CLOVERFIELD

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Cloverfield

Anno: 2008

Regia: Matt Reeves

Soggetto: Drew Goddard

Sceneggiatura: Drew Goddard

Direttore della fotografia: Michael Bonvillain

Montaggio: Kevin Stitt

Musica: Michael Giacchino

Effetti speciali: Josh Hakian e Kevin Blank

Produzione: J.J. Abrams e Bryan Burk

Origine: Usa

Durata: 1h e 25’

CAST

Michael Stahl-David, T.J. Miller, Jessica Lucas, Odette Yustman, Lizzy Caplan, Mike Vogel, Margot Farley, Theo Rossi, Brian Klugman, Kelvin Yu, Liza Lapira, Lili Mirojnick, Ben Feldman, Chris Mulkey

TRAMA

La storia è quella di alcuni ragazzi e ragazze che si danno appuntamento in un appartamento di Manhattan a New York per festeggiare l’imminente partenza di uno di loro per il Giappone, per motivi di lavoro. Durante la festa, verso le 23.45, un tonfo incredibile fa a tutti temere il peggio: sarà un terremoto, un nuovo incredibile attentato (l’eco della rovinosa caduta delle Twin Towers a New York è ancora più che vivo), sarà un esplosione dovuta a qualche tragedia? Nessuno. Nessuno si aspetterebbe mai che, stavolta, quella che è da tutti conosciuta come la Grande Mela d’America sia diventata l’oggetto delle mire di un enorme, colossale bestia dalle fattezze di vampiro senza ali che si aggira fra gli altissimi grattacieli, abbattendoli, non a raggi gamma e ad alitate di fuoco come il cugino Godzilla, ma solo a calci e morsi. Un esercito di pseudo-aracnidi tentacolati (del tutto simili a zecche), intanto, esce dalla pancia della cosa per opporsi e soggiogare (riuscendoci ampiamente) la popolazione e l’altro esercito, quello vestito di verde, che l’insulsa resistenza umana ha eletto come suo unico, effimero baluardo.

NOTE

Finalmente. Dopo ben 9 anni di “ritardo”, il corrispettivo fantascientifico di “The Blair Witch Project” è giunto fra noi. “E chissene” direte voi… E invece no: almeno a mio parere, questo progetto della “Bad Robot” è un prodotto davvero di altissima qualità e ottimamente realizzato. Ma che c’entra la malefica strega di Blair? Semplice: il film è stato realizzato per la sua “quasi” totalità con un sistema concettualmente molto simile a quello usato per il successo (apocalittico) di Myrick e Sanchez, che ai tempi usarono una telecamera semiamatoriale. In “Cloverfield” la telecamera a spalla è ad alta definizione, ma le immagini sono state poi “sporcate” ricorrendo al computer. Questo espediente, come nella strega di Blair, ci permette di vedere le cose con la stessa visuale di chi gli avvenimenti narrati in questo “Cloverfield” li avrebbe vissuti davvero sulle proprie spalle (o sulla propria schiena – vedendo il film, capirete…). Questo sistema, se da una parte ha il difetto di sporcare molto le immagini, a volte “storpiandole” irrimediabilmente come nel caso di una fuga con le gambe in spalla, dall’altra parte dona a tutta la pellicola un alone di “esperienza vissuta realmente”, o addirittura di “veridicità” che pochi registi hanno saputo instillare nei loro film. Un “trucco” quindi, certo, ma che trucco… Una cosa che forse solo l’annuncio via radio dell’invasione aliena da parte di Orson Welles era riuscito a fare. E non mi pare certo che sia un aspetto sul quale soprassedere tanto facilmente. Il riferimento alla guerra dei mondi propiziata in maniera goliardica dal mostro sacro Welles, “Cloverfield” lo strappa proprio con le unghie e “per forza”, dato che anche qui – sì, se ancora non lo sapevate, l’avete ormai capito – si tratta dell’ennesima invasione aliena. E su suolo americano, per giunta, come se gli extraterrestri fossero attirati dalla Terra di Lincoln come le api dal miele, insomma in maniera quasi magnetica (boh, magari sarà per le migliaia di tonnellate di ferraglia di cui sono fatte le loro armi?). “Ennesima invasione”, dicevo. Come quantità sicuramente, ma come qualità – ragazzi – qui mi sento davvero di spezzare una lancia (ahi! dove?) e di dire chiaramente che qui siamo a livelli di stra-eccellenza.

“Cloverfield” è prodotto da J.J.Abrams, filmaker che di film catastrofici ne sa in fondo qualcosina, dato che figura anche fra gli autori di “Armageddon” (non certo il mio film del genere SF preferito). Il cast, invece, è del tutto anonimo, annoverando nelle proprie fila dei perfetti sconosciuti. E ciò, per quanto concerne l’immedesimazione dello spettatore in una storia che si suppone (al limite del possibile) verosimile, è senz’altro un fattore positivo, se non indispensabile.

Che dire? A me “The Blair Witch Project” era piaciuto molto ai tempi, ma rimanevo comunque molto scettico sulla possibilità della riproposizione di un film che presentasse lo stesso stile visivo per ottenere lo stesso effetto di “immersione totale” da parte del pubblico. Almeno a breve termine. Ed ecco, infatti, che ci sono voluti ben 9 anni agli studi della “Bad Robot” per trovare il momento commercialmente adatto a far uscire il suo progetto. Ok, qui si parla, come già detto, di SF e non di horror, ma il succo è lo stesso. Peraltro, come avevo già accennato all’inizio con quel “quasi”, “Cloverfield” presenta delle scene, come quella della distruzione del ponte di Brooklyn e alcune scene finali in cui si riesce a vedere meglio il mostro, in cui la qualità della ripresa – come per magia – migliora di quel tanto da poter far apprezzare meglio il fantastico lavoro fatto dai ragazzi degli effetti speciali. E’ difficile da percepire, è vero, ma è proprio così.

E’ il film di fantascienza più “reale” (lo so, è un controsenso, ma è vero) che abbia mai visto. L’unica cosa forse davvero inaccettabile del film (lo dico per dare un contentino ai detrattori di questa pellicola, che, comunque esistono) è quella di volerci far credere che qualcuno possa davvero riprendere un’invasione aliena nei suoi momenti più salienti con una videocamera senza mai avere la tentazione di farla volare da una parte e correre via più lontano di Flash, o ,come minimo, di darla in testa a qualche ragnazzo bavoso. Ma si tratta sicuramente solo di un “neo”!

Il titolo “Cloverfield” non ha alcuna attinenza con quanto succede nel film: è il nome della strada sede degli studi della Bad Robot (a Santa Monica, California).

Enorme omaggio ai film catastrofici come Godzilla, “Cloverfield” è il “parto” della brillante mente di uno degli autori della serie TV “Lost” (Drew Goddard).

Hud (diminutivo per Hudson) è il nome del ragazzo (un po’ scemotto) che si trova a riprendere tutta la vicenda con una videocamera datagli in prestito. H:U:D: è anche l’acronimo di Heads Up Display, cioè il sistema di ripresa con cui appunto il film è stato girato.

L’idea della decapitazione della Statua della Libertà viene – a quanto sembra – dal poster di “1997 – Fuga da New York” del mitico John Carpenter.

Le scene di combattimento fra le due fazioni mi hanno ricordato molto gli scontri fra armigeri nel bellissimo “I figli degli uomini” di Cuaròn, ambientata fra i palazzi della città-sanatorio.

Giuseppe Conti