CAPITOLO II: LE PRIME GRANDI INVENZIONI – LE ARMI DI DIFESA E DI OFFESA
Per sua stessa natura, fisiologica e mentale, fin dall’inizio della sua apparizione sul pianeta Terra, l’uomo si rese conto subito di essere l’unico animale a non possedere dei mezzi naturali idonei come, per esempio, artigli, corna e la sua stessa forza fisica era generalmente inferiore a quella degli animali più grossi, per cacciare o difendersi. Il suo modo di evolversi si dimostrerà molto diverso da quello degli animali: imparerà a fabbricarseli i mezzi di difesa e di caccia e questo sarà sempre il suo atteggiamento futuro: fabbricare armi e qualunque altra cosa gli necessiti. Non ha potuto, quindi, fare a meno di utilizzare degli oggetti e le prime rudimentali armi che aveva imparato a costruirsi che con il tempo ha pure imparato a modificarle e migliorarle in modo da farle diventare sempre più efficienti aiutandolo nella lotta per la sopravvivenza .Il suo apprendistato fu, ovviamente, gli animali che lo circondavano: osservò le unghie affilate che i felini usavano per sbranare le loro prede e comprese che un oggetto tagliente poteva essere usato per lo stesso scopo. Poi, osservando certi uccelli, osservò e apprese che un oggetto appuntito come il loro becco poteva servire per infilzare una preda. Probabilmente, per rompere il guscio di certi frutti usò inizialmente il metodo stesso degli uccelli o di certi animali che lasciano cadere il frutto dall’alto in modo che potesse rompersi e potersi cibare del suo contenuto e poiché non era dotato di ali o si arrampicava su alberi e rocce e lo gettava con violenza ma con il rischio che non accadesse nulla o, peggio ancora, con il pericolo che qualcuno se lo portasse via nel tempo in cui ci metteva a scendere, quindi cominciò a colpire l’involucro con un sasso e solo in seguito legò la pietra a un bastone o un osso ottenendo così il primo rudimentale martello. Contrariamente agli animali e con il passare de tempo, egli imparò a migliorare sempre di più la sua attrezzatura perché la necessità e il pericolo maggiore erano sempre quelli di poter cacciare o difendersi evitando il corpo a corpo, in ogni caso molto pericoloso sia con gli animali sia con l’uomo stesso. Il passo successivo fu, probabilmente, quello di rendere le pietre affilate in modo da ottenere oggetti che tagliassero anche se, inizialmente dei rami robusti o delle grandi ossa furono le prime armi usate.
Iniziò così la ricerca del tipo di pietra e della forma adatta ai suoi scopi e, ovviamente, ne cercò un tipo che per la sua forma si addicesse meglio all’uso che ne intendeva fare. In un primo tempo gli bastarono semplici sassi arrotondati dall’azione dell’acqua nei fiumi per frantumare radici o semi in modo da potersene cibare, almeno fino a quando non ebbe la fantasia di intrecciare filamenti vegetali per legare queste pietre a un pezzo di legno inventando così, come abbiamo detto, il martello. Presto si accorse però che alcuni tipi di pietra erano di natura già taglienti e si mise pazientemente a fare una scelta fra queste pietre: la selce era la più usata, ma aveva il difetto di non essere dappertutto per cui non fu l’unico tipo adoperato, ma se ignoriamo, per un momento la loro fattura, vediamo che gli attrezzi cambiarono forma, prendendo l’aspetto di oggetti ancora in uso ai nostri giorni, naturalmente rozzi ma molto simili a quelli odierni.
In seguito l’’unione di vari materiali come legno, pietra e ossa, naturalmente modificati per un uso diverso, fece sì che l’uomo inventasse le prime armi e, tra queste, mazze e scuri sono state forse le prime armi costruite dall’uomo: la loro particolarità fu che quasi subito s’ingegnarono a bilanciarle in modo da poter effettuare colpi più sicuri e precisi ma, in ogni caso, non si potevano recuperare immediatamente e questo era un problema non indifferente, perché se si trattava di un nemico, lo stesso poteva a sua volta servirsene.
Per ottenere degli attrezzi validi l’uomo primitivo si serviva di pietre lavorate accuratamente e con grande pazienza perché, per ottenere un valido prodotto finito era necessario limare l’oggetto su altri sassi fino a far raggiungere loro la forma desiderata per poi inserirle con legacci robusti o con fori e scanalature altrettanto pazientemente ottenute su dei manici di legno. Il loro uso non nasceva solo per offesa, difesa o caccia, ma anche per squartare gli animali uccisi e per costruire capanne intagliando il legno o le canne nella misura desiderata e per coltivare la terra. In seguito fu creata un’arma che ebbe molto successo anche nei secoli futuri: la lancia. La sua particolarità era che poteva essere scagliato per colpire a distanza o anche per uccidere l’animale o il nemico tenendolo a distanza dalla propria persona, in più era utile anche per pescare in quanto si poteva operare anche fuori dall’acqua senza il rischio, quindi, di spaventare i pesci, senza contare quei cacciatori che, non sapendo nuotare, evitavano di correre il rischio di annegare entrando nell’acqua. La lancia primitiva era formata da un’asta sulla cui sommità era legata una punta di selce o di osso, ma ben presto furono create lance diverse per usi diversi: per pescare possedevano una punta stretta e allungata ed erano quasi sempre fatte in osso e, nei suoi bordi, era stata ricavata una seghettatura tagliente che aveva lo scopo di trattenere la preda una volta che era stata infilzata, invece per cacciare si usava una punta più pesante per poter permettere una maggiore penetrazione nel corpo dell’animale…o del nemico, ma in seguito si creò una lancia con l’asta che poteva staccarsi dal corpo della preda mentre la punta restava inserita facendolo morire dissanguato. Impararono presto a cacciare in gruppo e, in questo modo, erano in grado di affrontare prede grosse e pericolose ricorrendo a dei sistemi in uso anche oggi: si scavava una buca profonda dove di solito vi era il passaggio dell’animale, si ricopriva con sterpi per mascherarla e si metteva sopra questi un’esca e con questo sistema l’animale finiva nella buca e si poteva cacciare con meno pericolo per l’uomo. Si aggiunsero in seguito dei paletti appuntiti sul fondo della buca: In questo modo si otteneva una trappola mortale ma molto più sicura per i cacciatori.
In Australia nacque un’arma particolare, molto utile in certe zone dove l’ambiente era privo di nascondigli per il cacciatore e questo nuovo tipo di arma, rivoluzionaria nel suo genere fu ideata per caso quando ci si rese conto che lanciando un pezzo di legno piatto e ricurvo, esso roteava e ad un certo punto invertiva la sua traiettoria tornando al lanciatore. In quella regione, quindi, l’uomo inventò il boomerang: un’arma in grado di tornare al cacciatore se non colpiva l’obiettivo, così se non si centrava la preda almeno non la si perdeva. Nacque così il boomerang in seguito perfezionato nella sua attuale forma.
Ma non possiamo concludere la nostra storia evolutiva dell’uomo attraverso l’invenzione delle sue armi senza parlare di un altro importantissimo mezzo di offesa e di difesa che avrà un’enorme importanza nel suo futuro fino ad arrivare ad oggi dove ancora esiste e viene usato per la moderna caccia e per le manifestazioni sportive. Stiamo parlando dell’arco le cui tracce più antiche relative al suo uso risalgono al Paleolitico Superiore (da 120.000 a 20.000 anni fa) e in questo senso sono diventate giustamente famose le raffigurazioni pittoriche di cacciatori equipaggiati con arco e frecce nella grotta di Altamira in Spagna. Il primo ritrovamento materiale inequivocabile risale però al periodo di transizione fra Mesolitico e Neolitico: particolarmente esemplificativi risultano gli archi ritrovati nell’acquitrino di Holmgaard in Danimarca. Costituiti da una singola asta di olmo con impugnatura rigida costruiti con del legno che poteva flettersi di forma larga e appiattita e questi archi avevano una lunghezza variabile tra i centocinquanta e i centottanta centimetri e questo consentiva una notevole estensione della corda con il conseguente aumento della velocità della freccia e la sua gittata.
Ora, a partire dal Paleolitico, si possono individuare due filoni distinti nella progettazione degli archi, uno europeo e uno orientale: mentre il primo era legato allo sviluppo dell’arco semplice, realizzato cioè in un unico pezzo e utilizzando un solo tipo di materiale, il secondo, molto più potente e preciso invece è relativo all’arco “composto”, costruito cioè con materiali diversi a seconda delle singole parti dello strumento. A questo proposito è giusto rilevare come si sia in grado di basare la cultura di un popolo partendo da epoche non eccessivamente remote se paragonate ad altre zone e civiltà del passato. Non dobbiamo mai dimenticare che, quando l’Europa era ancora abitata da popolazioni selvagge, la Cina si trovava già a livelli altissimi di specializzazione. E’ noto infatti che Confucio esponeva gli aspetti filosofici connessi all’ uso e alla fabbricazione dell’arco e, nel duemila a.C. , quest’arma era parte delle arti da guerra cinesi e “compagnie” di arcieri erano integrate nell’esercito. Quindi, mentre l’Europa segnava il passo, in Oriente e in Africa si raggiungevano livelli di abilità e di equipaggiamento che solo da pochi decenni noi siamo stati in grado di raggiungere. E’ assodato che in tempi lontani esistevano già archi metallici o composti con materiali diversi ed è proprio grazie ad essi che le cronache egizie parlano di imprese incredibili: fra queste una spedizione di caccia all’elefante che riportò un bottino di centoventi animali e quanto gli antichi Egizi amassero i loro archi viene dimostrato dal Faraone Tutankamon il quale ordinò che i suoi ventisette archi l’accompagnassero nella tomba. Non possiamo poi assolutamente ignorare la grande abilità usata dagli arcieri mongoli e giapponesi che erano in grado di centrare il bersaglio scoccando frecce dalla groppa di un cavallo al galoppo. In un mondo che non conosceva gli odierni mezzi di locomozione, spostarsi a cavallo era indispensabile (e ne parleremo più avanti). La simbiosi tra arciere e cavallerizzo era d’obbligo: basti ricordare le orde selvagge di Sciti, Babilonesi, Assiri, Persiani e Parti, armate di archi corti e potenti. Tante volte il cinema ci ha anche mostrato come un’altra popolazione, i Pellirosse, galoppavano per le praterie cacciando con l’arco e abbattendo bufali e bisonti. In Europa, invece, la storia dell’uso dell’arco proviene inizialmente dagli inglesi. Infatti in Inghilterra l’arco venne probabilmente introdotto dai danesi e, inizialmente, si diffuse nel Galles. Sappiamo per certo che le cronache del tempo narrano di schiaccianti vittorie dei Gallesi sui Sassoni, proprio in virtù dell’arco da essi usato con precisione e abilità. L’arco gallese era corto e pesante, ma la sua potenza formidabile: le frecce potevano trapassare una porta di quercia dello spessore di sei centimetri. Ora, dopo la conquista Normanna l’arco gallese venne adottato in tutta l’isola anche se modificato nella forma (meno tozza) e nella lunghezza e da qui proviene l’appellativo di “long-bow” o arco lungo. Il “long-bow” era usato comunemente dalla classe povera in quanto era meno costoso attrezzarsi con un arco ed una faretra piuttosto che con cavalli, armature e bardature. Fu appunto questa parte di popolazione (denominata “liberi uomini d’Inghilterra“), che componeva le Compagnie di arcieri, a sconfiggere la cavalleria francese nelle battaglie di Crècy (1346) e Poitiers (1356). Stiamo quindi imparando che il progresso non si ferma mai e, in effetti, con l’avvento delle armi da fuoco (archibugi e bombarde) iniziò un graduale declino nell’uso dell’ arco. Arco e frecce uscirono dalla scena bellica verso la fine del secolo diciassettesimo cedendo definitivamente il passo alle armi da fuoco.
Oggi l’arco moderno nasce ufficialmente a Leopoli nel 1931 con l’istituzione della Federazione internazionale di tiro con l’arco (FITA), che da puro divertimento o prova di abilità nelle feste di paese, si trasformò in uno sport vero e proprio e ora l’uomo ha imparato a costruire le sue armi ed sarà in grado di perfezionarle e renderle sempre più letali nel corso dei secoli e in questo modo: con le asce, i coltelli, le lance e gli archi, sarà in grado di affacciarsi nella storia della Terra non più come comparsa, ma come protagonista… nel bene e nel male.
(2 – continua)