimo direttore Cinico Angelini – notissimo per… gli “attempati” di cui sopra! – pur avendo tentato di rientrare a pieno titolo nel mondo dello spettacolo nel primo dopoguerra e nonostante sia apparsa anche in alcune opere di prosa nella nascente televisione italiana, viene qui ricordata unicamente perché anche a lei la funesta “Gloomy Sunday” si avvicinò accompagnata dalla “Nera Signora”.
Corre l’anno 1970 e il regista televisivo Maurizio Corgnati – per inciso, marito della cantante Milva – fa partecipare la Bruni alla trasmissione “Gli amici del bar”.
Fin qui nulla di strano, poiché nel mondo dello spettacolo è estremamente variegato il successo, è ondivago l’apprezzamento che questo o quel regista nutre verso il “divo” o la “diva del momento.
Al settimo cielo per essere rientrata nel mondo che a lei appare più congeniale, Norma Bruni ha la poco brillante idea di cantare, durante la seconda puntata del nuovo programma, la canzone “Triste Domenica”, nella versione italiana.
Mai scelta fu più sfortunata: forse perché particolarmente emozionata per il quasi inatteso successo, forse per ragioni ben lontane dall’aura sulfurea della canzone, la sventurata Norma Bruni esce dagli studi di registrazione della RAI e poco dopo… si sente male.
La ricoverano d’urgenza, passano appena due settimane e la cantante raggiunge inesorabilmente chi da tempo l’aveva preceduta nell’avvicinarsi alla nefasta armonia, alle sue deprimenti strofe, allo stato d’animo che aveva spinto Rezső Seress a comporla.
Muore il 3 gennaio del 1971. La prima (tristissima) domenica dell’anno…
Un caso, ovviamente!
Di recente, Manuel Carrera ha realizzato un documentario su Norma Bruni e ha pubblicato il libro “Norma Bruni: una “voce di carne” nell’Italia in guerra” (Edizioni Nuova Cultura).
Chi la fa, l’aspetti!
E lo sfortunatissimo Rezső Seress, che fine ha fatto?
Lo avevamo lasciato frastornato dall’ennesima delusione, dopo il suicidio dell’ex fidanzata, la quale aveva avuto la poco brillante idea di ascoltare il brano musicale che aveva decretato l’immeritato successo del suo ex amato bene.
Ebbene, mentre pian piano svanisce l’aura sulfurea di “Gloomy Sunday”, mentre la canzone viene proposta di continuo senza che succeda nulla di strano, il mondo dello spettacolo si dimentica del suo autore e Seress ritorna un’altra volta nell’oscuro mondo delle cosiddette “meteore”, quei personaggi ai quali la fama arride solo per il tempo necessario a farli uscire dall’anonimato.
Per poi farli ripiombare nella più cupa disperazione…
Forse dimentico del giorno della settimana in cui aveva avuta la tetra ispirazione per comporre la sua “Triste Domenica” Seress, sceglie un lunedì di gennaio del 1978 per lanciarsi nel vuoto, dal suo balcone posto all’ottavo piano di un grigio palazzone di Budapest.
Sic transit gloria tristitiae!
Roberto Volterri